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3. Risultati e discussione

3.2. Preparazione e caratterizzazione di LSC a lastra polimerica

3.2.1. Processo di polimerizzazione

Le resine epossidiche sono in grado di reagire con vari agenti di reticolazione, o con se stessi (tramite l’ausilio di un catalizzatore), per formare materiali reticolati solidi caratterizzati da un’eccellente resistenza chimica e agli sforzi meccanici, ottima resistenza alla corrosione e all’umidità e con buone proprietà di adesione, termiche ed elettriche [159]. Il processo di reticolazione (detto di curing) si realizza previa aggiunta di un composto attivo alla resina epossidica, definito agente di reticolazione (o induritore). Tale processo può avvenire per omopolimerizzazione o per poliadizzione, ed in entrambi i casi ciò comporta un aumento del peso molecolare, senza la formazione di sottoprodotti. La differenza tra il processo di omopolimerizzazione e di poliaddizione risiede nella tipologia di reticoli formati: nell’omopolimerizzazione il network è costituito da monomeri epossidici reticolati tra loro, mentre nella poliaddizione il reticolo tridimensionale è un eteropolimero composto essenzialmente da molecole di resina epossidica e di agente induritore. Pertanto la natura e la concentrazione dell’agente di reticolazione rivestono un ruolo significativo sul curing e sulle proprietà finali del materiale. Gli agenti di reticolazione maggiormente impiegati per la polimerizzazione con LER sono: ammine primarie e secondarie, acidi carbossilici polifunzionali, nonché le loro anidridi.

In generale, la reazione di polimerizzazione è esotermica e poiché la cinetica di reazione aumenta all’aumentare della temperatura, il calore generato può creare problemi al

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prodotto finale in termini di formazione di bolle e possibile degradazione termica. Risulta perciò fondamentale il controllo della temperatura durante tutto il processo. Il meccanismo di omopolimerizzazione può essere di tipo cationico o anionico, anche se ad oggi non esiste una versione universalmente accettata [160]. Nel caso particolare della polimerizzazione anionica catalizzata da ammine terziarie, il meccanismo di reazione ipotizzato è il seguente [161-166] (Figura 3.28):

Figura 3.28: Possibile meccanismo di omopolimerizzazione di una resina epossidica liquida con un ammina terziaria.

La Figura 3.29, invece, mostra il meccanismo di poliaddizione che coinvolge un precursore epossidico con un composto amminico avente un idrogeno attivo:

Figura 3.29: Meccanismo di poliaddizione tra un sistema epossidico ed un agente di reticolazione a base di una ammina primaria.

La natura dei gruppi sostituenti della resina e dell’agente induritore svolge un ruolo fondamentale sulla velocità di reazione. Le ammine, includendo le alifatiche, cicloalifatiche e le aromatiche, reagiscono con l’anello epossidico tramite reazione di addizione senza alcuna formazione di co-prodotti [167]. La reazione iniziale dell’epossido con l’ammina primaria genera un’ammina secondaria e un alcol secondario situato sul carbonio β al carbonio contenente l’azoto amminico. L’ammina secondaria risultante, stericamente impedita rispetto all’ammina primaria originale, reagirà con un altro gruppo epossidico, ma più lentamente [165], per formare una ammina terziaria con due gruppi alcolici β-secondari.

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Le ammine alifatiche sono più nucleofile di quelle aromatiche, ragion per cui reagiscono più rapidamente con l’anello epossidico [168]. La velocità di reazione aumenta in relazione a quanto l’ammina sia una base di Lewis più forte. Esiste infatti una buona correlazione tra la costante basica dell’ammina e il logaritmo della costante cinetica di reazione [162]. In generale, le ammine alifatiche lineari permettono un

curing rapido a temperatura ambiente. Le ammine cicloalifatiche, essendo stericamente

più ingombrate delle precedenti, reagiscono più lentamente, perciò risulta necessario fornire calore per promuovere la reazione di reticolazione. Le ammine aromatiche reagiscono lentamente a temperatura ambiente, ragion per cui si opera ad elevate temperature. Le temperature di transizione vetrosa del materiale reticolato con ammine cicloalifatiche si avvicinano a quelle ottenute con ammine aromatiche (Tg>150°C),

tuttavia, la resistenza chimica risulta inferiore a quest’ultime. Inoltre, il materiale termoindurente ottenuto dal curing con ammine cicloalifatiche ha un tempo di vita più lungo di quello reticolato con ammine alifatiche, a causa della minore reattività.

Il sistema epossidico impiegato nel presente lavoro di tirocinio è costituito da un sistema bicomponente: resina epossidica liquida Epicloroidrina-Bisfenolo A (DGEBA) e 3,3’-dimetil-4,4’-diammino-dicicloesilmetano (H5) (Figura 3.30).

Figura 3.30: a) Struttura della resina epossidica liquida Epicloroidrina-Bisfenolo A (DGEBA); b) Struttura del 3,3’-dimetil-4,4’-diammino-dicicloesilmetano (H5).

Tali componenti vengono miscelati seguendo un rapporto in peso DGEBA:H5 di 100:32, come suggerito dalla scheda tecnica [170]. La reticolazione viene eseguita alla temperatura di 110 °C per circa 4 ore visto che, dopo vari esperimenti, queste condizioni permettono l’ottenimento di una lastra con ottima struttura meccanica, ottima trasparenza e assenza di imperfezioni strutturali, caratteristiche che rendono questa matrice ideale per applicazione in LSC [141].

a)

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3.2.2. Caratterizzazione spettroscopica

Gli LSC a lastra a matrice epossidica contenenti i fluorofori N,N’-bis(6-esanolo)- 3,4,9,10-perilene-tetracarbossidiimmide (PBI) e 2,10-diidrossidibenzo[a,j]perilene- 8,16-dione (DHPD) ed i dispositivi a lastra contenenti una miscela cromoforica a base di Hostasol Red GG (HR) e 2,5-bis(5-terz-butil-benzossazol-2-il) tiofene (BTBBT) sono stati caratterizzati tramite spettroscopia di assorbimento e di emissione, così da studiarne le proprietà ottiche ed il fenomeno del Fӧrster Resonance Energy Transfer (FRET).

3.2.2.1. Analisi spettroscopica di assorbimento UV-Visibile e di

fluorescenza delle lastre a base di PBI

Figura 3.31: Spettri di assorbimento degli LSC a matrice epossidica contenenti il fluoroforo PBI a diverse concentrazioni, espresse in ppm.

Dall’analisi degli spettri di assorbimento dei dispositivi a mattonella contenenti il fluoroforo PBI (Figura 3.31) si osserva il profilo di assorbimento tipico dei coloranti perilenici [88-90], con quattro picchi posizionati a 435, 463, 495 e 532 nm, in cui l’ultimo corrisponde al massimo di assorbimento della banda. L’intensità di assorbimento aumenta all’aumentare della concentrazione di colorante all’interno del polimero, senza alcuna formazione di aggregati cromoforici. Tale fluorofo disperso in matrice epossidica presenta un coefficiente di estinzione molare di 27500 M-1cm-1.

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Figura 3.32: Spettri di fluorescenza degli LSC a matrice epossidica contenenti il fluoroforo PBI a diverse concentrazioni, espresse in ppm (λecc = 483 nm).

Gli spettri di emissione in Figura 3.32 sono stati registrati eccitando i dispositivi alla lunghezza d’onda di 483 nm e con apertura della fenditura di entrata e di uscita della radiazione luminosa di 2 nm, al fine di aumentare la risoluzione spettrale, altrimenti molto scadente. Tali spettri mostrano una banda di emissione più intensa a circa 575 nm, la quale cresce all’aumentare della concentrazione di PBI all’interno del dispositivo, e una spalla a lunghezza d’onda minore (circa 550 nm). Si osserva comunque il progressivo cambiamento della curva all’aumentare della concentrazione, con la scomparsa della spalla a 550 nm. Tale andamento è probabilmente dovuto alla scarsa disperdibilità del colorante PBI e ai fenomeni di scattering della radiazione luminescente all’interno della matrice polimerica, oltre che ai fenomeni di auto- assorbimento.

3.2.2.2. Analisi spettroscopica di assorbimento UV-Visibile e di

fluorescenza delle lastre a base di DHPD

Figura 3.33: Spettri di assorbimento degli LSC a matrice epossidica contenenti il fluoroforo DHPD a diverse concentrazioni, espresse in ppm.

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Dagli spettri di assorbimento UV-Vis dei dispositivi LSC a base di DHPD, riportati in

Figura 3.33, si evince la presenza di una banda di assorbimento slargata con un

massimo alla lunghezza d’onda di 628 nm, accompagnata da una spalla a circa 580 nm. La banda di assorbimento principale è associata alla transizione energetica π-π* del nucleo perilenico del fluoroforo. Analogamente a quanto visto per le lastre a base di PBI, si può osservare il progressivo incremento dell’intensità di assorbimento al crescere della concentrazione di fluoroforo, senza la formazione di nuove bande di assorbimento. Il valore dell’assorbività molare del colorante DHPD disperso nel materiale epossidico è stato calcolato essere 18500 M-1cm-1.

Figura 3.34: Spettri di fluorescenza degli LSC a matrice epossidica contenenti il fluoroforo DHPD a diverse concentrazioni, espresse in ppm (λecc = 628 nm).

Dall’analisi degli spettri di emissione dei dispositivi a base di DHPD (Figura 3.34), registrati eccitando i campioni in corrispondenza del massimo di assorbimento (628 nm), si evincono chiaramente le scarse proprietà di fluorescenza. Di fatto, le curve risultano altamente rumorose con un massimo di fluorescenza intorno ai 675 nm, per il dispositivo alla concentrazione di 50 ppm, che si sposta progressivamente a lunghezze d’onda maggiori all’aumentare della concentrazione di colorante. Lo spostamento del massimo di fluorescenza ad energie minori, insieme alla diminuzione dell’intensità di fluorescenza per i dispositivi con una concentrazione superiore ai 50 ppm, è attribuibile ai processi di auto-assorbimento e al basso valore dello shift di Stokes compreso tra 45 e 50 nm, oltre che alla bassa disperdibilità nella matrice epossidica.

3.2.2.3. Analisi spettroscopica di assorbimento UV-Visibile e di

fluorescenza delle lastre contenenti la miscela cromoforica HR-BTBBT

Di seguito si indagano le proprietà ottiche dei dispositivi LSC contenenti una miscela a base dei coloranti BTBBT e HR. Questa tipologia di concentratori a lastra è stata

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realizzata impiegando una concentrazione fissa del fluoroforo BTBBT di 25 ppm e utilizzando una concentrazione di HR che varia da 25 a 150 ppm.

Di seguito si riportano gli spettri di assorbimento UV-Vis per questa tipologia di LSC (Figura 3.35):

Figura 3.35: Spettri di assorbimento degli LSC a matrice epossidica contenenti la miscela cromoforica BTBBT (25 ppm) e HR a diverse concentrazioni di HR, espresse in ppm.

Le curve di assorbimento mostrate sono molto simili a quelle studiate per i dispositivi a film sottile a base della medesima miscela di coloranti. In particolare, il massimo di assorbimento relativo al colorante HR ricade a circa 522 nm, quindi leggermente spostato a lunghezze d’onda maggiori rispetto a quello del film in PC. Mentre, il fluoroforo BTBBT presenza assorbanza massima a circa 350 nm, analogamente a quanto visto per gli LSC a film sottile. Quello che si evince dall’osservazione di questi spettri è il fatto che il colorante BTBBT non presenta una dispersione ottimale, all’interno dalla matrice epossidica, rispetto all’Hostasol Red, per il quale il massimo di assorbimento cresce in modo lineare all’aumentare della concentrazione. Inoltre, relativamente al colorante accettore, è stato stimato un

ε

in corrispondenza del massimo di assorbimento di 16800 M-1cm-1, maggiore rispetto a quello calcolato per il medesimo fluoroforo disperso nei dispositivi a film sottile.

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Figura 3.36: Spettri di fluorescenza degli LSC a matrice epossidica contenenti la miscela cromoforica BTBBT (25 ppm) e HR a diverse concentrazioni di HR, espresse in ppm (λecc = 350 nm).

Gli spettri di fluorescenza per questa tipologia di LSC (Figura 3.36) sono stati registrati eccitando in corrispondenza del massimo di assorbimento del fluoroforo BTBBT (350 nm), analogamente ai film a base della stessa miscela di coloranti. A differenza dei film in PC contenenti la medesima miscela cromoforica, si osserva chiaramente che la fluorescenza residua del BTBBT è più intensa. Da questo si può ipotizzare che l’efficienza del trasferimento di energia FRET sia minore rispetto a quello calcolato per gli LSC a film sottile. Ancora, il massimo di fluorescenza del colorante HR a circa 600 nm mostra red-shift all’aumentare della sua concentrazione. Analogamente ai film polimerici, tale spostamento è associato a fenomeni di auto-assorbimento, anche se risulta meno intenso rispetto a quello osservato per i dispositivi a film sottile.

Confrontando le intensità massime di fluorescenza delle lastre contenenti la miscela cromoforica BTBBT+HR, con le intensità di emissione delle lastre contenenti il solo fluoroforo HR, realizzate in un lavoro di tesi parallelo a questo, appare molto chiaro il notevole aumento della fluorescenza del colorante HR a causa dello scambio di energia non radiativo con il fluoroforo BTBBT (Figura 3.37). In particolare, l’intensità della radiazione emessa a 600 nm dalle lastre con la miscela cromoforica è maggiore di circa il 15-20% rispetto a quella emessa, sempre alla stessa lunghezza d’onda, dalle lastre a base di HR.

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Figura 3.37: Confronto intensità massime di fluorescenza a 600 nm delle lastre a base BTBBT (25ppm) + HR e delle lastre a base del solo fluoroforo HR, al variare della concentrazione di HR espressa in ppm. In conclusione l’analisi spettroscopia sui dispositivi a lastra preparati con coloranti di diverso tipo, ha fatto emergere che il fluoroforo PBI mostra intensità di fluorescenza molto basse a causa della sua scarsa disperdibilità. Relativamente al colorante DHPD, sebbene mostri fluorescenza nel rosso e presenti un ampio range di assorbimento, tale da permettere lo sfruttamento di una più ampia finestra spettrale di emissione della luce solare, è caratterizzato da bassissime intensità di fluorescenza. Ragion per cui entrambi i coloranti PBI e DHPD non risultano fluorofori idonei per gli LSC a matrice epossidica. È stato quindi deciso di non eseguirvi altre analisi e proseguire lo studio sui dispositivi a base di BTBBT e HR.

3.2.3. Calcolo dell’Efficienza del FRET degli LSC a lastra contenenti la