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Studio multicentrico italiano randomizzato di fase 3 di confronto fra FOLFOXIRI e Gemcitabina come terapia adiuvante per pazienti con carcinoma del pancreas resecato ( studio GIP-2)

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO

IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

Studio multicentrico italiano randomizzato di fase 3 di confronto fra

FOLFOXIRI e Gemcitabina come terapia adiuvante per pazienti con carcinoma

del pancreas resecato (studio GIP-2)

RELATORE

Prof. Alfredo Falcone

CORRELATORE

Dr. Enrico Vasile

CANDIDATO

Buonamici Lodovico

(2)

2

INDICE

1.

Introduzione

1.1

Epidemiologia……….……..pg. 10

1.2

Fattori di rischio……….……...pg. 14

1.3

Predisposizione genetica……….…….pg. 19

1.4

Strategie di prevenzione……….……..pg. 23

1.5

Anatomia Fisiologica……….…...pg. 24

1.6

Anatomia Patologica………..…..pg. 27

1.7

Profilo genetico e molecolare……….………..….pg. 40

1.8

Quadro clinico………..….pg. 50

1.9

Diagnosi……….….pg. 53

1.10

Stadiazione……….pg. 65

1.11

Evoluzione clinica e prognosi……….……….pg. 69

1.12

Criteri di resecabilità……….pg. 72

1.13

Protocollo terapeutico del carcinoma pancreatico……….……….pg. 78

1.14

Trattamento del tumore pancreatico resecabile……….pg. 79

1.14.1 Trattamento chirurgico

1.14.2 Chemioterapia adiuvante

1.14.3 Radio-chemioterapia adiuvante

1.14.4 Radio-chemioterapia neo-adiuvante.

1.15

Trattamento del tumore pancreatico borderline resecabile e localmente

avanzato………..pg. 100

1.15.1 Il ruolo della chirurgia

1.15.2 Chemioterapia neo-adiuvante

(3)

3

1.16

Trattamento del tumore pancreatico metastatico………..……….pg. 108

1.16.1 Chemioterapia di prima linea

1.16.2 Chemioterapia di seconda linea

1.17

Trattamento dei sintomi associati al tumore pancreatico avanzato….…….pg. 114

1.17.1 Trattamento del dolore

1.17.2 Trattamento dell’anoressia e perdita di peso

1.17.3 Trattamento dell’ostruzione delle vie biliari

1.17.4 Trattamento dell’ostruzione gastrica

1.17.5 Trattamento dell’ascite

1.17.6 Trattamento del tromboembolismo venoso

2.

Studio GIP-2: studio multicentrico randomizzato italiano di fase III di

confronto fra FOLFOXIRI e Gemcitabina su pazienti con carcinoma del

pancreas resecato

2.1

Razionale dello studio………pg. 121

2.2

Obiettivi dello studio……….…….pg. 122

2.3

Selezione dei pazienti……….pg. 123

2.4

Disegno dello studio………..……….pg. 125

2.5

Considerazioni statistiche………pg. 128

2.6

Indicatori di Sicurezza………..pg. 131

2.7

Procedura dello studio………...pg. 134

3.

Risultati dello studio GIP-2

3.1

Dati di arruolamento………..…….pg. 136

3.2

Caratteristiche dei pazienti arruolati………..……..….pg. 139

(4)

4

3.3.1 DFS globale e per braccio

3.3.2 OS globale e per braccio

3.4

Tollerabilità e tossicità trattamento FOLFOXIRI versus Gemcitabina....pg.

146

3.4.1 Tossicità trattamento Gemcitabina

3.4.2 Tossicità trattamento FOLFOXIRI

(5)

5

RIASSUNTO

Il tumore del pancreas rappresenta la settima causa di morte per cancro a livello mondiale, la quarta nei paesi occidentali, con un’incidenza in continuo aumento. L’elevata letalità della neoplasia pancreatica dipende fondamentalmente dall’aggressività biologica di questo tumore sommata ad una diagnosi spesso tardiva, essendo l’adenocarcinoma pancreatico silente da un punto di vista clinico per gran parte della propria storia naturale. Infatti, alla diagnosi solo il 20% dei pazienti presenta una malattia resecabile, e, nonostante un intervento chirurgico radicale, oltre l’80% svilupperà una recidiva di malattia, prevalentemente sottoforma di metastasi a distanza, a causa di micrometastasi occulte, non visibili con le comuni metodiche di imaging, che si sviluppano fin dagli stadi più precoci di malattia. Perciò l’aspettativa di vita post chirurgia radicale di questi pazienti è solo di 12-15 mesi in media con un tasso di sopravvivenza a 5 anni pari all’8-12%.

Di conseguenza l’attuale protocollo terapeutico standard per il tumore del pancreas resecabile prevede un trattamento chemioterapico adiuvante, post-chirurgia, per ridurre il rischio di recidiva locale e a distanza, a base di gemcitabina (studio CONKO 001), che si è dimostrata efficace nell’aumentare la sopravvivenza libera da malattia mediana (DFS) a 13,4 mesi, la sopravvivenza globale mediana (OS) a 22,8 mesi e la sopravvivenza a 5 anni del 10%.

Attualmente sono in corso numerosi studi di applicazione di regimi polichemioterapici, già in uso in fase di tumore del pancreas localmente avanzato e metastatico, in ambito adiuvante al fine di migliorare ulteriormente la sopravvivenza e qualità di vita di questi pazienti.

GIP-2 è uno studio italiano multicentrico randomizzato di fase III, promosso dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, finanziato dalla Regione Toscana-Istituto Toscano Tumori ed i cui gruppi partecipanti sono: GISCAD (Gruppo italiano per lo Studio dei Carcinomi dell’Apparato Digerente), GOIM (Gruppo Oncologico dell’Italia Meridionale), GOIRC (Gruppo Oncologico Italiano di Ricerca Clinica) e GONO (Gruppo Oncologico del

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Nord-Ovest). Si tratta di uno studio di confronto fra due regimi chemioterapici adiuvanti in pazienti in stadio I-III, ECOG PS 0-1 e radicalmente operati: FOLFOXIRI, regime polichemioterapico di combinazione di 3 farmaci (5-Fluorouracile, Oxaliplatino e Irinotecan) verso la Gemcitabina.

Gli obiettivi dello studio sono la valutazione dell’efficacia del trattamento a base di FOLFOXIRI rispetto a Gemcitabina in termini di: sopravvivenza libera da malattia (DFS), sopravvivenza globale (OS), tollerabilità e sicurezza del trattamento.

Lo studio prevedeva una durata complessiva di 5 anni, suddivisi in 3 anni di arruolamento e 2 anni di follow up, al fine di reclutare un totale di 310 pazienti in circa 50 centri partecipanti. In realtà lo studio è iniziato in ritardo, nel Maggio 2015, e si è concluso anticipatamente nel Giugno 2018, per la pubblicazione dello studio PRODIGE 24 all’ASCO, che indicava un vantaggio in sopravvivenza per la combinazione mFOLFIRINOX in questo setting, tale da non rendere più etico continuare il trattamento con gemcitabina in pazienti eleggibili per tale regime polichemioterapici. I centri effettivamente attivi sono stati 18, attraverso i quali sono stati arruolati 77 pazienti su 461 (17%).

I pazienti risultati eleggibili per rispetto dei criteri di inclusione ed esclusione sono stati assegnati ad uno dei due bracci di trattamento (A: Gemcitabina, B: FOLFOXIRI) mediante randomizzazione 1:1, stratificandoli per positività linfonodale (N0-N1), margine di resezione post-operatorio (R0-R1) e centro di provenienza.

Complessivamente i 77 pazienti arruolati (maschi=45, femmine=32) avevano un’età mediana di 61 anni (range 39-73) ed il 91% aveva un PS uguale a 0. Da un punto di vista patologico, l’83% aveva come sede neoplastica la testa del pancreas ed il tipo istologico di neoplasia è risultato essere adenocarcinoma pancreatico nel 99% dei casi (con solo 1 paziente con carcinoma acinare). Nel 77% dei casi si è riscontrata positività linfonodale (N1), con uno stadio di malattia II o III nel 94% dei casi, grading G2 o G3 nel 95% dei casi e margine di resezione post-operatorio negativo (R0) nel 74% dei casi.

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L’analisi comparativa fra i due gruppi in studio mostra come essi siano sovrapponibili per età (gruppo B: mediana 60, range 39-73 verso gruppo A: mediana 61, range 46-71), PS (gruppo B: PS 0 nell’89% dei pazienti verso gruppo A: PS 0 nel 92% dei pazienti), localizzazione del tumore primitivo (gruppo B: testa 82%, corpo 13%, coda 5% verso gruppo A: testa 84%, corpo 5%, coda 11%), margine di resezione post-operatorio (gruppo B: R0 nel 74% dei casi verso gruppo A: R0 nel % dei casi) e CA19.9 post-operatorio (gruppo B: mediana 12, range 0,8-94 verso gruppo A: mediana 17, range 0,2-90). Si osserva invece una maggiore prevalenza del sesso maschile (68% verso 49%), una maggiore frequenza di positività linfonodale (79% verso 74%) ed una minore presenza di tumori scarsamente differenziati (24% verso 44%) nel braccio B rispetto all’A.

Rispetto allo stadio di malattia non si osservano differenze significative, sebbene nel braccio B ci sia un paziente in più in stadio I (3 verso 2 pazienti pari a 8% e 5%) e 2 pazienti in meno in stadio III (1 verso 3 pazienti, pari a 3% e 8%).

Complessivamente dopo un follow up mediano di 26 mesi, il 56% dei pazienti ha sviluppato una progressione di malattia, mentre il 31% è morto. Nel gruppo di controllo A, a termine del follow up, il 64% dei pazienti ha avuto recidiva di malattia e sono morti 17 pazienti su 39 (44%), mentre nel gruppo sperimentale B, il 47% dei pazienti è andato incontro a progressione di malattia e sono morti 7 pazienti su 38 (18%).

All’analisi di sopravvivenza la DFS globale mediana è risultata pari a 15,9 mesi con un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 1, 2 e 3 anni pari rispettivamente al 62%, 40% e 25%. L’OS globale mediana non è stata raggiunta con una percentuale di pazienti vivi a 1, 2, 3 anni pari rispettivamente al 91%, 64%, 51%. Il braccio sperimentale con FOLFOXIRI ha dato un vantaggio statisticamente significativo rispetto al braccio di controllo con Gemcitabina in termini di DFS mediana (30,4 mesi verso 11,4 mesi, p=0.038; HR 0.53, 95%CI:0.28-0.97) con un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 1, 2 anni pari rispettivamente al 76% e 52% contro il 47% e 27% corrispondenti del braccio di controllo A.

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La sopravvivenza globale mediana è aumentata nel gruppo B, dove non è stata raggiunta (HR:0,28, 95% CI:0,11-0,68), rispetto ai 19,3 mesi del gruppo A, con tassi di sopravvivenza globale a 1, 2, 3 anni pari rispettivamente al 97, 83%, 69% raffrontate con l’85%, 44%, 33% corrispondenti del braccio di controllo.

In relazione alla tollerabilità del trattamento, il gruppo B ha completato il trattamento nel 71% dei casi (27/38 pazienti) a fronte del 62% del gruppo A (24/39 pazienti), nonostante la maggiore tossicità del trattamento a base di FOLFOXIRI. Le cause di interruzione del trattamento sono state simili nei due gruppi: ripresa di malattia (7/39 pazienti, 18%), rifiuto del paziente (3/39 pazienti, 8%), reazioni avverse/ tossicità (2/39 pazienti, 5%), altre cause (2/39 pazienti, 5%), decisione clinica (1/39 pazienti, 3%) per il gruppo A e ripresa di malattia (18%), reazioni avverse/tossicità (5%), altre cause (5%) per il gruppo B.

Complessivamente un ritardo nella somministrazione di un ciclo di trattamento si è verificato nel 66% dei pazienti: in particolare più frequentemente per il braccio sperimentale B (33/38 pazienti, 86%) rispetto al braccio di controllo A (18/39 pazienti, 46%). Una riduzione della dose si è registrata in 37 dei 77 pazienti totali: in particolare nel braccio di controllo A in 18 pazienti su 39 (46%), mentre nel braccio sperimentale B in 19 pazienti su 38 (50%).

Per quanto concerne le tossicità di grado elevato G3-G4 sono state associate più frequentemente al trattamento con FOLFOXIRI (24/38 pazienti, 63%) rispetto al braccio con Gemcitabina (12/39 pazienti, 31%) e le più frequenti registrate sono state: neutropenia (53% verso 23%, pari a 20 e 9 pazienti; p=0,007) e tossicità non ematologica (16% verso 8%, pari a 6 e 3 pazienti). Quindi FOLFOXIRI ha aumentato in modo significativo il rischio di neutropenia di grado 3 e 4 rispetto a Gemcitabina, anche se non sono state registrate neutropenie febbrili.

Di conseguenza, per contrastare le neutropenie di grado elevato sono stati utilizzati fattori di crescita granulocitari con maggiore frequenza nel braccio con FOLFOXIRI rispetto a quello con Gemcitabina (10 verso 1 pazienti).

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Le altre tossicità di grado 3 e 4 non risultano significativamente diverse fra i due bracci. Le tossicità di grado 1 e 2 si sono presentate invece più frequentemente nel braccio A (24/39 pazienti, 62%) rispetto al braccio B (14/38 pazienti, 37%).

Sebbene lo studio GIP-2 sia stato interrotto precocemente, il trattamento adiuvante con FOLFOXIRI sembra quindi prolungare la DFS e OS in pazienti affetti da cancro al pancreas resecato, rispetto alla gemcitabina, confermando i risultati dello studio PRODIGE24 CCTG PA.6, a supporto dell'uso di questo triplo regime farmacologico in tale contesto.

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1. Introduzione

1.1) Epidemiologia

Il carcinoma del pancreas, con un’incidenza in continuo aumento ed una prognosi ancora sfavorevole, rappresenta tutt’oggi una sfida importante nella diagnostica e nella cura delle neoplasie.

Il tumore del pancreas è infatti la settima causa principale di morte per cancro nel mondo, sia nei maschi che nelle femmine con quasi tanti decessi (n=432.000) quanti casi (n=459.000) (figura n.1).

Figura n.1. Grafici a torta presentanti la distribuzione di casi e decessi per i 10 tumori più comuni nel 2018 per (A) entrambi i sessi, (B) maschi e (C) femmine. Per ogni sesso, l'area del grafico a torta riflette la proporzione del numero totale di casi o decessi (GLOBOCAN 2018).

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I tassi di incidenza sono da 3 a 4 volte superiori nei paesi con HDI (Human Development Index) elevato, soprattutto in Europa, Nord America e Australia/Nuova Zelanda (figura n.2).

Figura n.2. Grafico a barre delle regioni ‐ tassi di incidenza del cancro pancreatico standardizzati per età, e per sesso, nel 2018. I tassi sono mostrati in ordine decrescente nel mondo (GLOBOCAN 2018).

Nei 28 paesi dell'Unione Europea, dato che i tassi di cancro del pancreas sono piuttosto stabili rispetto al calo dei tassi di cancro al seno, è stato previsto che la neoplasia del pancreas supererà il carcinoma della mammella, come terza causa principale della morte per tumore in futuro. (1)

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Il tumore del pancreas negli USA

Negli Stati Uniti, l’incidenza di tumore del pancreas continua ad aumentare, con 56.000 nuovi casi insorti nella popolazione statunitense nel 2019 a fronte di 45.000 morti nello stesso anno.

Da un punto di vista socioeconomico le disparità fra persone appartenenti a classi più o meno abbienti in termini di mortalità per il tumore del pancreas sono minime, assenti. La sopravvivenza a 5 anni per tutti gli stadi combinati di tumore del pancreas è fra le più basse, attestandosi soltanto al 9%.

Nell’uomo, la neoplasia del pancreas rappresenta la decima neoplasia in ordine di incidenza; nella donna essa risulta essere la nona. Considerando entrambi i sessi, tale patologia rappresenta il quarto tumore per mortalità. (2)(figura n.3)

Figura n.3.Dieci principali tipi di cancro per i nuovi casi stimati e decessi per sesso, Stati Uniti, 2019. ( Cancer Statistics 2019, CA: A Cancer Journal for Clinicians)

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La situazione italiana

In Italia, in termini di incidenza, nel 2018 erano attesi circa 13.300 nuovi casi, circa il 3% di tutti i tumori incidenti tra maschi e femmine.

Nelle donne oltre i 70 anni il carcinoma pancreatico è compreso tra i cinque tumori più frequenti (IV posto, 6% dei casi). L’andamento temporale dell’incidenza di questa neoplasia, al netto delle variazioni di età nella popolazione, è in crescita significativa tra gli uomini (+0,4%/anno).

Esiste inoltre un gradiente Nord-Sud: rispetto all’Italia settentrionale, il Centro mostra livelli di incidenza inferiori del 29% nei maschi e del 26% nelle femmine, il Sud inferiori del 25% e 28% rispettivamente.

In Italia, secondo i dati ISTAT, nel 2015 si sono verificati 11.463 decessi per tumore del pancreas (5.528 tra gli uomini e 5.935 tra le donne).

Il carcinoma pancreatico è la quarta causa di morte per tumore nel sesso femminile (8%) e la sesta nel sesso maschile (6%). Nelle età centrali della vita, occupa il quarto posto tra i maschi (7%) e tra le femmine (7%).

L’andamento nel tempo fa osservare un trend sostanzialmente stabile.

Data l’alta letalità del tumore pancreatico e la sua maggiore incidenza nelle regioni del Nord, quest’ultime mostrano anche livelli superiori di mortalità (22,5 casi x 100.000 abitanti/anno negli uomini, 16,8 nelle donne) nei confronti del Centro Italia (-24% tra gli uomini e -12% tra le donne) e del Meridione (-27% e -27%).

In contrasto con il costante aumento della sopravvivenza per la maggior parte dei tipi di cancro, i progressi sono stati lenti per i tumori pancreatici, in parte perché più di una metà dei casi viene diagnosticata in una fase avanzata.

La sopravvivenza a 5 anni e 10 anni dei pazienti con tumore del pancreas, in Italia, è pari rispettivamente all’8,1% e al 3%, senza differenze significative tra le diverse aree geografiche nazionali.

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Il numero ristretto di persone affette da questa patologia (circa 22.000, pari a meno dell’1% di tutti i pazienti oncologici) è direttamente collegabile all’aggressività e alla conseguente breve sopravvivenza di questo tipo di tumore.

Oltre i 75 anni di età sono complessivamente 69/100.000 abitanti le persone affette da questa patologia (52 entro i 60-74 e 18 tra i 45 e i 59 anni). (3)

1.2) Fattori di rischio

I fattori di rischio del tumore del pancreas si dividono in modificabili, non modificabili,

diabete mellito e familiarità. (4)

Fattori di rischio modificabili:

• Fumo di sigaretta: rappresenta il fattore di rischio più importante, sia come fumo attivo che passivo, i fumatori hanno infatti un rischio di incidenza di tumore del pancreas 2-3 volte più alto rispetto alla popolazione generale, con una relazione dose-risposta evidente e una riduzione del rischio in rapporto alla cessazione del fumo ben documentata. Il rischio di cancro è pari a 1,7 per i fumatori e a 1,2 per gli ex fumatori ed il rischio persiste per almeno 10 anni dalla cessazione del fumo. (5)

La proporzione di tumore del pancreas attribuibile al fumo di sigaretta è del 20-30% nel

maschio e del 10 % nella donna (6), ma un recente studio condotto nel Regno Unito ha

calcolato una stima pari al 26% negli uomini e al 31 % nelle donne. (7)

• Alcool: aumenta il rischio di carcinoma pancreatico, soprattutto nei forti bevitori (OR=1,29) mentre nei bevitori modesti il rischio è ridotto (OR=0,90) (8)

• Sovrappeso, obesità, scarsa attività fisica: il rischio nelle persone obese (BMI> 30) è pari a 2,08 (9)

• Dieta: un’alimentazione di tipo “occidentale” (ricca di carni rosse, insaccati, grassi saturi, dolci e basso consumo di frutta vegetale) è associata ad un aumentato rischio con

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un OR=1,24; specularmente una dieta sana ricca di vegetali, frutta, olio di oliva e a basso consumo di grassi saturi è associata ad una riduzione del rischio (OR=0.86). (10) Una

bassa aderenza alla dieta mediterranea è associata all’ 11.9% dei tumori del pancreas. • Helicobacter Pilory: batterio gram negativo associato al 4-25% di tutti i tumori del pancreas. (11)

Fattori di rischio non modificabili:

• Età: il rischio di sviluppare un tumore pancreatico aumenta con l'età, con il più alto picco che si verifica tra 60 e 80 anni di età. Raramente si verifica prima dell'età di 40 anni, e l'età media in più della metà dei casi di adenocarcinoma pancreatico è 71 anni. La ragione di questo esordio in tarda età non è ancora evidente, si può ipotizzare che dal momento in cui una lesione pancreatica o condizione infiammatoria si verifica, siano necessari diversi anni prima che degeneri in una neoplasia maligna

• Sesso: il tumore pancreatico è più comune negli uomini che nelle donne, con un’incidenza di 5,5 per 100.000 per gli uomini e di 4,0 per 100.000 per le donne. Il carcinoma pancreatico si verifica più negli uomini probabilmente a causa di fattori di rischio ambientali o occupazionali, nonché di stili di vita non salubri come il tabagismo e l’assunzione quotidiana di alte dosi di alcol; tuttavia, è anche possibile che vi siano fattori genetici ancora sconosciuti tali da influenzare l'incidenza del cancro e la mortalità nei maschi e nelle femmine

• Etnia: molti studi hanno evidenziato differenze significative nell'incidenza del tumore pancreatico tra le etnie. I tassi di incidenza del tumore pancreatico per gli afroamericani sono più elevati rispetto ai caucasici, il rischio di cancro pancreatico è considerevolmente più alto nei neri che in qualsiasi altro gruppo etnico.

Le differenze nell'incidenza del tumore pancreatico tra le etnie possono essere attribuite a fattori di rischio modificabili come la dieta, l'alcol, il fumo, l'insufficienza della vitamina D ed a fattori genetici non ancora ben identificati.

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Dagli studi di confronto delle mutazioni di oncogeni e biomarcatori immunitari espressi da cinesi, giapponesi ed occidentali è stato dimostrato come i pazienti asiatici abbiano diverse espressioni di KRAS e p53 rispetto ai pazienti occidentali, suggerendo che ogni etnia ha una diversità genetica e molecolare che può influenzare l'incidenza del tumore pancreatico, e può anche spiegare la differenza nei tassi di sopravvivenza dopo il trattamento del cancro pancreatico nelle diverse etnie. In generale, sembra che i pazienti asiatici abbiano un tasso di sopravvivenza migliore rispetto a pazienti non asiatici.

• Pancreatite acuta e cronica: è un'infiammazione del pancreas che può essere acuta o cronica e induce un danno pancreatico perché l'attivazione degli enzimi digestivi si verifica prima del loro rilascio nell’ intestino tenue con una conseguente attività enzimatica a danno del pancreas.

Ricorrenti attacchi di pancreatite acuta possono causare danni che portano ad una pancreatite cronica, inducendo un processo infiammatorio progressivo, che termina con la totale distruzione del pancreas ed un conseguente malassorbimento di nutrienti dietetici, diabete mellito, dolore severo e inarrestabile.

La pancreatite cronica preesistente di lunga data è un fattore di rischio di carcinoma pancreatico. Tuttavia, solo il 1,8% dei questi pazienti svilupperà il tumore pancreatico entro 10 anni dalla diagnosi e il 4% dopo 20 anni: sembrano infatti richiesti 30-40 anni di infiammazione prima che una percentuale apprezzabile di pazienti sviluppi un tumore pancreatico.

• Gruppi sanguigni: Gli antigeni del sistema ABO sono espressi sulle membrane dei

globuli rossi e sulla superficie di altre molteplici tipi di cellule e tessuti normali e patologici.

Uno studio nel Regno Unito ha osservato un aumento del rischio di carcinoma pancreatico per il gruppo sanguigno A. Uno studio in Italia ha riscontrato un aumentato rischio di tumore pancreatico tra gli individui del gruppo sanguigno B, come anche uno studio di coorte negli Stati Uniti ha rilevato un aumento del rischio per gli individui che

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hanno riferito i tipi di sangue A, B e AB rispetto allo O. Infine, i risultati dello studio di associazione a livello di genoma "Panscan I" hanno mostrato un'associazione tra i gruppi sanguigni non-O e il tumore pancreatico. Oggi sembra consolidato che l’alterata attività delle glicosiltransferasi del sistema ABO svolge un ruolo cruciale nella cancerogenesi, principalmente influenzando la proliferazione cellulare, l'invasione tumorale e diffusione metastatica. È interessante notare un'associazione tra il gruppo sanguigno non-O, la colonizzazione di H. pylori e rischio di carcinoma pancreatico, descritta in uno studio di meta-analisi.

L'ipotesi è che la presenza degli antigeni dei gruppi sanguigni A o B nelle mucine gastrointestinali influenzi le proprietà di legame di H. pylori , con un conseguente rischio di cancro al pancreas più significativo per gli individui non-O con sieropositività per H. pylori. (12)

Diabete mellito e tumore del pancreas

Il rischio di tumore del pancreas in pazienti diabetici è aumentato di 1,5-2 volte; il 9,7% dei pz con carcinomi pancreatici ha un’anamnesi patologica positiva per il diabete mellito.

Il meccanismo dell'associazione tra diabete e cancro al pancreas include alterazioni metaboliche, ormonali e immunologiche che influenzano la crescita tumorale.

L'insulino-resistenza e l'iperinsulinemia compensatoria, nonché i livelli elevati di fattori di crescita insulino-simile circolanti (IGF) sono i meccanismi più ipotizzati alla base dell'associazione tra il diabete mellito di tipo 2 e il cancro pancreatico. I dati degli studi condotti sugli animali suggeriscono che il turnover delle cellule insulari, associato alla resistenza all'insulina, è fondamentale per la carcinogenesi pancreatica.

L'iperattività della β ‐ cellula pancreatica con una maggiore massa β ‐ cellulare nel pancreas contribuisce alla sovra secrezione dell'insulina in risposta all'insulino-resistenza. Il tessuto pancreatico esocrino può essere esposto cronicamente alle concentrazioni locali di insulina che sono molto superiori ai livelli di insulina circolanti

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osservati in pazienti iperinsulinemici. L'insulina promuove la proliferazione cellulare e aumenta l'uso di glucosio, entrambi importanti per lo sviluppo e la progressione del tumore. Inoltre, l'insulina sovra regola la biodisponibilità di IGF riducendo la produzione epatica di proteine di IGF ‐ binding. Le attività mitogene e antiapoptotiche di IGF ‐ 1 sono più potenti di quelle dell'insulina e possono agire come stimoli di crescita nelle cellule che esprimono il recettore IGF ‐ 1 (IGF1R) ad alti livelli come le cellule tumorali pancreatiche, nelle quali la trasduzione di segnalazione di IGF ‐ 1 ‐ mediato aumenta la proliferazione, invasione, ed espressione dei mediatori dell'angiogenesi oltre che diminuire l'apoptosi cellulare.

Oltre all'effetto diretto di promozione della crescita dell'insulina e degli IGF, il diabete mellito di tipo 2 e/o l'obesità correlata possono aumentare il rischio di cancro pancreatico aumentando lo stress ossidativo e le risposte infiammatorie; entrambi sono fattori associabili ad insulino-resistenza.

L’iperglicemia, segno distintivo del diabete mellito di tipo 2, promuove lo sviluppo dell’adenocarcinoma duttale pancreatico tramite la proliferazione delle cellule neoplastiche e l'induzione della transizione epitelio mesenchimale per mezzo del rilascio di TGF B1, la cui attività si è dimostrata elevata.

L’ applicazione di farmaci anti-diabetici, ad esempio metformina, potrebbe quindi essere una possibile strategia di chemioprevenzione mentre l’utilizzo di secretagoghi o insulina potrebbe aumentare il rischio; una meta-analisi ha rivelato che l'uso di metformina, in pazienti con diabete mellito di tipo 2, era associato ad un rischio minore di sviluppare

adenocarcinoma duttale pancreatico. (13)

Il diabete non rappresenta solo un fattore di rischio, bensì anche un segno precoce del cancro pancreatico.

Un tumore pancreatico scoperto precocemente è associato ad una sopravvivenza più lunga rispetto a uno diagnosticato tardivamente per insorgenza di segni e sintomi; studi recenti indicano che esiste una finestra sufficiente per la rilevazione precoce.

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Sono già stati avanzati suggerimenti per i modelli di previsione per lo screening, in pazienti diabetici di nuova diagnosi, del cancro del pancreas, che includono caratteristiche individuali come l'età, indice di massa corporea ed un suo cambiamento, fumo, uso di inibitori della pompa protonica, e farmaci antidiabetici, così come i livelli di emoglobina glicata HbA1c, colesterolo, creatinina, fosfatasi alcalina e acido urico sono stati suggeriti altresì come un potenziale marcatore nei pazienti diabetici: l’elevata prevalenza e l'aumento dell'incidenza di diabete in tutto il mondo e le implicazioni aggravanti di una diagnosi ritardata del cancro richiedono che il diabete di nuova insorgenza sia considerato un potenziale marcatore per un tumore pancreatico sottostante. (14)

1.3) Predisposizione genetica

Il 10% dei tumori pancreatici sono determinati da una predisposizione genetica, dei quali il 10-15% è riconducibile a sindromi ereditarie e l’85-90% al cosiddetto carcinoma

pancreatico familiare.

Si parla di carcinoma pancreatico familiare quando il tumore del pancreas compare in almeno due parenti di primo grado, sebbene il cancro pancreatico spesso si riscontri in famiglie che non soddisfano questa definizione. Il rischio di sviluppare il carcinoma pancreatico in parenti di primo grado aumenta con il numero di parenti colpiti. Questo rischio è stato stimato di 6,4 volte maggiore in individui con due parenti di primo grado colpiti (rischio di vita ~ 8 – 10%) e 32 volte maggiore in individui con tre o più parenti di primo grado con carcinoma pancreatico (rischio di vita ~ 40%). Tra i membri di famiglie con carcinoma pancreatico familiare, il rischio di cancro al pancreas è più alto in quelli con un carcinoma pancreatico a esordio giovanile (età < 50 anni, rischio relativo [RR] = 9,3) nella loro famiglia rispetto a quelli senza un caso di giovane insorgenza. L'aumento del rischio di sviluppare il carcinoma pancreatico in tali famiglie identificate attraverso studi prospettici indica l’esistenza di fattori ereditari, anche se si sospetta che in alcuni

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nuclei famigliari i fattori ambientali condivisi abbiano un ruolo nell’insorgenza del cancro del pancreas.

La maggior parte dei pazienti con anamnesi familiare di carcinoma pancreatico non ha una mutazione genetica associata ad un’aumentata suscettibilità di tumore pancreatico. Tuttavia, l'identificazione di una mutazione genica, indicatrice di tale suscettibilità in una famiglia, può aiutare a identificare quali membri di una famiglia sono a maggior rischio di sviluppare un tumore pancreatico.

Molti geni di suscettibilità al cancro del pancreas aumentano il rischio di cancro in altri organi e quindi la conoscenza della base genetica del rischio di cancro pancreatico di una famiglia può aiutare a guidare la sorveglianza globale del cancro del paziente. Ciononostante, le mutazioni germinali di geni noti di suscettibilità al carcinoma pancreatico spiegano solo il 10% circa dei casi di familiarità del carcinoma pancreatico; pertanto la maggior parte degli individui con una storia familiare di tumori pancreatici multipli che subiscono test genetici non presenteranno una mutazione genetica di suscettibilità identificabile.

Lo studio genotipico non ha ancora rilevato la mutazione predisponente ma solo un’associazione con alcune varianti alleliche dei geni ATM, BRCA2 e PALB2 ed alcune forme di adenocarcinoma pancreatico, perciò attualmente la diagnosi è fatta per esclusione. (15)

Le sindromi genetiche e le malattie ereditarie più spesso associate ad una maggior suscettibilità al carcinoma pancreatico sono diverse:

• Sindrome di Peutz-Jeghers: associata alla mutazione germinale del gene LKB1/STK11 si caratterizza per la presenza di polipi intestinali amartomatosi e macule pigmentate mucocutanee. Il gene LKB1/STK11 è inattivato in circa il 5% dei carcinomi pancreatici sporadici. Il gene LKB1/STK11 è, quindi, un gene-soppressore del tumore per il cancro al pancreas. Queste osservazioni sono alla base dell’aumento del rischio di carcinoma pancreatico nei pazienti affetti dalla

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sindrome di Peutz ‐ Jeghers (100 volte maggiore rispetto alla popolazione generale). (16) (17)

• Pancreatite ereditaria autosomica dominante: indotta da mutazioni dei geni PRSS1 e SPINK1. Nella pancreatite ereditaria cronica, il rischio di cancro pancreatico è del 3% – 6%, al contrario di quello della pancreatite alcolica cronica, in cui il rischio è di circa 2,5%. Si ritiene che la sequela del cancro pancreatico, nella pancreatite ereditaria, sia dovuta alla cronicità di questa malattia. Inoltre, l'aumento del rischio di tumore pancreatico si verifica diversi decenni dopo l'insorgenza della pancreatite ereditaria; in particolare aumenta di 70 volte a partire dalla quinta decade. È interessante notare come la progenie di padri con pancreatite ereditaria abbia maggiori probabilità di sviluppare un tumore pancreatico rispetto ai bambini delle madri con pancreatite ereditaria.

(17) (18) (19)

• Sindrome del nevo displastico: un gruppo di studio guidato da Bergman, nel 1990, dimostrò per la prima volta, l’associazione clinica fra i tumori pancreatici ed i tumori maligni cutanei in un sottoinsieme di famiglia affette da FAMMM (Familial Atypical Multiple Mole-Melanoma, causata dalla mutazione germinale di CDKN2A). In queste famiglie il tumore del pancreas ha mostrato un tasso di incidenza standard del 13,2% ed è stata ritrovata un’aumentata incidenza di altri tumori gastrointestinali. In particolare, in questo insieme di famiglie, 9 di 18

tumori gastrointestinali erano pancreatici e nessuno era colorettale. Le

mutazioni di CDKN2 sono state identificate nel 79% dei tumori pancreatici, suggerendo che il gene ha un ruolo importante nella patogenesi del cancro pancreatico, con un aumento del rischio di tumore del pancreas da 20 a 47 volte, con un’insorgenza più precoce. (17) (20)

• Sindrome di Lynch (HNPCC, Hereditary Non-Polyposis Colorectal Cancer): il Carcinoma Colon-Rettale Non Poliposico è causato dalla mutazione germinale di geni codificanti enzimi coinvolti nella riparazione del DNA (geni MMR, DNA Mismatch Repair) ed è associato ad un incremento di 9-11 volte del rischio di carcinoma pancreatico, (21) più frequentemente di istotipo midollare. (22) La

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mutazione del recettore di tipo 2 di TGF Beta si ritrova con alta frequenza nei tumori colon-rettali e pancreatici che hanno difetti di riparazione del DNA, mentre compare con minore frequenza nei suddetti tumori senza difetti di riparazione. (17)

• Sindrome del cancro mammella e ovaio dovuta alla mutazione germinale del gene BRCA2, BRCA1 o PALB2 (rischio 3-10 volte maggiore). Goggins e colleghi hanno descritto le mutazioni germinali di BRCA2 che sono state identificate nelle famiglie ereditarie di cancro al seno, incluse alcune con un eccesso di carcinoma pancreatico. Goggins e colleghi hanno pertanto concluso che l'incidenza di mutazioni di linea germinale BRCA2 nel carcinoma pancreatico, apparentemente sporadica, può essere tanto alta – se non di più – quanto quella nel carcinoma mammario o ovarico e costituisce il fattore di rischio ereditario più frequente per

l’adenocarcinoma pancreatico. (17)

Non è chiaro invece se le mutazioni di BRCA1 siano associate ad un incremento del rischio di adenocarcinoma del pancreas, così come il rischio relativo connesso alle

mutazioni PALB2 è ad oggi non chiaramente definito. (23)

• Sindrome di Li Fraumeni: causata dalla mutazione germinale di p53 responsabile di un’aumentata suscettibilità alle neoplasie del seno, del cervello e dei tessuti molli e ad altri tipi di tumore ad alta penetranza. Il tumore pancreatico non è parte integrante di questa sindrome ma le mutazioni di p53 si ritrovano fino nel 75% dei tumori pancreatici. (17)

• Atassia teleangectasia: L'atassia telangiectasia (AT) è un raro disturbo autosomico recessivo che mostra una frequenza notevolmente aumentata di neoplasie maligne in individui omozigoti comprensivi di carcinoma del pancreas. Circa l'1% della popolazione generale è portatore eterozigote della mutazione AT, e si crede che questi individui abbiano un rischio in eccesso per il cancro. Swift e colleghi hanno presentato, in forma tabulare, i siti o i tipi di tumore specifici che sono più frequentemente associati a eterozigosi: tumori del seno, del pancreas, dello stomaco, della vescica e dell'ovaio, così

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come la leucemia linfocitica cronica. Hecht e Hecht, nel discutere i casi di pazienti di AT, hanno indicato che essi sembrano avere due modelli clinici separati di malignità, uno di questi coinvolge tumori solidi, compreso il carcinoma della cavità orale, del seno, dello stomaco, del pancreas, dell'ovaio e della vescica, mentre l’altro è costituito principalmente da leucemia linfocitica e linfoma non ‐ Hodgkin. (17)

1.4) Strategie di prevenzione

Le strategie di prevenzione primaria e secondaria hanno un ruolo importante per l’adenocarcinoma duttale pancreatico, data l’alta aggressività di questo tumore e la scarsità delle terapie ad oggi disponibili contro di esso.

Prevenzione Primaria

Oggi non sono disponibili programmi di screening per il tumore del pancreas, pertanto la prevenzione primaria è il fattore più importante, da attuare mediante la riduzione e/o eliminazione di fattori di rischio potenzialmente modificabili come fumo di sigaretta, obesità, diabete mellito, dieta ipercalorica, consumo di alcool. La cessazione del fumo di sigaretta potrebbe da sola prevenire circa il 30% dei tumori del pancreas. (7)

Attualmente i trend di incidenza e mortalità del tumore del pancreas, nel mondo, sembrano fortemente correlati all’adozione di misure di contenimento per il fumo di sigaretta: la sua riduzione, soprattutto negli uomini, è stata riconosciuta come il principale contributore alla riduzione della mortalità dell’adenocarcinoma duttale pancreatico nei paesi industrializzati. (24)

In merito a ciò, lo scenario internazionale mostra come i Paesi dove il controllo del fumo di sigaretta è iniziato prima (Stati Uniti, Regno Unito, Australia) siano stati anche i primi dove si è registrata una riduzione del tasso di mortalità di tumore del pancreas. Tuttavia, il recente aumento di incidenza e mortalità nell’Unione Europea suggerisce come altri

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fattori quali obesità, inattività fisica, diabete, e fattori dietetici debbano essere controllati per influenzare l’incidenza di tumore del pancreas.

Nei Paesi in via di sviluppo, la diffusione di comportamenti a rischio, tipicamente occidentali, come il fumo di sigaretta, il consumo di grassi e la dieta ipercalorica potrebbe influenzare l’aumento dell’incidenza. (25)

È dunque possibile affermare che campagne di prevenzione basate sull’abolizione del fumo di sigaretta, la promozione di una dieta ricca di frutta e verdure, noccioline, farine non raffinate e della pratica di attività fisica possono giocare un ruolo importante nella

prevenzione del tumore del pancreas. (26)

Prevenzione Secondaria

La sopravvivenza a 5 anni dei tumori del pancreas è globalmente dell’8%; nel caso di forme resecabili, il tasso di sopravvivenza post chirurgia sale al 27%. Nondimeno solo un 15-20% delle neoplasie del pancreas si presenta ad uno stadio operabile al momento della diagnosi. (27)

La diagnosi precoce potrebbe aumentare il tasso di sopravvivenza, in quanto è stato stimato che, nella storia subclinica dell’adenocarcinoma pancreatico, il passaggio da lesioni precancerose a forme maligne richiede 11,7 anni, a cui si aggiungono poi altri 6,8 anni per lo sviluppo delle metastasi. A livello mondiale sono attivi molti programmi per identificare le persone ad alto rischio di neoplasia del pancreas, soprattutto pazienti aventi lesioni precancerose della malattia pancreatica, anche se l’efficacia nella riduzione della mortalità deve essere ancora dimostrata. (4)

1.5) Anatomia e fisiologia del pancreas

Il pancreas giace nella porzione posteriore dell'addome superiore dietro lo stomaco. È in gran parte retroperitoneale ed è coperto da peritoneo sulla superficie anteriore della testa e del corpo ed è circondato da grasso in questa regione. È consuetudine riferirsi a

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varie porzioni del pancreas come testa, corpo e coda. La testa confina con la seconda porzione a forma di “C” del duodeno nel quadrante superiore destro dell'addome. La coda emerge nella cavità peritoneale (coperta dalla sierosa del peritoneo) e si estende fino all'ilo della milza nel quadrante superiore sinistro. Il pancreas pesa circa 100g ed è lungo 14 – 25cm.

Il pancreas è intimamente associato con diversi organi adiacenti: il duodeno esce dallo stomaco e gira intorno alla sua testa; la coda si trova vicino all'ilo della milza; il corpo si trova posteriormente alla regione pilorica dello stomaco.

La porzione del pancreas che si trova anteriormente all'aorta è un po' più sottile nell'asse anteriore-posteriore rispetto alle porzioni adiacenti della testa e del corpo del pancreas. Questa regione è designata come il collo e segna la giunzione fra la testa e il corpo. Non esiste invece un punto di riferimento anatomico per la giunzione tra il corpo e la coda del pancreas.

La vicinanza del collo del pancreas ai principali vasi sanguigni posteriori, tra cui l'arteria mesenterica superiore, la vena mesenterica superiore, la vena cava inferiore e l'aorta limita l'opzione per un ampio margine chirurgico durante la pancreasectomia.

Il dotto biliare comune passa dietro la parte superiore della testa e poi attraversa il pancreas per unirsi al condotto principale pancreatico nella parete duodenale. Il dotto pancreatico accessorio drena nel duodeno attraverso la papilla minore nella maggior parte degli esseri umani, mentre il dotto pancreatico principale entra nel duodeno attraverso la papilla maggiore.

Tipicamente, il dotto biliare e il dotto pancreatico principale si uniscono in un "canale comune" che si riferisce alla porzione fusa del dotto biliare comune e dei dotti pancreatici prossimali all’ ingresso nel lume duodenale. Il canale comune varia in lunghezza da pochi millimetri a circa 1cm. Meno frequentemente non esiste un canale comune perché i condotti si aprono separatamente nel duodeno a livello dell’ampolla maggiore. Il canale comune ha ricevuto molta attenzione perché i calcoli biliari possono

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alloggiare in esso, causando ostruzione dei sistemi di condotti sia pancreatici che biliari. Tale ostruzione è sovente causa di pancreatite acuta.

L'afflusso di sangue arterioso al pancreas avviene attraverso i rami del tronco celiaco e l'arteria mesenterica superiore. Entrambi derivano dall'aorta addominale e hanno più rami che forniscono diversi organi.

L'anastomosi dei loro rami fornisce una circolazione collaterale che generalmente assicura un apporto di sangue arterioso sicuro al pancreas. La maggior parte delle arterie sono accompagnate da vene che scaricano nelle vene mesenterica superiore, porta, splenica che passano dietro il pancreas. La vena mesenterica superiore diventa la vena porta quando si unisce alla vena splenica.

Per le posizioni linfonodali c’è una significativa variazione individuale. In generale vi sono due sistemi di linfonodi che drenano l'organo, uno che circonda i bordi del pancreas, l'altro associato alla superficie anteriore dell'aorta e del tronco celiaco. Ai vari gruppi linfonodali sono stati assegnati "numeri di stazione" utilizzabili per designare la loro posizione. I vasi linfatici iniziano nell'interstizio del pancreas e naturalmente con i vasi sanguigni e i nervi drenano ai gruppi linfonodali e poi al dotto toracico.

Un ricco plesso di nervi autonomici si trova dietro la testa, il collo e il corpo del pancreas e si connette ai gangli celiaci che si trovano lungo l'aorta. (28)

Embriologicamente quest’organo deriva dalla fusione di 2 abbozzi di origine endodermica: un abbozzo ventrale, da cui derivano la porzione inferiore della testa ed il processo uncinato, ed uno dorsale, che dà origine alla parte superiore della testa, al corpo e alla coda. Il dotto che origina dall’abbozzo ventrale si unisce al coledoco e costituisce il dotto pancreatico principale (o di Wirsung); il dotto che origina dall’abbozzo dorsale, invece, drena direttamente nel duodeno costituendo il dotto accessorio (o di Santorini). I due dotti si fondono nella testa pancreatica in modo tale che il pancreas esocrino dreni attraverso il dotto di Wirsung, il quale confluisce nell’ampolla di Vater insieme al dotto biliare comune, sulla faccia mediale della seconda

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porzione del duodeno. Il flusso delle secrezioni pancreato-biliari è regolato dallo sfintere di Oddi, un gruppo di fibre muscolari posto all’altezza dell’ampolla di Vater.

Il pancreas è una ghiandola anficrina costituita da una preponderante componente esocrina e da una endocrina: la prima, formata da strutture acinari, assicura la produzione giornaliera di un litro di succo pancreatico, ricco di acqua, elettroliti ed enzimi con funzioni digestive, mentre la seconda, costituita dalle isole del Langerhans, è responsabile della sintesi di ormoni deputati alla regolazione del metabolismo glucidico (insulina e glucagone) e delle secrezioni gastrointestinali (somatostatina e polipeptide PP).

1.6)

Anatomia Patologica

Il carcinoma duttale del pancreas (CPD) con le sue varianti morfologiche costituisce l’80-90% di tutti i tumori del pancreas esocrino, sebbene la componente duttale rappresenti solo il 10-30% del parenchima pancreatico normale. Inoltre, la diagnosi differenziale tra CDP e pancreatite cronica rappresenta una delle sfide più ardue per i patologi dal punto di vista citologico, bioptico e talvolta anche istologico su campioni definitivi di lesioni resecate chirurgicamente.

Precursori del carcinoma invasivo

Il carcinoma del pancreas è un tumore spesso letale, a causa di una diagnosi tardiva, che giunge ad uno stadio generalmente avanzato; perciò il riconoscimento precoce delle sue forme pre-invasive è estremamente importante in termini prognostici, in quanto rappresenta attualmente l’unico modo per poterlo curare.

Si distinguono tre diverse lesioni neoplastiche precursori non invasive: le neoplasie pancreatiche intraepiteliali (PanIN), che sono reperti esclusivamente microscopici, le neoplasie papillari mucinose intraduttali (IPMN) e le neoplasie cistiche mucinose (MCN),

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• Neoplasie pancreatiche intraepiteliali (PanIN): la neoplasia intraepiteliale pancreatica (PanIN) è la lesione precursore più comune del CPD e si ritiene che la maggior parte dei CPD derivino da PanIN. Hulst (Boerhaave Laboratory, Leiden, Paesi Bassi) è stato il primo a descrivere questa lesione microscopica, un secolo fa, come una lesione a metà fra il tessuto normale e carcinoma invasivo. Queste lesioni si sono dimostrate più comuni in pancreas con un carcinoma invasivo che in pancreas senza cancro. La PanIN si trova nel 82% dei pancreas con carcinoma invasivo, nel 60% di pancreas con pancreatite cronica e nel 16% di pancreas normali.

Entrambi i sessi sono ugualmente colpiti da tali neoplasie, la cui incidenza tende ad aumentare con l'età. Nei pazienti con anamnesi familiare positiva per adenocarcinoma pancreatico, PanIN si verifica in genere multifocalmente.

A causa delle loro piccole dimensioni (per definizione < 0,5 cm), è impossibile rilevare le PanIN sull'imaging non invasivo.

Solo i risultati non specifici, come l'atrofia lobulare e la fibrosi, possono suggerire la loro presenza. Le PanIN non sono associate a segni o sintomi clinici specifici e sono tipicamente trovate incidentalmente in resezioni o campioni di biopsia. La maggior parte degli studi dimostra che la PanIN è più comune nella testa della ghiandola, che non nella coda.

Le PanIN sono tumori non invasivi, microscopici, epiteliali e per definizione coinvolgono condotti pancreatici inferiori a 0,5 cm di diametro. Inizialmente si pensava che la PanIN nascesse solo da piccoli dotti; diverse segnalazioni di casi hanno suggerito tuttavia che alcune PanIN possono derivare da dotti più grandi, tra cui il dotto principale. Alcune PanIN possono causare ostruzione e dilatazione retrograda: ciò può rendere difficile la diagnosi differenziale con una neoplasia mucinosa intraduttale papillare (IPMN). Le PanIN sono caratterizzate da cellule cuboidali ‐ colonnare con quantità variabili di mucina citoplasmatica apicale e vari gradi di atipia citologica. Le PanIN quasi sempre mostrano la differenziazione gastrica ‐ foveolare e hanno un'architettura micropapillare o piatta.

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Dal punto di vista classificativo si distinguono 3 gradi nella progressione di PanIN, sulla base del crescente grado di atipia epiteliale e complessità architettonica: PanIN ‐ 1,

PanIN ‐ 2, e PanIN ‐ 3.(Figura n.4)

Figura n.4: Progressione patologica PanIN (Lodewijk A. A. Brosens et al. Pancreatic adenocarcinoma pathology: changing “landscape”, Journal of Gastrointestinal Oncology, 2015)

Le lesioni PanIN ‐ 1 sono caratterizzate da atipia nucleare minima, nucleoli poco appariscenti e figure mitotiche assenti, e possono essere ulteriormente suddivise in tipi piatti (PanIN ‐ 1A) e micropapillari con una leggera stratificazione nucleare (PanIN ‐ 1B). A causa dell'assenza di atipia nucleare e della presenza di mucina, che non è normalmente osservata nelle cellule duttali pancreatiche senza colorazione istochimica, queste lesioni sono state precedentemente designate come "metaplasia mucinosa" o "ipertrofia delle cellule mucose".

L'atipia nucleare moderata, la pseudostratificazione, la perdita di polarità, l'ipercromasia e le rare figure mitotiche sono caratteristiche delle PanIN ‐ 2.

Le lesioni PanIN ‐ 3 hanno segni di atipia, contengono figure mitotiche, mostrano perdita di polarità e hanno un'architettura papillare, micropapillare od occasionale. Possono essere presenti strutture cribriformi, necrosi e tufting delle cellule epiteliali nel lume. La PanIN ‐ 3 si trova quasi esclusivamente in associazione con il CDP invasivo. Questa

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caratteristica è così sorprendente che, in un pancreas senza un CDP, una lesione PanIN ‐ 3 può servire come un marcatore surrogato per l'invasione altrove. Quando il CDP è presente, PanIN ‐ 3 è molto difficile da differenziare dal carcinoma infiltrante, crescendo in condotti pancreatici preesistenti. Le indicazioni per questo fenomeno, la cosiddetta cancerizzazione duttale, sono una stretta vicinanza di un carcinoma invasivo a una lesione duttale, una transizione improvvisa dall'epitelio altamente atipico al normale, nonché ostruzione luminale e distruzione duttale.

Recentemente, un gruppo di esperti ha consigliato di utilizzare un sistema di classificazione a due livelli con PanIN di basso grado (ex PanIN ‐ 1 (A/B) e PanIN ‐ 2) e

PanIN di alto grado (ex PanIN ‐ 3), a causa della scarsa concordanza interosservatore tra

PanIN ‐ 1 e PanIN ‐ 2 . Inoltre, sia PanIN ‐ 1 che PanIN ‐ 2 mostrano una progressione molto limitata al CDP.

Ci sono alcune descrizioni di varianti morfologiche rare di PanIN, senza alcun ulteriore significato biologico o clinico:

• tipo a ghiandole schiumose: associato con il sottotipo schiumoso del carcinoma pancreatico ed è caratterizzato da cellule schiumose;

• tipo oncocitico con nucleo granulare, citoplasma eosinofilo e nuclei rotondi con nucleoli evidenti

• tipo intestinale con cellule a calice e nuclei pseudostratificati.

Tuttavia, il tipo intestinale e il tipo oncocitico PanIN potrebbero essere manifestazioni precoci di IPMN.

PanIN mostra una maggiore espressione di MUC1/EMA e la mucina gastrica foveolare, MUC5AC in gradi superiori di displasia. (30)

• Neoplasie papillari mucinose intraduttali (IPMN): la prima descrizione di ciò che è ora conosciuto come neoplasie mucinose papillari intraduttali (IPMN) del pancreas, risale probabilmente a 1936, come una lesione pancreatica con la formazione di cisti

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"Aneurysma ‐ like", la crescita papillare dell'epitelio e la produzione di mucina. Fino al 1994, questi tumori avevano nomi diversi, ognuno dei quali enfatizzava una caratteristica morfologica diversa del tumore. Nel 1994, tutte queste entità sono state raggruppate insieme sotto il termine "neoplasia mucinosa intraduttale papillare". Inizialmente, la IPMN era considerata una malattia di uomini più anziani, fumatori di sigarette. Tuttavia, una meta ‐ analisi ha mostrato che ci sono differenze geografiche nel sesso dei pazienti con una IPMN. In Asia, i main duct (MD ‐ IPMN) e branch duct (BD ‐ IPMN) IPMN colpiscono più uomini rispetto alle donne.

Negli Stati Uniti e in Europa, MD ‐ IPMN colpiscono più uomini, mentre BD ‐ IPMN colpiscono più donne. In tutto il mondo, l'età media dei pazienti al momento della diagnosi di IPMN è di 60 – 66 anni.

Solo una minoranza sviluppa un CDP da una IPMN: l’età media di diagnosi dei pazienti affetti da IPMN con CDP è di 3 – 6 anni più vecchia dell'età media dei pazienti al momento della diagnosi di IPMN.

Le IPMN si vedono più frequentemente in pazienti con anamnesi familiare di carcinoma pancreatico, sindrome di Peutz – Jeghers, poliposi adenomatosa familiare (FAP), sindrome di Lynch, complesso di Carney e sindrome di McCune ‐ Albright .

A causa della diffusa attuazione di tecniche di imaging addominale a sezione trasversale, le cisti macroscopiche pancreatiche come IPMN sono risultati relativamente comuni. Se si considerano solo le cisti di dimensioni superiori a 0,5 cm nei pazienti che hanno registrato altre indicazioni rispetto alla patologia pancreatica e senza anamnesi di patologia pancreatica, la prevalenza è del 10 – 21%. Una popolazione più giovane e parzialmente sana, scansionata in un centro per la medicina preventiva, ha avuto una prevalenza molto più bassa di 2,4%. Naturalmente, non tutte le cisti pancreatiche sono IPMN. Circa un terzo delle cisti pancreatiche asintomatiche resecate sembra essere una IPMN.

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Le IPMN si trovano più frequentemente nel pancreas prossimale (la testa pancreatica e il processo uncinato). Sulla base del coinvolgimento dei diversi condotti pancreatici sull'esame radiologico e patologico, le IPMN sono classificate come MD ‐ IPMN (main duct type, centrali), BD ‐ IPMN (branch duct type, periferici) o tipo misto IPMN . Tuttavia, vi è una notevole discrepanza tra la valutazione radiologica e istopatologica dei condotti coinvolti: gli studi hanno dimostrato che il condotto principale mostra spesso un certo grado di coinvolgimento, anche in IPMN che erano classiche BD ‐ IPMN per imaging radiologico.

I dati di studi multipli hanno evidenziato che il carcinoma invasivo era presente nel 43,6% delle MD ‐ IPMN, nel 45,3% delle IPMN di tipo misto, e nel 16,6% delle BD-IPMN. IPMN sono state definite come lesioni prevalentemente papillari o raramente piatte, ovvero neoplasie epiteliali non invasive, secernenti mucina che si originano nel dotto pancreatico principale o nei dotti ramificati. Per definizione, una IPMN è di almeno 1,0 cm di diametro. Una lesione precursore neoplastica intraduttale che sia più grande di una PanIN (0.5 cm), ma più piccola di una vera IPMN (< 1,0 cm) può essere o una grande PanIN o una piccola IPMN. (30)

In particolare, la main duct IPMN è più frequentemente associata a malignità (70% nei casi chirurgici), in particolare a carcinoma invasivo nel 43% dei casi, rispetto alla branch duct type IPMN che mostra percentuali inferiori, rispettivamente del 25% e 15%. Inoltre, la maggior parte dei casi di branch duct type IPMN è asintomatica ed ha una prognosi migliore rispetto alla main duct IPMN. La maggior parte delle IPMN è di tipo branch duct.

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Figura n.5: subtipizzazione istologica IPMN ( Jessica A Smith et al. Precursors to invasive pancreatic cancer, Gastrointestinal Cancer Target and Therapy, Dovepress, 2012)

Analogamente a PanIN, una riunione di consenso ha raccomandato di sostituire l'attuale sistema di classificazione a tre livelli con un sistema di classificazione a due livelli, per una migliore riproducibilità e valutazione del rischio. Così "IPMN con displasia di basso grado" e "IPMN con displasia di grado intermedio" sono state raggruppate nella categoria di "IPMN a basso grado" , mentre "IPMN con displasia di alto grado" è stata rinominata "IPMN ad alto grado”.

Le IPMN sono sub-tipizzate in base alla loro direzione di differenziazione in senso gastrico, intestinale, pancreatobiliare o oncocitico .

IPMN di tipo gastrico (30-40% dei casi) è caratterizzata da cellule che assomigliano

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con nuclei basalmente orientati e abbondante citoplasma mucinoso. Il modello di crescita può essere piatto, papillare o tubolare. (Figura n.5a)

IPMN tipo pacreatico-biliare IPMN (20% dei casi) presenta cellule povere di mucina, con

nuclei variabili in dimensioni, forma e dotati di contorni irregolari, come di nucleoli prominenti. Le caratteristiche istologiche del tipo pacreaticobiliare sono molto simili al tipo gastrico: alcune persone considerano queste come la stessa entità ma con diversi gradi di displasia, dove IPMN di tipo gastrico rappresenta la variante displastica di basso grado, mentre il tipo pancreatico-biliare la variante displastica di alto grado. (Figura n.5c) IPMN di tipo gastrico è raramente associato a displasia di alto grado e ha il minor rischio di carcinoma invasivo, mentre il tipo di pancreaticobiliare ‐ IPMN ha il comportamento più aggressivo.

IPMN di tipo intestinale (30-40% dei casi) è morfologicamente simile ad un adenoma

dei villi colici. I nuclei delle cellule sono ipercromatici, allungati, mostrano un certo grado di pseudostratificazione e contengono quantità variabili di mucina intracellulare. Si possono osservare cellule a calice disperse.

Le papille sono tipicamente lunghe e occasionalmente ramificate. Questo sottotipo coinvolge più frequentemente il condotto principale. (Figura n.5b)

IPMN di tipo oncocitico è un'entità rara, caratterizzata da cellule con abbondante

citoplasma eosinofilo, a causa dell'accumulo di mitocondri. I nuclei di queste cellule oncocitiche contengono un singolo, prominente nucleolo eccentrico. Il modello di crescita di queste IPMN è distintivo, sotto forma di papille ramificate, rivestite da uno a cinque strati di cellule cuboidali. Una caratteristica specifica sono gli spazi perforati nell'epitelio. (Figura n.5d)

La classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità 2010 dei tumori del sistema digestivo ha fornito un aiuto immunoistochimico per la sub-tipizzazione di queste IPMN per mezzo della presenza o meno di glicoproteine e mucina.

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Tutte gli IPMN sono positivi per MUC5AC, mentre IPMN di tipo intestinale mostrano anche positività per MUC2 e CDX2, e il tipo pancreatico-biliare per MUC1/EMA.

IPMN di tipo oncocitico mostra una maggiore positività per MUC6 che per MUC5AC. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che alcune IPMN non sono classificabili a causa della loro morfologia e del loro immunofenotipo, che non sono caratteristici. La differenziazione epiteliale mista rende impossibile la sub-tipizzazione nel 25% dei casi. A causa di questi motivi, nonché della moderata concordanza inter-osservatore per la classificazione morfologica dell'IPMN pancreatico, la loro subtipizzazione ha una scarsa riproducibilità.

Il fatto che gli studi abbiano riportato differenze di prognosi tra i vari sottotipi di IPMN, nonostante la scarsa riproducibilità, suggerisce che le associazioni tra tipo istologico e prognosi possono essere ancora più forti di quanto riferito. (30)

I carcinomi invasivi associati a IPMN sono frequentemente di tipo colloide ed hanno una prognosi generalmente migliore rispetto al CPD convenzionale.

• Neoplasie mucinose cistiche: neoplasie con alta prevalenza nel sesso femminile, localizzate più frequentemente a livello della coda del pancreas, costituite da un epitelio colonnare di rivestimento, muco-secernente soprastante uno stroma sottoepiteliale di tipo ovarico (32) (33). Si distinguono in forme non invasive (a basso ed alto grado) e forme

invasive, in cui l’estensione dell’infiltrazione carcinomatosa rappresenta un importante fattore prognostico (34); i focolai invasivi, pur presentando caratteristiche analoghe al

CDP convenzionale, se circoscritti nel contesto della neoplasia, senza infiltrazione della capsula tumorale, presentano una buona prognosi.

Macroscopia CDP

Il carcinoma pancreatico duttale si presenta come una massa solida, di colore bianco-grigiastro, di consistenza duro-lignea, a margini infiltrativi; talora può presentare aspetti disomogenei-cistici, come conseguenza di modificazioni regressive, di tipo necrotico-emorragico.

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Si può localizzare a livello di :

- testa del pancreas ( 2/3 dei casi), di dimensioni di 2-3 cm in media, determinando una stenosi del coledoco terminale e del dotto di Wirsung, fino all’estensione nella papilla di Vater e all’infiltrazione del duodeno nelle forme più avanzate.

- corpo e coda del pancreas, di dimensioni medie di 5-7 cm, con tendenza all’invasione del retroperitoneo, stomaco, omento, colon, milza e surreni.

L’esame macroscopico è fondamentale per distinguere il CPD convenzionali da quelli insorti su neoplasie mucinose IPMN e MCN e per valutare la completezza della resezione chirurgica e, poiché la sede più frequente di recidiva è la porzione retroperitoneale posteriore del pancreas, il tessuto più importante da studiare è il tessuto adiposo, fibroso peripancreatico, che corre posteriormente alla testa del pancreas e dorso-lateralmente all’arteria mesenterica superiore.

Microscopia CDP

Il carcinoma pancreatico duttale si caratterizza per una proliferazione di strutture tubulo-ghiandolari, diffusamente infiltranti, immerse in un abbondante stroma desmoplastico.

La componente ghiandolare ricorda, in misura variabile l’epitelio duttale pancreatico, ma senza i caratteri distintivi rispetto all’epitelio del sistema biliare o della papilla di Vater. Il grading si basa su criteri citoarchitetturali e prevede tre gradi: G1, G2, G3, con presenza di strutture tubulari rispettivamente altamente, moderatamente e scarsamente differenziate. (35) Tuttavia, questo grading presenta delle limitazioni

d’applicazione, a causa della grande eterogeneità tumorale e della presenza di una componente scarsamente differenziata, anche se variabile quantitativamente, nella maggior parte dei carcinomi altamente-moderatamente differenziati.

L’invasività è il tratto peculiare del CDP: le ghiandole neoplastiche non rimangono limitate alla massa principale del tumore ma invadono diffusamente il parenchima

(37)

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pancreatico circostante, i setti connettivali interlobulari, le strutture vascolari, i tronchi nervosi e il tessuto peripancreatico.

Immunoistochimica CDP

Le cellule ghiandolari neoplastiche del CDP presentano positività per il CEA, CA19.9, DU-PAN-2, citocheratine 7, 8, 18, 19 e raramente per la citocheratina 20. In particolare,

esprimono le apomucine MUC1 e MUC5AC, segno di transdifferenziazione gastrica (35),

mentre MUC2 è presente in una minoranza dei casi, soprattutto nei carcinomi colloidi associati alle IPMN di tipo intestinale. I due marcatori più utilizzati nella distinzione fra le ghiandole neoplastiche e quelle della pancreatite cronica sono SMAD 4/DPC4 e la positività di P53, anche se non sono così sensibili e specifici. (36)

Varianti dell’adenocarcinoma

A fianco del CDP convenzionale esiste un gruppo di carcinomi con caratteristiche istologiche peculiari, ma che non trovano riscontro dal punto di vista clinico, ed un gruppo di istotipi tumorali importanti da riconoscere per loro implicazioni clinico-patologiche.

Nel primo gruppo si distinguono:

• Carcinoma a cellule schiumose: cellule con citoplasma microvescicolare

prominente, che conferisce l’aspetto “schiumoso”. (37)

• Carcinoma a cellule chiare: cellule con abbondante citoplasma chiaro, simile a quello delle cellule di carcinoma renale, con il quale la diagnosi differenziale si basa sull’anamnesi, sull’assenza di mucina e sulla positività per CD10. (38)

• Carcinoma a grandi dotti: presenza di strutture ghiandolari estremamente ben differenziate, la cui natura neoplastica è suggerita dalla distribuzione disordinata e dalla frequente infiltrazione della parete duodenale. (39)

(38)

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• Carcinoma adenosquamoso: 1-4% di tutti i tumori del pancreas, composto dall’associazione di due componenti neoplastiche, una ghiandolare ed una squamosa, che per definizione deve rappresentare almeno il 30% della lesione. Dal punto di vista del profilo immunoistochimico la componente squamosa esprime CK5/6 e p63, mentre entrambe le componenti mostrano MUC-1 positività. La diagnosi differenziale dal carcinoma squamoso primitivo pancreatico si basa sull’esclusione di una componente ghiandolare maligna, mentre l’esclusione di un carcinoma metastatico si basa sulle informazioni cliniche.

La prognosi è pessima con una sopravvivenza peggiore del CPD convenzionale(7-11 mesi). (40)

• Carcinoma colloide: è un adenocarcinoma infiltrante caratterizzato dalla presenza di cellule neoplastiche ben differenziate che producono muco e sono disperse in grandi laghi di muco. Quasi sempre associato ad un IPMN di tipo intestinale ed esprime i marcatori di tipo intestinale MUC2 e CDX2, che sono di solito assenti nel CDP convenzionali. La prognosi è favorevole, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 57%.

(41)

• Carcinoma a cellule disperse ad anello con castone (signet ring cell): carcinoma costituito da cellule non coese, infiltranti, con produzione di mucina intracitoplasmatica. Frequentemente associato a CPD di tipo classico (convenzionalmente non superiore al 50%). È necessario escludere metastasi pancreatiche da carcinomi a cellule disperse di stomaco e mammella. La prognosi secondo gli scarsi dati di sopravvivenza sembrerebbe estremamente severa. (42)

• Carcinoma epatoide: carcinoma estremamente raro in forma pura, costituito da cellule poligonali con abbondante citoplasma eosinofilo, che possono formare strutture simil-canalicoli biliari. L’immunoistochimica della componente non ghiandolare mostra una positività per i marcatori epatocellulari Hep-Par-1 e per il CD10. Data l’estrema rarità di questa variante, non è possibile stabilire quanto differisca la prognosi dal CPD convenzionale. (43)

(39)

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• Carcinoma midollare: carcinoma macroscopicamente di consistenza soffice a differenza del CPD convenzionale, costituito da cellule scarsamente differenziate, ad elevato indice mitotico con una crescita di tipo solido e margini di crescita espansivi, oltre che caratterizzato dalla presenza di un infiltrato peri-intratumorale di linfociti T, CD3 positivi. (44) L’analisi immunoistochimica mostra un’instabilità dei microsatelliti, in

particolare con la perdita di MLH 1 o MSH 2. (45) Tale istotipo ha una prognosi migliore

rispetto al CDP convenzionale nonostante la scarsa differenziazione e sembrerebbe sensibile al platino e agli inibitori di PARP. (46)

• Carcinoma indifferenziato: neoplasia epiteliale maligna senza una definita linea differenziativa, che può presentarsi in forma pura o in associazione con altre neoplasie pancreatiche. Si presenta come una massa di grandi dimensioni, diffusamente necrotica ed invasiva. Al microscopio ottico si riscontrano cellule mononucleari altamente pleomorfiche, frammiste a cellule giganti multinucleate ed a cellule fusate di tipo sarcomatoso. (47)

L’immunoistochimica mostra una differenziazione in senso epiteliale con espressione di citocheratine e MUC1 nella componente epiteliomorfa, e in senso sarcomatoso con l’espressione di vimentina e actina nelle cellule simil-sarcomatose. La diagnosi differenziale deve essere posta con linfoma, melanoma, neoplasie germinali e metastasi di sarcoma. La prognosi è severa con una sopravvivenza inferiore ai 6 mesi.

• Carcinoma indifferenziato a cellule giganti simil- osteoclastiche: neoplasia composta da cellule pleomorfe mononucleate, cellule giganti multinucleate, non neoplastiche, di tipo osteoclastico ed abbondanti nelle aree necrotiche- emorragiche, che caratterizzano questa variante neoplastica, spesso accompagnate dalla presenza di materiale osteoide e tessuto osseo neoformato. (48)

All’immunoistochimica le cellule simil-osteoclastiche mostrano positività per i marcatori di tipo linfocitario/macrofagico, CD45 e CD68, mentre la componente cellulare mononucleata maligna presenta immunoreattività per le citocheratine.

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