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Così come in ambito sociopolitico, anche in ambito letterario, l’intervento pubblico delle donne saharawi, seppur con tempistiche diverse rispetto al maschile, si rivela degno di nota.

La partecipazione al movimento di liberazione e la rivoluzione giustificano e agevolano l’affermarsi della donna-artista, conciliando l’amore per l’arte scenica e la devozione alla causa, sebbene “no siempre se le permitía” (Hasnaui in Hasnaui, Abdelfatah, Moreno, López, 2010: 201-204). Precedentemente, infatti, l’accesso delle donne all’ambito artistico era limitato al contesto accademico278 o appannaggio delle “muchachas indecentes”.279 Intorno alla metà degli anni ’70, l’arte si impone come meccanismo di

espressione e rivendicazione perché la donna possa:

• identificar sus creaciones como arte; • consolidar los logros en la escena artística; • fortalecer la confianza en la capacidad artística;

278 È il caso delle studentesse Naha Aleyin, Salima Regragui e la già citata Fatma Ahmed Abelsalam

(Hasnaui in Medina (ed.) (2016: 41-43).

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• romper silencios y estereotipos mediante la generación de espacios de intercambio con artistas foráneas, para la creación de estímulos y, sobre todo, • visibilizar su aportación a la sociedad mediante el registro primero y la

difusión después (Hasnaui, 2016: 41).

In merito alla produzione in hassania e in arabo, da citare sono le poetesse Fanna Ali, Jadra mint Mabruk e Jadiyetu Aleyat, nel primo caso; Nana Rashid, nel secondo. Fanna Ali e Ljadra mint Mabruk sono entrambe considerate due delle “poetesse della rivoluzione” (Hasnaui, 2016 e Awah, 2009): “estas mujeres cantan a la lucha del ejército saharaui, a la libertad de su pueblo, al coraje de los soldados, a los muertos en la guerra, a las viudas y a los huérfanos, a la victoria de su justa causa” (Awah, ibid.: 22).

Fanna Ali non si considera “poetessa”, comincia a comporre spontaneamente animata dal fervore rivoluzionario, partecipando alle commemorazioni di eventi bellici:

[...] la revolución desata la poesía. Antes de la revolución, las mujeres difícilmente se dedicaban a la poesía, debido también a los límites impuestos por la moral religiosa. Sin embargo, con la revolución, las necesidades y prioridades cambian y la mujer considera fundamental ofrecer su aportación lírica también.280

Sulla stessa linea, Ljadra mint Mabruk, la “poetisa del fusil” (Gimeno, 2016) compone versi ispirati da e alla rivoluzione e alle prodezze dell’esercito saharawi durante la guerra (Awah, 2009: 21):

Inauguró esta gran ofensiva del Magreb árabe

un ejército que alumbra nuestro camino

convencido por una causa que ha prometido la victoria. Todos nuestros esfuerzos deben dirigirse

a la convicción contra un enemigo

cuando a ellos nos enfrentamos detrás de sus muros

y liberamos territorios del Sahara y le demostramos que

el Sahara no es Agadir ni Casablanca

es sólo el Sahara,

un pueblo que aspira a su libertad y tras ella lleva un siglo

(in Hasnaui, 2016: 44)

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Sfortunatamente, la quasi totalità della produzione di entrambe le poetesse è orale ed è andata perduta con il tempo.281 A tutt’oggi, i loro versi sono composti per essere recitati ─ non a livello nazionale, quale è il caso dei poeti saharawi, quanto di wilaya o daira ─ in occasione di eventi commemorativi. In merito ai contenuti, da quanto riferiscono, la propaganda rivoluzionaria, tema centrale delle prime poesie, ha pian piano lasciato spazio a temi sociali quali la preoccupazione per la gioventù dei campi di rifugiati e il ruolo preponderante della donna nel contesto dell’esilio algerino.282

Jadiyetu Aleyat e Nana Rashid rappresentano la seconda generazione di poetesse saharawi, eredi e innovatrici della tradizione.

La prima nasce nel 1973 nel Sahara Occidentale, vive l’occupazione marocchina e, dal 1989, con i suoi versi incita i Saharawi a resistere e combattere contro l’invasore. Nelle zone occupate, dalle quali riesce a fuggire nel 1999 dopo essere stata perseguitata e incarcerata, usa pertanto la poesia, diffusa in segreto, per spronare i Saharawi a uscire alla sera per distribuire bandiere e volantini di propaganda e a dipingere sui muri della città di Smara immagini contro l’occupazione:

tenía una relación especial con el pueblo a través de la poesía, mediante la cual pude observar cómo entre las filas de jóvenes iba creciendo el deseo de acercarse y hacer suya mi creación poética, a pesar de las circunstancias y la escasez de los medios en las zonas ocupadas.283

Si considera investita di un dono divino e riferisce di essere l’unica poetessa in hassania invitata dai “poeti nazionali” a intervenire in occasione delle commemorazioni pubbliche, un privilegio tenendo conto delle limitazioni a tutt’oggi imposte alle donne-artiste dalla legge consuetudinaria e dalla morale religiosa:

La poesía es un don pero hay que tener en cuenta que la mujer no tiene mucha libertad para expresarse en las artes. La sociedad está impregnada de la moral religiosa impuesta por el Corán. Yo escribo gazel pero no puedo recitarlos: no está bien visto que una mujer le cante a un hombre […] La mujer poetisa tiene libertad absoluta para escribir y recitar poesía dentro de los límites de la moral religiosa, para no herir sensibilidades. A los hombres se les reconoce como mérito el hecho de escribir sobre mujeres. Sin embargo, al revés no es así.284

281 Durante l’intervista a Fanna Ali (in Appendice), questa riferisce di non conservare nessun componimento

per iscritto. In quell’occasione, ritrova, casualmente, sotto uno dei tappeti della jaima un pezzo di carta con il frammento di un poema dal titolo “Gdeim Izik”, appena leggibile. Il lavoro di recupero della tradizione letteraria in hassania, svolto dall’équipe del prof. Gimeno in collaborazione con il Ministerio de Cultura Saharaui, si rivela pertanto essenziale in tal senso.

282 Ibid.

283 Dal testo ancora inedito Libro de la poetisa Jadiyetu Aleyat Sueilem, tradotto in spagnolo da Mohamed

Salem Abdelfatah (Ebnu).

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Autrice della raccolta di poesie ةرئاث نويع (tradotta in spagnolo come Ojos indómitos)285 edita nel 2015 ad Argaya (Algeria) dalla Nacional de Artes Gráficas, la sua è una poesia che a tutt’oggi manifesta una forte inclinazione politica:

[…]

¡Cuántos saharauis se tragó la cárcel! Marruecos es enemigo y agresor. En mi tierra entró como poseso, Deshonrando a todo mi pueblo. ¿Cuántos inocentes en la ignominia? (in Hasnaui, 2016: 46)

Significativo è anche il componimento, ancora inedito, in cui difende il ruolo preponderante della donna nel processo di liberazione e resistenza, in quanto madre e combattente, al di qua e al di là del muro:

La mujer juega un gran papel, muchas conquistas han aparecido, lo ha obtenido en el marco libertario ¡Bendita sea! El deber ha cumplido.

Centro de la sociedad, secreto del universo, en sus manos los asuntos ha gestionado. La escuela requiere de contenido que sólo las madres pueden tener,

la mano derecha del pueblo que da sostén, entregó, crio y enseñó a pesar de las dificultades y aquí está presente en los congresos.

Observad la represión en medio de las cárceles y lo que los invasores a algunas han hecho, allá están al oeste en las ciudades,

perseguidas día tras día y divididas.

Ellas han encendido bajo el maldito invasor un volcán y repiten en alto las consignas

desafiantes y solidarias, contra el invasor enarbolan las banderas de un país cuya capital es el Aaiún, proclamada en nombre de los sacrificios

para imponer la presencia del pueblo

y la existencia de un pueblo que clama por vivir […]286

Nana Rashid nasce nel 1976 nei campi di rifugiati, parla francese, si considera poetessa in quanto di famiglia di scrittori e investita anche lei di un dono divino ed è l’attuale direttrice della casa editrice Harmattan R.A.S.D. con sede, dal 2011, presso la wilaya di Bojador. Pubblica la prima raccolta di poesie in arabo, il cui titolo sarebbe traducibile in

285 La traduzione del titolo è di Abdelfatah, traduttore della versione spagnola (inedita) del volume. 286 Cfr. nota 233.

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spagnolo come La pluma prisionera,287, nel 2004. Compone in arabo in quanto “lingua comune” a più Paesi, per dare maggiore diffusione al proprio lavoro e, di conseguenza, alla causa saharawi:

[...] hay que asumir que antes de ser saharauis son árabe. El hasanía, que por el 80% es árabe, seguirá «atrapado» en el Sáhara, nunca llegará a imponerse como lengua oficial. Además, no existe una única variedad de hasanía, sino que va cambiando dependiendo del país en el que se hable. Yo utilizo el árabe para difundir mi causa y mi lucha. Busco un idioma común.288

Al contempo, considera il poeta in hassania più “un cantore” a differenza del poeta in arabo, “culto, que domina muchos géneros, en prosa y poesía”. Circa la condizione della donna-artista, poetessa nel contesto dei campi di rifugiati, riferisce:

[...] la vida en los campamentos es difícil per sé, por mucho que haya evolucionado. En ese sentido la condición de la mujer, como la de cualquier saharaui, se ve perjudicada. . Si eres una mujer culta, lo es más, pues no hay un “ambiente culturalmente activo”. Pero nadie puede negar que la mujer saharaui ha ido adquiriendo cada vez más derechos y siempre ha estado en la vanguardia.289

Si definisce poi come una combattente (munadila, in hassania) in ambito pubblico, artistico e privato. La sua lotta personale è orientata a non perdere la propria abilità poetica. A differenza di Jadiyetu Aleyat, afferma di sentirsi libera di recitare qualsiasi tipo di componimento poetico, anche di tema amoroso. Nei suoi versi, affronta prevalentemente la condizione della donna saharawi segnata dall’esilio.

Ed è proprio la donna saharawi che affermandosi in ambito letterario come soggetto poetico favorisce la ri-costruzione dell’identità di genere, presentandosi come autrice del proprio discorso in merito alle prerogative intime, intra-comunitarie del collettivo femminile e universali del popolo saharawi. Più che in una “estetica femminista” (Ecker, 1986) le tre poetesse intervistate ─ Fanna Ali, Jadiyetu Aleyat e Nana Rashid ─ si riconoscerebbero in una “scrittura femminile” (Showalter, 1982),290 ribadendo di

comporre e condividere il proprio lavoro con i “colleghi” uomini, in un processo costante di arricchimento e sostegno reciproco, nei limiti imposti,e naturalmente assimilati, dalla morale sociale e religiosa.291 In merito poi a nuove generazioni di poetesse in hassania,

287 Traduzione fornita da Chejdan Mahmud in occasione dell’intervista all’autrice. 288 Cfr.nota 166.

289 Ibid.

290 Una “scrittura femminile” culturalmente intesa sulla base di una teoria biologica, linguistica e

psicoanalitica ma pur sempre in relazione con il contesto in cui si sviluppa, considerando la dimensione sociale e culturale come determinanti del comportamento linguistico. Prospettiva condivisa da Smith (1988) e Dant secondo cui il soggetto femminile è concepito “with a specific location that determines her perspective” (1991: 180).

291 Condividiamo con Bovenschen la complessità implicita nel concetto di “estetica femminista”,

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Jadiyetu Aleyat riferisce rattristata circa l’inesistenza di un’ulteriore produzione nella contemporaneità dei campi di rifugiati e delle zone occupate.292

Ampliando la riflessione alla poesia contemporanea in spagnolo, la letteratura che si interessa, non in modo trasversale, alla produzione al femminile risulta essere piuttosto esigua (Pozo, 2009 e Rivera, 2014). Ne sono rappresentanti Fatma Galia, Zahra El Hasnaui, Salka Embarek e Sukina Aali-Taleb, appartenenti a generazioni ed esperienze diverse, tutte però residenti in Spagna e impegnate su più fronti nella diffusione della cultura e denuncia della situazione in cui versa il Sahara Occidentale.

Fatma Galia, a differenza delle altre poetesse, non fa parte del gruppo della Generación de la Amistad Saharaui, componendo, pubblicando e presenziando a eventi commemorativi senza alcuna affiliazione. Nata negli anni ’70 a El Ayoun, giornalista, scrittrice e poetessa, ancora bambina vive la guerra e l’esperienza dell’esilio. Autrice tra culture, “viajera digna y aventurera” (2010: 53) ricorda positivamente il soggiorno a Cuba:

[...] en Cuba mi estancia fue muy feliz. Allí aprendí que la esperanza no se pierde porque hay segundas oportunidades, crecí en un ambiente sano y solidario [...] allí maduré y pasé muchos años compartiendo poesía con los cubanos, fueron ellos los que me enseñaron, que nada es eterno y que de todo se sale con la fuerza de voluntad. La poesía cubana refleja la lucha y el sentir contra todas las injusticias y yo venía de un pueblo injustamente invadido por otro y Cuba nos abrió las puertas y nos dieron un futuro para que los saharauis podamos volver a nuestra tierra liberada.293

Si laurea in Giornalismo nei Paesi Baschi, dove risiede a tutt’oggi, a Bilbao, città che considera come seconda patria e a cui ha dedicato i seguenti versi:

Bilbao, mi segunda tierra,

la madre que en sus senos me acogió, tierra ajena que me abrió sus puertas a la esperanza.

Vivo a caballo entre dos sitios de paisajes diferentes, uno compensa al otro, por eso los quiero, por igual, uno me vio nacer,

y el otro me vio crecer, el Sahara, me dio la vida, Bilbao, la vida me da (ibid.: 19)

conciencia estética y […] unos modos de percepción sensorial” e non “una variante inusual de producción

artística o […] una teoría del arte laboriosamente construida” (1986: 57).

292 Cfr.nota 166. 293 Ibid.

153

Autrice della prima raccolta di poesie saharawi in spagnolo, Lágrimas de un pueblo herido (1998), ha pubblicato varie altre monografie: Pueblos de sabi@s, pueblos de pocas necesidades (2004), Nada es eterno. Antología 1989-2009 (2010) e La dignidad una corona de oro (2014).

Considera l’esilio come detonante della poesia: “es fuente de creación entre tanta injusticia y precariedad, la poesía brota por sí sola [...] Los poetas del exilio lloran lágrimas de tristezas, porque todo lo que captan está ligado a sus vivencias, el hambre, la pobreza, las guerras, términos de denuncia social y política”.294

L’impegno assunto con il popolo saharawi, soggetto della quasi totalità dei componimenti,295 è il potere dei suoi versi, arma di ressitenza pacifica. L’obiettivo che si propone è diffondere la causa del proprio popolo, definendo i propri componimenti come “poemas por la dignidad de un pueblo” (2014: 7):

[...] desgraciadamente los medios de comunicación de masas no le han dado mucha importancia: la causa saharaui hasta hace poco era una cuestión desconocida, incluso sigue siendo un tema tabú para el Estado español dado que no ha cumplido correctamente con los protocolos internacionales de descolonización del Sáhara.296

Emblematico in tal senso è il seguente frammento estratto del poema “Patria”:

Mi tierra amada, desde que lloraste me siento amargada. Mi patria Sagrada, `por ti lucho y doy la vida, aunque estoy atada

(1998: 12)

Sulla stessa linea, in “Lágrimas de un pueblo herido”, ricorda l’ingiustizia del massacro di Um Draiga del 1975, i bombardamenti di fósforo blanco, i fucili, le grida:

[...]

Lágrimas de un pueblo herido derramadas en tierras extrañas.

Almas inocentes sufridas por el destierro y la guerra del olvido.

Héroes, héroes invictos con sólo su voluntad y esperanza han sobrevivido.

Lágrimas, Lágrimas.

294 Cfr. nota 166.

295 Soggetto declinato in una varietà di approcci. A tal proposito, emblematici sono i capitoli che

compongono il volume La dignidad una corona de oro (2014): “Poemas por una vida digna”, “Poemas contra la violencia de género”, “Poemas por el empoderamiento y la emancipación de las mujeres”, “Poemas por la dignidad de un pueblo” y “Poemas por un futuro digno. Movimientos migratorios”. L’autrice nel difendere la causa del proprio popolo, per estensione, difende i diritti di ogni essere umano vittima dell’ingiustizia.

154 Lágrimas de un pueblo herido

(ibid.: 11)

Qui Galia empatizza con la sofferenza del suo popolo, presentandosi come una delle “almas inocentes sufridas por el destierro/y la guerra del olvido”, uno degli “héroes invictos [que] con sólo su voluntad /y esperanza han sobrevivido”.

Il sostegno all’operato del Fronte POLISARIO in quanto fedele rappresentante del popolo saharawi è oggetto poi de “Mi pueblo”, in cui il Fronte di Liberazione incarna le virtù del popolo saharawi:

Era un pueblo en el desierto, guerrillero e ideal.

Era un pueblo muy unido que junto ha de luchar, era un pueblo muy hermoso que siempre ama la libertad, era un pueblo muy digno, que sólo defiende la verdad, y ahora el Polisario es todo esto y mucho más

(2014: 111)

Altro elemento chiave nella sua opera è “la donna” sia intesa in generale sia, nello specifico, come donna saharawi. In “He visto mujeres” l’io poetico si dissolve in un noi che esprime un sentimento di comunione e solidarietà femminile:

[...]

He visto mujeres sonreir con el corazón desgarrado, ahogando sus penas bajo las piedras,

He visto mujeres de hierro, que ocultan sus

penas detrás de un velo. He visto mujeres desplazadas, con sus hijos a cuestas, sin saber adónde acudir.

He visto mujeres surgir de la nada, con tesón y perseverancia,

haciendo del desierto un bello huerto. […]

He visto mujeres agarradas a su fe, esperando la calma, la calma, la calma, la calma que no llega, terca y dormida, la esperan con calma y esperanza

155 (2010: 53)

Donne forti, “de hierro”, che si fanno carico delle proprie famiglie durante l’esodo del 1975, che riorganizzeranno l’infrastruttura della Repubblica Saharawi nei campi di Tindouf, rendendo il deserto “un bello huerto”. Donne che piangono in silenzio i propri martiri e lottano insieme ai propri uomini con i quali condividono le stesse aspirazioni. Zahra El Hasnaui nasce ad El Ayoun nel 1964 e vive appieno l’occupazione marocchina. A seguito dell’invasione del Sahara, infatti, si vede costretta con la sua famiglia a restare nelle zone occupate. Continuerà a studiare spagnolo a Tangeri per poi trasferirsi a Madrid e laurearsi in Filologia Inglese presso l’Universidad Complutense. Come molti dei membri della Generación de la Amistad Saharaui, farà ritorno al Sahara Occidentale per lavorare presso la Radio Nacional Saharaui come giornalista, per poi stabilirsi definitivamente in Spagna, nella provincia di Guadalajara.

Tra i membri fondatori della piattaforma di poeti contemporanei, è autrice della monografia El silencio de las nubes (2017) e collabora in varie antologie: Aaiún, gritando lo que se siente (2006), Um Draiga (2007), Las voces del viento (2014), Generación de la Amistad. Poésie sahraouie contemporaine (2016). Inoltre, il suo interventointervento, dedicato alla poesia saharawi al femminile, presentato nell’ottobre del 2012 presso l’Universidad Pablo de Olavide di Siviglia, è stato pubblicato nel volume coordinato Mujeres saharauis: tres tuizas para la memoria de la resistencia, nell’edizione curara da R. Medina nel 2016.

Poetessa “per circostanza” più che per vocazione, non ha niente di scritto fino a prima della rivoluzione. Comincia a comporre assiduamente solo dal 2005, entrata ormai a far parte della Generación de la Amistad Saharaui in occasione della pubblicazione del volume Aaiún: gritando lo que se siente (2006): la causa del popolo saharawi assurge a “musa constante”, “fuente de inspiración inagotable” (Hameida, 2014: 77).

Hasnaui rivendica l’eredità linguistica spagnola: ritiene una fortuna il poter leggere García Márquez, Hernández e Benedetti, in quanto membro della comunità saharawi, l’unica comunità araba ispanofona. Scrive in spagnolo perché non vuole rinunciare a parte della propria cultura e storia:

El castellano es una seña de identidad que los saharauis valoramos y hacemos lo posible por preservar. Todos conocemos la incidencia de la realidad en la literatura del desterrado. El exilio ha sido una fuente constante de inspiración para mí. Cuando llegas, no vienes sola. Te acompaña un bagaje, que el tiempo va cebando: la fe en el regreso, el futuro incierto, la huella del tiempo, la tierra y el compromiso adquirido; la guerra, las consecuencias de ésta a nivel individual y colectivo; la interminable espera, la necesidad de reconstruir los recuerdos borrosos; la de

156

compartir el imborrable; la nostalgia por lugares, parientes y amigos; la injusticia nueva, la longeva; la impotencia, la rabia que nos sustenta.297

Ritiene la propria poesia “viscerale”, frutto di una necessità puntuale: “los críticos futuros no verán mucha literatura en mi poesía; sale de mis entrañas llena de sentimiento porque todo lo que he sacado ha sido de estas situaciones tan duras que hemos vivido los saharauis. Quizás sea más prosa poética que poesía pura, pero yo diría casi que es muy honesta” (in Hameida, 2014:79). Come per gli autori e autrici fin qui trattati, la sua poesia di è caratterizzata da una molteplicità di soggetti che si con-fondono: l’io che si fa portavoce del verso è assimilabile in potenza all’io di ogni Saharawi. Emblematico in tal senso è il primo componimento, “Voces”, scritto nel 2005 in occasione dello scoppiare della intifada nelle zone occupate nonché del trentesimo anniversario dell’occupazione marocchina, di cui riproponiamo gli ultimi versi: