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Il sistema di accoglienza in Italia: riflessioni alla luce del Rapporto Ombra

In merito all’attuazione dell’art. 60 della Convenzione “Richieste di asilo basate sul

genere” il Report “Attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. Rapporto delle associazioni di donne” evidenzia una profonda debolezza strutturale circa il sistema di

accoglienza in Italia e il relativo percorso burocratico nonostante sia presente un sistema comune d’asilo europeo.

Come è noto, l’Italia non ha una legge organica in materia di asilo e tale mancanza ha creato una continua tensione tra ordinarietà ed emergenza, aggravata dal fatto che il Paese, insieme alla Grecia, costituisce il primo punto di ingresso via mare sul territorio europeo.

L’iter assistenziale e burocratico di asilo, a seguito del D.Lgs 142 del 18 agosto 2015 in attuazione della direttiva 2013/33/UE recante “Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale” e della direttiva 2013/32/UE recante “Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello Status di protezione internazionale”, è scandito in 3 momenti.

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 Arrivo dei migranti presso le aree Hotspot. L’approccio Hotspot adottato dall’Italia, in linea con l’Agenda Europea sulle migrazione, consta in un“piano volto a canalizzare gli arrivi via mare in una serie di porti di sbarco selezionati dove vengono effettuate tutte le procedure come lo screening-sanitario, la pre- identificazione, la registrazione, il foto-segnalamento e i rilievi dattiloscopici”.204

In questa fase di accoglienza sono presenti soggetti appartenenti a forze militari (nazionali ed europee). Tale caratteristica rende questi luoghi inefficaci per il riconoscimento della vulnerabilità delle donne, rispetto per esempio al rilevamento di soprusi o violenze oppure all’identificazione delle donne vittime di tratta o semplicemente per l’identificazione dei bisogni più elementari tipici dell’universo femminile.

L’impedimento della rilevazione delle vulnerabilità è riscontrabile nell’approccio hotspot a causa della mancanza, nelle procedure di pre-identificazione, di un approccio di genere ai fenomeni migratori. In mancanza di tale approccio, le donne migranti spesso non riescono a proporre la richiesta di protezione internazionale, come è accaduto “nel caso del CIE di Ponte a Galeria (RM) riguardante il rimpatrio forzato di circa 20 giovani nigeriane nonostante avessero sui corpi i segni della violenza”.205

Altre criticità rilevate nell’approccio hotspot riguardano la mancanza di luoghi idonei allo svolgimento di colloqui necessari per una narrazione delle eventuali violenze subite.

Sono state riscontrate, infine, criticità quali la detenzione forzata dei migranti, la permanenza eccessiva dei minori e la mancanza di una procedura specifica per gli stessi, le informative legali non idonee alla lingua delle persone e l’insufficiente numero di interpreti qualificati e mediatori.

 Trasferimento dei migranti presso le apposite strutture di accoglienza sul territorio nazionale in raccordo con la Prefettura competente territorialmente.

204Savino M. (a cura di), “La crisi migratoria tra Italia e Unione Europea” Editoriale Scientifica, 2017,

p. 50

205 Rapporto Ombra al GREVIO. Consultabile all’indirizzo

https://www.direcontrolaviolenza.it/pubblicato-rapporto-ombra-al-grevio/ (Consultato il 28/02/2019)

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In questo passaggio non viene effettuata alcuna valutazione delle specificità o vulnerabilità.

 Presso le suddette strutture o presso le questure i migranti sono tenuti a compilare un modulo, definito modello C/3, per richiedere la domanda di asilo. Le donne, in questa fase, possono indicare la loro storia, incluso eventuali violenze, minacce o soprusi subiti.

Ad oggi, sebbene l’Italia, mediante il D.L 13/2017 si sia adeguata a quanto stabilito dalle Direttive Comunitarie “in tema di adozione di procedure gender sensitive da parte delle Commissioni, di fatto le modalità operative sono rimaste immutate e nella fase amministrativa è escluso l’approccio di genere”.206

Oltre a ciò, il Decreto Minniti ha eliminato un’importante fase di tutela davanti al giudice rafforzando “la definitività dell’esame dinanzi alla Commissione Territoriale”.207

In conclusione, la politica legislativa italiana si è posta in violazione degli artt. 59-61 della Convenzione di Istanbul laddove non provveda a predisporre un nuovo modulo che tenga conto dell’approccio di genere e permetta pertanto alle donne richiedenti asilo di far emergere sin dal principio, e nella successiva audizione presso la Commissione, eventuali violenze di genere subiti, mutilazioni genitali femminili comprese.

Le principali tipologie di accoglienza in Italia sono le seguenti:

 La primissima accoglienza, che avviene nelle prime ore successive allo sbarco o al soccorso in mare e ha lo scopo di garantire l’assistenza e l’identificazione di tutti i migranti privi di regolare permesso di soggiorno, distinguendo tra migranti “economici”, destinati all’espulsione, e migranti richiedenti asilo.  Inserimento del migrante che richiede protezione internazionale nel sistema di

prima accoglienza.

 Fase della seconda accoglienza garantita dal sistema SPRAR (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati) che assicura un insieme di misure

206Ibidem

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che dovrebbero accompagnare il migrante nel percorso di inserimento sociale ed economico (accoglienza integrata).

Un primo punto di criticità del sistema italiano riguarda i tempi di permanenza nelle strutture di prima accoglienza: “più dell’80% delle accoglienze è nei CAS (Centri di accoglienza straordinaria), dove l’accoglienza è organizzata in modo prevalentemente emergenziale”.208

Inoltre, anche se i Centri di Accoglienza a seguito del D.Lgs. 142/2015 dovrebbero prevedere specifiche misure per persone vulnerabili quali donne vittime di tratta, donne in gravidanza, donne vittime di violenza di genere e MGF, di fatto nel sistema di prima accoglienza mancano operatori/qualificati per rispondere alle esigenze delle suddette persone, le quali potrebbero perciò rischiare di essere esposte a situazioni di rischio nelle fasi successive dell’accoglienza.

Un altro punto di criticità esposto nel Report esaminato, riguarda le profonde disomogeneità, a livello regionale e provinciale, circa la gestione di tali Centri e alle condizioni sociali/sanitarie/materiali in cui vivono le donne, comportando, in questo modo, la lesione dell’istituto dell’asilo, la difformità con la Convenzione di Istanbul e con le direttive europee in materia di protezione e asilo recepite dall’Italia quali la Direttiva Qualifiche 2011/95/UE, la Direttiva Procedura 2013/32/UE e la Direttiva Accoglienza 2013/33/UE.

Alla luce delle sopra indicate criticità sarebbe opportuno pertanto che

“L’individuazione delle vulnerabilità sia concepita dal sistema come un processo continuo, nelle prime fasi dell’accoglienza per tutta la durata del processo di accoglienza e integrazione, con meccanismi di coordinamento a livello locale tra attori impegnati nell’assistenza, compresi i CAV per facilitare una migliore cooperazione per la presa in carico delle donne secondo un’ottica olistica e indipendente dal loro status giuridico”.209

208Ibidem

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Nonostante il legislatore abbia cercato di correggere il modello di accoglienza con il D.L.13/2017, il principale limite del sistema di accoglienza in Italia riguarda dunque la poca attenzione alla questione di genere che di fatto viene considerata per la prima volta soltanto dinanzi alla Commissione Territoriale, in sede di colloquio.

Per concludere l’analisi del sistema di accoglienza in Italia, ai fini dell’elaborato, si considerano altri due punti critici importanti.

 La mancanza di dati dei richiedenti asilo disaggregati per genere

 L’eventuale contrasto della situazione italiana rispetto all’art. 61 della Convenzione di Istanbul ovvero il Diritto non respingimento

In merito al primo punto gli organismi internazionali che si occupano di asilo e di rifugiati presentano periodicamente i dati circa il numero degli sbarchi, le richieste di asilo e gli esiti delle domande.

Tali dati sono disaggregati per genere soltanto in modo sommario.

Viene posta attenzione agli sbarchi ma resta inesplorato quello che accade durante il percorso di asilo e non vengono incrociati i dati con quelli riguardanti i paesi di provenienza.

Il Ministero dell’Interno pubblica i dati circa lo sviluppo degli sbarchi differenziando tra maschi e femmine senza tuttavia incrociare i dati con fasce d’età e provenienze. Nel Report sono evidenziate dunque le seguenti criticità.

 È difficile, in mancanza di dati, comporre una descrizione completa della situazione giuridica delle richiedenti asilo, dei servizi che ricevono, dei supporti, dei profili di vulnerabilità.

 Non emergono né le motivazioni della richiesta di asilo né quelle che riconoscono o diniegano tale richiesta.

 Si evidenzia uno scarto tra il piano formale dei diritti e il piano sostanziale circa le condizioni di accoglienza necessarie per le situazioni di vulnerabilità. Sarebbe opportuno e doveroso garantire la formazione continua ai soggetti che si occupano di persone vulnerabili.

 Come si è precedentemente affermato, uno dei principali limiti dell’accoglienza in Italia riguarda la mancanza di un approccio di genere al

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fenomeno migratorio e di conseguenza sono numerose le difficoltà che le donne vivono presso i centri di accoglienza.

In mancanza di dati e di operazioni di monitoraggio risulta difficile stimare le condizioni dell’accoglienza. Tra l’altro, tali dati non sono suddivisi per genere e non ci è dato sapere, per esempio, quali e quanti sono i Centri riservati alle donne. Tendenzialmente le donne sono costrette a vivere in strutture soprannumerarie con accesso difficoltoso ai servizi di sostegno e medici.

 Sono assenti i dati sui rimpatri delle donne rendendo difficile la valutazione del piano reale con la violazione del principio del non respingimento.

Circa il principio di non refoulement l’Italia è stata condannata dalla Grande Camera della Corte Edu con la sentenza Hirsi jamaa e altri v. Italia (ricorso n.27765/09 del 23 febbraio 2012) per aver violato l’art. 3, l’art. 4 del Protocollo n. 4 e l’art. 13 della CEDU.

La sentenza riguardava la fattispecie del respingimento in altro mare ovvero circa 200 persone, nel maggio 2009, vennero intercettate da motovedette italiane in acque di responsabilità maltese e vennero riportate in Libia a bordo di navi italiane senza aver precedentemente effettuato le procedure di identificazioni e aver dato loro informazioni circa la loro destinazione.210

Per quanto riguarda i migranti irregolari in attesa di rimpatrio, vengano detenuti amministrativamente presso i CPR (Centri permanenza per il rimpatrio) per un tempo massimo i 180 giorni (Decreto Salvini, anziché 30 giorni come normato dal Decreto Minniti).

In questa sede, non entrando nel merito della detenzione amministrativa e del problema dei respingimenti, occorre rilevare che sono assenti i dati circa le donne detenute presso i CPR e sulle espulsioni e sui rimpatri delle stesse. Inoltre non abbiamo fonti scientifiche che riferiscono le eventuali violenze di genere che le donne potrebbero subire in tali centri.

Si ricorda inoltre che la violazione del principio del respingimento comprende anche il timore dello stesso, che conduce sia uomini che donne ad una condizione di

210Consultabile all’indirizzo https://www.meltingpot.org/Italia-condannata-dalla-Corte-europea-dei-

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insicurezza e angoscia nonché, come scritto nel capitolo 2, ad una difficoltà per le donne di denunciare eventuali violenza di genere subite.

Il governo dovrebbe pertanto garantire alle donne migranti irregolari maggiori tutele in quanto donne, a prescindere dal loro status migratorio, senza perciò farle incorrere nel timore della deportazione e detenzione.

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CAPITOLO IV

SFIDE E PROSPETTIVE PER UNA EFFICACE TUTELA

DELLA DONNA

Alla luce dell’analisi condotta nei capitoli precedenti, quali sfide il governo italiano si trova davanti (o che si dovrebbe trovare davanti) al fine di contrastare il fenomeno della violenza di genere? Quali prospettive incontriamo, che derivano dal diritto internazionale, per arginare la violenza sulle donne straniere, le quali, come si è potuto osservare nei capitoli precedenti, sono vittime delle forme più gravi di violenza e sono, a causa della loro condizione giuridica di migranti, in una posizione di maggiore vulnerabilità?

Per i fini sopra indicati si farà riferimento al già esaminato Rapporto Ombra al GREVIO che analizza lo stato di attuazione in Italia degli obiettivi individuati dalla Convenzione di Istanbul per contrastare il fenomeno della violenza di genere, denominati obiettivi delle “quattro P” ovvero Prevenzione, Politiche integrate, Protezione delle vittime e Procedimento contro i colpevoli.

Si individua inoltre quali obiettivi specifici, in un’ottica di prospettiva di genere in migrazione che può essere considerata una “Quinta P” trasversale e filo conduttore delle altre precedenti, dovrebbero essere perseguiti per la protezione della donna straniera.