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e formulazione del problema

IV. Principi di misurazione

Una volta deciso il problema sul quale svolgere l’indagine e scelta l’impo­ stazione generale più appropriata allo studio, si giunge ad una fase in cui si osservano in modo particolare dati particolari. ( Quali dati scegliere tra quelli del « mondo reale » è problema che ha a che fare con le proce­ dure di campionamento; poiché non mancano i testi italiani sull’argomento, riteniamo superfluo soffermarci su questo punto).

L’approccio scientifico consiste nell’osservazione e nella descrizione siste­ matica di quanto è stato osservato. La descrizione diventa significativa se i dati osservati sono raffrontati ad altri dati riferibili alle nostre ipotesi, e in questa prospettiva ordinati e spiegati. Per condurre una descrizione esatta, che possa essere meglio intesa da altri osservatori e che chiarisca nel modo più comprensibile come si sia arrivati a determinate conclusioni, non esiste metodo più efficace dell’esprimersi con il linguaggio dei numeri. In altre parole, ci serviamo di misurazioni per ottenere preci­ sione e chiarezza, e per mettere alla prova i rapporti che abbiamo trovato mediante un metodo obiettivo, cioè matematico.

L’apporto degli operatori sociali alle misurazioni consiste nella messa a punto di modelli teorici dotati di proprietà che veramente siano fondate sugli assunti delle teorie del lavoro sociale. Le misurazioni più complesse riuscirebbero del tutto inutili se quanto viene classificato, ordinato e quanti­ ficato non è messo in rapporto con i nostri problemi, e perciò non spiega o prevede quanto ci occorre sapere per rendere valida o per migliorare la nostra attività professionale. L’assistente sociale è anche probabilmente il miglior giudice dell’accessibilità e della fattibilità di particolari proce­ dure di misurazione, poiché è a conoscenza della situazione pratica nella quale si deve svolgere lo studio.

D a : Léonard S. Kogan, Principles of Measurement

Il compito del ricercatore consiste nel contribuire alla risoluzione dei quesiti, alla verifica delle ipotesi e alla scelta delle decisioni, tutti obiettivi che sono naturalmente comuni a molti altri professionisti che di solito non si considerano, né sono considerati, dei ricercatori. Il

direttore di un ente, ad esempio, può rispondere a più interrogativi, verificare più ipotesi e prendere più decisioni in un solo giorno di quanto non faccia un ricercatore nel corso di un anno.

In che consiste la differenza tra le persone definite come ricercatori e le altre che spesso ne condividono le attività? Senza presumere di dare una risposta esauriente alla questione, possiamo rilevare che la diffe­ renza consiste soprattutto nei metodi di cui il ricercatore si serve per svolgere la sua attività peculiare. Anche se tali metodi possono a volte sembrare minuziosi o pedanti, il ricercatore ama definirli sistematici e scientifici. Anche se la pressione delle circostanze troppo spesso fa sì che egli si allontani dai suoi ideali, il ricercatore è portato ad arrovel­ larsi su problemi quali la definizione di concetti, la specificazione delle popolazioni, gli schemi di campionamento, lo sviluppo degli assunti fonda- mentali. Come vedremo, di tutti i problemi su cui si tormenta, uno dei maggiori è quello rappresentato dall’area di studio comunemente denominata misurazione.

Da un punto di vista filosofico, il ricercatore può essere considerato come un ingenuo intermediario, che fa la spola tra il cosiddetto mondo del reale e il mondo delle idee o dei concetti. In buona misura, la teoria

della misurazione consiste nel delineare regole e procedure, la cui applica­

zione è destinata ad aumentare la probabilità che gli eventi del mondo concettuale corrispondano agli eventi del mondo reale. Per usare un linguaggio più preciso, l’uomo di scienza parla di questa corrispondenza in termini di grado di isomorfismo tra il sistema empirico o oggettuale da una parte, e sistema astratto o dei modelli dall’altra.

Scopo e funzione della misurazione

Le definizioni di misurazione, come è facile prevedere, variano. Forse

l’autorità maggiormente citata a questo proposito è il fisico-matema­ tico Campbell, che definisce la misurazione come « il procedimento mediante il quale si delegano dei numeri a rappresentare delle qualità » (29). Un’altra definizione non meno classica è quella del matematico-filosofo Bertrand Russel, secondo il quale « per misurazione di grandezza, nel signi­ ficato più generale, si intende ogni metodo col quale si stabilisce una corrispondenza unica e reciproca tra tutte o alcune delle grandezze di un certo tipo e tutti o alcuni dei numeri, interi, razionali o reali, secondo i casi » (30). In anni più recenti, e con particolare influenza sul concetto di misurazione nelle scienze sociali e di comportamento, lo psicologo Stevens ha definito la misurazione come « l’attribuzione di quantità nume­ riche a oggetti o eventi secondo certe regole » (31). Nel 1958 lo Stevens, in

termini pittoreschi, enunciò che « in senso lato, la misurazione è l’attività di appiccicare dei numeri a delle cose», poi aggiungendo : « Più specifica- mente, è l’attribuzione di numeri a oggetti o eventi secondo una regola di qualche tipo » (32). Nello stesso anno, lo psicologo Torgerson si trovò sostanzialmente d’accordo col Campbell e col Russel nello stabilire che la misurazione riguarda piuttosto le proprietà degli oggetti che non gli oggetti stessi: « La misurazione di una proprietà... implica l’attribuzione di numeri a sistemi per rappresentare quella proprietà » (33).

Tutte queste definizioni concordano nell’affermare che la misurazione implica l’attribuzione di simboli a cose o, più precisamente, alle proprietà delle cose secondo regole e operazioni specifiche. Si tratta di un’idea molto vicina a ciò che comunemente si intende per linguaggio, e in realtà l’uso di sostantivi, aggettivi e avverbi collettivi è, in senso molto ampio, un primo passo nello sviluppo di procedure di misurazione. In senso più specifico, però, il tipo di linguaggio usualmente associato con il concetto di misurazione è quello delle quantità numeriche e, ancor più spe­ cificamente, quello dei numeri. E’ tanto giustificato discutere se possa o non possa logicamente esistere una misurazione non-numerica, quanto discu­ tere su ciò che propriamente può essere incluso tra le cose da misurare. La teoria classica di misurazione, in generale, riguarda il mondo fisico cioè, dimensioni « fondamentali » quali lunghezza, peso e durata nel tempo o dimensioni « derivate » quali densità e velocità. Il mondo fisico ha un ruolo importantissimo nel lavoro sociale e nei suoi settori di interesse (così è, per esempio, dell’età e del peso di un bambino, o della superficie della sua stanza da letto), ma l’operatore sociale si interessa anche di molti altri « mondi » : il mondo psicologico, quello sociologico, quello economico.

L’operatore sociale si trova necessariamente a dover trattare con dati presi da ognuno e da tutti questi mondi e, di conseguenza, si deve presupporre che nella ricerca applicata al lavoro sociale possono essere oggetto di misurazione oggetti fisici, persone, gruppi, istituzioni ed eventi.

Tutto ciò non significa, tuttavia, che le procedure di misurazione per­ mangano identiche quando si passa da un campo all’altro. Nell’ambito della fisica, come afferma il Campbell, misurare la temperatura non vuol dire la stessa cosa che misurare la lunghezza. La lunghezza di un oggetto può essere misurata direttamente ponendo un metro lungo di esso, ma la temperatura è misurata indirettamente notando l’altezza (o lunghezza) di una colonna di mercurio. Il metro è una piccola porzione (un’unità standard) di lunghezza, ma un grado non è una piccola porzione di temperatura nello stesso senso diretto.

Come abbiamo notato prima, il ricercatore di lavoro sociale si dovrà anche occupare di grandezze fisiche, ma più spesso dovrà interessarsi di variabili psicologiche e sociologiche in settori quali la motivazione,

il conflitto razziale, la tensione familiare e questioni del genere. Uno dei sistemi appartenenti al « mondo reale » che di frequente si troverà di fronte è quello rappresentato dal denaro. Oggettivamente parlando, il denaro ha molte caratteristiche delle misure di lunghezza, cioè come un metro più un metro equivale a due metri, così un dollaro più un dollaro equivale a due dollari. Tuttavia, in termini psicologici e sociologici (per non parlare di quelli economici), sappiamo che il valore di un dollaro non rimane costante. Per esempio, è assai dubbio che un dollaro aggiunto a un’entrata di 25.000 dollari, abbia lo stesso significato per chi lo riceve di un dollaro aggiunto a un’entrata di 250 dollari. Dobbiamo subito aggiungere, inoltre, che da un punto di vista psicologico non si può ritenere che neppure peso e lunghezza abbiano valore costante. una donna che è alta un metro e ottanta non sarà contenta della sua statura nello stesso modo in cui un uomo potrebbe esserlo.

Ruolo della misurazione nella ricerca scientifica. — Vedremo ora come

l’attribuzione di simboli di riferimento alle proprietà degli « oggetti » si risolva in alcuni tipi fondamentali di dati. Il primo tipo riguarda le situazioni nelle quali i risultati sono rappresentati dal numero di osservazioni raggruppabili in categorie differenti reciprocamente esclusive. L’operazione di misurazione in tal caso è quella di classificare, e i dati consistono nel « conteggio » o frequenza per classe. Essi comune­ mente vengono denominati come dati attributivi, classificatori, qualitativi o enumerativi. Un secondo tipo fondamentale di dati si ha quando è possi­ bile presupporre che la proprietà da studiare varia dal meno al più, sia discontinuamente che in modo continuo, e i numeri attribuiti alle varie « quantità » di quella proprietà ne rispecchiano ordine o grandezza. La operazione in tal caso consiste nell’ordinare gli oggetti con riguardo alla proprietà specifica o nell’attribuire numeri che indicano le « quantità » relative o assolute della proprietà che ogni oggetto possiede. I dati risultanti da queste operazioni sono chiamati quantitativi o metrici, anche se comu­ nemente viene fatta una ulteriore distinzione tra dati ordinati e metrici. Lo sviluppo di una particolare area di ricerca può essere valutato approssimativamente dalla prevalenza relativa di concetti classificatori, ordinatori o metrici nel campo. Diciamo approssimativamente, perché a volte l’introduzione di ciò che riteniamo sia una quantificazione non può essere giustificato in termini di « sensibilità » delle tecniche usate. Tuttavia, quando vi sia una adeguata giustificazione sperimentale, i benefici che ne derivano sono notevoli. Tra i vantaggi, ad esempio, troviamo i seguenti:

— maggiore precisione descrittiva. Per quanto la classificazione costituisca probabilmente il primo passo significativo nello sviluppo di una

scienza, è spesso utile distinguere tra oggetti raggruppati insieme

in una data classificazione. Un certo gruppo di genitori, ad esempio, può essere definito come « non accettante », ma sarebbe di maggior utilità descrivere ogni genitore in termini della misura in cui tale condotta si esplica. In tal caso si deve prestare attenzione alle osservazioni entro la categoria. In altri casi dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alle differenze tra categorie: definire un gruppo di casi come trattamenti a breve scadenza e altri a lunga scadenza, parlando tecnicamente, ci indica soltanto che a partire da un certo punto convenuto- essi differiscono tra loro; il numero dei colloqui per ciascun caso, dirà non solo che un gruppo di casi ha ricevuto un trattamento più intenso, ma anche di quanto più intenso ;

— maggiore possibilità di comunicare le operazioni e i risultati della

ricerca. Di solito, quando si passa da concetti classificatori a concetti

metrici, diventa necessario essere più rigorosi nella specificazione delle procedure di misurazione. Ciò favorisce sia una maggiore possibilità di ripetizione esatta degli studi che una maggiore chiarezza di presenta­ zione e interpretazione dei risultati. Si dice comunemente che i numeri sono il solo linguaggio universale. Valga ciò che valga, ma noi possiamo arguire di più sul tenore di vita di una determinata famiglia quando ne conosciamo il reddito, le spese, l’affitto, ecc. che non quando sappiamo solo se la famiglia fruisce o no di assistenza pubblica;

— maggiori possibilità di scoprire e accertare correlazioni tra i feno­

meni. L’obiettivo a lunga scadenza della ricerca scientifica è quello

di sviluppare principi che dimostrano ciò che è stato già osservato nel mondo empirico e prevedano ciò che non è stato ancora osservato. Di più, quando si passa da dati classificatori a dati metrici, aumenta la possibilità di scoprire delle regolarità nei nostri dati. Con i dati classi­ ficatori è possibile individuare associazioni non a caso tra differenti Classificazioni; i dati in ordine di rango consentono affermazioni relative alla tendenza delle associazioni; i dati metrici rendono possibile la espres­ sione quantitativa delle correlazioni funzionali. I numeri non solo offrono dei vantaggi rispetto alla scoperta e all’espressione di possibili correla­ zioni, ma, quando siano applicati propriamente ai fenomeni empirici, rendono possibile l’impiego di tutti gli strumenti matematici, al fine di costruire e vagliare teorie che mirano a spiegare, prevedere e controllare il « mondo reale ».

Il presente capitolo si propone di presentare uno scorcio del quadro con­ cettuale che, si voglia ammettere o no, sta alla base della procedura di misurazione. Si tratta di un mondo curioso, o forse di tre mondi che si intersecano, composti da modelli teorici, sistemi numerici e dati empirici: chi legge proverà forse il desiderio di inoltrarsi in essi con maggior profondità.

Modelli teorici e mondo della realtà. — Come abbiamo detto all inizio,

il ricercatore fa la spola tra il mondo del reale e il mondo dei concetti, Il mondo reale gli fornisce la dimostrazione empirica, il mondo con­ cettuale uno schema o traccia per « estrarre un senso » da quella por­ zione di mondo reale che egli sta cercando di capire, spiegare, prevedere. Nella terminologia moderna, lo schema, o traccia, concettuale è chiamato

modello teorico. Secondo lo stadio di sviluppo di una particolare scienza _

o area di ricerca, il modello è composto da costruzioni più o meno chiara­ mente definite e da correlazioni o connessioni più o meno logiche tra le varie costruzioni. Se il modello teorico deve risultare utile, è necessario specificare le regole che collegano almeno una parte del sistema concettuale con il mondo della realtà. Se tutto procede perfettamente, queste regole permettono il passaggio tra il mondo della realtà e il mondo ipotetico del modello teorico. Le connessioni entro il modello teorico, poi, permettono un ulteriore passaggio tra le costruzioni, sino a che diano origine a

;previsioni circa qualche parte del sistema empirico. Se le previsioni

risultano sostanzialmente corrette, il modello teorico ne esce rafforzato; altrimenti diviene necessario scoprire dove risiede l’errore e procedere alle opportune correzioni.

Regole di corrispondenza. — Così sono chiamate le regole che presiedono

il collegamento tra modello teorico e mondo del reale. La misurazione acqui­ sta il suo ruolo significativo soprattutto in rapporto a queste. Al loro livello più basso le regole di corrispondenza tra le costruzioni del modello e le osservazioni empiriche, costituiscono gli assunti basati su giudizi da parte del ricercatore; al loro livello più alto, tali regole assumono la forma di definizioni operative rigorose, che specificano le connessioni tra le costruzioni e le osservazioni. Un’accentuazione di tale rigore si ha quando è possibile « misurare » le proprietà del sistema empirico in modo da permettere l’espressione della costruzione in termini numerici.

Postulati fondamentali del sistema dei numeri reali e misurazione com­ pleta. — La situazione ideale nella misurazione si verifica quando è possibile

assegnare dei numeri alle proprietà degli « oggetti », e questi numeri

pos-E lem enti di una teoria della m isurazione

sono quindi essere manipolati secondo regole matematiche. Il punto di vista tradizionale nella misurazione, espresso dal Campbell, sostiene che i dati numerici possono essere trattati come numeri — cioè addizionati e sotto­ posti a operazioni derivate quali la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione — quando si possano condurre con gli oggetti del mondo fisico operazioni che riproducano le proprietà additive del sistema numerico. Così, per esempio, è possibile « provare » che un segmento lungo- quattro metri più un altro lungo due metri è uguale a un segmento di sei metri, ponendo due segmenti uno di seguito- all’altro e misurando il nuovo segmento così formato con un metro. Le possibilità di misurazione diretta delle pro­ prietà degli oggetti sono- molto limitate (lunghezza, peso, tempo e forse resi­ stenza elettrica), e nel mondo fisico la maggior parte delle proprietà sono misurate in un modo indiretto.

Nell’ambito di questo capitolo non sarà fatto alcun tentativo di dare un dettagliato resoconto delle proprietà dei numeri e dei requisiti necessari per la cosiddetta misurazione completa. In generale, questi postulati possono raggrupparsi in tre classi principali che riguardano, rispettiva­ mente, ciò che di solito si intende per equivalenza, ordine e additività.

Alcuni postulati relativi all’equivalenza:

a) A = B oppure A =£ B (equivalenza, non equivalenza) b) Se A = B, allora B A (simmetria)

c) Se A = B e B = C, allora A = C (transitività) Alcuni postulati relativi all’ordine:

a ) Se A j ì B, allora o A

>

B oppure A

<

B (connessione)

b) Se A > B, allora B > A (asimmetria)

c) Se A > B e B > C, allora A > C (transitività) Alcuni postulati relativi all’additività :

a) A + B = B + A (principio commutativo)

b) Se A = P e B = Q, allora A + B = P + Q (assioma)

c) A + (B + C) = (A + B) + C (principio associativo)

(Nelle enunciazioni date il simbolo ^ significa « non uguale a », > si­ gnifica « maggiore di », < significa « minore di », e 3> significa « non maggiore di »).

Il lettore che non soffra di blocco emotivo, di fronte a equazioni semplici dovrebbe immediatamente riconoscere che le proposizioni enunciate sono ovvie. E le proposizioni sono davvero ovvie per chiunque abbia una certa

familiarità con l’aritmetica elementare. In generale questo dovrebbe dimo­ strare che le difficoltà nella misurazione non si verificano nell’ambito autonomo dei numeri, ma nella formulazione delle regole di corrispon­ denza tra il modello numerico e la « cosa » misurata, le quali rendono possibile che il modello numerico sia vagliato empiricamente.

Valutazione del grado di adeguatezza delle procedure di misurazione

Forse la fonte più ricca di tecniche specifiche che interessino il ricer­ catore di lavoro sociale è rappresentata dalla letteratura metodologica sulla psicometria e sulla sociometría, specie per quanto riguarda i metodi psicofisici, la costruzione di scale attitudinali e lo sviluppo di tests.

Presupponiamo che le proprietà da studiare siano misurate con pieno successo, ad eccezione del grado relativo' di esattezza, cioè della scala di misurazione, ottenibile per un particolare gruppo di dati nell’am­ bito delle tecniche disponibili al ricercatore. In altre parole, si presup­ pone che l’operazione di classificazione, ordinamento o quantificazione è stata condotta senza errore e che il ricercatore ha raggiunto i risultati che aveva stabilito di ottenere. Queste due considerazioni — il grado in cui le misurazioni sono prive di errori e il grado in cui si ottiene ciò che

si sta cercando ■—- sono quelle che danno luogo al problema della atten­

dibilità e della validità di misurazione. Attraverso gli anni questi ter­

mini hanno originato vari sinonimi, i più comuni dei quali sono •precisione e pertinenza, oggi largamente usati. Oltre queste considerazioni fon­ damentali, l’adeguatezza di una particolare procedura di misurazione deve anche essere valutata secondo criteri più realistici, che possono essere raggruppati sotto le denominazioni di praticità e fattibilità.

La praticità e la fattibilità riguardano questioni come tempo, denaro, dif­ ficoltà nell’uso dello strumento o procedura, necessità di una speciale prepara­ zione, facilità di codificare e interpretare i risultati; possono anche com­ prendere questioni di etica professionale, relative alla raccolta di informa­ zioni e alle eventuali interferenze tra ricerca e obiettivi pratici o politica amministrativa nei riguardi del gruppo di clienti o delle istituzioni in esame. Sarebbe necessario un intero volume per discutere la praticità e la fattibilità di una ricerca in rapporto allo sviluppo e all’applicazione delle procedure di misurazione: non ci dilungheremo oltre su questo tema nel presente capitolo, se non per sottolineare che la competenza tecnica del ricercatore troppo spesso naufraga sulle secche della praticità e della fattibilità.

Anche se si tratta di un problema secondario rispetto a quelli della validità o pertinenza delle misure, parleremo prima della attendibilità o precisione, dato che l’attendibilità è una condizione necessaria, se non sufficiente, per stabilire una adeguata validità. In questa sede ci interessiamo in primo luogo non tanto di ciò che deve essere misurato', ma piuttosto della bontà del modo in cui ogni oggetto da misurare viene misurato. A proposito dei dati che ci interessano possiamo chiederci, per esempio, di quanto ci approssimeremo agli stessi risultati ripetendo le misura­ zioni un certo numero di volte. Ogni ragazzo di un certo gruppo rimar­ rebbe classificato come delinquente o non-delinquente ? Ad un campione di