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CAPITOLO II - LA LENIENCY E LE AZIONI DI

5. La divulgazione delle prove

5.4 I principi fondamentali alla base delle regole sulla divulgazione

5.4.4 Il principio di trasparenza

In linea con il principio di trasparenza, volto essenzialmente a favorire la più ampia divulgazione del materiale probatorio, l’articolo 5, paragrafo 8 della Direttiva Danni «non impedisce agli Stati membri

di mantenere o introdurre norme che prevedano una divulgazione più ampia delle prove»: ciò avviene, per espressa previsione normativa,

ferme restando quelle situazioni nelle quali i giudici nazionali

70 Cfr. Tribunale di primo grado, 15 luglio 2015, Pilkington Group Ltd c.

Commissione europea, caso T-462/12, ECLI:EU:T:2015:508, par. 87. Si veda, in

proposito, il commento di J. MACLENNAN, Fundamental rights: Pilkington and the

right to confidentiality in published decisions, in Journal of European Competition Law & Practice, vol. 7, 2016, pagg. 194 e ss..

Tesi di dottorato di Nicola Infante, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli nell’anno accademico 2015-16. Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore.

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dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini delle azioni per il risarcimento del danno o nelle quali le prove siano incluse in un fascicolo dell’Autorità di concorrenza.

Ai sensi del paragrafo 7 dell’articolo 5 della Direttiva 104, inoltre, i destinatari dell’istanza di divulgazione hanno la possibilità di essere sentiti prima che il giudice nazionale disponga l’effettiva

disclosure dei documenti richiesti.

Come evidenziato al Considerando (20), la Direttiva Danni si propone di «lasciare impregiudicate» le norme e le pratiche previste dal Regolamento Trasparenza 1049/2001, di cui si è ampiamente dato conto nel Capitolo II (§ 2.3.1), quale strumento normativo invocato per ottenere l’accesso: continuano, dunque, ad essere pienamente operanti le eccezioni alla divulgazione prospettate nei paragrafi 1 e 2 dell’articolo 4 del Regolamento Trasparenza, laddove sussistano interessi pubblici o privati di particolare rilievo che giustifichino una limitazione della disclosure.

A eccezione delle dichiarazioni legate a un programma di clemenza e dalle proposte di transazione, in relazione alle quali – come si avrà modo di osservare più diffusamente nel prosieguo – deve intendersi precluso l’accesso da parte delle vittime di condotte anticoncorrenziali, il Considerando (27) della Direttiva Danni afferma che «Le norme della presente direttiva in materia di divulgazione (…)

garantiscono che i soggetti danneggiati mantengano mezzi alternativi sufficienti per avere accesso alle pertinenti prove necessarie ad esperire le loro azioni per il risarcimento del danno. I giudici nazionali dovrebbero avere la possibilità, su richiesta dell’attore, di accedere essi stessi a documenti per i quali è invocata la deroga al fine di verificare se il loro contenuto esuli dalle definizioni di dichiarazione legata a un programma di clemenza e di proposta di

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transazione previste dalla presente direttiva. Qualsiasi contenuto che vada oltre tali definizioni dovrebbe essere divulgabile alle condizioni stabilite».

Sul punto, se nella sentenza Pfleiderer71 la Corte di giustizia

aveva finito comunque per riconoscere ai giudici nazionali un certo margine di flessibilità nell’ordinare la disclosure delle dichiarazioni legate a un programma di clemenza, il legislatore europeo nella Direttiva 104 ha poi ritenuto di doversi indirizzare verso una soluzione del tutto opposta72, tutelando con preminenza le esigenze di public

enforcement insite nella protezione dell’attrattività dei leniency programmes73.

Tuttavia, sempre nel solco dell’osservanza del principio di proporzionalità, la Direttiva Danni contempla espressamente la possibilità che i giudici nazionali forniscano la loro “assistenza” alle parti attrici nei giudizi di risarcimento del danno antitrust, al fine di verificare se il contenuto esentato dalla disclosure ricada effettivamente nel perimetro della documentazione meritevole di

71 Caso C-360/09, Pfleiderer c. Bundeskartellamt [2011] ECR I-5161. 72

Valga qui accennare che la soluzione adottata nella Direttiva Danni ha sollevato non poche perplessità in merito all’effettiva capacità del meccanismo così strutturato per via legislativa di fornire adeguata assistenza alle attività delle vittime di un cartello, in modo particolare quelle concernenti l’accesso ai documenti incriminanti:

cfr. B. LUNDQVIST e H. ANDERSSON, Access to documents for cartel victims and cartel members: is the system coherent?, in M.BERGSTRÖM, M. IACOVIDES e M. STRAND, Harmonising EU Competition Litigation: the new Directive and beyond, Oxford, Hart Publishing, 2016, pagg. 165-186.

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Come noto, proprio in virtù del sostanziale “vuoto” normativo sul punto, la sentenza Pfleiderer aveva riconosciuto ai giudici nazionali il compito di esercitare, caso per caso, il balancing test tra l’esigenza di accordare o meno la disclosure, e dunque di prediligere le esigenze di public o di private enforcement. Da alcune parti era stata anche formulata la proposta di confermare l’approccio adottato in

Pfleiderer, lasciando dunque ai giudici nazionali l’ultima parola in merito alla

divulgazione delle prove: cfr. A. SCHWAB, Finding the right balance – the deliberations of the European Parliament on the Draft Legislation regarding Damages Claims, in Journal of European Competition Law & Practice, vol. 5,

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tutela, i.e. le dichiarazioni legate a un programma di clemenza e le proposte di transazione.

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 7 della Direttiva 104, su

«richiesta motivata» della parte attrice, il giudice nazionale può

accedere alle prove indicate ed esaminarle, al solo scopo di garantire che il loro contenuto rientri nell’ambito di una richiesta di clemenza o di una transazione.

Il successivo paragrafo 8 dello stesso articolo, ispirato dallo stesso principio, consente altresì l’eventualità della disclosure parziale: laddove l’esenzione dalla divulgazione «trovi applicazione

solo riguardo ad alcune parti delle prove richieste, le parti restanti sono divulgate, in funzione della categoria in cui rientrano».

Ai fini dell’esercizio del predetto scrutinio sulle prove, i giudici nazionali possono avvalersi del supporto dell’Autorità di concorrenza.

Più precisamente, il Considerando (30) e l’articolo 6, paragrafo 11 attribuiscono alle Autorità garanti della concorrenza la facoltà di

«presentare, agendo d’ufficio, le proprie osservazioni a un giudice nazionale ai fini della valutazione della proporzionalità della divulgazione delle prove incluse nel fascicolo delle autorità, alla luce dell’impatto che una tale divulgazione produrrebbe sull’efficacia dell’applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza»: ciò, per espressa indicazione del Considerando (30), al

fine di «preservare il contributo all’attuazione [degli articoli 101 e 102 TFUE] apportato dall’applicazione a livello pubblicistico»74.

Nell’ambito della valutazione ai fini dell’osservanza del principio di proporzionalità, l’articolo 6, paragrafo 7 della Direttiva

74

Il medesimo Considerando conclude poi affermando che «Gli Stati membri

dovrebbero poter istituire un sistema in base al quale un’autorità garante della concorrenza sia informata delle richieste di divulgazione delle informazioni qualora la persona che richiede la divulgazione o la persona alla quale è richiesta la divulgazione sia coinvolta nell’indagine di tale autorità relativa alla presunta violazione, fatte salve le norme nazionali sulle procedure senza contraddittorio».

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Danni prevede che il giudice nazionale possa chiedere l’assistenza soltanto della competente Autorità garante della concorrenza.

Lo stesso articolo estende la possibilità di essere sentiti anche agli autori dei documenti interessati.

In nessun caso, invece, il giudice può concedere alle altre parti o a terzi l’accesso alle predette prove.

In definitiva, dallo scenario appena prospettato può evincersi come i giudici nazionali all’interno dell’Unione europea dispongano del potere di accesso a una serie di documenti che sono – almeno inizialmente – preclusi agli attori in giudizio: ciò al fine di verificare se eventualmente essi non rientrino nell’insieme degli atti protetti dalla disclosure e, laddove questo fosse il caso, di consentirne la divulgazione.

A ogni modo, il coinvolgimento dell’Autorità di concorrenza sulla necessità o meno di disporre la divulgazione delle prove determina la ricerca di un equilibrio tra il principio di proporzionalità e di trasparenza, da un lato, e quello di efficacia, dall’altro: più nello specifico, secondo alcuni commentatori75 la possibile “tensione” derivante da questo scenario può aversi soprattutto laddove le Autorità di concorrenza – per le note esigenze di tutela del public enforcement – siano maggiormente propense a esprimere pareri contrari alla

disclosure, con il conseguente “sacrificio” delle istanze di private enforcement che potrebbe derivarne.