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Target volatility model: prodotti strutturati con strategie dinamiche – di Alberto Mancuso

Nel documento I prodotti strutturati nel private banking (pagine 99-101)

private banking: l’innovazione di prodotto

5.3 Target volatility model: prodotti strutturati con strategie dinamiche – di Alberto Mancuso

Una recente innovazione in materia di prodotti strutturati è data dal meccanismo di controllo dinamico della volatilità. Il principio alla base di questi modelli è quello di regolare sistematicamente l’esposizione a un’asset class rischiosa, al fine di assicurare un 60% 100 84,8 80 91,2 95,2 100,8 100,8 100,8 100,8 100,8 100,8 106 80% 114 119 117 114 115 120 111 126 01 23 45 67 89 130% 120% 110% 100% 90% 80% 70%

prefissato livello di volatilità. Il prodotto strutturato così costruito si caratterizza per un livello di volatilità costante per tutta la sua vita; per ottenere questo risultato viene periodicamente rivista la quantità di capitale allocato nell’attività rischiosa. Per questo motivo, in ogni target volatility model è presente un basket che comprende due componenti:

• una componente rischiosa, rappresentata da azioni, indici azionari o altre asset class volatili;

• una componente non rischiosa, caratterizzata dall’assenza di vola- tilità (risk free asset). L’attività priva di rischio comprende solita- mente depositi non remunerati e depositi del mercato monetario, remunerati, per esempio, al tasso EONIA. Questi strumenti sono selezionati sulla base dei forward e del livello di Vega dell’opzione (che misura la sensibilità del prezzo dell’opzione rispetto al livello di volatilità) che ha come sottostante il target volatility basket. I pesi di queste due componenti sono stabiliti attraverso una regola deterministica studiata appositamente per ottenere un basket il cui livello di volatilità sia il più vicino possibile al target obiettivo. Occorre ricordare, infatti, che la volatilità ex post di questo strumento può differire leggermente dal target obiettivo per diversi motivi: il ribilanciamento avviene sempre su base storica e non è istantaneo, ma può verificarsi solo al superamento di soglie specifiche per ridurre i costi di transazione.

Il payoff a scadenza è dato dal rendimento ponderato tra le due attività a seconda dei livelli di volatilità realizzata nel corso della vita di prodotto; la frequenza di ribilanciamento è generalmente giornaliera ma prevede, al tempo stesso, delle bande di tolleranza. Tra due periodi di ribilanciamento la performance è calcolata come segue:

Dove TVBt è il valore del target volatility basket al tempo t; RCt il valore della componente rischiosa al tempo t; SCt il valore della componente risk free al tempo t e ωt-1 il peso della componente rischiosa al tempo t-1.

Un prodotto con queste caratteristiche è personalizzabile a seconda delle esigenze dell’investitore: si può per esempio realizzare un prodotto strutturato che offra la possibilità all’investitore di avere a scadenza il 100% della protezione del capitale inizialmente investito. Allo stesso modo si può definire ex ante un ben definito livello di volatilità che deve avere il prodotto strutturato: questo, a sua volta può essere “modulabile”, variandolo con il passare del tempo (per esempio 4% per il primo anno, 6% per il secondo ecc.).

L’obiettivo di mantenere un livello di volatilità costante è duplice: • in primo luogo occorre considerare che le correzioni più signi-

ficative del mercato sono precedute solitamente da un aumento della volatilità. Limitando tale esposizione, l’effetto dato dalla cor- relazione rispetto alle dinamiche di mercato risulta notevolmente attenuato;

• in secondo luogo l’evidenza empirica mostra che i rendimenti delle asset class tendono a essere relativamente più elevati nelle fasi di bassa volatilità. Storicamente, le fasi di rialzo dei mercati sono caratterizzate da prolungati periodi di volatilità sotto la media. In questo scenario gli investitori potrebbero massimizzare la loro esposizione alle attività maggiomente rischiose in quanto il profilo di rischio/rendimento è il più favorevole.

Tali motivi, unitamente al vantaggio di conoscere ex ante la volatilità del prodotto in cui si sta investendo, hanno contribuito allo sviluppo e alla crescente popolarità di questi nuovi prodotti.

Per analizzarne meglio il funzionamento, si consideri il seguente esempio (illustrato nella figura 5.4). Il prodotto preso in considerazione è un fondo strutturato con meccanismo target volatility sull’indice Dj Euro Stoxx 50 e il livello di volatilità prefissato per l’intera vita del prodotto è pari al 10%.

                1 1 1 1 1 1 t t t t t t t t TVB RCRC SCSC TVB

Alla data iniziale, la componente rischiosa, rappresentata dall’indice azionario dell’area euro, presenta un livello di volatilità del 20%: il suo peso nella struttura sarà, quindi, pari al 50%. La componente priva di rischio è rappresentata, invece, da depositi a breve termine remunerati al tasso EONIA.

Figura 5.4 – Fondo strutturato con meccanismo target volatility sull’indice Dj Euro Stoxx 50

Come si evince dalla figura i pesi assegnati alle due asset class variano a seconda del livello di volatilità dell’indice azionario. Qualora il valore della volatilità diminuisca è necessario incrementare l’esposizione verso l’asset class rischiosa: in t+1 la volatilità dell’indice si riduce al 15%, di conseguenza il suo peso aumenta proporzionalmente.

Un’ulteriore evoluzione di tale modello è rappresentata da un pro- dotto strutturato che include il medesimo meccanismo – target vola- tility – ma, questa volta, su un sottostante rappresentato da un pro- dotto del risparmio gestito (fondo, SICAV). Generalmente le opzioni, relative al target volatility basket, hanno dei sottostanti statici, fissati per l’intera vita delle stesse opzioni. Ma se la tipologia del sottostante

cambia, il nuovo sottostante ha una volatilità implicita e forward dif- ferenti dal precedente e ciò richiede di effettuare dei ribilanciamenti. Queste difficoltà vengono risolte grazie all’utilizzo di un modello con meccanismo di target volatility. Il ribilanciamento continuo tra la com- ponente rischiosa e quella priva di rischio mantiene il livello di vola- tilità del basket costante mentre l’utilizzo di sottostanti total return (ovvero che prevedono il reinvestimento dei dividendi), combinati con la componente non rischiosa del portafoglio, elimina l’incertezza circa i forward. Questa struttura finanziaria permette di costruire pro- dotti strutturati su sottostanti gestiti, ampliando la gamma di possibili sottostanti oltre i più tradizionali indici e titoli azionari.

5.4 Gli ETF su indici di credito – di Mauro Giangrande

Nel documento I prodotti strutturati nel private banking (pagine 99-101)

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