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Prima fase: le interviste semi‐strutturate

Nel documento Ai miei genitori (pagine 93-96)

CAPITOLO QUINTO RISULTATI

5.1. Prima fase: le interviste semi‐strutturate

L'obiettivo di questi primi colloqui è stato di cogliere le “teorie in uso” dagli insegnanti nelle pratiche didattiche di tipo narrativo attraverso le quali leggono e interpretano le proprie strategie di insegnamento (Perla, 2005). Un utile elemento per introdurre tale fattore è rintracciabile nelle interviste iniziali condotte nella prima fase della ricerca in cui, assieme agli insegnanti, si sono formulate una serie di questioni problematiche a partire dalle quali considerare il ruolo della simulazione incarnata nella progettazione didattica. I due insegnanti coinvolti hanno fatto emergere un doppio fattore di criticità attraverso la condivisione e il raccordo con il loro sapere e con la loro pratica quotidiana riguardo all'utilizzo dei racconti nell'azione didattica: a) la considerazione del rapporto tra didattica e saperi disciplinari, mettendo in luce la necessità di portare l'attenzione, nel processo di trasposizione didattica, alla fase di selezione del sapere per poter costruire dei racconti fondati dal punto di vista dell'epistemologia delle discipline (Storia e Scienze); b) la necessità di considerare, nella fase di costruzione dei mediatori narrativi, i vincoli che sono posti alle modalità di lettura dei racconti e alle discussione intorno ad essi dal contesto specifico della classe: la capacità di attenzione degli studenti; la loro disposizione nella classe, la loro abitudine ad ascoltare racconti e a porre certi tipi di domande; la curiosità che muove sempre dall'esplicitazione dei loro vissuti personali; i nuclei concettuali delle discipline elaborati nelle settimane e nei mesi precedenti.

Si riportano di seguito due brevi stralci tratti da due interviste semi‐strutturate – una per ciascun docente – condotte tra Dicembre 2015 e Gennaio 2016 utili per una successiva considerazione di alcuni fattori di cambiamento introdotti nel percorso di ricerca. Ins 1: Hanno comprato tanti libri, le ragazze soprattutto. Questa cosa mi consente di dargli come compito estivo, per scienze “no, non fate; leggete questo libro, è divertente, le Cattive Scienze si chiama, ci sono un sacco di problemi, scegliete un problema e leggete”. Oppure gli do un libro, gli faccio vedere un film. I film, gli faccio vedere un film, come i vecchi cineforum con la discussione. Ins 1: Cioè per scienze per anche per tutto il resto. Facciamo un esempio, adesso gli ho fatto vedere un film sulla dislessia. Perché mi sembra giusto in prima media far vedere ai tanti compagni che sono dislessici questo film, che è pure meraviglioso. C'è questo film indiano molto bello che è “Stelle sulla terra”, che i ragazzini amano moltissimo, perché emotivamente è molto piagnoso, punta molto sulle emozioni, le grandi scene, gli abbracci, queste cose che ai

ragazzini piacciono molto. Ho parlato loro della dislessia ovviamente.

In questi stralci tratti dalla prima intervista sono condensati alcuni aspetti estremamente puntuali, e tuttavia significativi, riguardo alle modalità di utilizzo dei dispositivi narrativi con gli studenti e agli schemi intenzionali che guidano tale pratica. Da un lato emerge una particolare attenzione all'azione messa in atto della dimensione percettiva e emotiva della narrazione e un'abitudine a raccordare l'esperienza narrativa ad una successiva discussione, dall'altro si evidenzia una tendenza a fornire agli studenti dispositivi narrativi già definiti e che non prevedono un intervento progettuale da parte dell'insegnante. Ins 2: Secondo me il punto è: raccontare, quando faccio una lezione io mi rendo conto che è un racconto, che racconto, sempre poi. Poi sì, faccio anche gli schemi, faccio le mappe. Però gli dico, state tutti zitti e ascoltate. In genere infatti quando faccio fare schemi o mappe, non lo faccio mai in contemporanea. Cioè, nel senso, prima racconto, spiego. Poi sintetizzo. Perché ho l'impressione che se loro scrivono e ascoltano perdono dei pezzi, perché uno su uno giù, non ho ascoltato il pezzo prima non ho ascoltato il pezzo dopo. Quindi si interrompe. E questo distrae

Ins 2: È difficile. C'è un linguaggio troppo, troppo complesso. Anche Dante, uguale. Lo racconto. Si magari leggo due terzine, laddove proprio. Glielo spiego. Glielo leggo e glielo spiego. Ma il linguaggio è troppo complesso. E secondo me poi ci vuole talmente tanto tempo per spiegare parola per parola, che perdi il gusto dell'insieme di quello che Dante vuole esprimere. Ecco, una cosa che non faccio mai io è la parafrasi. So di quelli che fanno paginate di parafrasi delle poesia. Io non lo faccio mai. È troppo... Io risolvo questa cosa raccontando. Poi dopo gliela leggo magari.

Rispetto al colloquio con il secondo insegnante è interessante sottolineare l'emersione di elementi legati alla conoscenza dell'azione didattica e alle regolazioni e cambiamenti che l'insegnante afferma di mettere in atto per interagire efficacemente con gli studenti all'interno di pratiche didattiche di tipo narrativo; in particolare è ravvisabile una specifica attenzione al ruolo di mediazione dell'insegnante che sceglie di non leggere, ma piuttosto di adottare una narrazione orale dei testi con il proposito di attivare l'interesse e la concentrazione degli studenti. In entrambi i casi emergono una serie di aspetti legati alla conoscenza in azione che possono essere riferiti a quanto è stato definito con i termini di “sapere dell'esperienza” (Shon, 1983), “competenza di attore in contesto” (Giddens, 1987) “teorie pratiche dell'insegnare” (Sanders & MacCutcheon, 1986), “saggezza educativa della pratica” (Shulman, 1987). Nella fase di analisi delle interviste condotte dal ricercatore e precedenti ad una condivisione con gli insegnanti, questi elementi sono stati considerati di particolare valore e identificati come fattori da riprendere nella fase successiva di progettazione didattica all'interno dei LPD.

Un secondo elemento tematizzato in questa fase di analisi è stata la distanza di tali pratiche narrative con l'approccio progettuale che si è inteso mettere in atto: dalle interviste iniziali emerge infatti una scarsa propensione da parte degli insegnanti a problematizzare dettagliatamente, nella fase di progettazione didattica, le relazioni tra lettura o ascolto narrativo e i processi attivati dagli studenti per comprendere e interpretare il discorso; parallelamente, è stato riscontrato una analoga situazione rispetto alla tematizzazione, sempre in sede di progettazione, del rapporto tra le esperienze narrative messe in atto durante e dopo la lettura e il raggiungimento di specifici obiettivi di apprendimento. Sono questi elementi propri del processo di trasposizione didattica che il ricercatore, anche in risposta alle indicazioni ricevute nei colloqui preliminari, ha dovuto considerare come indicatori del miglioramento delle competenze di progettazione didattica da valutare lungo il corso del progetto di ricerca‐formazione.

5.2 Seconda fase: il laboratorio di progettazione didattica

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