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Raccolta di dati originali

e formulazione del problema

VI. Raccolta di dati originali

In fatto di reperimento di dati, il pubblico cui qui ci rivolgiamo è piut­ tosto propenso, probabilmente, a considerare la raccolta di dati originali che non l’utilizzazione dei dati disponibili. Tra le tecniche impiegate in Italia, infatti, le indagini mediante interviste sono in genere le più comuni. La messa a punto di questionari per interviste è quasi diventata una specia­ lizzazione, ed è largamente noto che il linguaggio usato, l’ordine delle domande e l’atteggiamento dell’intervistatore influiscono sui risultati.

E ’ invece meno riconosciuto il fatto che per ottenere un optimum di dati si deve prestare molta attenzione all’organizzazione generale dello studio e alla preparazione dell’équipe. Gli assistenti sociali, specialmente i caseworkers, tendono a lavorare in modo piuttosto indipendente. Un caso rappresenta un’unità di per se stesso, e molto spesso un solo assistente sociale professionista può trattarlo dall’inizio alla fine senza ricorrere ad altri professionisti. Nei vari tipi di ricerca raramente ciò può avve­ nire. L’équipe interdisciplinare, il confronto di dati basati su differenti gruppi o su diversi periodi di tempo, richiedono una salda organizza­ zione e un buon coordinamento del progetto di ricerca, a causa del numero di persone che di necessità vi lavorano (41).

Le relazioni umane giocano qui un ruolo importante, perché gli intervi­ statori, se devono raccogliere dati precisi e significativi, occorre che-si sentano parte del progetto. Lo devono capire a fondo e devono identificarsi con le sue finalità; generalmente, poi, spetta a loro presentare lo studio alla comunità. Una cooperazione di questo tipo sarà possibile solo se non saranno considerati alla stregua di strumenti puramente meccanici.

E’ probabilmente superfluo mettere in guardia i ricercatori di lavoro sociale dalle insidie della struttura autoritaria in una équipe di ricerca, in quanto — per la loro preparazione specifica ■— dovrebbero conoscere

il significato di cooperazione, in contrapposizione ad una rigida linea gerar­ chica. Essi devono però aver chiaro che senza, un preciso coordinamento dell’équipe in tutte le fasi della raccolta dei dati sarà impossibile ottenere dati attendibili, significativi e confrontabili. Ciò significa in pratica che il direttore dello studio deve trovare il tempo e la pazienza per insegnare ad ogni membro dell’équipe la sua funzione particolare, e che ogni funzione particolare sarà portata a termine solo a condizione che da parte di tutti i componenti lo studio sia inteso ed accettato nel suo complesso.

D a: Henry S. Maas e Norman A . Polansky, Collecting Origi­ nal Data

Nell’affrontare questo argomento, dobbiamo preoccuparci principalmente di metodi di ricerca basati su osservazioni « non partecipanti » ed inter­ viste, considerando come variante di queste ultime l’uso di questionari e le tecniche speciali per l’ottenimento di risposte quantificabili.

Cominceremo con alcune considerazioni di carattere generale riguardanti l’utilità o meno di raccogliere dati originali. Considereremo poi Tuso di osservazioni « non partecipanti » negli studi basati sul lavoro di gruppo, e infine le indagini svolte con il sistema dell’intervista e con tecniche affini.

Introduzione

Quando è opportuno raccogliere dati originali. — Nella maggior parte

delle scienze del comportamento si parte generalmente dal presupposto che ogni ricerca debba essere basata sulla raccolta di dati originali. Una verità che potrà sorprendere più d’uno è che nelle ricerche in campo di lavoro sociale non è sempre questa la strada migliore da intrapren­ dere. Come abbiamo già visto, nella documentazione disponibile sono spesso reperibili dati di una certa importanza, dati che non aspettano altro che di essere ordinati ed analizzati per fornire una risposta al problema che ci siamo posti. Possiamo dire in effetti che per un lungo periodo gran parte delle cosiddette ricerche di lavoro sociale sono state svolte con dati raccolti nella pratica professionale, nell’addestramento o nella normale gestione degli enti. Si avverte tuttavia oggi nel nostro campo una crescente tendenza a realizzare indagini per la raccolta di dati da utilizzare principalmente, se non esclusivamente, a scopi di ricerca. Uno dei fini della presente pubblicazione è di fornire un contributo tecnico e metodologico in questo senso.

Vari sono i motivi per cui i moderni ricercatori in campo di lavoro sociale preferiscono la raccolta di dati originali. In primo luogo, negh ultimi dieci anni le scienze del comportamento hanno assistito a notevoli miglioramenti nelle tecniche di raccolta dei dati, e molte di queste tecniche si prestano alla soluzione dei problemi che noi ci poniamo In secondo luogo, i funzionari degli enti sembrano oggi piu disposti a richiedere studi sistematici dei fenomeni che hanno osservato in pratica, ed invece meno inclini ad invocare questioni di etica professionale per giustificare 1

sione di interventi che abbiano fini di ricerca. Oggi vengono realizzati numerosi studi di valutazione e misurazioni sistematiche dei cambiamenti prodottisi nella situazione dei clienti. I casi di disturbi arrecati ai clienti o agli enti stessi sono stati ridotti al minimo, specialmente quando le indagini sono state condotte ponendo una particolare cura nell’evitare conseguenze di questo genere.

La scelta tra la raccolta di dati ex novo o l’utilizzazione di materiale

già disponibile costituisce un problema abbastanza complesso1. Non esiste

una soluzione valida per tutti i casi, anche se chi scrive è dell’opinione che la tendenza attuale è verso un uso sempre più esteso di dati originali. Nel formulare la nostra scelta, dobbiamo prendere in considerazione diversi fattori. Si tratta tuttavia di una scelta che il ricercatore sociale — qua­ lunque sia la sua preparazione scientifica o la sua forma mentis — dovrà risolvere subito, prima di iniziare il suo lavoro di studio.

Grado di conoscenza del settore in esame. — Quando si sa poco del settore

da studiare è generalmente inopportuno procedere alla elaborazione di un metodo costoso e laborioso di raccolta dei dati. L’esperienza ci insegna che anche quando ci sentiamo abbastanza padroni della teoria e siamo in grado di specificare i concetti ai quali dobbiamo dare delle definizioni operative, la formulazione di queste definizioni costituisce un processo dif­ ficile e di natura inevitabilmente intuitiva. E’ piuttosto rischioso cercare di formulare definizioni operative in termini che dovranno risultare validi per un settore che ancora non conosciamo bene.

Anche quando si ritenga che il grado di conoscenza nel campo sia assai approfondito, dobbiamo valutare la utilizzabilità e la comunicabilità di questo « approfondimento ». Delle esperienze fatte dagli operatori sociali sul campo solo una piccola parte può essere da noi acquisita attraverso la lettura dei loro rapporti scritti. Nel campo delle scienze del comporta­ mento si va sempre più diffondendo l'usanza di ripetere le esperienze già compiute da precedenti indagatori quando si debba affrontare un campo di ricerca relativamente nuovo, al fine di acquisire una maggiore comprensione delle tecniche sperimentali prima di procedere alla costruzione di ulteriori impostazioni teoriche. Per molti problemi di lavoro sociale, infine, non c’è nulla che possa sostituire il contatto diretto con il materiale da studiare. E questo è specialmente vero quando si debba affrontare il problema di arrivare a definizioni operative valide.

Precisazione del problema nei confronti della natura dei dati dispo­ nibili. — Il grado di conoscenza acquisito sul campo ha una notevole

influenza sulla precisione con cui potremo enunciare il problema oggetto della nostra ricerca. In genere, quanto più approfondita sarà la conoscenza

del settore e quanto più valida risulterà l’impostazione teorica già costruita in attinenza al settore stesso, tanto più facile sarà delimitare e definire con chiarezza il nostro studio. E’ molto probabile che in queste condizioni la risposta ad una domanda di carattere specifico richieda la raccolta di nuovi dati.

Le registrazioni di casework e di groupwork vengono di solito redatte a fini amministrativi e di terapia, e raramente contengono informazioni tali da permettere qualcosa di più che un’indagine di carattere piuttosto gene­ rico su questioni non specifiche. Per esempio, nel campo del casework possiamo studiare i cambiamenti prodottisi nel cliente, oppure possiamo affrontare la questione di chi ha maggiori probabilità di dover continuare il

trattamento. Possiamo anche riuscire — almeno grosso modo ad effet­

tuare un confronto fra i cosiddetti trattamenti' di « sostegno » e quelli di « chiarificazione ». Ma quando si cerca di identificare la natura precisa e gli effetti immediati sul cliente di ciascuna azione svolta da un caseworker la maggior parte dei documenti disponibili non ci fornisce dati di rilievo. Gli assistenti sociali di solito non redigono un resoconto partico­ lareggiato di tutte le azioni da loro compiute durante l’intervista, anche se sono perfettamente consci di tali azioni. E ancora più raramente spie­ gano in dettaglio l’ipotesi da cui sono partiti nel compiere una deter­ minata azione durante l’intervista. Si tratta di ipotesi implicite di cui talvolta viene fornita una informazione molto sommaria. Non è che nella registrazione non vengano mai riferiti episodi di questo genere. Ma a noi interessa il problema della coerenza nella redazione di questi rapporti, e quando ci troviamo di fronte al fatto che soltanto alcune cose vengono riferite, sorge inevitabilmente il dubbio che queste non costituiscano un campione rappresentativo di tutto quanto è successo. Ecco perché la validità dei dati reperibili nella documentazione preesistente spesso crolla di fronte all’incalzare di domande sempre più specifiche. La stessa cosa succede quando i dati sono stati raccolti per uno studio impostato m termini piuttosto generici, ma in cui nel corso dell’analisi si cerca di affrontare questioni piu specifiche.

D’altra parte, la formulazione di una domanda precisa porta all’imposta­ zione di nuove misurazioni — spesso non ottenibili per altre vie - servono a chiarire compiutamente l’argomento, Possiamo, per esempio citare il caso di un programma edilizio realizzato e gestito in base al

principio che mescolando persone appartenenti a gruppi di età diversi si

sarebbe ottenuto un ambiente più stimolante ed interessante per 1 vecchi.

Subito si poneva la domanda circa il grado effettivo di integrazione che ha luogo spontaneamente tra tali gruppi. Vi sono vari sistemi per tentare di for­ mulare una risposta, ma una informazione decisiva si può ottenere sem­ plicemente ponendo una domanda di carattere sociometnco quale « con

quali persone avete contatti in questo quartiere? » a campioni estratti dai vari gruppi di età. Nel caso in questione, il risultato fu che non si creavano amicizie tra i diversi gruppi di età. I dati ottenuti davano una risposta chiara ed inequivocabile e non crediamo che un’informazione così precisa sarebbe stata ottenibile da una documentazione preesistente.

Naturalmente, quando' si ha una domanda, precisa, a, cui è necessario trovare una risposta, spesso avviene che il ricercatore si rende conto di non avere strumenti validi di misurazione. Anche se ciò può costituire motivo di disappunto, non si tratta di un caso infrequente in campo scien­ tifico, e per lo meno il ricercatore potrà formarsi una coscienza precisa della situazione in cui si trova.

Pericolo di influire sul settore in esame. — La misurazione di qualsiasi

fenomeno di solito impone una presa di contatto con esso, e questa presa di contatto molto probabilmente porta ad influenzare il fenomeno stesso. In altri termini, 1 atto stesso del misurare può modificare sensibilmente ciò che si vuol misurare. Un esempio può essere rappresentato dai questio­ nari usati per indagini intese a raccogliere informazioni sul modo in cui i dipendenti di un ente assistenziale trascorrono il loro tempo. Nel questio­ nario stesso, infatti, troveremo anche la notazione del tempo necessario per riempirlo

Sono queste le considerazioni che possono far preferire l’uso della docu­ mentazione preesistente alla raccolta di nuovi dati. Per esempio, sei si desi­

dera studiare 1 effetto che le mutate condizioni di lavoro1 hanno sulla motiva­

zione a produrre, e se la cooperazione necessaria da parte dei soggetti dell indagine' richiede una loro conoscenza dei fini della ricerca,, il ricercatore si trova spesso a rilevare un rendimento migliore, non a causa dei parti­ colari stimoli introdotti nella situazione di lavoro; ma della generale ten­ denza a collaborare nella realizzazione dell’esperimento. Nelle scienze sociali questo è conosciuto come « effetto Hawthorne ». La stessa cosa si verifica quando si conducono studi sul casework. Quando gli operatori sociali sanno che le loro tecniche sono oggetto di studio, sarà diffìcile trovare casi di tecniche ovviamente scadenti : si limiteranno quindi sensibilmente la gamma delle variabili di cui il ricercatore potrà servirsi e la probabilità di chiarire i rapporti fra i vari fattori.

Per gli studi che presentano un alto grado di suscettibilità a questo tipo di deformazioni è consigliabile far ricorso, ove possibile, alle regi­ strazioni preesistenti. L unica alternativa — usata con successo in qualche caso — è di lasciare i soggetti all’oscuro dei fini della ricerca. Possiamo citare a questo proposito uno studio sugli effetti che la struttura del potere aveva su gruppi di ragazzi in campeggio. I soggetti sapevano di essere sotto osservazione, ma era stato loro detto che lo scopo deH’indagine

era di studiare quello che avveniva ai fanciulli nei campeggi nella prospettiva di migliorare l’organizzazione dei campeggi stessi. Lo scopo specifico del­ l’indagine, non essendo conosciuto ai ragazzi, non potè apparentemente influenzare il loro comportamento in quella particolare sfera di interessi : si ebbe tuttavia motivo di rilevare che il loro comportamento subì delle influenze sotto altri aspetti.

Importanza delle situazioni di laboratorio. — La scelta fra la docu­

mentazione preesistente e la raccolta di nuovi dati è sempre legata alla natura dei nuovi dati che si può tentare di raccogliere. Per motivi etici e per assicurare un migliore controllo nella raccolta dei dati, nelle scienze del comportamento si ricorre di solito alla pratica della sperimen­ tazione in situazioni di «laboratorio». Il ricercatore dichiara apertamente che si tratta di un esperimento che non impegna la vita reale dei soggetti.

A nostro avviso è in aumento il numero di problemi che possono essere opportunamente studiati senza ricorrere a « situazioni reali », almeno nella fase iniziale della ricerca. Spesso i problemi di « controllo » vengono notevolmente semplificati dall’uso di situazioni di laboratorio. Inoltre le operazioni di misurazione possono essere perfettamente tenute sotto controllo dal ricercatore.

Questioni etiche ed altre considerazioni di carattere professionale.

In questa nostra analisi dei metodi di ricerca degli operatori sociali il lettore avrà notato frequenti riferimenti agli effetti deleteri che gli interventi di studio possono avere su gruppi di clienti. Ogni misurazione diretta ovviamente comporta il rischio di influenzare l’oggetto della misu­ razione. Prima di affrontare le specifiche tecniche da adottare, riteniamo opportuno fare alcune considerazioni generiche sull’argomento. Infatti, a nostro avviso, la raccolta di dati originali è stata ostacolata presso alcuni enti da una forma di angoscia nei riguardi di ogni tipo di raccolta di dati che non avesse nulla a che fare con problemi di trattamento. Se ci si imbatte in atteggiamenti del genere, diventa impossibile ricorrere ai metodi di

ricerca che descriveremo più avanti. _

Il motivo più fondato di esitazione di fronte alle misurazioni e rappre­ sentato dal timore che il cliente possa venirne in qualche modo danneggiato. Questo danno può verificarsi in due modi. Primo, c’e la possibilità che una determinata domanda possa porre il cliente di fronte a reazioni emo ìve inconscie, prima che sia stato realizzato un piano sistematico o si siano creati rapporti tali da aiutarlo ad affrontare queste reazioni. Secondo,

nel porre ad un cliente domande sul suo atteggiamento nei riguardi di

una persona che cerca di aiutarlo, si corre, il rischio di turbare i rapporti

tra cliente e caseworker. Nell’esprimere un transfert negativo, il cliente

può sentirsi legato ad un atteggiamento ostile verso il caseworker in una situazione senza rimedio, con la conseguenza di farlo rinunciare al tratta­ mento per un senso- di colpa o per una cristallizzazione- di questo atteg­ giamento di ostilità.

Non vogliamo negare che casi del genere possano verificarsi, ma l’espe­ rienza di lunghi anni di ricerca ci insegna che essi sono- molto rari. Perché sono rari? Prima di tutto perché la maggior parte dei clienti è ben difesa nei riguardi di stati di ansietà derivanti da interviste a scopo di ricerca nello stesso modo, o forse in misura maggiore, di quanto non lo sia nei confronti degli aspetti interpretativi della terapia. Anzi possiamo dire che l’integrità di queste difese spesso limita l’utilità delle tecniche di ricerca quando si vogliano scoprire atteggiamenti inconsci di carat­ tere piuttosto accentuato-. E raramente queste tecniche sono tali da « minacciare » il cliente. Per quanto- concerne l’interferenza con i rapporti fra cliente e caseworker, sarebbe ingenuo supporre che i sentimenti di insod­ disfazione occasionalmente espressi all’intervistatore siano le uniche forme di scontento nutrite dal cliente, il quale spesso si lamenta con i membri della sua famiglia e in questo caso i suoi sentimenti negativi ricevono un con­ senso che egli non trova presso un intervistatore esperto di casework o groupwork. Il numero di clienti che nel corso di indagini di valutazione è stato aiutato a richiedere ulteriore assistenza, supera di gran lunga il numero infinitesimale di coloro che sono- stati « danneggiati » da brevi inter­ viste ad uso di ricerca, interviste a cui il cliente può d’altra parte porre termine ogni qualvolta la desideri.

In base alla nostra esperienza, possiamo dire che il pericolo maggiore rappresentato dagli atteggiamenti negativi nei riguardi delle indagini è che l’operatore che collabora alla ricerca, imbattendosi in essi, venga spinto ad assumere nei confronti della misurazione una posizione violenta o addirittura irresponsabile. Trovandosi coinvolto in un conflitto, più che in un lavoro di soluzione di problemi, egli può trovarsi in una situazione tale per cui non è più in grado di riflettere chiaramente- su quello che potrebbe essere fatto per affrontare delle obiezioni in modo- ragionevole ed utile. A questo punto farà bene a tirarsi fuori dalla situazione, prendendo coscienza del fatto che, per motivi inconsci, egli potrebbe finire con il « danneggiare » il cliente.

Un altro tipo di resistenza alla raccolta di dati originali deriva dalla paura di creare problemi di « pubbliche- relazioni ». Poniamo- che si facciano obiezioni circa il fatto- che l’operatore sociale sta « usando i clienti come cavie ». E’ una critica non infrequente, ma dobbiamo forse lasciare che questo tipo di mentalità ritardi ogni progresso nel nostro campo professio­ nale? Sempre in base alla nostra esperienza, possiamo- dire che sia le autorità preposte al controllo degli enti, come anche i professionisti nel ramo, riten­ gono giustificato lo svolgimento di indagini di studio di tanto in tanto. E’

questa un’opinione condivisa anche dalla gran maggioranza dei clienti, i quali si sentono rassicurati dal fatto che l’ente si preoccupa della qualità del suo lavoro al punto di intraprendere una ricerca sull’argomento.

Vorremmo tuttavia esprimere un avvertimento molto importante: nella raccolta di dati bisogna usare soltanto personale qualificato. In molti tipi di indagine diretta, specialmente nel caso di bambini « disturbati », per esempio, si devono usare solo persone che abbiano già esperienza in questo campo. Un intervistatore esperto sarà in grado di avvertire la necessità di porre fine all’intervista non appena si accorgerà di aver provocato un’ansia eccessiva. La maggior parte dei problemi che sorgono in questo campo possono essere inoltre risolti in virtù di una intelligente collabora­ zione fra chi dirige lo studio e gli intervistatori che vi collaborano.

Osservazioni

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non partecipanti

In passato, la decisione di raccogliere nuovi dati mercè l’osservazione diretta delle interazioni fra clienti e assistenti sociali, al fine di risolvere problemi attinenti al groupwork e all’amministrazione di esso, veniva dettata piu da fattori contingenti che da scelte razionali. Si prestava scarsa attenzione