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Centro sociale A.09 n.45-46. La ricerca applicata al lavoro sociale

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Centro Sociale

inchieste sociali

servizio sociale di gruppo educazione degli adulti sviluppo della comunità

a. I X - n. 45-46, 1962 - un fascicolo L. 400 - un fascicolo doppio L. 650 abb. a 6 numeri L. 2.200 - estero L. 4.000 - spediz. in abbonamento postale gruppo IV - c. c. postale n. 1/20100 - Direzione Redazione Amministrazione: piazza Cavalieri di Malta, 2 - Roma - tei. 573.455

Sommario

La ricerca applicata al lavoro sociale a cura di Ellen B. Hill

E.B. Hill 4 Introduzione 10 Introduction

(da M. E. Macdonald) 17 I. Definizione della ricerca applicata al lavoro sociale

(da L. Ripple) 29 II. Individuazione e formulazione del problema

(da A.J. Kahn) 45 III. Impostazione degli studi di ricerca (da L.S. Kogan) 60 IV. Principi di misurazione

(da A .V . Shyne) 70 V. Utilizzazione di dati disponibili (da H.S. Maas e

N.A. Polansky)

84 VI. Raccolta di dati originali

(da R. Marks) 107 V II. Stesura della relazione sui risultati della ricerca

123 V i l i . Settori di ricerca di speciale interesse per operatori sociali: (da G.W. Carter) 124 — misurazione del bisogno dei servizi

(da J.G. Hill) 128 — misurazione del costo dei servizi (da Ai. Wolins) 136 — misurazione degli effetti dei servizi

152 Note

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La compilatrice della presente antologia desidera rin­ graziare la National Association of Social Workers per avere generosamente concesso la pubblicazione di ampi passi tratti dall’edizione originale. Questo fascicolo di « Centro Sociale » si ispira, in un certo modo indiretto, alla vita ed all’opera di C. Wright Mills, studioso di scienze sociali di cui è noto l’ impegno. Con ammira­ zione e gratitudine lo ricordiamo nell’anno della sua prematura scomparsa.

E. B. H.

« La libertà consiste prima di tutto nella possibilità di formulare le scelte

disponibili, nel discuterle, e infine nella facoltà di operare la scelta. Ecco perché la libertà non può esistere se non si attribuiscono più ampie funzioni alla, ragione umana nei fatti umani. Il compito sociale della ragione, nel­ l’ambito di una biografia individuale come di una storia della società, è quello di formulare delle scelte e di allargare l’orizzonte delle decisioni umane nel divenire della storia. Il futuro delle cose umane non si riduce ad alcune serie di variabili da prevedere: il futuro consiste in ciò che deve essere deciso...

Non dobbiamo forse noi, ai nostri giorni, essere preparati all eventualità che la mente umana, in quanto fatto sociale, si vada facendo via via più povera in qualità e in livello culturale, mentre saranno in pochi a rendersene conto, a causa dell’accumularsi irrefrenabile di strumenti tecnologici? Questo fenomeno che altro significa, se non razionalità priva di ragione, se non umana alienazione? Che altro, se non assenza di ogni libera funzione della ragione nelle cose degli uomini? Questi aspetti non sono però evi­ denti, perché giacciono nascosti sotto il cumulo delle scoperte tecnologiche, e chi si serve dei nuovi strumenti non è in grado di capirli, chi li inventa non è in grado di capire gran che d’altro. Per questa ragione non pos­ siamo, senza incorrere in grave ambiguità, considerare l abbondanza tecno­ logica come indice di qualità umana e di progresso culturale.

La formulazione di qualsiasi problema richiede che se ne determinino i valori in gioco e le minacce che li sovrastano. Poiché l’avvertire che i valori a noi più cari — quali la libertà e la ragione — sono in pericolo, rappresenta la sostanza morale necessaria ad ogni importante problema di indagine sociale... ».

(C. Wright Mills, The Sociological Imagination)

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Introduzione

Il presente fascicolo di « Centro Sociale » trova la sua ragione nell’espe­ rienza di chi l’ha curato, in quanto assistente sociale formatasi negli Stati Uniti e venuta in Italia all’inizio dell’anno accademico 1961-1962 per inse­ gnare metodologia della ricerca a studenti di alcune scuole di servizio sociale e ad assistenti sociali operanti in enti nei quali si richiede la conoscenza di tale disciplina. Fin dall’inizio di questo insegnamento, fu chiaro che la bibliografia suggerita a chi seguiva i corsi non era disponibile in tradu­ zione italiana e che non esistevano pubblicazioni sulla metodologia né studi prodotti da autori italiani utilizzabili come materiale per discussione.

Poiché pochissimi assistenti sociali e studenti dispongono di una suffi­ ciente conoscenza della lingua inglese, il rimedio più ovvio parve quello di procedere alla traduzione di testi americani, soluzione che d’altra parte non è priva di rischi; perché, se i principi metodologici della ricerca di lavoro sociale sono applicabili ovunque, gli esempi tratti dai testi americani sono spesso così lontani dalla realtà italiana da non servire come chiari­ mento ai testi, soprattutto in rapporto alla struttura degli enti, alle risorse della comunità ed al loro effetto sulle impostazioni degli studi.

Il presente fascicolo risponde principalmente al proposito di rappresentare una introduzione alla disciplina ad uso degli ambienti italiani di lavoro sociale. Dovrebbe offrire un quadro dell’attuale situazione di questo tipo di studi negli Stati Uniti, ponendo in rilievo ciò che può essere d’interesse generale anche al di fuori di quel particolare ambiente, e in questo modo informare assistenti sociali, dirigenti di enti ed insegnanti di sei-vizio sociale sullo sviluppo di uno dei metodi di lavoro sociale comunemente accettati. Dovrebbe poi fornire alle scuole di servizio sociale in Italia, nel momento in cui queste si preparano ad introdurre la metodologia della ricerca nel loro curriculum, nuovo materiale di insegnamento.

La pubblicazione potrebbe infine essere di aiuto ad altri professionisti che lavorano presso enti a finalità sociali in équipes di ricerca applicata al lavoro sociale, e che potrebbero non avere ben chiari gli scopi e i limiti di tale ricerca, ed essere incerti circa la distinzione tra le loro funzioni e le funzioni degli assistenti sociali.

Riteniamo opportuno che il lettore sia a conoscenza del punto di vista personale di chi ha curato l’antologia, fondato sul primo anno di inse­ gnamento in Italia. Chiarita così la sua particolare disposizione, la scelta della materia potrà essere di più facile comprensione.

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Lo schema originale del corso sulla ricerca era stato ispirato in larga misura da quello attualmente in uso presso la Columbia University

School of Social Work di New York, scuola considerata tra le migliori

negli Stati Uniti per l’insegnamento della ricerca applicata al lavoro sociale; essa è dotata di un istituto di ricerca e svolge un programma di lavoro sociale per studenti che già hanno conseguito il diploma. Lo schema del corso non fu però seguito, per la mancanza di testi di cui si è detto prima. L’insegnamento era stato impostato in modo da artico­ larsi intorno alle discussioni di classe, per le quali gli studenti dimostra­ rono scarso gradimento e limitata esperienza. Questo perché, come è noto, a differenza della scuola americana notevolmente influenzata negli ultimi cinquantanni da John Dewey, la scuola italiana a tutti i livelli — da quello elementare all’università — è rimasta conservatrice sia nel contenuto che nei metodi di insegnamento. Generalmente il contatto fra insegnante e studente è scarso, impersonale, ed è fondamentalmente un rapporto di autorità. Di conseguenza c’è posto solo per un limitato scambio di idee, e raramente per un tipo- di insegnamento che può aiutare ad allar­ gare la mente in relazione a teorie e a fatti.

A prescindere dalla ovvia considerazione che qualsiasi attività umana può svilupparsi solo mediante una continua autoanalisi in rapporto ai processi che le sono propri e ai loro risultati, è anche per combattere atteggiamenti di questo tipo che alle scuole di servizio sociale in Italia può essere proficua l’istituzione di un curriculum di metodologia della ricerca. Probabilmente ne potrebbe derivare un impulso al pensiero critico, cioè ad un approccio analitico alla professione. D’altra parte questo obiettivo può essere raggiunto soltanto se esiste già un’istruzione di base nella dottrina delle scienze sociali. In alcune scuole il titolo stesso dei corsi porta fuori strada. Nelle scuole di servizio sociale non si dovrebbe insegnare la storia di una disciplina, ma l’applicazione sistematica di quella partico­ lare scienza ad un problema specifico contemporaneo, preferibilmente nel settore di attività del lavoro sociale. Soltanto quando abbia luogo questo tipo di applicazione i concetti teorici acquistano significato per gli studenti, ed il mondo intorno a loro diviene un oggetto di ricerca sistematica, e non un ambiente che si presenta, a chi lo percepisce, come «naturale» e ineluttabile.

Di più il lavoro sociale in Italia è stato influenzato dopo la seconda guerra mondiale da professionisti di formazione americana, in un periodo in cui lo sviluppo del lavoro sociale nei paesi anglosassoni risentiva preva- lentamente dell’approccio di tipo psicologico ai problemi umani. Esiste perciò il pericolo derivante da una scarsa familiarità con le scienze sociali.

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sua essenza resta indivisibile, quelli più semplici raramente operano questa sintesi. Ecco un altro dei problemi relativi all’insegnamento del lavoro sociale che può trarre giovamento da un corso di ricerca. Il modo in cui un corso di questo tipo può essere organizzato deve dipendere dalla preparazione pre-professionale e professionale degli allievi, come pure dal loro orienta­ mento verso un particolare tipo di lavoro che intendono svolgere in futuro. L’estensione deH’addestramento nei metodi di ricerca dovrebbe, se possi­ bile, essere subordinata alle esigenze dei vari tipi di lavoro. Comunque bisognerebbe prevedere un minimo di corso di base da inserire nel curri­ culum di una scuola di servizio sociale.

Tenendo presente che gli studenti italiani soltanto in pochi casi riceve­ ranno anche una preparazione universitaria, non si ritiene sufficiente una dimostrazione generica di come viene condotta una ricerca applicata al lavoro sociale. E’ importante che essi siano consapevoli della portata e dei metodi principali della ricerca applicabili al lavoro sociale, non solo per essere preparati in quanto membri di équipes di lavoro, ma anche per diventare « consumatori » intelligenti degli studi condotti nel loro settore professionale. In quanto membri di una équipe gli operatori sociali dovrebbero essere in grado di portare il loro contributo alla formulazione del problema, alla raccolta dei dati ed all’interpretazione dei risultati.

Dai corsi sulla ricerca applicata al lavoro sociale, infine, può derivare agli studenti un certo aiuto a raggiungere una migliore comprensione dei problemi sociali ed a essere indirizzati verso un approccio più scientifico ai problemi dell’assistenza sociale. Dopo un certo periodo di tempo ne dovrebbe derivare un effetto sulla pianificazione sociale, in un paese in cui le rapide trasformazioni — tipiche dovunque nel nostro secolo — pos­ sono richiedere una azione sociale più cosciente. Forse i paesi di nuovo svi­ luppo dell’Africa possono attuare la trasformazione dall’età della pietra all’età elettronica più facilmente di una società che per secoli si è retta su una complessa struttura sociale che sotto l’aspetto psicologico e sociale è ancora largamente viva, anche se in contrasto ormai con la realtà cir­ costante. La costruzione di una società moderna e ben funzionante, sovrap­ posta ad una società così semplice da non aver mai avuto un macrocosmo sociale, può richiedere un intervento sociale meno qualificato di quello necessario ad un paese nel quale esista una forte struttura sociale, che debba però adattarsi all’età dell’industria ed alla società di massa che questa comporta.

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come tesi di diploma e da uffici-studi di enti che si avvalgono dell’opera di assistenti sociali. Quasi tutti questi studi hanno carattere descrittivo e riguardano le caratteristiche di singoli clienti, o, più spesso, di comunità. Non troviamo però esempi di « impostazioni sperimentali », e non esistono che pochi tentativi di analizzare i metodi del lavoro sociale o la struttura di un ente. La necessità di disporre di studi di comunità è stata partico­

larmente avvertita dal momento che scarse sono state finora le ricerche in tal senso promosse dallo Stato o da organismi accademici, mentre d’altra parte si rendono necessarie per dar modo agli enti di pianificare i loro programmi. Le tecniche di ricerca adottate in questi lavori si ispirano più al buon senso e a considerazioni pratiche che non a conoscenze teoriche, delle quali pochi hanno potuto giovarsi, soprattutto a causa degli ostacoli frapposti da una lingua straniera.

E’ noto d’altra parte che le scienze sociali in Italia sono state impedite nel loro sviluppo durante il ventennio per le implicazioni politiche in esse contenute, ben difficili ad armonizzarsi con una struttura sociale di tipo fascista — a parte il fatto che la tradizione scientifica italiana è stata finora profondamente legata ad impostazioni non tanto dinamiche ed anali­

tiche quanto prettamente storicistiche. Anche in una disciplina di vecchia data quale è la psicologia questa caratteristica appare evidente, ed ha senza dubbio contribuito, fino a pochi anni fa, a ritardare la nascita della sociologia e deU’antropologia. Di questi studi si può però osservare che, anche se non necessariamente diretti in modo specifico alla ricerca di lavoro sociale, tuttavia testimoniano un interesse verso: problemi che ad esso si riferiscono, e verso lo sviluppo di metodi applicabili alla indagine scientifica dei fenomeni sociali, con o senza l’obiettivo dell’azione sociale.

La presente pubblicazione si propone di presentare il pensiero di alcuni autori americani sulla ricerca applicata al lavoro sociale. Gli articoli di cui si sono utilizzati ampi estratti sono stati pubblicati nel 1960, raccolti nel volume Social Work Research, curato da Norman A. Polansky e pub­ blicato dalla Chicago University Press sotto gli auspici della sezione di ricerca applicata al lavoro sociale della National Association of Social

Workers, che è l’organizzazione professionale degli operatori sociali degli

Stati Uniti. Gli autori appartengono al lavoro sociale, e nello stesso tempo sono specializzati nella metodologia della ricerca; in campo professionale occupano posizioni di rilievo, ed hanno al loro attivo altre pubblicazioni autorevoli. La maggior parte di essi fa parte del corpo insegnante in scuole di lavoro sociale e possiede vasta esperienza nel dirigere ricerc e.

Gli articoli, visti nel loro insieme, valgono a dimostrare che negli Stati Uniti oggi esiste un pensiero comunemente accettato nei riguardi del contenuto e dei metodi della ricerca applicata al lavoro sociale.

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Mentre il testo di Lilian Ripple, Individuazione e formulazione del pro­

blema, riguarda metodi egualmente utilizzabili in altri campi di ricerca

applicata, gli altri articoli trattano quegli aspetti metodologici della ricerca più particolarmente collegati con il lavoro sociale. L’antologia è infine chiusa da un’illustrazione di settori d’interesse specifico in rapporto al

contenuto del lavoro sociale in sede di ricerca applicata al lavoro sociale

stesso.

E’ superfluo aggiungere che il volume originale è di ben altra ampiezza. La scelta dei passi da tradurre è stata operata in base ai seguenti criteri :

1. Poiché la pubblicazione italiana deve servire da introduzione all’ar­

gomento della ricerca applicata al lavoro1 sociale, si è dato maggior spazio

a questioni teoriche di base che non a discorsi strettamente tecnici. 2. Esempi e descrizioni vengono riportati in quanto servano di chia­ rimento per lettori che non conoscono il lavoro sociale americano nel suo particolare contesto.

3. Non sono state incluse informazioni reperibili in pubblicazioni italiane (in testi di statistica, ad esempio).

Una scelta riassuntiva di questo genere non pretende, ovviamente, di dar luogo ad una pubblicazione migliore del volume originale : può però produrne una più utile (perché più chiara e comprensibile), in quanto viene curata nella lingua di coloro cui viene destinata, ed entro la loro cultura, dotata di una propria particolare qualità di lavoro sociale, di necessità diversa, non nelle finalità ultime, ma nell’accento e nell’espli­ cazione pratica.

Possiamo a questo punto ripetere che, in generale « ... i rapporti dell’in­ dividuo con la società che gli è propria rappresentano il fuoco del lavoro sociale. Gli operatori sociali spesso ritengono che sia anche loro dovere rendersi conto delle condizioni sociali e chiedere riforme economiche e sociali, oltre che aiutare gli individui e i gruppi » (1).

E, con un altro passo avanti nella stessa direzione, aggiungiamo che « gli obiettivi di tutti i metodi di lavoro sociale... sono simili. Tutti si interessano di rimuovere i blocchi in rapporto allo sviluppo, di liberare

le possibilità individuali, il pieno uso delle1 risorse interiori, la capacità di

mantenere la propria unità integrata... Tutti gli operatori sociali perse­ guono un fine comune, che è nella sua essenza il medesimo » (2).

Proprio in grazia di questa convinzione circa l’universalità del lavoro sociale, si vuol qui presentare ai professionisti italiani un metodo da considerare come nuovo venuto tra gli altri metodi oramai consacrati.

Ellen B. Hill

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The Editor wants to thank the National Association of Social Workers for their generous permission to

reprint excerpts from the original edition. In a less

tangible way this issue o f the Centro Sociale can be traced to the life and work of C. Wright Mills, scientist

engagé par excellence. It is with admiration and

gratitude that the Editor remembers him in this year o f his premature death.

E. B. H.

« Freedom is first of all the chance to formulate the available choices, to argue over them and then the opportunity to chose. That is why freedom can not exist without an enlarged role of human reason in human affairs. Within an individual’s biography and within a society s history, the social task of reason is to formulate choices, to enlarge the scope of human decision in the making of history. The future of human affairs is not merely some set of variables to be predicted. The

future is What is to be decided. . .

In our time, must we not face the possibility that the human mind as a social fact might be deteriorating in quality and cultural level, and yet not many would notice it because of the overwhelming accumulation of tech n ological gadgets? Is not that one meaning of rationality whithout reason? Of human alienation? Of the absence of any free role for reason in human affairs? The accumulation of gadgets hides these meanings: those who use these devices do not understand them; those who invent them do not understand much else. That is why we may not, without great ambiguity, use technological abundance as the index of human quality and cultural progress.

To formulate any problem requires that we state the values involved and the threat to these values. For it is the felt threat to cherished values — such as those of freedom arid reason — that is the necessary moral substance of all significant problems of social inquiry . . . ».

(C. Wright Mil ls, The Sociological Imagination)

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Introduction

This issue o f the « Centro Sociale» has emerged from the experience o f its editor. An American trained social worker specializing in social work research she came to Italy at the beginning o f the academic year 1961-62 to teach research methodology to students enrolled in schools o f social work and practioners holding jobs where research methods

were required. It was soon found that the bibliography suggested to

members o f the seminars was not obtainable in Italian translation and that publications on methodology and completed studies written by Italian authors, that could serve as material for class discussion, did not exist.

The only solution was to have American material translated into Italian as very few social workers and social work students had a working knowledge of English. However this idea is not without hazards: while the principles o f social work research methods are applicable anywhere the examples quoted in American texts are often so far removed from

the Italian reality that they no1 longer serve the purpose of clarification.

This is particularly true in relation to agency structure and community resources and their effect on study designs.

The volume is mainly intended as an introduction of the subject to

the Italian social work community. It should give a picture o f the

present state of affairs in the United States emphasizing what may be o f general interest outside of that particular setting, and in this way inform practioners, administrators and social work teachers about the

development of one of the accepted social work methods. It should

further provide class material to the schools of social work in Italy that are beginning to introduce research methodology into their curri­

culum. It may be o f help to other professionals who work in social

agencies on a social work research team and may be wondering about the purpose and the limitations o f such research as well as about their role as compared to the professional social worker’s.

Clearly the reader should be told about the editor’s personal views

based on her first year as a faculty member in Italy. In this way

the editor’s bias will become clear and the selection o f the material may be more readily understandable.

The original course outline had been prepared much like the one the Columbia University School o f Social Work in New York is at present

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research in the United States, it has a research institute attached to

it and runs a doctoral program in social work. The course outline

however could not be followed as already mentioned because of lack

o f usuable texts. The teaching was planned to center around class

discussion for which the students showed little liking and to which they brought no previous experience.

This is because in contrast to the American school, heavily influenced half a century later by John Dewey, the Italian school on all levels — from elementary to university — has remained conservative in its teaching content and its teaching techniques. Contact between teacher and student is scarce and impersonal and basically an authority relationship. Conse­ quently there can be little discussion of ideas and hardly the kind of training that would lead to an open mind in relation to theories or facts.

Apart from the obvious fact that any human activity can only develop with continuous self-analysis in relation to its processes and their outcome, it is to counteract such attitudes that the schools o f social work in Italy

also need a research methodology curriculum. Hopefully this would

bring about an impetus to critical thought, i. e. an analytical approach

to the profession. On the other hand this can only be achieved if a

basic instruction in the tenets of the social sciences is already in exi­

stence. In some schools the name o f the courses seem misleading. In

schools o f social work it is not the history of a discipline that should be taught but the systematic application of the specific science to a specific contemporary problem preferably in the area of social work activity.

It is when this type of application takes place that the theoretical concepts become meaningful to the students and that the world around them becomes an object o f systematic investigation rather than a setting that seems « natural » and inescapable to the perceiver.

Besides, Italian social work has been exposed to American trained professionals after World War II, when the development of social work in the Anglo-saxon countries leaned heavily on the psychological approach to human problems. Consequently, there is the great danger o f under­ exposure to the social sciences. While the sophisticated know that the division o f the sciences is made for practicality’s sake and Man remains indi­ visible the more simple recipients of our teachings rarely make the syn­

thesis. This is another of the problems in social work education that

may benefit from a research course. How such a course should be

organized must depend on the pre-professional and professional training o f the students and also on their interest in future types o f practice. Possibly persons going into one type of work or another should have

a more or less extensive training in research methods. A minimum

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basic course however should be set up as generic to social work education. Considering that Italian students will rarely also receive a university education it is not sufficient to demonstrate how social research is conducted in a general way. It is important that they become conscious of the scope and main methods applicable to social work of such research not only to prepare them as members o f teams but also to make them intelligent consumers o f the studies in their field (as team members practitioners ought to have their say in problem formulation, data col­ lection and interpretation of findings).

And last: courses in social work research may lead to a better under­ standing o f social problems and a more scientific approach to social

welfare on the part o f the students. In the long run this should have

an effect on social planning in a country where the rapid change — typical for our century everywhere — may demand more conscious social action than generally admitted. Possibly the underdeveloped countries in Africa can make the change from the stone age to electronics easier than a society which for centuries has had a complicated social structure still largely in existence, psychologically and sociologically, although no longer in tune with reality. To build a well functioning modern society on one so simple that it never had a social macrocosm may demand less skilled social intervention than where a powerful social structure exists but needs to adjust to the industrial age with its mass society.

It should be noted that although social work research courses have just emerged in the curriculum o f the professional schools related type o f research have already been published. Much o f this material was produced by students as theses for their social work diploma and by the research departments o f agencies who employ social workers. Most studies have been descriptive, dealing with the characteristics o f individual clients or more often with those of communities. There has been no « experimental design » and few attempts to analyze social work methods or agency structure. Obviously the need for community studies has been greatest because they were not undertaken by government or academic bodies but were necessary so that the agencies could plan their programs. The research techniques employed resulted from common sense and practical considerations rather than from theoretical knowledge which was available to only a few because of the language barrier.

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one. This is visible even in such on old discipline as psychology and has deterred the emergence of sociology and anthropology until very recently. While these studies may not be geared specifically to research in social work they show an interest in related problems and a concern wit the development of methods applicable to scientific inquiry into social phenomena with or without the goal of social action.

This volume will introduce the thoughts of a number of American authors in regard to social work research. The articles from which the text was selected appeared in 1960 in Social Work Research, edited by Norman A. Polansky and published by the Chicago University Press under the auspices o f the Social Work Research Section of The National Association o f Social Workers, the professional organization of social workers in

the United States. The writers are identified with the field o f social

work and at the same time experts in research methodology. All of them are leaders in the field and have other authoritative publications to their name. Most of them are on the faculty of graduate schools and have had extensive experience directing social work research studies.

Together their articles demonstrate that there is by now an accepted mean­ ing to content and methods in social work research in the United States. While Problem Identification and Formulation by Lillian Ripple is con­

cerned with rules that are equally applicable to other areas of applied research the remaining articles deal with aspects of research methodology that are specifically related to social work. Finally there is a discussion o f areas of special interest in regard to social work content in socia work research to round out the anthology.

It should be understood that the American original is considerably more

extensive. The editor made her selection on the basis of the following

criteria:

1. Since the volume was to serve as an introduction into social work research it concentrated on basic principles rather than on highly technical discussions,

2. Exemples and illustrations had to convey meaning to peisons unfamiliar with American social work in its specific setting.

3. Information substantially available in Italian publications, such as for instance statistical text books, was not included.

Obviously this type of condensation does not produce a better volume, it may however make for a more useful (because less confusing) on when published in another language and in another culture with its own brand of social work, necessarily different in emphasis and practice although not in its ultimate goals.

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We can generalize that « ... the relations o f the individual in his society-

are the focus of social work. Social workers also commonly regard

themselves as having an obligation to be knowledgeable about social conditions and to press for economic and social reforms, as well as helping individuals and groups» (1).

And to go one step further in that direction: « The objectives o f all

social work methods ... are similar. All are concerned with removal of

blocks to growth, release o f potentialities, full use o f inner resources, development of capacity to manage one’s own integrated unit... Essentially what is sought by social workers is the same general end » (2).

It is with this conviction o f the universality of social work that the editor presents a relative newcomer among methods to the Italian pro­ fessional community.

Hellen B. Hill

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Avvertenza

Di una sola delle molte perplessità suscitate dalla traduzione ci preme render conto in questa nota: abbiamo deciso di tradurre l’espressione social

work, presente ovunque e in ogni modo nel titolo dell’antologia americana,

con l’espressione lavoro sociale piuttosto che servizio sociale, commettendo una lieve, deliberata infedeltà rispetto al testo americano.

E’ invalso nell’uso italiano intendere per lavoro sociale tutte le iniziative organizzate volte al miglioramento della vita sociale, indipendentemente dalle metodologie usate e dalla qualifica degli operatori sociali, siano questi professionali o volontari; in questo senso tutti gli enti di lavoro sociale ( quelli per esempio che fanno parte del CISS, che dovrebbe peraltro chia­ marsi Comitato Italiano di Lavoro Sociale anziché di Servizio Sociale,! non hanno altro in comune che la partecipazione all’azione sociale.

Sempre nell’uso invalso, con l’espressione servizio sociale, in italiano, si intende l’attività professionale degli assistenti sociali, formati dalle scuole di servizio sociale, secondo standards che, malgrado la novità della profes­ sione, sono ormai ben definiti anche in Italia.

Al contrario la parola social work negli Stati Uniti, soprattutto in questi ultimi anni, viene usata per designare l’attività professionale e tecnica degli assistenti sociali.

L’infedeltà, se c’ è, risulta lieve, quando si consideri che tuttora negli Stati Uniti i due termini (social work e social Service) vengono usati come sinonimi, per esempio nella denominazione del titolo accademico : alcune università americane rilasciano il titolo di « Master of Social Work », altre quelle di « Master of Social Service », per dire la stessa cosa. Si pensi altresìi all’autorità del Social Work Year Book, un annuario che da oltre treni’anni raccoglie tutta l’informazione interessante il lavoro sociale, inteso nell’ampia accezione che diamo in italiano a questa parola.

Anche i comuni dizionari americani sono ancora alla definizione di social

work e social Service che abbiamo adottato in Italia.

In realtà si tratta di una questione di semantica più che di vocabolario.

« Where thè influente of thè professional worker is strongest and oldest

social work is coming to be identified with thè activities of social workers... ». L’influenza degli assistenti sociali in Italia è ancora insignifi­ cante e forse non siamo più avanti di quando uscì nel 1930, per iniziativa della Russell Sage Foundation, il primo volume del Social Work Year Book. Nelle definizioni presentate dai vari paesi in occasione della X Conferenza Intemazionale di Lavoro Sociale e raccolte in una pubblicazione dalla quale

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abbiamo estratto la citazione che precede (Statements on thè Use o f thè

Terni Social Work, gennaio 1961) vediamo che i paesi ove questa influenza

è ancora scarsa ( Brasile, Cile, Italia, ecc.) l’espressione social work viene acquisita nel senso più ampio; negli altri (Canada, Finlandia, Israele, ecc.), nel senso che a questa parola si dà negli Stati Uniti. La definizione che dà la Gran Bretagna è isolata da questo raggruppamento e più vicina a quella italiana : « The term social work, as commovly used in thè United Kingdom, includes many types of activity and a wide variety of workers ».

Questo fascicolo si rivolge ad operatori sociali di varia formazione professionale e a vari enti interessati all’azione sociale, proponendo una metodologia propria negli Stati Uniti agli assistenti sociali, e auspicandone la più ampia applicazione in Italia.

Si vedrà di conseguenza che nei testi tradotti il termine assistente sociale è stato usato solo ove il riferimento con le scuole era più stretto e vinco­ lante; altrimenti si è preferito usare il termine operatore sociale, per lasciare più spazio possibile ad altri professionisti e ad altre istituzioni, che sono o che dovrebbero essere socialmente impegnati.

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I. Definizione della ricerca

applicata al lavoro sociale

Questo primo capitolo risponde allo scopo di definire la ricerca applicata al lavoro sociale, di distinguerla da altri tipi di ricerca e di indicare il posto che essa occupa nel campo del lavoro sociale. Vi si tenta inoltre di stabilire i nessi tra la professione e particolari tecniche di ricerca che a volte costituiscono il fondamento di attività di lavoro sociale, e altre volte da esse derivano. Per la sua stessa natura la ricerca di lavoro sociale deve essere considerata una scienza applicata, il che non esclude che essa possa contribuire a nuove conoscenze fondamentali sulle quali possono essere costruite, a loro volta, nuove teorie. Quando si verifichi questa eventualità, potrà trattarsi di un fatto di importanza primaria, che però non corrisponde alle intenzioni iniziali.

D’altra parte occorre rendersi conto del fatto che l’indagine scientifica all’interno del lavoro sociale è ancora in una fase iniziale di sviluppo, nella quale la cosa più urgente è la messa a punto di mezzi, cioè strumenti di misurazione, di cui servirsi in questo tipo di ricerca. Potrà darsi che in un futuro non troppo lontano, di pari passo con l’affinamento delle nostre capacità, l’attuale definizione debba essere riveduta. Storicamente, la ricerca applicata al lavoro sociale è scaturita dallo studio delle disfunzioni della società, e spesso ha animato l’azione sociale; oggi è divenuta più che altro uno strumento di valutazione del nostro lavoro. Dovrebbe in seguito

— e pare che si sia sulla buona strada — raggiungere uno stadio in cui

possa dar luogo a variabili significative al fine di spostare, a lungo andare, l’accento del lavoro sociale dal trattamento alla prevenzione (3).

D a: M a ry E . Macdonald, Social Work Research. A Perspective

Poiché non si può giungere ad una esatta definizione della ricerca applicata al lavoro sociale partendo' dalla descrizione del suo oggetto o del metodo che le è proprio, ci sembra più utile parlare della sua funzione, la ricerca nell’ambito del lavoro sociale ha la funzione di contribuire allo sviluppo

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di un insieme di conoscenze valide che risponda alle finalità e alle tecniche del lavoro sociale in tutte le sue manifestazioni.

Le finalità perseguite dall’operatore sociale impegnato nel lavoro pratico e da quello che si occupa della ricerca, sono le stesse : entrambi si propongono di migliorare l’attività professionale. Tuttavia essi cercano di raggiungere il loro obiettivo in maniera del tutto diversa: il primo cerca di fondere le cognizioni con l’abilità pratica nell’interesse del servizio per il suo «clien te», sia esso individuo-, gruppo o comunità; il secondo cerca di allargare e mettere a punto le cognizioni che sono a disposizione del­ l’operatore sociale.

La natura della ricerca applicata al lavoro sociale

Definizione di ricerca.. — La ricerca può essere definita una indagine

sistematica, in forma comunicabile e verificabile, condotta per allargare le conoscenze esistenti. Come rileva il Greenwood, « si può definire la

ricerca, come l’uso di procedure standardizzate per cercare nuove cono­

scenze- » (4). La ricerca è un certo tipo di indagine conoscitiva, condotta secondo alcuni principi logici ; la sua finalità è quella « di trovare risposta agli interrogativi attraverso l’applicazione di procedimenti scientifici ».

Molte di queste affermazioni meritano di essere maggiormente elaborate. Le cognizioni cui si perviene mediante la ricerca sono cognizioni « nuove », in aggiunta di quanto abbiamo già a disposizione, anche se esse possono assumere varie forme e comportare vari livelli di generalità. Tale con­ tributo può servire a confutare delle nozioni erronee, o semplicemente a rafforzare un principio noto con nuove prove, così come a presentare nuovi collegamenti o generalizzazioni. Senza dubbio non sono caratteri distintivi per sé stanti né il significato apparente, né il livello di generalità, né le «scoperte» nel senso di un risultato inatteso: un tratto caratteristico della ricerca è dato piuttosto dal desiderio di allargare le cognizioni, di trovare risposta agli interrogativi.

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Lo scopo della ricerca, dunque, è quello di fornire un contributo che allarghi le cognizioni in forma comunicabile e verificabile. Poiché la ricerca rappresenta sempre un viaggio verso l’ignoto, anche se spesso un viaggio breve, tale finalità può non essere realizzata. La ricerca si propone di dare delle risposte: può trovarle o non trovarle. Tutte le elaborate proce­ dure che sono state escogitate per evitare di cadere in errore non bastano a garantirne i risultati. In altre parole, le nostre tecniche impediscono che si arrivi a risultati sbagliati, ma non assicurano il reperimento di risposte giuste. In realtà, l’arte della indagine scientifica sta nel saper porre la domanda giusta o nel saper vagliare l’ipotesi giusta. Con domanda « giusta » si intende semplicemente quella che alimenta risposte utili, che conti

i-buiscano alla conoscenza. .

Infine la ricerca implica una indagine sistematica, o meglio, uso di

tecniche « standardizzate » o « scientifiche ». Non è qui il caso di spiegare ampiamente queste tecniche; possiamo, tuttavia, far rilevare un apparente paradosso: in uno studio specifico il metodo è a servizio dell’indagine e spetta al ricercatore scegliere i metodi adeguati al suo problema. In generale è l’applicazione del « metodo scientifico » ciò che contraddistingue la ricerca. In un certo senso il « metodo scientifico » è illusorio, perche « non ci sono procedure, ufficiali o no, che dicano allo scienziato come cominciare, cosa fare dopo e quali conclusioni raggiungere »■

La ricerca può essere considerata semplicemente come un modo intelligente di risolvere problemi nell’interesse dell’accrescimento conoscitivo. Nel processo di soluzione del problema e nel metodo scientifico possono isolarsi quattro momenti, che naturalmente non si presentano chiari e distinti ne nel consueto processo di soluzione di problemi, né nella ricerca. Nell intero processo di ricerca, tuttavia, possiamo spesso distinguere la fase dell osser-

vazione, durante la quale i fatti sono raccolti e classificati, la fase della formulazione dell’ipotesi, in cui viene avanzata una correlazione provvisoria,

o interpretazione, dei dati osservati, la fase della deduzione, in cui e conseguenze osservabili (previsioni) vengono dedotte dalla ipotesi, e la fase della verifica, durante la quale si raccolgono nuovi dati per vedere se coincidono con le previsioni basate sull’ipotesi.

La ricerca applicata al lavoro sodale. — La ricerca applicata al lavoro

sociale trae origine da problemi pratici ed ha la finalità di sviluppare quelle conoscenze che possono servire nella pianificazione o attuazione dei programmi di lavoro sociale. La ricerca di base (o ricerca pura o fondamentale) di solito si riferisce alla indagine che si propone 1 arric­ chimento conoscitivo per la comprensione del mondo; la motivazione, m questo tipo di ricerca, è data dal desiderio di capire, senza tenere conto delle conseguenze pratiche immediate. La ricerca di base e al servizio delle

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scienze pure, che costituiscono la organizzazione conoscitiva, generale e sistematica, delle varie classi di fenomeni. Le scienze stesse, ovvia­ mente, si trovano a vari livelli di sviluppo, determinati dal grado di compiu­ tezza e coerenza raggiunto dalle loro teorie sulle correlazioni tra i fatti nell’ambito della loro competenza. Una scienza è, in definitiva, un insieme sistematico di fatti. Il Braithwaite ha esposto questo concetto con sem­ plicità : « L’uomo inventa un sistema scientifico e poi trova se esso concorda o meno col fatto osservato » (5). E’ compito' della ricerca di base mettere alla prova la teoria così come è stata ampliata e approfondita, vale a dire « determinare se essa concorda o meno con il fenomeno osservato ».

La ricerca di lavoro sociale, come abbiamo già notato, differisce nella motivazione e nell’accento dalla ricerca di base. A differenza di que- st’ultima, infatti, la ricerca di servizio sociale si potrebbe definire come ricerca, applicata,. Di solito la ricerca applicata riguarda l’indagine diretta all’arricchimento delle conoscenze allo scopo di controllare i fenomeni naturali. La distinzione tra ricerca di base e ricerca applicata può talvolta essere assai sottile : il problema da studiare può' essere lo stesso, ma l’aspetto pratico del problema, nella ricerca applicata, è preso in considera­ zione prima che abbia inizio la ricerca. Certamente il processo di indagine di per sé non vale a distinguere tra ricerca di base e ricerca applicata.

Il lavoro sociale, in effetti, può trarre alimento dalle scienze di base, nel senso che l’insieme di cognizioni di cui si serve in pratica, deriva parzialmente dalle scienze di base ; inoltre, poiché la funzione della ricerca nel lavoro sociale è quella di allargare e approfondire le conoscenze in uso nell’attività pratica, si può anche dire che la sua funzione sta nel rendere più scientifiche le cognizioni proprie del lavoro sociale.

Le premesse possono essere vagliate secondo metodi scientifici e tutte le conoscenze possono essere sistematicamente allargate secondo i canoni della scienza. L’obiettivo, tuttavia, non è la conoscenza fine a se stessa, ma finalizzata all’attuazione degli scopi propri del lavoro sociale. Il rag­ giungimento delle finalità del lavoro sociale implica un controllo, cioè un intervento che sia di ausilio effettivo al singolo, al gruppo o alla comunità. Tali finalità sono determinate in gran parte da valori o da considerazioni più filosofiche che scientifiche, e la scelta dei mezzi propri del lavoro sociale è pure guidata non solo da motivi di efficienza, ma anche da considerazioni morali e filosofiche.

Abbiamo così messo a fuoco una serie di punti :

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2. La ricerca applicata al lavoro sociale può investire problemi che rivestono un diverso grado di generalità. Si possono ottenere da una parte dei risultati completamente astratti — per esempio la verifica dell’ipotesi secondo la quale esiste un rapporto positivo tra l’accettazione del case- worker e la riduzione dei meccanismi di difesa del cliente, o tra il sostegno della struttura di gruppo da parte del groupworker e l’aumento del a coesione del gruppo stesso. All’altro capo può darsi il caso di un ente privato che voglia semplicemente sapere il numero dei suoi clienti « non residenti» affinché un dirigente possa disporre di questo dato quando si presenta alla commissione legislativa. Il quadro che ne risulta e un contributo infinitesimale al patrimonio conoscitivo del lavoro sociale e può sembrare azzardato definire ricerca la semplice indagine scaturita da questa parziale richiesta informativa.

3. Giustamente è stato affermato che l’informazione è una forma di

«conoscenza inerte ». Ma le informazioni (cioè i fatti) costituiscono 1

materiale conoscitivo e le teorie vengono proposte proprio per spiegare i nessi tra i fatti. Per cui la classificazione dei clienti in « residenti »

« non residenti » può essere l’inizio di una f ™ ^ T l

problemi, ad esempio, dei nuovi residenti nella citta settentrionalr momento in cui un uomo può essere definito calvo, cosi come il momeatc»in cui la ricerca di base finisce e ha inizio la ricerca operativa, non sono cosi facili da precisare. Anche le classificazioni più semplici sono grano per f l l t a o dell, ricerca, mentre fatti separati e slegati sono davvero «conoscenza inerte».

4. La funzione della ricerca nel lavoro sociale e senza dubbio quella

di produrre utili conoscenze, ma questa funzione può essere assolta ™ successive. Una indagine può basarsi su altre, e ricerche successive possono

conglobare i risultati di quelle precedenti. La serie - 0SS™ ™ ^ ° d

lazione di ipotesi, deduzione, verifica - può essere completate solo dopo ripetuti tentativi, ad esempio, di classificare le ossem izion. In reaffa il processo scientifico ha inizio, e può soffermarsi a lungo, ad

classificatorio o tassonomico. Lo sviluppo di " " ^ i T i un

mente accettate per i fenomeni che riguardano il f 0 1 0 ™ 6

problema della massima urgenza: se ogni ente o ricercatore usa uno^schema

di classificazione che differisce dagli altri, il progresso ^U a ^tnazm ne

di un patrimonio di conoscenza più fidato subirà notevoli «tardn Una

classificazione può essere considerata una forma ^ d ^ e n te le di teo .

quando si sono stabiliti sistemi di classi, allora si possono condurre degl studi sulle associazioni di caratteristiche distintive di ognuna,de» e d classi con numerosi altri attributi. In questo modo g r u p p i * ristiche empiricamente correlate» vengono determinati per i « membr di ciascuna delle classi differenti ».

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5. La funzione della ricerca applicata al lavoro sociale può anche essere quella di includere il portato di conoscenze di differenti tipi. Tale funzione viene assolta nella misura in cui le conoscenze vengono via via sistematizzate; ciò comporta lo sviluppo di concetti utili e la interpretazione delle loro correlazioni, vale a dire la costruzione di una teoria.

Origini e sviluppo della ricerca applicata al lavoro sociale

Le origini della ricerca applicata al lavoro sociale risalgono a quelle del lavoro sociale stesso. Se ci si limita a considerare quanto delle cono­ scenze in sviluppo è stato adottato in pratica dalle varie generazioni di assistenti sociali, non si può non concludere che la ricerca ha portato un contributo relativamente modesto alla professione. Se consideriamo invece l'espansione dei servizi sociali che impiegano assistenti sociali professionali, allora concluderemo altrettanto inevitabilmente che indagini su problemi quali la natura e l’estensione della miseria umana hanno avuto una influenza fondamentale sullo sviluppo del lavoro sociale. Tuttavia è arduo stabilire quante delle innumerevoli inchieste che hanno ribadito la necessità di un intervento sociale possano fregiarsi della qualifica di « ricerca ». Le opinioni su questo punto variano a seconda dei criteri seguiti.

Nei primi tempi, da parte di operatori sociali si intrapresero studi che oggi sarebbero lasciati agli esperti dei settori specializzati che si sono venuti formando attraverso gli anni. Gli studi sulle abitazioni costi­ tuiscono un buon esempio, come pure gli studi sui consumi familiari. Nel Social Work Year Book del 1937, Helen M. Jeter avanzò la seguente precisazione : « La ricerca applicata al lavoro sociale deve limitarsi per definizione a contribuire all’analisi scientifica dei metodi e dell’orga­ nizzazione del lavoro sociale professionale ».

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studio in campo di lavoro sociale, ma più sovente le variabili veramente importanti sono assai difficili da misurare in modo attendibile. L’uso di giudizi come dati si presenta perciò promettente e nello stesso tempo pericoloso.

Una rapida scorsa alle riviste specializzate di lavoro sociale nn dal 1946 rivela una massa notevole di pubblicazioni, di studi e documenti sulla ricerca. All’inizio quasi tutti gli scritti sulla ricerca suonavano come chiamate alle armi: « Dateci la possibilità di fare la ricerca: e ora di cominciare! ». (Fece scalpore in questo periodo un articolo di Margaret Blenkner « Ostacoli alla ricerca valutativa nel casework » che oggi è consi­ derato un classico) (6). Negli anni 1954-58 i vari testi rivelano la tendenza verso una maggiore precisione e approfondimento, e nel periodo successivo una buona parte degli studi si occupa di metodologia del lavoro sociale: nel casework, per esempio, la ricerca si è concentrata sempre di piu sul processo e sulle caratteristiche del cliente e i risultati ottenuti. In conclusione si e avuto qualche progresso in direzione della ricerca, che può essere considerato un contributo al miglioramento sia della pratica che dell’indirizzo assisten­ ziale. Forse l’ostacolo maggiore è rappresentato — a parte le difficolta della materia e gli attuali limiti della metodologia — dalla scarsità di per­ sonale preparato sia nel settore specifico che nei metodi di ricerca. E’ probabile che questa carenza verrà gradualmente ovviata con aumento dei fondi destinati alla ricerca nelle scuole di lavoro sociale e con ì

diffondersi di corsi a livello universitario.

Rapporti con le altre discipline

Restano da esaminare i rapporti tra la ricerca applicata al lavoro sociale e le teorie e metodi di ricerca applicata alle altre discipline. All inizi di questo' capitolo abbiamo detto che né l’argomento ne il metodo bastano a precisare e definire la ricerca applicata al lavoro sociale; ora ci occu­ peremo brevemente dei modi in cui la ricerca nel lavoro sociale può utilizzare teorie e metodi sviluppatisi al di fuori del lavorosocmlestesso.

I limiti del lavoro sociale non sono facilmente definibili. Il fatto che

in esso convivano tre metodi primari, il casework, il gr<^«Pwork e I o ­

nizzazione di comunità, e ormai fuori discussione; che “ che ammim-

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comunità, avere dei limiti che rimangono vaghi e flessibili, quasi a poter adattarsi meglio alla variabilità del bisogno di intervento da parte della società. L’unità del lavoro sociale è da ricercarsi più nei suoi obiettivi di fondo e nei principi generali che nella specificazione dei suoi metodi e tecniche. Il principio unificatore può essere caratterizzato come « filosofico », cioè come la continua volontà di migliorare la funzione sociale dell’uomo.

Il lavoro sociale opera sulla base di uno svariato insieme di cognizioni. Molte fonti hanno contribuito a formarlo — l’esperienza pratica profes­ sionale, le scienze sociali e biologiche, le professioni affini ed anche il buon senso: ed ora, sebbene in misura minore, la ricerca promossa nell’ambito del lavoro sociale. Probabilmente la teoria maggiormente integrata e coerente usata nella pratica è stata derivata dalla psicoanalisi. Le altre cognizioni cui si fa normalmente ricorso presentano un grado diverso di certezza: di alcune gli operatori sociali sono ben sicuri, di altre si servono come di un buon punto di appoggio. Alfred J. Kahn conclude in tono di sfida una sua penetrante asserzione sulle conoscenze del lavoro sociale: «. . . le alternative sono evidenti: o il lavoro sociale nei prossimi anni elaborerà e verificherà un suo proprio patrimonio di cognizioni, sorretto da un ricorso avveduto al patrimonio delle scienze sociali, o dovrà cedere le sue funzioni professionali a discipline nuove e più rigorose, così da ridurre gli operatori sociali al ruolo di utili tecnici, senza farsi più illusioni di raggiungere un vero e proprio status professionale. Queste due possibilità sono state riconosciute da tempo, ma ora è giunto il momento della scelta » (7).

La funzione permanente della ricerca nel lavoro sociale consiste nel formulare e verificare le cognizioni che gli sono proprie. Ma essa, malgrado si tenda oggi ad un tipo di ricerca che presenti caratteristiche di fondo, non ha ancora fornito un contributo sostanziale alla conoscenza applicata al lavoro pratico. Le ricerche condotte sinora nel campo vertevano sopra­ tutto su problemi operativi affrontati in modo frammentario: di conse­ guenza i vari tentativi di ricerca sono rimasti periferici rispetto allo sviluppo conoscitivo globale, sia che essi abbiano tratto origine da concetti e teorie mutuate da altre discipline e professioni, sia che risalgano a proposizioni derivate dalla esperienza di lavoro sociale.

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prima è data dalla « difficoltà di comunicazione », cioè dal livello di immedesimazione necessario per afferrare il linguaggio di una scienza particolare e adoperarne propriamente i concetti. In genere gli assistenti sociali hanno compiuto il tirocinio necessario per imparare la termino­ logia psicoanalitica (anche se non sempre correttamente), ma i termini concettuali di alcune scienze sociali rimangono loro estranei. La seconda difficoltà, ammesso che la prima venga superata, è data dalla « forma prevalentemente astratta della teoria delle scienze sociali ». Questa ultima, infatti, non è formulata in termini immediatamente applicabili alla pratica, Una particolare preparazione potrebbe forse trasformare l’ope­ ratore sociale in una specie di sociologo, ma questo non vorrebbe dire che si sia verificata la difficilissima integrazione fra teorie sociologiche e conoscenze operative, teoriche e pratiche dell’operatore sociale. Negli anni in cui il lavoro sociale in generale, ed il casework in particolare, erano impegnati ad integrare i concetti psicoanalitici con le proprie teorie operative, i nuovi sviluppi all’interno di nuove discipline, ed in particolare delle scienze sociali, passarono quasi sempre inosservati. Una delle ragioni per cui i concetti psicoanalitici poterono essere, sia pure lentamente, integrati, si deve al fatto che la teoria psicoanalitica è una teoria orientata verso il lavoro clinico. Recentemente il lavoro sociale si è reso conto in profondità che è facile ottenere dalle scienze sociali conoscenze nuove e potenzialmente utili. Rimane aperto il problema di

come ottenerle: uno dei modi migliori è quello di servirsi della ricerca

applicata al lavoro sociale.

La funzione preminente della ricerca sta, in conclusione, nell attuare l’integrazione tra i concetti e le teorie proprie delle scienze sociali e il patrimonio di cognizioni proprie del lavoro sociale.

Le scienze sociali e gli studiosi di scienze sociali hanno molto da insegnare per quanto riguarda la metodologia. Già si è rilevato come in ogni particolare ricerca l’elemento principale sia il problema da studiare, mentre l’impostazione della ricerca viene di seguito. La ricerca rischia di diventare sterile se l’impostazione e il metodo passano in primo piano e i problemi sono scelti in vista di una facile applicazione di un deter­ minato schema. Nello stesso tempo, ovviamente, il ricercatore non può cominciare ex novo a inventare un piano per ogni indagine, anche se una procedura del genere potrebbe sembrare vantaggiosa. C’e da aggiungere che taluni problemi rimangono chiusi alla ricerca a causa di limiti metodologici: col progredire della metodologia nuovi campi di indagine si aprono, così come dall’esame di nuovi problemi la metodologia trae

nuovi sviluppi. . , „

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conoscenza del metodo. Conoscenza del campo in cui si deve condurre l’inchiesta significa perfetta conoscenza della pratica professionale e delle teorie che la guidano, e conoscenza di teorie, di concetti e di risultati relativi a ricerche empiriche in discipline affini. Disporre di tali conoscenze presup­ pone specializzazione e studio approfondito di alcuni rami del lavoro sociale. In genere le persone che hanno approfondito in modo particolare un determinato settore di lavoro sociale, non sono nello stesso tempo esperte in metodologia. Viceversa, chi ha acquisito una certa padronanza del metodo di ricerca, raramente è competente in qualche settore del lavoro sociale. Per questo motivo si sono verificati gravi inconvenienti, ridu­ cibili in due categorie: nella prima rientrano gli studi abortiti, che falliscono perché non si è saputo applicare un metodo di ricerca appropriato ; nella seconda rientrano gli studi non pertinenti, che non contribuiscono allo sviluppo conoscitivo del lavoro sociale, perché l’impostazione della ricerca non utilizza concetti e variabili significativi in termini di teoria del lavoro sociale.

Ad un dato momento sembrava prevalesse la corrente secondo la quale i ricercatori dovevano richiedere dagli operatori sociali l’elaborazione teorica e la definizione dei concetti pertinenti, riservandosi il compito di verificare quindi la teoria mediante la ricerca. Appare ora sempre più evidente che la chiarezza concettuale si raggiunge invece attraverso la ricerca e che pertanto le due fasi devono procedere insieme.

Le condizioni ottimali per il progresso della ricerca applicata al lavoro sociale suggeriscono quindi tre requisiti. Il primo, che non sarebbe necessario ricordare in altri campi, è una padronanza vera e profonda delle conoscenze di lavoro sociale pertinenti al problema. Il secondo è la padronanza di conoscenze pertinenti tratte da altre discipline o professioni ; il terzo è la competenza metodologica nei riguardi dell’indagine in cui ci si deve impegnare.

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interdisciplinare può non essere necessario anche quando il problema tocca diverse discipline: il problema può essere trattato da ricercatori appartenenti ad una determinata disciplina che siano in grado di utiliz­ zare cognizioni di settori diversi dal loro » (9).

Esaminiamo infine la questione della ricerca interdisciplinare, qui intesa come ricerca impostata dai rappresentanti di più di una disciplina. La ricerca formulata e impostata da uno psichiatra non si qualifica come ricerca interdisciplinare solo perché si adoperano operatori sociali per condurre le interviste: così pure non sarebbe tale la ricerca formulata e impostata da operatori sociali, solo perché alcune reattivi psicologici

vengono1 applicati da uno psicologo.

Molti dei problemi incontrati nel lavoro sociale operativo, e quindi oggetto di ricerca applicata al lavoro sociale, possono essere m effetti meglio affrontati mediante una ricerca interdisciplinare. Tuttavia uno sviluppo di fondo della ricerca « disciplinare » può costituire una auspi­ cabile precedente alla ricerca interdisciplinare. E’ da tener presente in ogni caso che molti sono i pericoli e le difficolta poste dalla ricerca interdisciplinare; e uno dei primi requisiti per un lavoro efficace e a compatibilità ideologica tra i collaboratori. Si tratta di un punto che ha rappresentato un serio ostacolo alla collaborazione con molti studios

di scienze sociali, specialmente con quelli 1 cui presupposti fondamenta

sul comportamento umano sono in contraddizione con i presupposti che stanno alla base della teoria del lavoro sociale. Di mano iri mano che questi studiosi accetteranno presupposti maggiormente compatibili, ostacoli del genere saranno superati e le scuole di lavoro sociale potranno costituire un punto di incontro per ricerche interdisciplinari.

E’ da sperare infine che i ricercatori del lavoro sociale abbiano rappo sempre più stretti con i ricercatori delle scienze sociali e d; a re p"°f ^ sioni. Stabilire quali discipline abbiano valore ai fini di una deter­ minata indagine dipende naturalmente dalla particolare area del lavoro "odale e dal particolare problema in esame; il ricercatore deve comunque

conoscere sufficientemente i risultati e 1 metodi di ricerca pertmen

sia alle altre discipline che al lavoro sociale. Solo in questo modo la ricerca applicata al lavoro sociale potrà evitare di muoversi contro cor­ rente Per utilizzare ricerche e teorie delle discipline affini può divenire necessario inoltre, mettere a punto delle ricerche volte a superare la « ba - riera della comunicazione» e ad analizzare le teorie delle scienze sociali in rapporto alla teoria del lavoro sociale operativo. D’altra ¡»rie,^ alcun1 problemi di ricerca potranno richiedere un approccio interdisciplinare.

Abbiamo tentato di fornire uno sguardo d’insieme sulla- ricercat nel lavoro sociale: il quadro è, in definitiva, incoraggiante, perche il futuro

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sembra riservarci risorse più ampie, personale meglio preparato, colla^ borazione più stretta e fruttuosa con altre discipline, maggior realismo nella ricerca. Un maggior realismo nella professione è importante. Ed è importante che la ricerca non sia né troppo modesta né troppo tardiva: in passato si sono fatte molte ricerche con pochissimi mezzi, e con mezzi troppo modesti è assai improbabile che si possa condurre una ricerca valida. Negli anni precedenti, inoltre, la ricerca rappresentava talvolta un’ultima risorsa o un tardo ripensamento, e nessuna di queste strade porta a buoni risultati. E’ inoltre essenziale che la funzione della ricerca sia giustamente intesa entro la professione: se il problema sta nella mancanza di conoscenze, la ricerca può essere lo strumento per fornirle; ma se il problema non sta nella mancanza di conoscenze, la ricerca non potrà nulla per risolverlo.

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