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Ai miei genitori

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

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(Rivotella, 2012), che hanno consentito un più proficuo avvicinamento tra le due aree disciplinari – letteraria e pedagogico‐didattica – grazie alla presenza di un piano epistemologico comune che trova riferimento nell'approccio enattivista alla conoscenza e nel legame con gli studi delle neuroscienze, in particolare quelle di tipo cognitivista, sulla natura corporea della cognizione e sul funzionamento dei meccanismi non rappresentazionali di comprensione dell'azione. È in questa fase che ha ricevuto una più definita strutturazione l'idea di dedicare il lavoro di ricerca all'esperienza di simulazione incarnata, la cui genesi si deve agli studi di Gallese, Rizzolatti e Sinigaglia sui neuroni specchio e sulla natura dei processi di cognizione (1996; 2005) e a quelli successivi di ambito narratologico (Wojciehowski, Gallese 2011; Caracciolo, 2014).

Nel presente lavoro di indagine l'esperienza di simulazione incarnata è assunta come fenomeno a cui rivolgere l'indagine teoretica, l'ambito empirico‐didattico entro il quale osservarne il funzionamento e individuarne le potenzialità nel processo di insegnamento/apprendimento è progressivamente cambiato, passando da quello legato alla promozione di apprendimenti disciplinari degli studenti a quello, circoscritto alla progettazione didattica degli insegnanti e riguardante il valore traspositivo – e di narrativizzazione – delle pratiche di scrittura finzionale. In particolare, si è rivelato cruciale l'approfondimento di alcuni aspetti specifici della simulazione incarnata che trovano un'interessante analogia con la riflessione sulle strategie e sugli strumenti di documentazione (Mortari, 2009) e di analisi della pratica didattica (Altet, 2002), con particolare riferimento a quelle di tipo narrativo finalizzate a ricostruire la ricca rete di variabili in opera nella pratica didattica e che si propongono di rendere visibile tale processo “in carne ed ossa, in modo tridimensionale” (Nigris, 2010). A partire dalla considerazione di questi elementi, la più recente partecipazione del ricercatore a progetti di ricerca‐azione e ricerca‐formazione, ha consentito di definire con maggiore dettaglio la specificità didattica delle funzioni immerisive della simulazione incarnata e a tracciare un interessante connessione con due recenti contributi che hanno proposto una rilettura dei processi di progettazione didattica:

Insegnamento come scienza della progettazione di Diana Laurillard e La Previsione. Neuroscienze, apprendimento, didattica di Pier Cesare Rivoltella.

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descrittiva del fenomeno, funzionale ad una esplorazione multidimensionale in un contesto inedito e finalizzato allo sviluppo professionale degli insegnanti. Il termine multidimensionale è accostato da Altet (2002) ad una prospettiva di ricerca sui processi di insegnamento/apprendimento che incrocia sguardi disciplinari complementari al fine di “descrivere le differenti dimensioni della pratica nella loro specificità e di comprenderne l'articolazione e il funzionamento”. Per questa ragione nella presente ricerca si è ritenuto necessario utilizzare un doppio sguardo disciplinare nell'esplorazione del fenomeno: quello della pratica, proprio degli insegnanti, rivolto a sperimentare e comprendere i meccanismi simulativi e prefigurativi attivati dalla progettazione didattica allestita attraverso strumenti narrativi di tipo finzionale; quello della teoria, capace di analizzare i dati empirici a partire da categorizzazioni proprie della didattica (in particolare della teoria della trasposizione didattica) e, parallelamente, degli studi narratologici, e in grado di contribuire alla descrizione del processo di narrativizzazione del sapere messo in atto dagli insegnanti.

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CAPITOLO PRIMO

LA SIMULAZIONE INCARNATA: TRA DIDATTICA E NARRATOLOGIA

La presente ricerca nasce con l'obiettivo di esplorare le potenzialità didattiche di una serie di fenomeni che gli studi narrativi, non solo di ambito letterario, hanno individuato con il nome di 'simulazione incarnata'. Più nello specifico, il lavoro si propone di indagare tali fenomeni nel loro effettivo accadimento all'interno di uno specifico contesto formativo (Laboratori di Progettazione Didattica) allestito assieme a due insegnanti di ambiti disciplinari differenti in servizio presso una classe seconda di una scuola secondaria di I grado. La scelta di questo specifico contesto didattico risiede, come si vedrà a breve, nel particolare legame che la simulazione incarnata intrattiene con due elementi caratterizzanti la professionalità degli insegnanti: la comprensione e concettualizzazione dell'azione; l'analisi dei fattori intenzionali ad essa correlati. In breve, dunque, è possibile individuare una doppia finalità della presente ricerca riguardante, per un verso, lo sviluppo professionale degli insegnanti e, per l'altro, il contributo alla ricerca accademica di ambito didattico. In primo luogo e rispetto al primo ambito, il presente lavoro intende favorire una migliore conoscenza nella progettazione e nell'uso di mediatori didattici di tipo narrativo nella pratica didattica dei due insegnanti coinvolti. In secondo luogo e in relazione alla ricerca accademica, la finalità della ricerca è quella di contribuire allo studio dei processi prefigurativi e simulativi in atto nella progettazione didattica attraverso la descrizione delle azioni di trasposizione didattica messe in atto dai due insegnanti all'interno di un contesto formativo (Laboratorio di Progettazione Didattica) finalizzato alla costruzione di un mediatore narrativo (un racconto da leggere in aula).

Le finalità ora descritte costituiscono i nuclei organizzatori delle scelte metodologiche compiute e che saranno approfondite nel terzo capitolo:1 l'adesione ad un epistemologia di

ricerca naturalistica; l'adozione di una filosofia della ricerca di tipo partecipativo e, in particolare, di un modello partecipativo di ricerca‐formazione; l'utilizzo della strategia di ricerca dello studio di caso e, nello specifico, della variante codificata con il termine di

interpretative case study; la scelta del metodo di ricerca dell'analisi tematica; l'utilizzo di

tecniche di indagine formalizzate, quali l'intervista in profondità, la video‐registrazione e audio‐registrazione, e di strumenti di raccolta dati propri del contesto didattico di riferimento

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(prodotti narrativi degli insegnanti e degli studenti).

1.1 Le basi predicative della definizione di simulazione incarnata

Come appena affermato, la definizione dell'oggetto di studio – la simulazione incarnata – non è circoscritta ad un unico ambito di ricerca, ma si struttura dall'incontro di tre campi disciplinari diversi e complementari: per un verso, quello degli studi narratologici che circoscrivono tale oggetto nella sua dimensione discorsiva e fanno dell'analisi delle interazioni tra forme e funzioni narrative il proprio approccio metodologico di riferimento (Caracciolo, 2014, Herman, 2007, Sternberg, 1992); per un altro, il campo delle neuroscienze e della teoria della conoscenza di matrice enattivista che considerano la simulazione incarnata una modalità conoscitiva che mette in relazione percezione e azione senza la mediazione di processi cognitivi più sofisticati e che, conseguentemente, favorisce l'emergere di processi di prefigurazione e di orientamento dell'azione di tipo non rappresentazionale (Nöe, 2004; Rizzolati et al. 2002; Gallese, 2005); infine, gli studi didattici che, di recente, si sono soffermati a definire le potenzialità formative della simulazione, ora in relazione alle strategie di progettazione didattica messe in atto dagli insegnanti laddove necessitano di anticipare e prevedere gli effetti delle loro scelte, ora in rapporto alla trasposizione didattica e al ruolo di mediazione tra sapere da insegnare e sapere insegnato che viene assunto dalla simulazione come mediatore di tipo immersivo (Rossi 2011, Rivotella, 2012).

I tre campi considerati contribuiscono alla composizione di una definizione multidimensionale dell'oggetto che si è inteso esplorare all'interno di un ambito conoscitivo di tipo didattico. Prima di delineare i rapporti con tale contesto di applicazione, è opportuno considerare alcuni elementi della definizione dei fenomeni oggetto di studio.

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seguenti questioni2: il rapporto tra strategie narrative e gli effetti nel lettore/ascoltatore nell'esperienza di simulazione incarnata; la qualità percettiva e senso‐motoria di tale esperienza. Rapporto tra strategie narrative ed effetti nell'esperienza di lettura/ascolto Posto che l'obiettivo della presente ricerca è quello di descrivere le funzioni ed esplorare le potenzialità della simulazione incarnata come strategia di trasposizione didattica, si rende necessario considerare analiticamente una triplice serie di elementi che verranno di seguito messi in relazione con la definizione appena riportata: a) le scelte compositive compiute dagli insegnanti: quali strategie discorsive utilizzano gli insegnanti nella costruzione del mediatore didattico narrativo? Quali scelte narrative compiono?

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I fenomeni a cui si è fatto ora riferimento appartengono a insiemi categoriali differenti che però, in questa sede, si intendono avvicinare con l'obiettivo di individuare un medesimo piano categoriale di tipo didattico. Differenti sono gli insiemi perché differenti sono le basi predicative che li definiscono: nel primo caso il riferimento predicativo è il discorso, inteso come interazione tra il livello sintattico‐testuale e quello semantico e pragmatico della narrazione: i fenomeni osservati sono pertanto di ordine testuale (la scelta del narratore; la scelta del punto di vista; la categorizzazione dei personaggi, la descrizione degli ambienti, la selezione degli eventi); nel secondo caso il riferimento predicativo è rappresentato dalle funzioni che raccordano gli elementi discorsivi appena enunciati agli effetti attesi nell'esperienza di simulazione incarnata messa in atto dagli studenti (i processi interpretativi messi in atto dagli studenti nel momento dell'ascolto del racconto); il terzo si riferisce ad una base predicativa cognitiva dal momento che insiste sui processi compiuti dagli insegnanti durante la progettazione dei mediatori didattici narrativi. La differenziazione delle basi predicative risponde, in parte, ai diversi piani fenomenici cui fanno riferimento gli ambiti disciplinari che in questa sede si considerano nella definizione dei processi da indagare, sia teoreticamente che empiricamente. Il nodo problematico che emerge è pertanto di ordine lessicale ancor prima che metodologico e si riferisce, in senso più ampio, a ciò che per Cardarello (2015, p. 3) “appare prima di tutto come allineamento linguistico, relativo ai modi in cui si descrivono e si concettualizzano gli eventi didattici”. Sostenere “che le categorie di analisi specifiche per descrivere i fenomeni didattici sono ciò che qualifica la ricerca didattica” (Cardarello, 2015) significa considerare criticamente l'influenza delle opzioni teoriche sulle scelte metodologiche che strutturano il lavoro di ricerca empirico. In ragione di tali fattori di criticità la presente ricerca si propone di individuare un piano categoriale comune con cui osservare il fenomeno oggetto di indagine al fine di elaborare, nella fase di progettazione della ricerca empirica e nella successiva fase di analisi dei dati, delle categorie interpretative efficaci rispetto a tali obiettivi ed epistemologicamente fondate.

Qualità percettiva e senso‐motoria dell'esperienza di simulazione incarnata

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strumenti che riescano a restituire il vissuto esperienziale dei soggetti coinvolti – gli insegnanti nel processo di trasposizione didattica – e, contemporaneamente, i processi di attribuzione di significato compiuti – la considerazione degli insegnanti dei prodotti narrativi realizzati in relazione agli obiettivi didattici.

1.2 I caratteri del processo di insegnamento/apprendimento: contestualità, interattività, riflessività

Accanto alla definizione di 'simulazione incarnata' fornita nel precedente paragrafo, si propone ora una seconda definizione relativa al processo di apprendimento/insegnamento. È utile considerare tale definizione al fine di continuare il progressivo avvicinamento dei due ambiti disciplinari cui ci si riferisce: narratologia e didattica.

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dipende da una analoga matrice costruttivista, si riferisce alla dimensione intimamente contestuale dell'esperienza di simulazione incarnata, sia nella sua declinazione progettuale, relativa all'attività compositiva degli insegnanti, sia nella versione performativa, letta e ascoltata dagli studenti. Coerentemente, diviene necessario in questa sede considerare programmaticamente le condizioni contestuali del fenomeno così da cogliere gli aspetti di maggiore rilevanza. Da un punto di vista epistemologico la definizione proposta suggerisce pertanto la necessità di adottare uno sguardo, teoretico e metodologico, capace di assumere tale orientamento particolaristico e definibile con gli attributi 'descrittivo' e 'pragmatico': per un verso, tale orientamento corrisponde ad un approccio di ricerca di tipo fenomenologico che esplora l'oggetto nel suo manifestarsi contestuale; per un altro, si intende che i fenomeni oggetto di considerazione non sono osservabili indipendentemente dagli effetti generati nella prassi. In sintesi, il carattere situato con cui si è scelto di definire il processo di insegnamento/apprendimento richiede un accurato processo di individuazione e descrizione delle variabili didattiche che entrano in gioco nelle situazioni considerate e pertanto la scelta di strategie di ricerca e di metodi di ricerca in grado di rispondere adeguatamente a tale esigenza.

b) Centralità delle interazioni tra insegnante e studenti

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con i modelli deterministi e istruttivisti, a partire dalla capacità di progettare e guidare l'azione didattica e che si qualifica pertanto “come una continua regolazione, più che un'applicazione di principi”.

Una siffatta caratterizzazione del processo di insegnamento/apprendimento e della professionalità docente, unitamente all'obiettivo di sperimentare la 'simulazione incarnata' nell'attività di progettazione didattica, orienta la presente ricerca in alcune direzioni specifiche che ora occorre esaminare: in primo luogo suggerisce la selezione di strategie di ricerca che consentano di descrivere accuratamente la processualità dell'azione didattica e di considerare la molteplicità di variabili didattiche in gioco nel fenomeno oggetto di indagine (la scelta dei nuclei concettuali della disciplina; il raccordo con le conoscenze e le pre‐conoscenze degli studenti, il legame con i vissuti degli studenti; l'anticipazione delle domande degli studenti e la prefigurazione delle loro reazioni all'ascolto del testo); parallelamente, l'interazione insegnante/studenti, per essere restituita nella sua articolazione, necessita di essere indagata da una pluralità di sguardi e, in particolare, dai diversi punti di vista implicati nell'azione (insegnanti, ricercatore, studenti). Si è portati così a prediligere strategie di ricerca che favoriscano la triangolazione dei metodi di raccolta dati e dei ricercatori (Janesick, 2000). c) Attribuzione di significato alle azioni e interazioni La proposta di Rossi consente di mettere in luce il terzo aspetto di (2) che ora si intende esaminare. Se, come si è affermato, il dispiegarsi dell'azione diventa il nucleo fenomenico qualificante i processi di insegnamento e apprendimento e la capacità di progettarla, regolarla, orientarla assumono un valore costitutivo nella costruzione della professionalità dell'insegnante, diviene altrettanto fondamentale portare l'attenzione ai processi di prefigurazione e concettualizzazione dell'azione messi in atto dagli insegnanti stessi e, conseguentemente, selezionare strategie e metodi di ricerca adeguati all'adempimento di tale funzione.4 Da una considerazione più approfondita del processo di trasposizione didattica è

possibile affermare che vi sono almeno due diverse tipologie di attività riflessiva messe in opera dagli insegnanti e che è ora importante differenziare per cogliere la specificità del lavoro da compiere nella presente ricerca: da un lato, un processo di ricognizione sull'azione che implica, in primo luogo, una verbalizzazione dell'esperienza, secondariamente una

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CAPITOLO SECONDO

LA TRASPOSIZIONE DIDATTICA: I LIMITI DELLA TRASFORMAZIONE

DEL SAPERE

Alla luce di quanto considerato nel capitolo iniziale, si propone ora di declinare le questioni teoriche riguardanti le pratiche narrative di simulazione incarnata e i temi approfonditi riguardanti la teoria della conoscenza di matrice enattivista in un campo di riflessione didattico.

Con lo scopo di elaborare un terreno di incontro tra i diversi ambiti disciplinari considerati nelle pagine precedenti e, nello specifico tra la didattica e la narratologia, si proverà a interrogare il concetto di trasposizione didattica attraverso le categorie proprie della simulazione incarnata, tanto in relazione al processo di costruzione di un'esperienza narrativa (realizzato nella presente ricerca dagli insegnanti e dal ricercatore nei laboratori di progettazione didattica e finalizzato alla costruzione di racconti da utilizzare in classe come mediatori didattici), quanto in riferimento all'esperienza stessa di simulazione incarnata (messa in atto in classe dagli insegnanti con la lettura di tali racconti). L'obiettivo di tale capitolo è pertanto di indagare il processo di trasposizione didattica attraverso i caratteri definitori della simulazione incarnata in modo da poter individuare delle linee di continuità tra i due fenomeni e di sostenere l'uso traspositivo delle pratiche di finzione narrativa.

Il discorso che si condurrà nel corso delle prossime pagine è strutturato in una duplice partizione: in primo luogo, si indagherà la nozione di trasposizione didattica nell'elaborazione fornita da Chevallard, con l'obiettivo di riconsiderarne alcuni fattori di criticità; secondariamente, si approfondiranno le nozioni di 'rilevanza' e 'artificialità' in modo da poter elaborare delle strategie di risoluzione delle criticità prima evidenziate attraverso la considerazione della struttura esperienziale della simulazione incarnata

2.1 Il processo di trasposizione didattica: dal sapere sapiente al sapere da insegnare

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strutturazione del sapere da parte dell'insegnante, nel secondo caso in relazione all'azione giocata nella definizione, anzitutto, del sapere sapiente e, in parte, nella trasformazione in sapere da insegnare, dalle indicazioni e dai programmi ministeriali, dai supporti didattici scelti, dagli obiettivi didattici e civici dell'istituzione scolastica.

A questo proposito occorre sottolineare che in questa sede si sceglie di operare una differenziazione con la schematizzazione tradizionale della trasposizione didattica e di intendere il “sapere da insegnare” come un'entità la cui genesi dipende dall'azione di progettazione dell'insegnante e non solo dai fattori “esterni” prima accennati. Il sapere da insegnare è inteso infatti come il risultato di fattori interni (propri dell'azione dell'insegnante e dipendenti delle sue scelte epistemologiche) ed esterni e si differenzia dal termine “sapere insegnato” per il fatto di non avere relazioni di dipendenze con l'azione didattica. Si ritiene, invece, che le definizioni proposte da Chevallard e riprese da Perrenoud (1988, 2) rendano opaca tale distinzione poiché considerano il ruolo di progettazione dell'insegnante e l'azione didattica all'interno di una medesima categoria (l'oggetto di insegnamento), e di conseguenza sovrappongono nel passaggio dal sapere da insegnare al sapere insegnato (nelle parole di Chevallard, dall'oggetto da insegnare, all'oggetto di insegnamento) processi didattici temporalmente e logicamente distinti: nel processo di progettazione didattica, temporalmente e logicamente anteriore a quella dell'azione didattica, il sapere è modificato dall'insegnante prima ancora di diventare “oggetto di insegnamento”. Il cambiamento terminologico proposto porta a considerare con maggiore intensità l'azione traspositiva dell'insegnante e il ruolo operato nella trasformazione del sapere sapiente in sapere da insegnare, assunto quindi come un'entità aperta su cui l'insegnante ha la possibilità di operare delle modifiche strutturali.

2.2 Il carattere artificiale della trasposizione didattica: i criteri di legittimità e pertinenza

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sapere e di neutralizzazione delle pratiche sociali dal contesto originario del sapere. Occorre rilevare che già anteriormente al lavoro del didatta francese questi limiti dell'azione traspositiva sono stati tematizzati; Verret – il sociologo da cui Chevallard mutua la categoria di 'trasposizione didattica' – descrive in Le temps des études l'azione di privazione e decontestualizzazione subita dal sapere nel passaggio dai contesti di produzione ai contesti di apprendimento. In particolare, Verret, nell'introdurre e definire il concetto di trasposizione didattica, individua cinque fattori di cambiamento, senza connotare valorialmente tali processi trasformativi e descrivendoli piuttosto come funzioni ineliminabili e costitutive al trasferimento del sapere:

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Verret e ripresi dallo stesso Chevallard, come ben evidenzia Damiano (2013), in un'accezione negativa. Entrambi gli studiosi, pur con sguardi differenti, portano pertanto l'attenzione sui medesimi tratti del fenomeno: le condizioni che rendono inefficace il primo dei passaggi traspositivi. Prima di considerare le strategie di risoluzione di tali fattori di criticità, si legga un passaggio di Chevallard relativo alla nozione 'artificialità'.

Bodies of knowledge are, with a few exceptions, not designed to be taught, but to be used. To teach a body of knowledge is thus a highly artificial entreprise. The transition from knowledge regarded as a tool to be put to use, to knowledge as something to be taught and learnt, is precisely what I have termed the didactic transposition of knowledge.

Per Chavallard la differenziazione tra sapere da insegnare e sapere sapiente dipende da una duplice funzione pragmatica: dall'uso per il quale tale sapere è progettato; dalle condizioni effettuali nel quale esso è inserito. Rispetto al fattore dell'uso, Chevallard propone una distinzione tra conoscenza usata (used knowledge) e conoscenza insegnata (taught knowledge) e descrive la distanza tra i due saperi attraverso le nozioni di 'pertinenza' e di 'legittimità'.6

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di Chevallard è possibile definirlo con il termine di 'pertinenza'. Ai giorni nostri, l'apprendimento della teoria della relatività di Einstein nei contesti scolastici risponde ad una scelta “esterna”, riferibile cioè all'inserimento nei programmi ministeriali e nei libri di testo e ancor prima dalla selezione operata da parte di una particolare comunità scientifica: il criterio con cui la teoria della relatività è inserita nei saperi da insegnare è pertanto esterno al contesto scolastico. Il carattere di artificialità del sapere da insegnare risiede quindi, per Chevallard, nell'impossibilità di importare il criterio di pertinenza, proprio della conoscenza usata (e del sapere sapiente), nel terreno della conoscenza scolastica: se la conoscenza usata è caratterizzata dal fatto di essere socialmente significativa, di rispondere cioè a funzioni sociali e di emergere da pratiche sociali che ne determinano il valore e il significato, la conoscenza insegnata, al contrario, non trova significato da funzioni interne al contesto di costruzione del sapere poiché non è socialmente usata e non è intenzionalmente rivolta ad un uso applicativo, ma necessita di una legittimazione esterna, artificiale, che ne certifichi la significatività e ne autorizzi l'insegnamento.

La seconda funzione, da cui dipende l'aspetto di artificialità del processo traspositivo, si riferisce alla non trasportabilità e non riproducibilità della cornice contestuale del sapere sapiente nel contesto scolastico in cui agisce il sapere da insegnare e il sapere insegnato. Chevallard afferma che tale limitazione rappresenta un fattore costitutivo della trasposizione didattica e individua, in questo modo, un legame di discontinuità ineliminabile tra il sapere di origine e quello di arrivo. Scholarly knowledge is nothing other than knowledge used, both to produce new knowledge and to organize the knowledge newly produced into a coherent theoretical assemblage. Teaching is thus faced with a permanent problem. The knowledge to be taught, and every “piece” of knowledge that it comprises, exist only in contexts than cannot be faithfully replicated within school […]. These environments are not only generally irrelevant to the teaching project: they will not usually survive the transition from the specific social practice to the teaching institution. Consequently, a proper didactic environment will have to be rebuilt from scratch.

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un'istanza riduzionistica permane ed è riferibile ad entrambe le funzioni pragmatiche messe in evidenza. Rispetto all'uso, il nuovo oggetto conoscitivo è del tutto manchevole di una qualità strutturale del sapere sapiente: l'effettiva messa in pratica della conoscenza e gli effetti pragmatici di tale azione. In relazione alla cornice contestuale, l'ecologia del sapere da insegnare (riprendendo un termine usato già dallo stesso Chevallard) perde la molteplicità delle funzioni sociali che agiscono nel sapere sapiente e, conseguentemente, assume una configurazione che prescinde da tali fattori pragmatici per istituirne di nuovi e diversi. Su questi due elementi di manchevolezza del sapere da insegnare, si ipotizza in questa sede che l'utilizzo di strategie narrative nella messa in atto il processo di trasposizione didattica (finalizzate all'allestimento di esperienze di simulazione incarnata con gli studenti) offra un proficuo campo di sperimentazione e suggerisca alcune ipotesi che consentono di ridefinire gli elementi di criticità che verranno ora dettagliati. 2.3 Artificialità/finzionalità e imitazione/simulazione: nuovi criteri di integrazione tra sapere sapiente e sapere da insegnare In questo paragrafo si provvede ad esaminare la relazione artificialità/simulazione e ad offrire una differente linea d'interpretazione della teoria della trasposizione didattica, capace, è questa l'ipotesi che si intende formulare, di avanzare una ridefinizione teoretica dei due nodi problematici appena osservati: da un lato, il carattere pratico e situato del sapere; dall'altro, la considerazione della dimensione sociale del sapere (o delle pratiche sociali di riferimento, per dirla con la terminologia di Martinand).

Nel capitolo precedente, la narrazione è stata definita nei termini di un'esperienza di simulazione incarnata e, come si è osservato, i tratti essenziali di tale esperienza sono stati fatti dipendere da due processi che presentano ora un rinnovato valore euristico: in primo luogo, il meccanismo, di matrice pragmatica, responsabile della creazione della cornice finzionale che consente di sospendere il giudizio sui criteri abituali di valore e/o di veridicità; secondariamente, quello di natura percettivo‐sensoriale dell'esperienza di simulazione che conferisce al fenomeno l'aggettivo incarnato. Accanto a tali caratteri definitori occorre rimarcare una terza qualità con cui si è scelto in precedenza di definire la narrazione: la nozione stessa di 'artificialità'. Si osservi inizialmente quest'ultima nozione.

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riportata o un discorso inventato non posseggono intrinsecamente i tratti della narratività, ma li acquisiscono, costruendoli dialogicamente a partire dall'interazione della propria struttura ontologica con un contesto o, in altri termini, con un determinato uso, un determinato ambiente, un lettore/ascoltatore storicamente, corporalmente e volitivamente determinato. In questo senso il tratto dell'artificialità appartiene tanto alle narrazioni finzionali, quanto alle narrazioni non finzionali (il vasto universo delle narrazioni storiche, giornalistiche, autobiografiche, ecc). Anche il carattere di finzionalità attribuito alla narrazione è stato descritto in precedenza, muovendo dalla linea di ricerca di Walsh (2007), nei termini di un processo pragmatico di comunicazione che dipende non dagli aspetti referenziali dell'oggetto discorsivo, ma – ancora – dalla particolare qualità non rappresentazionale dell'esperienza di lettura e di ascolto. La definizione del carattere finzionale di una narrazione non dipende, in questa prospettiva, dall'individuazione di fattori di natura semantica e, di conseguenza, dall'assenza di un referente fattuale agli enunciati narrativi; piuttosto, sono gli aspetti contestuali a fare della narrazione un'esperienza finzionale: il suo collocamento editoriale, il contesto in cui è letta, l'approccio con cui è esperita dal lettore, le strategie narrative che possono favorire dei meccanismi di riconoscimento di elementi prettamente finzionali.

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prefigurativo e inferenziale, la modalità di conoscenza percettiva‐sensoriale, sono tutti elementi propri dell'esperienza narrativa di simulazione incarnata che, trasferite nel contesto della trasposizione didattica consentono un avvicinamento tra sapere sapiente e sapere da insegnare. Più nel dettaglio, la funzione della simulazione dell'esperienza di attivare le esperienze e conoscenze pregresse del lettore è utilizzabile come elemento di raccordo tra le diverse trasformazioni del sapere nel processo traspositivo. Caracciolo afferma che l'effetto di simulazione incarnata si basa su un doppio coinvolgimento del lettore nei confronti del racconto, dipendente, da un lato, dal rapporto costruito con il personaggio e, dall'altro, dal coinvolgimento nello scenario spazio‐temporale: entrambe le condizioni sono funzionali all'attivazione delle esperienze pregresse del lettore e alla loro successiva “ristrutturazione” messa in atto dall'incontro con il piano discorsivo.

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interessi. In continuità, invece, con il contesto di produzione del sapere sapiente, l'esperienza di simulazione incarnata è funzionale a fare vivere la struttura intenzionale di questo sapere, a comprenderne gli scopi, a coglierne i rapporti applicativi, a indagarne la connessione con le esperienze professionali e con i soggetti storicamente determinati che hanno concorso alla sua costruzione. A questo proposito è utile richiamare le parole di Damiano (2013) in riferimento alla funzione aumentativa della trasposizione didattica quando afferma che, nel passaggio dal sapere sapiente al sapere da insegnare e insegnato, «si tratta innanzitutto di ampliare i riferimenti, oltre a quelli epistemologici (…): i sapere scientifici non sono “cristallizzati” ma “vivono in una società in modo interdipendente, influenzano e vengono condizionati variamente in un gioco di reciprocità.»

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attraverso il criterio di 'pertinenza', offre, al contrario, una prospettiva meno radicale rispetto alla conservazione dei contesti originari del sapere e individua una duplice opportunità conservativa: favorisce una ridefinizione del «permanent problem» riguardante l'impossibilità di replicare il contesto di origine in quello di arrivo; offre una strategia per tracciare dei legami tra i due contesti ed evitare il cosiddetto «rebuilt from scratch» del sapere insegnato.

Per giungere a tali conclusioni occorre estendere momentaneamente il ragionamento che si sta conducendo all'ambito della pragmatica linguistica e della filosofia del linguaggio. Il concetto di pertinenza infatti, sviluppato all'interno delle teorie linguistiche di Grice (1989), per un verso, e di Sperber e Wilson (1990), per un altro, che ne hanno approfondito alcune tesi e allargato il dominio applicativo estendendolo al campo della cognizione umana, ha assunto un'interessante centralità negli studi di teoria della narrazione di matrice pragmatica per il fatto di valorizzare gli aspetti intenzionali dei processi comunicativi e di favorire l'individuazione di un'istanza conoscitiva alla finzionalità. Prima di considerarne l'utilità in ambito didattico si osservino brevemente le seguenti definizioni.

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in particolare con l'esperienza di simulazione incarnata: come un atto comunicativo esiste nella misura in cui sono riconosciuti i tratti pragmatici dell'intenzionalità e delle condizioni contestuali, così una narrazione finzionale esiste laddove parlante e ascoltatore condividono un medesimo piano di assunti pragmatici: le intenzionalità da riconoscere e condividere tra parlante e ascoltatore riguardano tanto il livello pragmatico dell'atto comunicativo – il carattere di finzionalità – quanto il livello semantico – le intenzionalità presenti nello scenario narrativo raccontato. Perché tale riconoscimento sia attivato occorre che parlante e ascoltatore, racconto e lettori, condividano, ancorché parzialmente, un medesimo contesto conoscitivo. Virando ora al versante della comunicazione narrativa, Walsh rilegge la teoria della pertinenza per affermare un cruciale aspetto definitorio riguardante la finzionalità, ovvero che, come visto poco sopra, tale categoria non è determinata da fattori di natura referenziale, ma bensì contestuali. Da questa assunzione ne discende una seconda, particolarmente significativa per gli obiettivi del presente paragrafo, che afferma che i soggetti in gioco in una determinata comunicazione finzionale devono essere consapevoli di tale tratto qualitativo per rendere efficace il processo narrativo: tali soggetti non rivolgono la propria attenzione alla ricerca di elementi di veridicità referenziale della narrazione ma piuttosto sono interessati a fattori di rilevanza pragmatica in grado di istituire il carattere finzionale del racconto con cui sono entrati in relazione. In quest'ottica, il carattere di finzionalità dell'esperienza di simulazione incarnata, se pensata all'interno di un contesto di insegnamento/apprendimento, è per un verso, determinata indipendentemente dal contenuto rappresentazionale del racconto creato dall'insegnanti e ascoltato dagli studenti, e, per un altro, è resa possibile dal fatto che gli ascoltatori condividono un medesimo patrimonio di conoscenze ed esperienze con quanto raccontato; che tale racconto, cioè, faccia riferimento a vissuti esperiti dai discenti o che sia in grado di istituire connessioni stimolanti e significative; che le situazioni presentate entrino in dialogo con problematiche reali già sperimentate oppure che siano riferite ad un sistema culturale ben riconoscibile dai discenti.

2.5 I vantaggi della trasposizione didattica narrativa: replicabilità del contesto e significatività interna del sapere

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appunto, proprio del sapere sapiente e definito a partire da condizioni interne al contesto; quello di legittimazione, relativo al sapere da insegnare e al sapere insegnato e attribuito esternamente al contesto scolastico. Vi sono almeno due conseguenze, logicamente interconnesse, che discendono da quanto appena osservato: la replicabilità del contesto di origine in quello di arrivo; il criterio di pertinenza accostabile a quello di legittimazione nel contesto del sapere insegnato.

Replicabilità del contesto di origine in quello di arrivo

L''uso della costruzione di racconti che generino effetti di simulazione incarnata come strategia di trasposizione didattica consente di riprodurre finzionalmente la cornice contestuale del sapere di origine. L'elemento riduzionistico osservato da Chevalard è neutralizzato dal fatto che la struttura dell'esperienza di simulazione incarnata consente di far rivivere – mediante la particolare modalità conoscitiva di tipo percettivo e senso‐motorio – i tratti peculiari del contesto di origine del sapere sapiente, integrando tale scenario narrativo con i vissuti esperienziali degli ascoltatori, che sono così invitati ad attivare dei meccanismi di raccordo e di fusione tra le proprie conoscenze (le proprie pre‐conoscenze, mis‐conoscenze o conoscenze ingenue) e il contesto del nuovo sapere: sapere da insegnare e sapere insegnato. Per gli obiettivi della presente ricerca è utile rilevare che la considerazione delle conoscenze e dei vissuti esperienziali degli studenti acquisisce un particolare valore traspositivo nelle azioni di progettazione didattica compiute dagli insegnanti e finalizzate alla creazione di racconti. Si hanno così due livelli di azione traspositiva della simulazione incarnata:

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Percorso Insegnante di Scienze Percorso Insegnante di Storia Contesto sapere sapiente (gli insegnanti selezionano dei nuclei concettuali specifici del sapere sapiente) 1. Apparato digerente 2. Apparato circolatorio

1. Riforma luterana e riforma cattolica

2. La Francia di Luigi XIV e gli albori dell'illuminismo Contesto sapere da insegnare (gli insegnanti creano lo scenario in cui hanno luogo le azioni dei protagonisti del racconto) 1. Situazione quotidiana in cui un ragazzo avverte dolori di stomaco dopo aver assunto alimenti e bevande in maniera poco controllata durante il pomeriggio.

2. Il medesimo ragazzo cade in bicicletta e si procura una ferita da medicare con urgenza poiché ha interessato il sistema venoso e arterioso

1. Lutero entra nella chiesa di Wittenberg e osserva un predicatore (Johannes Tetzel) intento a ricevere denaro in un banchetto a seguito di colloqui con i fedeli presenti

2. Nicolas (un bambino di 11 anni) scappa dalla corte di Versailles e si reca a Parigi dove, per aver assistito ad una pubblica esecuzione, è accusato di dimostrare contro la monarchia b) Dal sapere da insegnare al sapere insegnato: la lettura in aula dei racconti progettati dagli insegnanti favoriscono una modalità conoscitiva dei contesti narrativi di tipo simulativo e immersivo, attivata dai meccanismi percettivi e senso‐motori che strutturano l'esperienza di ascolto. Il contesto di origine del sapere non viene propriamente replicato del lettore/ascoltatore, ma piuttosto è percepito e dunque conosciuto da un punto di vista sensoriale e interno al contesto stesso.

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del criterio di legittimazione, come afferma invece Chevallard, ma un accostamento che consente di rafforzare l'attribuzione di significato nell'atto di definizione del sapere da insegnare del sapere insegnato. Come si è visto dalla breve schematizzazione degli elementi contestuali dei racconti costruiti dagli insegnanti e dal ricercatore nel percorso empirico realizzato, l'esperienza vissuta dagli studenti dei diversi scenari narrativi consente – per le caratteristiche conoscitive della simulazione incarnata – un meccanismo di attribuzione di senso interno, che scaturisce dal lavoro conoscitivo e interpretativo messo in atto durante l'ascolto e che dipende dalla scelte narrative operate dagli insegnanti nella fase di progettazione e trasposizione didattica.

I risultati teoretici appena osservati consentono una rilettura dei due nodi problematici ravvisati da Chevallard a proposito dell'artificialità del processo di trasposizione didattica. Ciò che è possibile notare è la capacità dell'esperienza di simulazione incarnata di ridefinire i due elementi di discontinuità derivanti dall'incontro tra sapere sapiente e sapere da insegnare – la perdita della dimensione pragmatica dell'uso e l'incomparabilità dei contesti – e di consentire, per dirla con le parole di Nigris (2012, p. 70), la neutralizzazione di «uno degli errori che ha allontanato e, a volte, disamorato i ragazzi rispetto ad alcuni ambiti del sapere (ad esempio, la matematica e le scienze)» e cioè «il fatto di averli presentati come se fossero atemporali e impersonali, ossia avulsi dall'esperienza di coloro che hanno dato loro forma e anche di chi si accinge ad apprenderli».

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3. LA SIMULAZIONE INCARNATA COME MEDIATORE IMMERSIVO

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Mar e Oately muovono dall'idea che l'esperienza offerta dalla finzione narrativa, lontana dall'essere una mera attività di intrattenimento, favorisca una efficace modalità conoscitiva delle situazioni sociali e relazionali in cui l'uomo agisce quotidianamente.7 In particolare,

l'ipotesi che si propongono di dimostrare, richiamando i risultati di numerose ricerche empiriche di ambito psicologico sull'esperienza di lettura finzionale, riguarda il ruolo della finzione nel favorire la comprensione di complessi insiemi di informazioni sociali attraverso l'attivazione di una triplice azione: registrazione, astrazione, comunicazione. Nelle loro parole (Mar & Oatley, 2008, p. 179).

The function of fiction can thus be seen to include the recording, abstraction, and communication of complex social information in a manner that offers personal enactments of experience, rendering it more comprehensible than usual. Narrative fiction models life, comments on life, and helps us to understand life in terms of how human intentions bear upon it. La modalità con cui l'esperienza finzionale rende possibile tale strategia di comprensione riguarda, ancora una volta, il processo di simulazione, concepito come un'attività di messa in atto («enactment») da parte del lettore/ascoltatore di scenari sociali che, per il fatto di essere inseriti in un'unità spazio‐temporale definita e coerente, offrono un grado di maggiore comprensibilità rispetto alla medesima attività di comprensione svolta nei contesti di vita “reale”.

Mar e Oatley individuano due meccanismi principali che presiedono al funzionamento di tale esperienza finzionale e che la differenziano da altre modalità simulative: da un lato, la possibilità di entrare in relazione con scenari e situazioni a cui sarebbe altrimenti impossibile accedervi; dall'altro, la comprensione di situazioni relazionali e sociali complesse.

Il primo dei due meccanismi riguarda la particolare modalità di elaborazione delle informazioni sociali consentita della finzione narrativa e che si specifica nell'offrire al lettore/ascoltatore uno scenario al quale non potrebbe, diversamente, avere accesso diretto. La strategia narrativa deputata più di altre a questa azione di ingresso in scenari finzionali è, nella prospettiva di Mar e Oatley, il personaggio concepito come un'istanza personificata preposta all'accesso alle altrui intenzioni e come medium per entrare in relazione con lo 7 È interessante riportare per gli obiettivi del presente capitolo e della ricerca stessa che si sta conducendo l'affermazione posta in apertura all'articolo The Function of Fiction is the Abstraction and Simulation of Social

Experience, in cui i due studiosi attribuiscono un valore conoscitivo cruciale alle esperienze narrative

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scenario narrativo. Tale processo, definito negli studi narrativi di matrice psicologica mind‐

reading, si riferisce alla funzione dell'esperienza di simulazione incarnata di favorire la

simulazione tanto di stati mentali altrui, quanto di scenari e situazioni mai affrontate dal lettore/ascoltatore.

Per le caratteristiche ora rapidamente delineate, l'esperienza finzionale si presta ad un interessante analogia con il processo di avvicinamento e ricostruzione della cornice contestuale del sapere sapiente dal momento che, come sostenuto in precedenza, è inaccessibile allo studente, essendo inserito in un contesto conoscitivo differente. Nei prossimi paragrafi si esaminerà a fondo il ruolo del personaggio come funzione di accesso agli scenari finzionali e si descriveranno due differenti modalità di relazione tra ascoltatore/lettore e personaggio – consciousness attribution e consciuosness enactment – utili a caratterizzare la capacità immersiva dell'esperienza narrativa e a confrontarla con l'analoga immersione nella cornice contestuale del sapere sapiente. 3.2 La funzione di astrazione nel processo di costruzione di narrazioni finzionali La seconda funzione dell'esperienza finzionale fa riferimento alla capacità di «understand, and to some extent predict, the behavior of systems made up of many processes in interaction» (Mar & Oatley, 2008, p. 175). In altri termini, attraverso i processi attivati durante la lettura e l'ascolto narrativo è possibile non solo comprendere, ma anche prevedere l'evoluzione del sistema relazione rappresentato, individuare le intenzioni che guidano le azioni dei personaggi, ricostruire i legami causali tra di esse, riconoscere gli effetti. Se l'essere umano, per Mar e Oatley, è in grado nell'esperienza quotidiana di discernere e prevedere una situazione sociale con una certa efficacia, ciò tuttavia non avviene quando la situazione presenta un altro grado di complessità relazionale e allorché tale situazione è in corso di svolgimento. È proprio in relazione a questi due aspetti limitativi della cognizione umana che entra in gioco la simulazione narrativa nel consentire la comprensione di «intricate relazioni interpersonali», di discernere, ancora, la rete di intenzionalità in cui le situazioni hanno luogo, di individuare fattori causali ed effetti nel momento stesso in cui essi accadono finzionalmente.8

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di area cognitivista. Il primo elemento utile da osservare riguarda la pervasività dell'astrazione nei meccanismi conoscitivi umani e dunque la sua presenza in altri processi simulativi: se, facendo riferimento un breve richiamo alla tipologia dei mediatori iconici di (Damiano, 2013), le schematizzazioni di eventi storici (si pensi al caso della riforma luterana e della contro‐riforma cattolica) o di conoscenze di anatomia e fisiologica (la composizione dell'apparato digerente e le funzioni degli organi) hanno come riferimento categorie e concetti eminentemente astratti, la simulazione narrativa, al contrario, ha come oggetto referenziale l'azione umana, ovvero l'agire umano nella sua struttura intenzionale e la modalità referenziale è di tipo simulativo. La centratura della finzione narrativa sull'azione umana e sullo schema intenzionale ad essa correlata differenzia il processo di astrazione dei due mediatori considerati; se si osservano la modalità conoscitiva con cui sono interpretati i due meccanismi di astrazione, si può osservare che le schematizzazioni presuppongono un processo di decodifica di tipo logico‐linguistico attraverso l'interpretazione degli elementi verbali e dei legami presenti nello schema, mentre la simulazione narrativa attiva una relazione con le azioni del racconto di tipo percettivo e senso‐motorio.

Mar e Oatley, seguendo una ricca tradizione di studi sul legame tra lettura narrativa e comprensione dell'azione, affermano che l'esperienza interpretativa della finzione è da far dipendere da strutture cognitive attivate anche nell'interazione di azioni appartenenti alla quotidianità reale. Queste strutture cognitive, definite con i termini di 'script' e 'schema' e teorizzati dagli studi di teoria dell'azione (Schank e Abelson furono i primi ad elaborare tali nozioni in un noto saggio del 1977), fanno riferimento a sequenze prototipiche il cui riconoscimento consentirebbe la gestione e interazione di situazioni quotidiane e di situazioni finzionali per certi aspetti analoghi (entrare in un luogo sconosciuto, scendere le scale, andare in un ristorante, prendere un treno). Nel particolare caso dell'esperienza finzionale, il riconoscimento di script e schema favorisce l'attivazione di meccanismi non solo di comprensione immediata degli scenari e delle situazioni narrative che occorrono e che costituiscono la trama del racconto, ma anche di processi inferenziali maggiormente articolati e caratterizzati dal fatto di essere virtuali, ovvero non ancora attualizzati nel racconto: alcuni di questi processi sono la prefigurazione degli effetti di una data azione, l'anticipazione di scenari successivi a quelli in corso di svolgimento, la riconsiderazione di situazioni narrative antecedenti a partire da elementi raccolti in un determinato passaggio narrativo.9

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È proprio in relazione all'attivazione di processi interpretativi di tipo prefigurativo che la nozione di 'astrazione' dischiude il proprio valore euristico e mette in evidenza la particolare correlazione tra i processi messi in atto dall'esperienza della simulazione incarnata e le trasformazioni proprie della trasposizione didattica. Il meccanismo di astrazione attivata dalla narrativa finzionale è ora descrivibile sia in relazione alla configurazione dell'oggetto discorsivo, sia rispetto all'esperienza compiuta del lettore/ascoltatore: rispetto al primo ambito si può affermare che i caratteri di coerenza e finitezza spazio‐temporale della finzione narrativa conferiscono all'oggetto del discorso narrativo – l'agire umano – una struttura astratta di base che, nel momento in cui entra in contatto con un lettore/ascoltatore, ne consente l'interpretazione secondo una modalità esperienziale di tipo simulativo; riguardo al secondo ambito – l'esperienza finzionale del lettore/ascoltatore – si nota che essa è configurata a partire dal riconoscimento delle sequenze prototipiche presenti nel discorso narrativo e dai processi inferenziali attivati.

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così esplorata la valenza didattica che possiede la centratura nella fase di progettazione sull'azione e sulla ricostruzione della rete intenzionale ad essa correlata. Inoltre, rispetto alla modalità conoscitiva favorita nel lavoro degli insegnante, si proverà a mettere in connessione quanto sostenuto rispetto all'attività di prefigurazione, anticipazione dell'azione che qualifica la modalità conoscitiva propria della simulazione incarnata con i processi di previsione e anticipazione messi in atto dagli insegnanti nella progettazione e trasposizione didattica.

2. In relazione con quanto appena affermato rispetto ai processi di previsione e anticipazione, è possibile affermare – e lo si vedrà più nel dettaglio di seguito – che l'esperienza di simulazione messa in atto dagli studenti consente una comprensione dell'azione e delle intenzioni di tipo complesso e articolato. I processi interpretativi attivati dalla simulazione dell'esperienza favoriscono infatti un continuo raccordo tra ipotesi riguardanti l'esito e le conseguenze delle azioni e quelle relative alle intenzioni che le hanno mosse, in una dinamica di continua messa in relazione di dimensioni temporali passate, presenti e future. In questo modo, se da un lato si è sostenuto che l'astrazione è resa possibile da meccanismi di semplificazione dell'azione, dall'altro lato occorre rilevare che tale semplificazione non produce processi interpretativi ridotti, ma al contrario favorisce un'amplificazione della capacità di comprensione dell'azione e delle intenzioni.

3.3 Conoscenza sociale, intenzionalità e finzione: i tre tratti comuni della simulazione incarnata con il processo di trasposizone didattica

Questo secondo ambito del processo di astrazione finzionale consente di giungere ad uno dei nuclei fondamentali dell'opera di accostamento tra esperienza finzionale e processo di insegnamento/apprendimento che si sta provando a tracciare in questa sede. Sono due, infatti, i fattori costitutivi dell'astrazione finzionale che occorre ancora osservare e che sono intimamente interconnessi: l'attivazione delle conoscenze e dei vissuti personali del lettore/ascoltatore nell'esperienza narrativa; la particolare modalità esperienziale in atto, sia durante la lettura o l'ascolto di un racconto, sia durante la fase di costruzione del racconto stesso (e che nel presente lavoro corrisponde al lavoro di trasposizione didattica del sapere da parte degli insegnanti).

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sostenuto, è possibile compiere una prima sintesi e istituire una più accurata correlazione tra il processo di astrazione della finzione narrativa e la nozione di Martinand di 'pratiche sociali di riferimento osservata nei paragrafi precedenti. Il didatta francese, in uno studio in cui istituisce un confronto con il lavoro di Chevallard sulla trasposizione didattica, esamina tale nozione alla luce del concetto di 'sapere sapiente' e offre una definizione che intrattiene un'importante continuità con quanto si sta ora affermando. La nozione di 'pratiche sociali di riferimento', elaborata con il proposito di problematizzare il campo conoscitivo da considerare nell'opera di trasposizione del sapere originario in un contesto scolastico, è riferibile – in alcuni tratti specifici – ai caratteri che Mar e Oatley attribuiscono alla finzione narrativa. Si considerino tre passaggi conclusivi dello studio dei due ricercatori, che si sceglie in questa sede di riportare schematicamente. Mar e Oatley insistono sulla specificità dell'esperienza di finzione narrativa rispetto ad altri processi esperienziali, mettendo in luce tre effetti principali che discendono dal particolare carattere astrattivo della finzione narrativa: 3) L'oggetto conoscitivo della finzione narrativa è la conoscenza sociale e dunque il campo di relazioni, interazioni, intenzioni umane che costituiscono la condizione di possibilità dei nostri atti conoscitivi.10 4) L'astrazione narrativa, rispetto ai processi astrattivi non narrativi, non solo fornisce informazioni rispetto ad una determinata situazione sociale, ma consente di averne un esperienza diretta e di coglierne pertanto i livelli di intenzionalità, i dettagli significativi, gli aspetti relazionali, i fattori problematici e di ambiguità.11

5) La modalità conoscitiva di tali fattori sociali e relazioni sociale avviene in una cornice protetta e controllata, in cui le intenzioni, emozioni e i pensieri esperiti possono avere luogo senza le restrizioni ed inibizioni che i contesti relazionali e sociali reali impongono all'agire umano.12

10 Mar e Oatley (2008), p. 185 [We argue that the information communicated through fictional literature is primarily social knowledge rather than general world knowledge. It is just as important to note that literature possesses a number of advantages over the expository communication of social information—advantages afforded by both the abstraction and simulation of social experience]

11 Mar e Oatley (2008), p. 186. [Although literary narratives are abstractions of real‐world experiences, it is worth noting that they are also substantially less simple than other more explicitly didactic representations of social information that tend to be nonnarrative in structure. Whereas expository representations tell us information, literary narratives show us things by having us experience them first‐ hand. This simulated experience results from a number of factors, including a richness of information not typically found in nonnarrative expositions].

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Martinand, nel saggio La question de la référence en didactique du curriculum, si sofferma sui differenti livelli di interazione tra la nozione di 'sapere sapiente' e quella di 'pratica sociale di riferimento' e propone un principio finalizzato al raggiungimento dell'efficacia didattica dipendente da un'integrazione delle due nozioni. In questo modo, secondo lo studioso francese, si rende possibile riconsiderare alcuni fattori di criticità della teoria della trasposizione didattica. Si osservino ora gli elementi principali degli aspetti attraverso i quali lo studioso caratterizza la funzione traspositiva della pratica sociale di riferimento. 1. A differenza del sapere sapiente, la nozione di pratica sociale «prendre en compte non seulement les savoirs en jeu, mais les objets, les instruments, les problèmes et les tâches, les contextes et les rôles sociaux» (Martinand, 2003, p. 129) .Tale definizione intrattiene, per il suo riferimento non solo al piano oggettuale, ma anche ai ruoli, ai contesti, alle intenzionalità, un rapporto di somiglianza con la nozione di 'conoscenza sociale' elaborata da Mar e Oatley.

2. Rispetto al sapere sapiente, tale nozione consente di far emergere gli aspetti intenzionali e le scelte compiute nella costruzione del sapere, «leur sens politique et en tout cas social». L'effetto generato dalla messa in atto della nozione di pratica sociale di riferimento è analogo a ciò che avviene nel processo di astrazione della conoscenza sociale: la struttura intenzionale, i tratti sociali e la funzione politica del sapere sono conservati sia nel processo traspositivo didattico, sia in quello astrattivo della simulazione.

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inferenziali (anticipazioni, proiezioni, ipotesi).

I tre caratteri così descritti e messi in parallelo consentono di operare un avvicinamento tra la nozione di pratica sociale di riferimento e i fenomeni risultanti dal processo di astrazione nell'esperienza narrativa. In questo modo è possibile sostenere che l'attività di costruzione di racconti finalizzati a generare esperienze di simulazione incarnata, se usata con una funzione di trasposizione didattica, presenta un ruolo analogo a quello del termine proposto da Martinand nel rielaborare i fattori di debolezza relativi all'azione di depersonalizzazione e di decontestualizzazione presente nel passaggio da sapere sapiente a sapere da insegnare. Il suggerimento che deriva dall'esplorazione del valore traspositivo dell'esperienza di astrazione narrativa e che consente di ipotizzare una particolare efficacia all'attività di costruzione di racconti immersivi nel processo di progettazione didattica messo in atto da parte degli insegnanti, conserva un rapporto diretto con la questione didattica del senso – definiti in questa ricognizione teorica con la nozione di 'pertinenza'. In sintesi, la costruzione di racconti da parte degli insegnanti, per quanto sostenuto fino ad ora ad un livello meramente speculativo, pare essere in grado di assicurare alcune condizioni fondamentali della trasposizione didattica, messe in evidenza da Nigris quando afferma che la trasposizione ha come obiettivo «di avvicinare gli allievi alla disciplina che insegniamo, facendone apprezzare lo sguardo che apre sul mondo, facendoli appassionare allo studio degli strumenti, dei metodi e delle fonti utilizzate» per «avvicinarli all’idea che la natura dei saperi è polimorfica, storicamente situata e caratterizzata dall’alternarsi dei paradigmi».

3.4 Il ruolo delle esperienze nell'attivazione della simulazione incarnata: verso un mediatore didattico immersivo

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enattivista dei termini considerati – il ruolo delle esperienze pregresse è quello di conferire maggiore «vividness and vivacity» all'esperienza di simulazione o, in altri termini, di garantire a tale esperienza un grado di accuratezza sensoriale nella percezione dei dettagli, nell'intensità delle sensazioni e delle emozioni. In sintesi, la declinazione enattivista delle funzioni conoscitive delle esperienze pregresse consente di individuare quattro caratteristiche, particolarmente rilevanti per la riflessione di ambito didattico che si condurrà di seguito e nei prossimi prossimi paragrafi:

1. l'esperienza di simulazione incarnata – e, più in generale l'esperienza di lettura – non è da intendersi come la somma delle esperienze pregresse richiamate dalla struttura narrativa; 2. è difficilmente discernibile il ruolo giocato dalle singole esperienze pregresse (o

experiential traces;

3. è difficilmente discernibile l'origine di tali experiential traces: esperienza diretta, memoria di un'esperienza raccontata, memoria di un'esperienza finzionale;

4. la modalità conoscitiva con cui tali esperienze pregresse sono attivate non è rappresentazione, ma anzitutto di tipo percettivo e sensoriale.

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Infatti, come mostrano tutte le più recenti teorie sull’apprendimento, le conoscenze informali che i ragazzi hanno assorbito mediante le loro esperienze nel mondo reale possono costituire una grande risorsa per la costruzione di nuove conoscenze, ma allo stesso tempo, queste conoscenze informali possono contribuire a consolidare mis‐ concezioni spesso difficili da scardinare e rimuovere, se non raccolte e riconosciute.

L'esperienza simulativa dell'ascolto narrativo e il successivo utilizzo di metodologie che promuovono la concettualizzazione delle azioni e delle esperienze possono risultare efficaci nella costruzione di apprendimenti se concepiti come poli opposti di un medesimo processo di immersione e distanziamento. Più nello specifico, si può affermare che la fase di immersione si presta ad un duplice obiettivo didattico: in primo luogo fa riferimento all'attivazione dei vissuti esperienziali dei discenti rispetto ad un particolare sapere; secondariamente, si riferisce all'atto di recupero nella fase di emersione, di quell'insieme di conoscenze che essi già possiedono in maniera informale . Ancora Nigris afferma, che «l’insegnante dovrà tener presente che la costruzione della conoscenza non può che partire da quella che Piaget chiama ‘conoscenza ingenua’ ma che altri autori definiscono ‘conoscenza tacita’, ‘conoscenza inespressa’ (Polanyi, 1979) o ‘informale’ come la definiscono gli studi antropologici». In tale ottica, «l’insegnante non potrà che partire da quelli che Bachelard definisce ‘saperi ignoranti’, farli emergere e metterli a confronto con esperienze, materiali, attività e stimoli capaci di verificarli e/o modificarli». È su questo nucleo di 'conoscenze informali' o ' conoscenze ingenue' che fa leva la simulazione narrativa per poter essere attualizzata: senza queste conoscenze che consentono al lettore/ascoltatore di muoversi negli scenari narrativi, di operare le inferenze necessarie a comprendere gli snodi della trama o a simulare i pensieri di un personaggio, l'esperienza stessa di lettura o ascolto non potrebbe avere luogo.

3.5 Consciousness enactment e consciousness attribution: una duplice relazione tra lettore/ascoltatore e personaggio

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Nell'ultimo decennio si è assistito ad un progressivo aumento di interesse nello studio dell'esperienza di lettura narrativa alla luce di alcune categorie cognitive – coscienza, stati mentali, mind‐reading – che hanno avvicinato gli studi letterari ai campi disciplinari delle neuroscienze e della psicologia e, parallelamente, hanno offerto nuovi modelli di comprensione del rapporto che il lettore intrattiene con la finzione narrativa. Accanto ai lavori di David Herman e Monica Fludernik riguardanti una più generale considerazione dei fenomeni narrativi in termini esperienziali (il primo con un accento particolare ai meccanismi cognitivi che presiedono all'esperienza di lettura e al funzionamento dei meccanismi mentali dei personaggi, la seconda con una proposta di naturalizzazione dei processi di comunicazione narrativa) sono apparsi due importanti volumi, Fictional Minds di Alan Palmer e Why We Read Fiction di Lisa Zunshine, rivolti esclusivamente ai processi di attribuzioni di stati mentali dei lettori ai personaggi. Senza considerare nel dettaglio questi contributi, ciò che si intende mettere a fuoco per i fini del presente paragrafo riguarda il fatto che in essa è offerta una possibile soluzione a quanto si è osservato prima relativamente al ruolo del personaggio come “porta di accesso” agli scenari finzionali. I due studiosi elaborano una spiegazione rappresentazionale della modalità con cui il lettore si relaziona ai pensieri dei personaggi, a suoi stati di coscienza, alle sue dimensioni intenzionali, istituendo la relazione lettore/personaggio su di un livello semantico. Il personaggio è assunto come un'entità esterna a cui attribuire determinate qualità, processi psicologici, emozioni e con cui, in base a tale processo di attribuzione rappresentazione, entrare in relazione. Questa soluzione, tuttavia, è stata recentemente messa in discussione da Caracciolo a partire da una concezione enattivista dell'esperienza finzionale e, nello specifico, della relazione lettore/personaggio non è pienamente adeguata all'obiettivo di comprendere il funzionamento dell'ascolto narrativo all'interno dei processi di trasposizone didattica. O almeno, non è così proficua dal un punto di vista teoretico come invece potrebbe esserlo una prospettiva di indagine narrativa che considera l'interazione lettore/personaggio da un punto di vista esperienziale e che pone al proprio centro la dimensione pragmatica degli effetti percettivi‐sensoriali che accadono al lettore/ascoltatore. Per fare questo si seguirà la linea di ricerca avviata da Marco Caracciolo che si avvale dell'approccio enattivista nell'elaborare una teoria della narrazione esperienziale.

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semanticamente a entità esterne al lettore – ma in termini performativi – come fenomeni da incarnare e che intrattengono un rapporto esperienzialmente denso con i lettori. All'interno di tale cornice teorica, un secondo elemento da considerare riguarda il fatto che le relazioni tra lettori e personaggi sono mutuate dall'interazione quotidiana con persone reali. In particolare, il ruolo di accesso ai mondi finzionali consentito dai personaggi attraverso, ad esempio, processi di immedesimazione, è dipendente da strategie cognitive messe in atto dal lettore in contesti reale e con persone reali. In questo modo, come afferma con efficacia Caracciolo, è assunta una correlazione piuttosto decisa tra esperienza di simulazione incarnata ed esperienza reale:

My proposition is that our engagement with fictional consciousnesses differs in degree, but not in kind, from our engagement with real ones, in particular when it comes to consciousness‐enactment: we can enact the experience of another person in real life too—that is to say, empathize with himor her—but we do not do it as often (and as intensely) as in reading texts.

In breve, si afferma che l'esperienza narrativa dipende costitutivamente dell'esperienza reale del lettore/ascoltatore e, analogamente, il grado di immersione del lettore dipende dalla qualità delle sue esperienze pregresse e dalla loro capacità di entrare in relazioni con il mondo finzionale. Seguendo questa linea interpretativa e spostando l'attenzione brevemente alla cornice didattica, l'esperienza di ascolto narrativo e, più nello specifico, la relazione tra lettore e personaggio, si configura come una strategia di trasposizione che potrebbe conferire un grado di maggiore efficacia a quanto si è affermato in precedenza rispetto al rapporto dialettico immersione/emersione. Si vedano nel dettaglio i due processi a cui si è fatto prima riferimento, consciousness enactment e consciusness attribuition, e si ritorni successivamente alla trasposizione didattica.

• Consciusness attribuiton: con tale termine si fa riferimento al processo di attribuzione

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può essere letta la tensione antropomorfica ad attribuire ad entità finzionali pensieri e intenzioni come se fossero essere umani. «In sum» chiarisce Caracciolo (2014, p. 117) «consciousness‐attributions to fictional characters are an inevitable consequence of our tendency to interpret some bodily and verbal signs as expressive of consciousness». • Consciousness enactment: nozione che si riferisce al processo di messa in atto dello stato di coscienza del personaggio da parte del lettore. Tale processo, che ha luogo in stretta correlazione con particolari strategie di tipo discorsivo e narrativo indipendenti dal lettore, presiede al meccanismo di sovrapposizione tra l'esperienza compiuta dal personaggio nel racconto e l'esperienza vissuta percettivamente dal lettore durante la lettura o l'ascolto. Il meccanismo alla base della relazione tra personaggio e lettore è posto in termini di simulazione incarnata, ovvero definito a partire dall'esperienza percettiva e corporea del lettore che ripercorre quella del personaggio a livello senso‐ motorio e non secondo una modalità rappresentazionale. Analogamente al processo di consciousness‐attribution, le esperienze pregresse del lettore/ascoltatore, siano esse

state vissute effettivamente o simulate in altri contesti finzionale, hanno un ruolo determinante nel conferire efficacia a tale processo simulativo.

Le due strategie di interazione lettore/personaggio, benché presentino elementi di sostanziale differenziazione, non sono tuttavia da concepirsi in maniera alternativa, ma piuttosto in modo complementare. In entrambi i casi vi sono almeno due fattori costitutivi senza i quali i due processi non avrebbero luogo o quantomeno differirebbero per intensità: sul lato del livello discorsivo, vi sono differenti elementi che presiedono all'attivazione dei meccanismi di simulazione incarnata dell'esperienza dei personaggi o di semplice attribuzione di coscienza: il livello di dettaglio descrittivo degli scenari e delle azioni (l'elemento della 'granularità' secondo Herman); i livelli di focalizzazione del discorso e quindi la strategia del punto di vista, la configurazione temporale del racconto; sul lato del lettore, il ruolo delle esperienze pregresse e la loro 'relazione di somiglianza' con gli scenari narrativi, il sistema di valori proprio del lettore e il loro grado di aderenza con quelli dei personaggi. Nonostante la dipendenza di entrambi i processi da tali strategie, la relazione non tuttavia è biunivoca: se il processo di consciousness‐enactment può implicare e racchiudere quello di consciousness‐

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