L’adenocarcinoma duttale (ADP) rappresenta l’istotipo principale tra i carcinomi del pancreas, la cui genetica è stata studiata approfonditamente. (51)
Dal punto di vista molecolare è un tumore complesso, il cui genoma presenta un gran numero di mutazioni puntiformi, di varianti strutturali cromosomiche e di alterazioni epigenetiche; dai principali studi genetici si è ottenuta l’identificazione di specifiche alterazioni in quattro geni principali: KRAS, TP53, CDKN2A/P16 e SMAD4. (52) (53) (54) (55) (56) (57) (58)
1. KRAS: è l’oncogene più frequentemente alterato nell’adenocarcinoma duttale pancreatico: in più del 90% dei casi presenta mutazioni attivanti la proteina nei codoni 12, 13, e 61. (59) (60) (61) (62) (63) (64) (65) (66) KRAS codifica per una proteina di trasduzione del
segnale intracellulare GTP-dipendente, attivata a partire dalla stimolazione di un recettore di membrana ad attività tirosin-chinasica, che stimola una moltitudine di segnali intracellulari tra cui la chinasi mitogeno-attivata RAF (MAPK), la fosfoinoside-3- chinasi (PI3K) e lo stimolatore di dissociazione della guanina Ral (RalGDS) (63) (64). Questi
effettori guidano i vari processi della degenerazione neoplastica, quali la proliferazione, l’antiapoptosi, il rimodellamento del microambiente tumorale, l’evasione dal sistema immunitario, la migrazione cellulare fino alla metastatizzazione. KRAS è quindi
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considerato un “gene driver” in quanto la sua sola mutazione può guidare la carcinogenesi. Inoltre, diversi tipi di mutazione di KRAS posso portare a differenti risultati a livello molecolare e biologico: per esempio rispetto alle classiche mutazioni del codone 12 (G12D o G12V), quelle del codone 61 possiedono una minore attività MAPK-correlata e sono associate ad una miglior prognosi. (56) (65)
Purtroppo, diversi tentativi di bloccare l’attivazione della proteina KRAS mutata sia in maniera diretta che indiretta, non sono andati a buon fine. (60) (65)
2. TP53: è un gene oncosoppressore, ribattezzato “guardiano del genoma”, che si ritrova mutato nel 50-80% degli adenocarcinomi duttali pancreatici. (67) (68) (69) La proteina
P53 svolge un ruolo centrale nella regolazione della crescita cellulare, del metabolismo cellulare del glucosio, della riparazione del DNA, nella senescenza e nell’apoptosi in risposta a varie forme di stress cellulare, compresi i danni al DNA e gli stati di ipossia e di deprivazione di nutrienti. Le più comuni alterazioni di TP53 sono sostituzioni di una singola base o inserzioni/delezioni che modificano la sequenza nucleotidica del gene e si associano spesso alla perdita dell’allele sano. Lo stato mutazionale di TP53 può essere indagato con l’immunoistochimica: l’iperespressione nucleare o la completa perdita di espressione della proteina sono strettamente associate alla presenza di un’alterazione genetica. (68)
3. CDKN2A/P16: è un gene oncosoppressore, localizzato sul cromosoma 9p21, la cui inattivazione si osserva fino al 95% dei carcinomi duttali pancreatici. L’inattivazione di CDKN2A/p16 avviene per tre meccanismi principali: delezione omozigote (40%), ipermetilazione del promotore accoppiato alla perdita del secondo allele (15%), mutazione intragenica accoppiata alla perdita del secondo allele (40%). (70) (71) (68) (72) (73) (74) Il prodotto proteico di CDKN2A/P16 è la proteina p16, che inibisce la fosforilazione
di RB mediata dalle proteine CDK4/6 bloccando in questo modo l’ingresso della cellula in fase S del ciclo cellulare (fase di sintesi del DNA) (72) (74) (73). La sua mutazione causa,
quindi, una crescita accelerata ed incontrollata delle cellule. All’analisi immunoistochimica, la perdita di espressione di p16 è associata alla delezione omozigote (osservabile mediante ibridazione in situ, FISH), mentre la positività nucleare
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è stata osservata in una frazione di ADP che presentano la metilazione del promotore o la mutazione somatica. (71) (75) (76)
4. SMAD 4: è un gene oncosoppressore la cui mutazione si riscontra in modo variabile nel 30-60% degli ADP, sotto forma di delezioni omozigotiche o di mutazioni intrageniche accoppiate alla perdita dell’altro allele (77) (78) (79) (80) (81) (82) (83) (84) (85). SMAD4 è localizzato
sul cromosoma 18q21 e codifica per una proteina mediatrice della via del TGF-beta, la cui attivazione è fondamentale per mantenere l’omeostasi dei tessuti e il controllo della proliferazione cellulare (comprese cellule endoteliali, epiteliali, stromali ed immunitarie), attraverso una risposta antiproliferativa e pro-apoptotica. La perdita della segnalazione del TGF-beta provoca quindi un effetto proliferativo, ma determina anche la transizione epitelio-mesenchimale, cosi come quella pro-angiogenetica ed immunosoppressiva sul microambiente tumorale. (80) (84) (78)
All’analisi immunoistochimica la perdita nucleare del segnale immunoistochimico di SMAD4 è strettamente correlata alla mutazione genetica, ma è stata dimostrata l’esistenza di mutazioni in una specifica regione di SMAD4 (regione cluster mutazionale) associate a forti colorazioni nucleari per la proteina. (81)
Sono stati condotti diversi studi di correlazione tra perdita di espressione di SMAD4 e prognosi dei pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico: un’analisi genetica ha chiarito come i pazienti affetti ADP e portatori di mutazione di SMAD 4 abbiano una prognosi sfavorevole ed un maggior rischio di metastatizzazione.
I quattro geni descritti sono i principali geni alterati nell’ADP e sono stati denominati “montagne genetiche”. Altre mutazioni genetiche osservate con minor frequenza sono dette “colline genetiche”. L’insieme di montagne e colline geniche vanno a costruire il “paesaggio genetico” del tumore (86).
Pathway Molecolari
Il primo studio di sequenziamento dell’esoma condotto da Jones e colleghi ha analizzato 20661 geni codificanti proteine in 24 ADP e ha trovato una media di 48 mutazioni
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somatiche non-sinonime per tumore (54), di cui il 90% rappresentato da sostituzioni di
base. Di queste le più frequenti coinvolgono i quattro geni principali (KRAS, P53, SMAD4, CDKN2A); il resto dei geni alterati è stato ritrovato sporadicamente, sinonimo di grande eterogeneità tumorale. I geni mutati sono stati poi raggruppati in percorsi, vie cellulari; oggi se ne riconoscono 12 per l’adenocarcinoma pancreatico:
1. La via dell’apoptosi, morte cellulare programmata
2. La via del controllo del danno del DNA, pathway che include P53
3. La via della regolazione della transizione di fase G1/S, fase cruciale nella preparazione alla sintesi del DNA, che vede coinvolto il gene CDKN2A
4. La via del “riccio”, o “hedgehog” che coinvolge GLI3
5. L’adesione cellulare omofilica che vede la classe dei geni CDH fra i principali effettori 6. La via di segnalazione delle integrine, molecole di interazione di membrana, fondamentali per l’acquisizione del carattere di invasività locale
7. La via di segnalazione della chinasi c-Jun-N-terminale, responsabile del trasferimento energetico di gruppi fosforilici e che coinvolge principalmente MAP4K3 e TNF
8. La via di segnalazione di KRAS, che coinvolge MAP2K4 e RASGRP3
9. La via di segnalazione dell’invasione che comprende il maggior numero di geni coinvolti in ADP, ben 46
10. La via di segnalazione dipendente da piccole GTPasi (KRAS esclusa) 11. La via di segnalazione del TGF-beta
12. La via di segnalazione Wnt/Notch, rappresentata dal gene MYC come principale effettore
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13. A queste pathway di recente è stata aggiunta una tredicesima, rappresentata dalla via dei regolatori embrionali di guida dell’assone (87).
Questo studio ha rafforzato l’idea di un genoma di ADP altamente eterogeneo, dove alle costanti alterazioni dei 4 geni principali e delle 13 pathway precedentemente citate si somma una notevole eterogeneità intertumorale ed intratumorale (all’interno del tumore si distinguono diverse componenti spaziali dal punto di vista istologico, genetico, immunofenotipico) che in futuro potrebbe consentire la creazione di terapie specifiche per il singolo paziente. (54) (86) (58) (88)
Yachida e colleghi, analizzando le mutazioni genetiche presenti nel tumore primario e nelle lesioni metastatiche di uno stesso paziente, hanno osservato che i 2/3 delle mutazioni sono presenti in tutti i campioni, mentre 1/3 delle mutazioni sono solo parzialmente condivise. Il clone con tutte le mutazioni presenti era il clone parenterale, il capostipite, mentre i cloni con mutazioni parzialmente condivise erano subcloni, evoluti a partire dal clone parenterale.
Inoltre, è stato dimostrato come tutte le mutazioni identificate nei cloni metastatici, fossero presenti anche nel tumore primario, suggerendo così che le alterazioni genetiche, necessarie alla genesi delle metastasi, si verificano prima del loro sviluppo. Usando un modello matematico, gli autori hanno stimato una media di 12 anni tra la nascita del clone parenterale ed il primo evento di carcinogenesi ed altri 7 per lo sviluppo di subcloni metastatici all’interno del tumore primario (89).
Un altro aspetto da considerare sono le mutazioni nelle regioni non codificanti del DNA, a livello delle sequenze di siti di legame di proteine coinvolte nella trascrizione di DNA e RNA, tali variazioni possono modificare l’espressione genica in modo significativo. I ricercatori del Cold Spring Harbor Laboratory hanno riscontrato la presenza di molte mutazioni somatiche in tali regioni regolatorie non codificanti, facenti parte di geni convergenti nelle stesse core pathway di ADP. Inoltre, sembrano coinvolti solo quei geni che non sono stati alterati da mutazioni nella regione codificante. In particolare,
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l’ipoespressione del gene PTPRN2, associato con mutazioni regolatorie repressive e frequentemente ipermetilato, è risultato essere un fattore indipendente di prognosi negativa. (90)
Nuove frontiere di classificazione e tassonomia molecolare
Il genoma dell’ADP è caratterizzato da alterazioni cromosomiche altamente complesse, messe in mostra da un recente sequenziamento dell’intero genoma eseguito dal Consorzio Internazionale per lo studio del Genoma del Cancro: i ricercatori hanno esaminato delezioni, duplicazioni, inversioni, amplificazioni e riarrangiamenti, trovando 11868 varianti strutturali somatiche con una media di 119 varianti per paziente. (57) In
questo studio sono stati definiti 4 grandi sottotipi in relazione alle variazioni genetiche strutturali:
1. Stabile: raccoglie il 20% dei campioni, con meno di 50 eventi di variazione strutturale e diffusa aneuploidia, alla cui base vi potrebbero essere difetti a livello del ciclo cellulare.
2. Localmente riarrangiato: comprende il 30% dei tumori analizzati, con un evento di variazione strutturale significativo ma focale su uno o due cromosomi, in base al quale si possono distinguere due ulteriori sottogruppi, uno con guadagno o amplificazione di regioni focali (KRAS, SOX9) e l’altro con riarrangiamento genomico complesso.
3. Sottotipo sparso: include il 36% dei campioni studiati, di cui fanno parte tumori con un range moderato di danno cromosomale non random e con meno di 200 eventi di variazione strutturale.
4. Sottotipo instabile: gruppo con meno tumori (14%) e con un grande numero di eventi di variazione strutturale (almeno 200), suggerendo la presenza alla base di difetti nel mantenimento del DNA, a causa delle mutazioni di geni come BRCA1, BRCA2, PALB2, ritrovate nel carcinoma della mammella ereditario, sensibile a derivati del cis-platino ed inibitori di PARP; ciò ha permesso a due pazienti con ADP sottotipo instabile, di essere trattati con terapia a base di platino con una risposta eccezionale.
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Questo risultato rappresenta un passo fondamentale nella correlazione tra la nuova tassonomia molecolare del cancro e la terapia mirata, verso la futura stratificazione dei pazienti con ADP da molecolare a prognostica e terapeutica. (91)
Step genetici di sviluppo dell’adenocarcinoma pancreatico sporadico
Le lesioni PanIN di grado più basso con atipia citologica minima (PanIN1) non erano originariamente considerate neoplastiche, ma semplicemente interpretate come iperplasia o metaplasia. Dopo aver trovato l'attivazione delle mutazioni di KRAS, queste lesioni sono state considerate neoplastiche, venendo nominate come "neoplasie intraepiteliali pancreatiche".
Un altro evento precoce, spesso trovato nelle PanIN è l’accorciamento telomerico. Nel 10% delle lesioni che soddisfano i criteri per PanIN, sono state rilevate mutazioni di GNAS, frequentemente come eventi iniziali. Poiché le mutazioni di GNAS si trovano nel 60% delle neoplasie mucinose papillari intraduttali (IPMN), queste lesioni potrebbero anche rappresentare IPMN precoci. Ulteriormente nella progressione del PanIN, si nota l'inattivazione genetica ed epigenetica di CDKN2A/P16, soprattutto in PanIN2. Le mutazioni in TP53 e SMAD4 sono considerate eventi di transizione nella progressione da PanIN3 al carcinoma duttale invasivo, cambiando il signaling di TGFβ e BMP da soppressivo a stimolante nei confronti della neoplasia.
L'intero sequenziamento dell'esoma di IPMN ha rivelato una media di 26 mutazioni per IPMN. KRAS e GNAS sono i geni più frequentemente mutati nel 50 – 80% e 40 – 60% delle IPMN, rispettivamente. Vi è da aggiungere che, RNF43, una ligasi di E3 ubiquitina che agisce come un regolatore negativo della via di segnalazione Wnt, è spesso mutata nelle IPMN. Inoltre, le mutazioni TP53 e SMAD4 possono essere trovate in displasia di alto grado.
Diversi studi suggeriscono l'esistenza di due distinte vie di progressione molecolare nelle IPMN: questi due percorsi distinti sono un riflesso dell'osservazione che, le IPMN possono progredire a carcinoma tubulare o a carcinoma colloide.
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I carcinomi tubulari sono più associati a un IPMN di tipo pancreaticobiliare con un profilo mutazionale simile al CDP convenzionale con frequenti mutazioni di KRAS.
Al contrario, i carcinomi colloidi sono associati a IPMN di tipo intestinale e a mutazioni frequenti di GNAS.
Questi diversi percorsi si riflettono anche in un diverso immunofenotipo: i carcinomi colloidi sono MUC1 negativo (0%) e MUC2 positivo (100%), mentre i carcinomi tubulari sono tipicamente MUC1 positivi (63%)e MUC2 negativo (1%).
I carcinomi colloidi hanno un comportamento meno aggressivo e una prognosi migliore rispetto ai carcinomi tubulari.
Nelle IPMN di tipo gastrico, le mutazioni di KRAS e GNAS sono identificate in egual misura; ciò suggerisce che le IPMN di tipo gastrico siano un gruppo eterogeneo di lesioni precoci.
L'IPMN di tipo oncocitico è geneticamente distinto dagli altri sottotipi di IPMN e non
contiene mutazioni di KRAS o GNAS. (30)
Secondo questo modello di evoluzione lineare, la progressione delle forme pre-invasive all’adenocarcinoma invasivo clinicamente evidente avverrebbe in un arco temporale di 10 anni.
Recenti studi di registro di correlazione fra l’età alla diagnosi e lo stadio di presentazione hanno stimato il tempo di progressione da T1 a T4 in 14 mesi, con una differenza media di 14 mesi fra i pazienti diagnosticati in stadio 1 (età media 64,8 anni) e quelli diagnosticati in stadio 4 (età media 66,1 anni).
Queste osservazioni favorirebbero l’idea di un modello di progressione più discontinuo, sebbene ancora sequenziale, dove eventi genetici che interessano più driver contemporaneamente sarebbero responsabili di accelerazioni improvvise in momenti diversi dello sviluppo tumorale. (92)
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La velocità di sviluppo neoplastico risulta dipendere non solo dalle alterazioni dei geni driver (KRAS, CDKN2A, SMAD4, TP53), ma anche dall’instabilità genomica, relazionata all’età avanzata ed al numero di divisioni cellulari, o determinata da mutazioni a carico dei geni impegnati nella riparazione del DNA (mismatch repair MMR; homologous recombination HR; in circa il 30% dei casi sporadici) (93) e dai processi infiammatori
cronici, che, attraverso la liberazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) ed inibizione dell’autofagia, sono in grado di accelerare la trasformazione indotta dalle mutazioni di KRAS e TP53. (94)
Meccanismi di metastatizzazione precoce
Tra i motivi responsabili della prognosi infausta dell’adenocarcinoma pancreatico, a fianco dell’aggressività intrinseca della malattia e della resistenza ai classici trattamenti chemioterapici, ha un ruolo primario la frequente e precoce disseminazione metastatica di questa patologia. Il 60-70% delle nuove diagnosi si presenta già con una malattia di stadio avanzato ed anche nei pazienti diagnosticati all’esordio con una malattia resecabile la recidiva per sviluppo di lesioni secondarie è tale da limitare la sopravvivenza a 5 anni al 20%.
Studi recenti di sequenziamento genomico di metastasi da adenocarcinoma pancreatico hanno permesso di ricostruire la loro relazione filogenetica con i rispettivi tumori pancreatici primitivi, da cui si è potuto ricavare una scala temporale di progressione tumorale nella quale si distinguono 3 fasi:
• Il periodo tra l’acquisizione della prima alterazione genetica e lo sviluppo del clone neoplastico parentale (10 anni)
• Il periodo necessario all’acquisizione del potenziale metastatico (5-6 anni) • Il tempo fra la disseminazione metastatica e l’exitus (3 anni)
In particolare, tali evidenze dimostrano come il tempo necessario per lo sviluppo di subcloni metastatici possa precedere di molti anni la presentazione clinica della malattia. (89)
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Recentemente, l’applicazione di modelli matematici a dati patologici e radiologici da pazienti inclusi poi in una serie autoptica ha permesso di dimostrare come le cellule di adenocarcinoma pancreatico crescano ad un alto tasso esponenziale e come in tale fase possano essere generati subcloni ad alto potenziale metastatico nell’ordine di 1 su un milione. Quindi la probabilità di metastasi alla diagnosi cresce all’aumentare delle dimensioni del tumore primitivo, e la probabilità dell’esistenza di subcloni metastatizzanti è presente anche per lesioni pancreatiche di dimensioni radiologicamente non diagnosticabili ed ancor di più per quelle chirurgicamente resecabili. (95)
I meccanismi biologici alla base di questo precoce sviluppo metastatico dell’adenocarcinoma pancreatico sono stati studiati negli ultimi anni attraverso esperimenti condotti su modelli murini geneticamente modificati per sviluppare l’adenocarcinoma pancreatico in maniera indotta dall’espressione dell’oncogene KRAS. È stato dimostrato come anche in lesioni estremamente precoci (PanIN) di basso grado, sostenute esclusivamente da mutazione di KRAS, si ritrovino cellule neoplastiche che superano la membrana basale, migrando dalla lesione precancerosa ghiandolare nei tessuti circostanti e nel circolo ematico fino a colonizzare il fegato.
Queste cellule pancreatiche metastatiche hanno una morfologia mesenchimale, acquisita per mezzo di un programma genetico, definito transizione epitelio- mesenchimale (EMT), esprimendo proteine associate con il meccanismo di EMT, quali i cofattori trascrizionali ZEB1, SLUG e SNAIL. Questo tipo di cellule si ritrova anche nelle PanIN umane ed esprime marcatori di superficie come CD24, CD44, tipici della popolazione cellulare staminale o cancer initiating cell.
Queste evidenze suggeriscono, quindi, come oltre al trattamento della malattia in fase avanzata un impegno maggiore dovrebbe essere profuso nello sviluppo di terapie neoadiuvanti sia con farmaci chemioterapici classici, che a bersaglio molecolare con attività antimetastatica, tali da interferire con i processi di EMT.(96)
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