private banking: il processo commerciale
4.7 I prodotti strutturati e il processo commerciale nel private banking: un’analisi comparata dei divers
modelli – di Mauro Camelia
Nei paragrafi precedenti sono stati illustrati i processi commer- ciali adottati da quattro banche e da una società di consulenza indipendente nella distribuzione di prodotti strutturati alla clien- tela private.
Facendo salve le diverse denominazioni adottate con riferimento alle unità organizzative coinvolte, l’elemento che contraddistin- gue i processi commerciali degli intermediari operanti nel Private Banking è senz’altro il ruolo svolto dalla fabbrica prodotto.
Posto che in tutti e quattro i casi la scelta è quella di un’architettura
aperta, ciò non si traduce necessariamente in una “open architec- ture” propriamente detta.
Le quattro banche incentrano i propri processi commerciali su un modello integrato basato sull’analisi dei portafogli della clientela, sulle view di mercato e sulle strategie commerciali degli interme- diari medesimi. In altri termini per arrivare all’ideazione del pro- dotto, l’intermediario analizza, da un lato, lo scenario macroecono- mico e la possibile evoluzione delle principali variabili finanziarie e reali (tassi di interesse, tassi di cambio, mercati azionari, mercati delle materie prime, mercato immobiliare, ecc.) e, dall’altro, l’evolu- zione dei portafogli della clientela, in termini di asset class e profili di rischio; ciò al fine di assicurare che le possibili soluzioni di inve- stimento tengano conto del contesto economico-finanziario e al contempo contribuiscano a ottimizzare l’esposizione dei portafogli della clientela alle diverse asset class, in una prospettiva di medio e lungo (asset allocation strategica) e di più breve termine (asset allocation tattica).
Conclusa questa fase comune, il processo commerciale dei quattro intermediari presenta interessanti elementi di differenziazione: per l’ideazione del prodotto la Banca Popolare di Milano, pur posse- dendo una fabbrica prodotto all’interno del gruppo (Banca Akros), ha deciso strategicamente di rivolgersi all’esterno. Alle fabbriche prodotto esterne viene inviato un documento di sintesi da cui emergono le view di mercato e le esigenze da soddisfare. Nel caso della Banca Popolare di Milano si configura pertanto un’architettura aperta in senso stretto.
Negli altri tre casi le logiche proprie dell’architettura aperta pos- sono subire alcune sfumature, tant’è che, come nel caso di BNL-BNP Paribas e di Intesa Sanpaolo Private Banking, emergono elementi maggiormente riconducibili a una architettura quasi chiusa. In una posizione intermedia, sostanzialmente ricollegabile all’imposta- zione propria dell’architettura aperta, si colloca invece Deutsche Bank che nella fase di ideazione del prodotto, ad esempio, “si inter-
faccia con controparti interne ed esterne al gruppo fino a determi- narne il pricing, chiedendo una valutazione a un advisor indipen- dente per un più equo confronto”.
Sia in BNL-BNP Paribas che in Intesa Sanpaolo Private Banking la fase dedicata all’ideazione del prodotto si caratterizza per uno stretto coordinamento tra l’intermediario e la fabbrica prodotto di gruppo. In particolare, Intesa Sanpaolo Private Banking seleziona al proprio interno i possibili sottostanti e i relativi payoff, mentre la fabbrica pro- dotto del gruppo (Banca IMI) svolge un ruolo proattivo, apportando il proprio know how alla definizione delle soluzioni di investimento ottimali, in grado di generare valore per la clientela private.
La scelta di BNL-BNP Paribas e di Intesa Sanpaolo Private Banking di rivolgersi in via prevalente/esclusiva alle fabbriche prodotto interne trova spiegazione nel fatto che queste ultime forniscono una migliore qualità nella fase di origination dell’output, negli importi da collocare e nel supporto assicurato sul mercato secon- dario, sia in termini di pricing che di quantità negoziate, risultando queste ultime opportunamente proporzionate agli importi collocati sul mercato primario. Ciò significa che si tratta non di policy azien- dali quanto piuttosto di valutazioni effettuate ex ante, nella convin- zione che la condivisione di identici valori nella mission aziendale da parte delle unità organizzative interne della banca, cui spetta la selezione delle specifiche strutture finanziarie, della rete commer- ciale e della fabbrica prodotto, possa contribuire a minimizzare il cosiddetto rischio reputazionale.
Come è stato affermato con una efficace similitudine “come un grande chef, così un buon consulente supportato da una adeguata struttura deve poter scegliere i migliori componenti del mercato per creare un’esperienza unica per il proprio cliente”. Ma se una componente essenziale del processo commerciale è al proprio interno non si deve rifiutarla a priori per assecondare una logica asettica e poco razionale che prevede l’adozione stringente del modello dell’architettura aperta.
Nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa in materia, le altre fasi in cui si articola il processo commerciale (validazione, collo- camento, monitoraggio e mercato secondario) prevedono il coin- volgimento delle funzioni marketing, legale, compliance e risk management. Una volta predisposta e validata la documentazione legale e commerciale, nonché la documentazione tecnica a cura del risk management, spetta al marketing interfacciarsi con la rete commerciale.
Nel caso della società di consulenza indipendente, First Solution, l’attività di advisory comporta che il processo commerciale risulti meno complesso e quindi più snello, ma non per questo meno rigoroso nella sua impostazione. Come per gli altri intermediari, il processo commerciale nell’attività di brokeraggio è finalizzato alla ricerca di specifiche soluzioni di investimento per la propria clien- tela. In questo caso, non essendoci una rete commerciale propria- mente intesa, si tratta di soddisfare le richieste provenienti dagli investitori anche, e forse principalmente, in un’ottica di costruzione di soluzioni finanziarie “tailor made” per i singoli clienti.
Questa impostazione comporta che il processo commerciale nell’attività di brokeraggio, abbinata alla consulenza, differisca da quello degli altri intermediari soprattutto nella fase dedicata all’ideazione del prodotto. Nel caso dell’attività di brokeraggio, la società ricerca la migliore soluzione di investimento in termini di pricing e di servizi accessori offerti (ad esempio, supporto della liquidità da parte dell’emittente sul mercato secondario). Nella fase di validazione del prodotto vengono altresì esaminate le diverse proposte ricevute dalle fabbriche prodotto riguardo alla convenienza dei singoli strumenti finanziari rispetto ad altre tipo- logie di investimento e alla competitività tra i diversi emittenti; le soluzioni di investimento vengono analizzate effettuando anche analisi quantitative con propri modelli di analisi e di valutazione, al fine di verificarne l’efficienza complessiva in termini di combi- nazione rischio/rendimento.