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1.4 Il nazionalismo saharawi e la proclamazione della Repubblica

1.4.1 Il ruolo della donna all’interno del movimento di liberazione

La strategia del movimento di liberazione del Fronte POLISARIO è caratterizzata da una doppia vertente: la rivoluzione del popolo saharawi si accompagna di una rivoluzione sociale. Oltre agli obiettivi politici generali, si perseguono, fra gli altri, obiettivi specifici vincolati alle necessità della donna saharawi: le rivendicazioni di genere costituiscono parte integrante della tradizione da perpetuare e una delle

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fondamenta del nuovo modello di società da costruire. In merito, Caratini sostiene che i Saharawi hanno messo in marcia un’organizzazione sociale, politica e militare basata in un nuovo contratto sociale il cui obiettivo è portare a termine parallelamente la lotta di liberazione nazionale e una rivoluzione nazionale interna. Il modello di società promosso è democratico e considera i cittadini liberi e uguali (2006: 4). Come asserito da Juliano “las reivindicaciones de género pueden entenderse como una parte de la identidad étnica que se defiende y una de las bases de la lucha por la independencia” (1998: 22). Ancora oggi, infatti, le donne saharawi sostengono nel quotidiano un dialogo che interessa contemporaneamente l’autoaffermazione come donne e la rivendicazione dell’indipendenza del Sahara,66 mediante il recupero della tradizione67 modernizzata

attraverso l’esercizio di una certa libertà (Gargallo, 2014: 158).

Già durante il periodo coloniale, con il sorgere dei primi movimenti nazionalisti (1968-1970), la preoccupazione per la condizione della donna saharawi è uno degli elementi definitori della futura nazione non solo in quanto elemento simbolico, come anche in merito alla partecipazione attiva nel processo di creazione della nazione (Bengochea, 2013: 122). Se la tradizione bidan, di fatto, conferisce una certa libertà alla donna sahariana,68 con la provincializzazione del territorio, la politica coloniale incide profondamente e negativamente sulle dinamiche di genere saharawi precoloniali, avvalendosi dell’intervento della Sección Femenina della Falange spagnola.69 Il

66 A tal proposito, Riferisce Raabba Mohamed Said, membro fondatore della Unión Nacional de Mujeres

Saharauis (UNMS): “La mujer saharaui es libre desde siempre. Con la revolución, adquiere más

importancia todavía, pues coinciden las dos luchas: la de liberación del país y la de liberación de la mujer […] La mujer tiene que ser luchadora y no sumisa” (intervista a Raabba Mohamed Said, 12/03/2016).

67 Circa le dinamiche di genere che interessano la zona sahariana, queste sono interessate dalla convivenza

delle tradizioni araba e berbera. I Saharawi, in quanto popolo nomade, rivendicano parte di entrambe le tradizioni, inserendo la donna all’interno di dinamiche sociali nel complesso favorevoli, se paragonate con il contesto islamico.

68 Le donne saharawi alludono costantemente alla tradizione per giustificare uno status che le differenzia

dal resto dei collettivi femminili del Maghreb. Come già accennato, Juliano (1998) sviluppa la propria analisi circa lo status della donna saharawi a partire dalla premessa di una tradizione positiva per le donne: l’intendere la dote come a favore della sposa, l’istituzione del divorzio — istituzione ampiamente accettata, che conferisce molta autonomia alla donna e rimarcata da una vera e propria festa del collettivo femminile ―, nonché la condanna sociale della violenza machista.

69 La Sección Femenina, costituita nel 1934, è l’organismo adoctrinador che contribuisce alla diffusione

del discorso ideologico franchista tra le donne spagnole, promuovendone la funzione riproduttiva ed (ri)educativa, rivolta alla diffusione dei valori imposti dal regime ─ servicio, obediencia e disciplina ─ e un ordine sociale gerarchizzato e autoritario. Dal 1958, nell’ambito della cosiddetta llamada de África, il regime franchista decide di ampliare il raggio d’azione della Sección Femenina alle colonie sahariana e guineana, al fine di esaltarne l’identità nazionale spagnola e di esercitare un controllo maggiore sul territorio. Mediante servizi e programmi appositi, le falangistas si adoperano per trasmettere alle mujeres

nativas la politica di genere del regime contribuendo alla “spagnolizzazione” del Sahara Occidentale e della

Guinea Equatoriale. La relazione tra la partecipazione delle donne ṣaḥrawī al movimento nazionalista e l’operato della Sección Femenina è approfondita da Bengochea (2012a e b, 2013 e 2016).

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rafforzamento di alcune strutture, tra cui la Yemaa, determina infatti l’imposizione della cultura patriarcale e degli stereotipi di genere connessi, a sostegno della connivenza degli esponenti uomini saharawi con il regime franchista. Le donne saharawi, vittime della politica coloniale spagnola, a seguito del processo di sedentarizzazione, si ritrovano ad essere prigioniere di un ruolo che disconoscono, quello della perfecta ama de casa. A tal proposito, Bengochea riporta: “en la sociedad saharaui, las mujeres contaban con cierta capacidad de decisión, tradicionalmente, cuando los hombres abandonaban el núcleo familiar en alguno de los trasiegos de una sociedad ganadera nómada, las mujeres se encargaban de las actividades de las que se tendrían que encargar, desde recibir a los invitados hasta comerciar” (2013: 122). Juliano, a sua volta, insiste su una certa “libertà ancestrale” rivendicata a tutt’oggi dalle donne saharawi come conquista etica tradizionale del popolo saharawi, andata perduta progressivamente sotto la dominazione spagnola. In tal senso, Juliano registra il reiterarsi di una frase ancora oggi comune tra le donne saharawi: “nuestras abuelas y nuestras madres nos decían, os estáis volviendo muy sumisasmuy sumisas” (1998: 54).

Il sistema di genere coloniale, inquadrato in un “imaginario de género marcadamente católico que hacía del espacio doméstico y el cuidado del hogar el único lugar posible para las mujeres, con excepción de los espacios educativos”70 (Medina, 2014: 24),

sviluppa quindi un discorso incentrato sulle carenze della donna saharawi da correggere sulla base del modello di cui la Sección Femenina si fa promotrice.

Di fatto, come indicato in precedenza, è proprio contro il potere coloniale e degli chiuij che si mobilitano studenti e donne saharawi inquadrati, dal 1973, nel movimento nazionalista del Fronte POLISARIO. Se lo stesso Fronte POLISARIO deve la sua organicità a un alto grado d’organizzazione locale clandestina, il collettivo femminile è tra gli assi portanti della capillarizzazione degli interventi del movimento di liberazione: “[las mujeres saharauis] fueron agentes políticos y sociales esenciales en la organización revolucionaria, participaron de las labores militares en el frente y de las tareas de concienciación y retaguardia en la resistencia armada” (Medina, 2016: 61).

Già attive all’interno del “movimento embrionale” di Bassiri, assumeranno un ruolo chiave in ambito organizzativo, in occasione delle manifestazioni di Zemla (1970) e della visita delle Nazioni Unite del 12 maggio del 1975.71 Parteciperanno altresì, seppur in

70 Per un approfondimento circa l’operato della Sección Femenina in ambito educativo, vedasi Capitolo II. 71 Riferisce Bengochea circa la partecipazione delle donne saharawi alla manifestazione: “el dia 12 de

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modo informale, al I Congresso del Fronte POLISARIO: per quanto escluse da discussioni di carattere strategico, a loro è affidata la preparazione delle prime tessere dei membri del movimento, l’elaborazione dello stesso timbro del Fronte nonché l’opera di proselitismo (Bengochea, 2013: 124). Nascono così le prime cellule “al femminile” del Fronte POLISARIO: con la scusa di confezionare maglioni o collaborare nei lavori domestici, organizzano riunioni per discutere delle difficoltà della vita quotidiana, dei salari insufficienti percepiti dai mariti, dell’alto costo della vita, delle precarie condizioni igieniche in cui vivono, per giungere poi a identificare la causa prima di quel malessere condiviso: il colonialismo spagnolo (Balaguer, 1976: 17). Si stabilisce così un parallelismo tra “colonialidad del poder” e “colonialidad del género”, sulla base della contrapposizione tra due discorsi inerenti al ruolo della donna saharawi: il discorso del PUNS e il discorso del Fronte POLISARIO. Il PUNS, in quanto espressione del potere coloniale, incide nel “valorar el papel de la mujer, tanto en el ambiente familiar como social, a fin de que pueda participar activamente en la vida política, cultural y económica del país”. Il discorso del Fronte POLISARIO, in quanto movimento sociale, allude invece alla tradizione come elemento di differenziazione in chiave progressista e alla “reivindicación de género como elemento nuclear de la identidad étnica y diferenciador del adversario” (Medina, 2014: 26-27). Il programma del POLISARIO mira pertanto a ristabilire i diritti politici e sociali della donna, articolando un discorso nazionalista che fa del voto femminile, la risignificazione della dote e dell’istruzione delle donne baluardo del nazionalismo saharawi. Nello specifico, con il Pacto de Unión Nacional (1975) “entre los avances más destacables se abolieron prácticas como la ablación y el cebado de las niñas, se instauró el consentimiento de ella para el matrimonio, se reconoció el derecho al voto y a la educación de las mujeres y se redujo la dote a un dinar simbólico” (Caratini, 2006: 7). In questo modo, sostiene Medina “la revolución saharaui se presentaba con una clara vocación igualitarista que cuestionaba no sólo las jerarquías tribales preintrusión” (2014: 27).

In questo modo, mediante la partecipazione della donna al movimento di liberazione, si politicizzano lo spazio pubblico e privato.72 Le donne saharawi, durante la rivoluzione,

sacar cientos de banderas saharauis a gritos de «Fuera España, ni anexión ni partición, viva el POLISARIO», en esta manifestacion la mayor parte de los participantes fueron mujeres” (2012a: 74).

72 All’interno dello spazio domestico, la Radio Nacional Saharaui, fondata il 28 dicembre 1975, occupa un

posto centrale nelle vite delle donne saharawi e delle loro famiglie, soprattutto a seguito dell’occupazione marocchina. Nei territori occupati, la radio è l’unico mezzo di accesso alle informazioni: “Para seguir las noticias, recuerdo que teníamos que entrar a una habitación muy al fondo de la casa. A escondidas

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lungi dall’essere confinate nello spazio domestico, partecipano a riunioni, manifestazioni, rivolte, fungono da messaggere del Fronte POLISARIO tra un insediamento e un altro:73 “los hombres […] nos quedábamos pequeños a su lado [de las mujeres]. Mientras algunos de nosotros deambulábamos en medio del horror, ellas cavaban tumbas, preparaban algo de comida, recogían enseres, atendían a los heridos. Tenían veinte manos cada una. En poco tiempo, convirtieron aquella realidad [los camapamentos] en esperanza” (Lehdad, 2012: 68). Le donne, in quanto parte attiva del movimento, acquisiscono una formazione a 360 gradi: “[se forman] como enfermeras, jefas de cocina, y globalmente en lo militar, incluido el desminado”.74 Nelle proprie case convincono e affiliano militanti, accolgono

combattenti, nascondono armi, confezionano bandiere75 e costituiscono gruppi volti a fomentare la consapevolezza politica (Medina, 2014: 28). A tal proposito, riporta Balaguer:

Pronto la organización se hizo de forma muy seria: había células, uniones según las distintas profesiones. Las mujeres se organizaron en uniones específicamente femeninas y pronto pasaron a tener funciones propias de ellas. Las manifestaciones pidiendo agua, escuelas, mayores salarios fueron organizadas por y con mujeres. Las pintadas nacionalistas en las paredes de El Aaiún, la distribución de propaganda clandestina fue hecha sobre todo por mujeres. Por dos razones principales: en principio parecía que las mujeres eran más respetadas, menos maltratadas, en razón de su sexo. En segundo lugar, la mayor parte de ellaseran amas de hogar, lo que significaba que no podían ser sancionadas con la pérdida de un empleo que significaría la miseria de la familia (1976: 18).

Al 1974 risale la fondazione della Asociación Nacional de Mujeres Saharauis (ANMS), oggi Unión Nacional de Mujeres Saharauis (UNMS). Nel 1974, nello specifico, si elegge la prima rappresentante donna all’interno del Buró Político del Fronte POLISARIO e si

escuchábamos la radio, bajo una manta y por las noches, y por la mañana difundíamos la información entre la gente” (in Mendía, Guzmán, 2016: 34).

73 Circa le prime postazioni del Fronte POLISARIO, embrione dei futuri campi di rifugiati, è interessante

la testimonianza di Raabba Mohamed Said, militante, veterana del movimento di liberazione, istruttrice militare (1973-1979) e fondatrice del centro “27 de febrero”. Da quanto riferito, i primi insediamenti del POLISARIO nel deserto algerino (Um Dreiga, Güelta, Glaibat Elfula, Amgala) sarebbero ben diversi dagli attuali campi di rifugiati, più simili, invece, a delle postazioni belliche. Raabba funge da messaggera tra una postazione e un’altra, percorrendo a piedi oltre 25 km al giorno e, al cospetto della famiglia, firma un “patto” con il Fronte, dichiarandosi pronta al suicidio in caso di cattura da parte delle truppe marocchine. Il ruolo assunto dalla donna all’interno del movimento di liberazione è tale che, a seguito dell’occupazione marocchina del territorio, le donne saharawi vittime di sparizioni forzate rappresenteranno il 25% del totale dei desaparecidos saharawi (Medina, 2014: 28).

74 Intervista a Raabba Mohamed Said, Smara, 12/03/2016. 75 Riporta Perregaux in una delle interviste raccolte:

Desde que se creó el Fronte Polisario, en 1973, nos adherimos todos. Las mujeres igual que los hombres. Discretamente ayudaba a los resistentes, a los combatientes del primer momento. Había que hacerles llegar mensajes, organizar reuniones. Me acuerdo de la preparación de la visita de la ONU en 1975. Queríamos una gran manifestación en Amgala. Durante varias largas noches, cosimos banderas. Siempre con el negro de la ocupación en lo alto. ¿Cuándo le daremos la vuelta para hacer flotar más cerca del cielo el verde de la libertad? (1993: 87).

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sancisce la presenza dell’associazione al Governo, in Parlamento e in ambito sanitario, educativo e giuridico.

Gli obiettivi perseguiti dall’organizzazione, sono definiti all’art. 7, Cap. I dello statuto dell’UNMS:

1. Desarrollar las capacidades de la mujer saharaui mediante los mecanismos necesarios que contribuyan al proceso de empoderamiento […]

2. Contribuir a mejorar la condición de la mujer saharaui dentro de los campamentos de refugiados […]

3. Dedicar especial importancia a la situación de las mujeres y velar por el desarrollo intelectual y cultural de las mismas […]

4. La UNMS desarrolla actividades de concienciación dentro del ámbito social saharaui […]

5. Se ocupa la UNMS de los asuntos de la mujer en los territorios ocupados por Marruecos […]

6. La UNMS tiene por objetivo dar a conocer la causa nacional en todos los foros tanto nacionales como internacionales […]

7. Fomentar la aspiración que incida de forma positiva entre las filas femeninas […]

8. Impulsar a las mujeres saharauis para desempeñar el papel que les corresponde dentro de la sociedad […]

9. Concienciar sobre la necesidad de reflexionar con mayor profundidad desde las filas femeninas (UNMS, 2011: 131-134).

Il I Congresso della UNMS si terrà nel 1985,76 anno in cui ufficialmente si costituisce come organizzazione di massa interna al Fronte POLISARIO,77 una volta stanziatasi la popolazione saharawi nei campi di rifugiati.

Nel movimento di liberazione saharawi si esplicita pertanto una vera e propria rivoluzione sociale, mediante una lotta solidale con le esigenze di entrambi i sessi e con un obiettivo comune: l’indipendenza. Come riportato in una delle interviste realizzate da Perregaux: “nuestra lucha y nuestra liberación, la llevamos a cabo en compañía de los hombres. Solidariamente. Nuestros maridos, nuestros hermanos, nuestros padres, sufren, como nosotras, la ocupación y la guerra. Por consiguiente, nuestra liberación se producirá en común. Ellos saben y nosotras sabemos que no alcanzaremos unos sin los otros. Nos hemos repartido los papeles. No al azar sino según nuestra tradición” 78 (1993: 116).

76 Congresso intitolato al “Mártir Jueta Hadda Laulad”, tenutosi dal 23 al 25 marzo 1985, al motto di:

“Toda la patria o el martirio” (UNMS, 2011: 91).

77 Gli anni compresi tra il 1973 e il 1985 corrispondono a due delle tre tappe della storia dell’organizzazione.

La prima, denominata Ala femenina (1973-1976), si definisce per l’opera di sensibilizzazione politica e diffusione dei principi promossi dal Fronte POLISARIO. La seconda è la tappa della Unión Femenina (1976-1985): i quadri della Ala Femenina costituiscono l’amministrazione centrale, facendosi carico dell’organizzazione dei campi di rifugiati, della distribuzione degli approvvigionamenti come anche dei compiti gestionali e amministrativi in ambito familiare e pubblico a livello locale, sopperendo così all’assenza degli uomini, impegnati al fronte di battaglia.

78 Medina (2014, 2015, 2016), inquadrando l’analisi del ruolo politico delle donne saharawi nell’ambito del

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1.5 Dall’inizio del conflitto armato all’attualità del processo inconcluso di