I 77 pazienti coinvolti nello studio hanno effettuato un totale di 578 cicli di chemioterapia, suddivisi in 196 per i 39 pazienti del gruppo A e 382 per i 38 pazienti del gruppo B.
Nel braccio di controllo A il trattamento con Gemcitabina è stato completato nel 62% dei casi, mentre nel gruppo B il trattamento con FOLFOXIRI è stato completato nel 71% dei casi.
147
Complessivamente un ritardo nella somministrazione di un ciclo di trattamento si è verificato nel 66% dei pazienti; in particolare più frequentemente per il braccio sperimentale B (33/38 pazienti, 86%) rispetto al braccio di controllo A (18/39 pazienti, 46%).
Una riduzione della dose si è registrata in 37 dei 77 pazienti totali; in particolare nel braccio di controllo A in 18 pazienti su 39 (46%), mentre nel braccio sperimentale B in 19 pazienti su 38 (50%).
Nel braccio con Gemcitabina le cause principali di interruzione del trattamento sono state: ricorrenza della malattia (18%), rifiuto del paziente (8%), reazioni avverse/tossicità (5%), altre cause (5%), decisione clinica (3%).
Analogamente nel braccio con FOLFOXIRI le cause principali di interruzione del trattamento sono state: ricorrenza della malattia (18%), reazioni avverse/ tossicità (5%) ed altre cause (5%) ( tabella n.9).
Tabella n.9: Tollerabilità trattamento Gemcitabina vs FOLFOXIRI
GEMCITABINA FOLFOXIRI N (%) N (%) TRATTAMENTO COMPLETATO 26/39 (61,54%) 27/38 (71,05%) RITARDO DI UN CICLO DI TRATTAMENTO 18/39 (46,15%) 33/38 (86,84%)
RIDUZIONE DELLA DOSE 18/39 (46,15%) 19/38 (50%)
INTERRUZIONE TRATTAMENTO - Ricorrenza di Malattia
- Decisione medica - Reazioni avverse - Rifiuto del paziente
- Altre cause 7/39 (17,95%) 1/39 (2,56%) 2/39 (5,13%) 3/39 (7,69%) 2/39 (5,13%) 7/38 (18,42%) 0 (0%) 2/38 (5,26%) 0 (0%) 2/38 (5,26%)
148
3.4.1) Tossicità trattamento Gemcitabina
Le tossicità di grado elevato (G3-G4) associate al trattamento con Gemcitabina si sono presentate in 12 pazienti (31%) e le più frequenti riscontrate sono state: neutropenia (23% dei casi) e tossicità non ematologica (8% dei casi).
Le tossicità di grado G1-G2 invece sono principalmente rappresentate da: anemia (62%), fatigue (54%), nausea (41%), febbre senza neutropenia (38%), neutropenia (26%), trombocitopenia (26%), diarrea (23%), stomatite (15%), vomito (8%), rash cutaneo (5%), ipertensione (5%), sindrome colinergica (3%) (tabella n.10).
G1-G2 G3-G4 N (%) N (%) Anemia 24/39 (61,54%) 1/39 (2,56%) Neutropenia 10/39 (25,64%) 9/39 (23,07%) Trombocitopenia 10/39 (25,64%) 1/39 (2,56%) Nausea 16/39 (41,02%) 0/39 (0%) Vomito 3/39 (7,69%) 0/39 (0%) Diarrea 9/39 (23,08%) 1/39 (2,56%) Stomatite 6/39 (15,38%) 0/39 (0%) Neurotossicità 2/39 (5,12%) 0/39 (0%) Fatigue 21/39 (53,85%) 2/39 (5,13%) Febbre senza neutropenia 15/39 (38,47%) 0/39 (0%) Sindrome colinergica 1/39 (2,56%) 0/39 (0%) Ipertensione 2/39 (5,13%) 0/39 (0%) Rash cutaneo 2/39 (5,13%) 0/39 (0%)
149
3.4.2) Tossicità trattamento FOLFOXIRI
Le tossicità di grado G3-G4 si sono presentate in 24 pazienti (63%) e le più frequenti registrate sono state: tossicità ematologica (53%), in particolare neutropenia (53%) e tossicità non ematologica (16%).
FOLFOXIRI ha aumentato in modo significativo il rischio di neutropenia di grado 3 e 4 rispetto a Gemcitabina (53% verso 23%; p=0,007), anche se non sono state registrate neutropenie febbrili.
In profilassi primaria o secondaria sono stati utilizzati fattori di crescita granulocitari con maggior frequenza nel braccio con FOLFOXIRI rispetto a gemcitabina (10 verso 1 pazienti) per contrastare le neutropenie di grado elevato.
Le altre tossicità di grado 3 e 4 non risultano significativamente diverse fra i due bracci. Le tossicità di grado minore si distinguono in G1 e G2 e includono principalmente: nausea (61%), anemia (61%), diarrea (55%), fatigue (53%), neurotossicità (50%), stomatite (42%), trombocitopenia (39%), vomito (29%), neutropenia (26%), febbre senza neutropenia (21%), sindrome mano-piede (13%), rash cutaneo (11%) (tabella n.11).
150 Tabella n.11: Tossicità trattamento FOLFOXIRI
G1-G2 G3-G4 Anemia 22/38(60,89%) 1/38(2,63%) Neutropenia 10/38(26,32%) 20/38(52,63%) Trombocitopenia 15/38(39,47%) 0/38(0%) Nausea 23/38(60,52%) 1/38(2,63%) Vomito 11/38(28,96%) 1/38(2,63%) Diarrea 21/38(55,27%) 2/38(5,26%) Stomatite 16/38(42,11%) 1/38(2,63%) Neurotossicità 19/38(50%) 2/38(5,26%) Sindrome mano-piede 5/38(13,16%) 0/38(0%) Fatigue 20/38(52,63%) 1/38(2,63%) Febbre senza neutropenia 8/38(21,05%) 0/38(0%) Rash cutaneo 4/38(10,52%) 0/38(0%)
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4. Discussione
Il carcinoma pancreatico rappresenta la settima neoplasia in ordine di mortalità a livello mondiale, la quarta negli Stati Uniti (2), a causa di una diagnosi spesso tardiva, essendo
una malattia silente per gran parte della propria storia naturale. Infatti, al momento della diagnosi l’80% dei pazienti è affetto da tumori in fase localmente avanzata/ metastatici e solo il 20% si trova in una fase di malattia precoce, potenzialmente curabile. (27)
Tuttavia, la sopravvivenza globale dei pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico resecabile, a seguito di intervento chirurgico è in media di 12-15 mesi con un tasso di ripresa di malattia pari all’80% a distanza e al 20% a livello locale, a causa della presenza di micrometastasi occulte generatesi fin dagli stadi più precoci. (139)
Quindi l’utilizzo di un trattamento chemioterapico adiuvante post resezione del tumore pancreatico è fondamentale in tale ambito per ridurre il rischio di recidiva e migliorare la sopravvivenza dei pazienti di almeno l’11% a 5 anni.
Lo studio CONKO-001 è stato il primo a dimostrare l’efficacia del trattamento a base di gemcitabina con un incremento della DFS a 13,4 mesi, verso i 6,7 mesi del braccio di sola osservazione, della OS (22,8 mesi verso 20,2 mesi) e della sopravvivenza a 5 anni del 10%. (172) (173)
Successivamente, a partire dagli anni 2000, vari studi hanno confrontato la gemcitabina e il 5 fluorouracile, come terapie adiuvanti di carcinomi del pancreas resecati: una meta- analisi pubblicata nel 2015, raggruppante i dati di quattro studi di adiuvante, due di confronto fra gemcitabina verso 5FU/acido folinico e due di confronto fra gemcitabina verso controllo, ha dimostrato una superiorità della gemcitabina rispetto al 5FU/acido folinico in termini di OS e riduzione della mortalità. (177)
Attualmente, in relazione all’aggressività biologica della neoplasia pancreatica sono sempre più i trial di studio di polichemioterapie, già validate per tumori in stadio localmente avanzato/ metastatico, in ambito adiuvante.
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Lo studio GIP-2, oggetto di discussione della tesi, è stato uno studio italiano multicentrico randomizzato di fase III, promosso dall’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, finanziato dalla Regione Toscana-Istituto Toscano Tumori, ed i cui gruppi partecipanti sono:
• GISCAD: Gruppo Italiano per lo Studio dei Carcinomi dell’Apparato Digerente • GOIM: Gruppo Oncologico dell’Italia Meridionale
• GOIRC: Gruppo Oncologico Italiano di Ricerca Clinica • GONO: Gruppo Oncologico del Nord-Ovest
GIP-2 ha avuto come oggetto di studio il confronto fra FOLFOXIRI (5FU, acido folinico, oxaliplatino, irinotecano) e gemcitabina, come terapie adiuvanti in pazienti con carcinoma del pancreas resecato, al fine di comparare la sopravvivenza libera da malattia (DFS), la sopravvivenza globale (OS), la tollerabilità e la sicurezza del trattamento sperimentale fra i due trattamenti.
Lo studio, iniziato in ritardo nel Gennaio 2015 e terminato anticipatamente nel Luglio 2018 per la presentazione dello studio franco-canadese PRODIGE24/CCTG PA.6. all’ASCO, prevedeva una durata complessiva di circa 5 anni, suddivisi in 3 anni di arruolamento e 2 anni di follow up ed ha valutato un totale di 77 pazienti afferenti da 18 centri italiani, randomizzati 1:1 tra i due bracci di trattamento: il braccio di controllo A con Gemcitabina e il braccio sperimentale B con FOLFOXIRI.
Al momento dell’analisi statistica dei dati, Maggio 2019, erano morti 24 pazienti su 77 (31%) e progrediti il 51%; in particolare nel gruppo B è stata riscontrata una minore mortalità (7 pazienti su 38 ; 18%)rispetto al gruppo A (17 pazienti su 39; 44%) con un tasso di progressione più basso (47% verso 64%).
In termini di sopravvivenza libera da malattia mediana il trattamento sperimentale FOLFOXIRI ha dato un vantaggio statisticamente significativo rispetto alla Gemcitabina (30,4 mesi; p=0,038; HR 0.53, 95% CI:0,28-0,97 verso 11,4 mesi) con un tasso di
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sopravvivenza libera da malattia pari al 76% e 52%, a 1 e 2 anni rispettivamente, contro il 47% e 27% corrispondenti del braccio di controllo.
Inoltre, il trattamento sperimentale FOLFOXIRI si è dimostrato efficace nell’allungare l’OS mediana, con un tasso di sopravvivenza a 1, 2 e 3 anni pari rispettivamente al 97%, 83% e 69% e una mediana non ancora raggiunta rispetto alla Gemcitabina, la cui OS mediana era pari a 19,3 mesi con una percentuale di pazienti vivi a 1 anno dell’85%, a 2 anni del 44% e a 3 anni del 33% (HR:0,28, 95%CI:0,11-0,68).
Il trattamento con FOLFOXIRI è risultato tollerabile; una percentuale simile di pazienti è riuscita a tollerare il trattamento sperimentale rispetto alla gemcitabina (71% e 62%) sebbene l’87% dei pazienti abbia avuto un rinvio di almeno una somministrazione e la metà abbiano dovuto effettuare almeno una riduzione di dose.
Dal punto di vista delle tossicità i due trattamenti sono simili per la tipologia di reazioni avverse di grado G3-G4, più frequentemente associate a FOLFOXIRI che a gemcitabina (63% verso 31% dei casi), rappresentate principalmente da forme di tossicità ematologica (53% verso 8%): FOLFOXIRI si associa ad un maggior rischio di neutropenia G3-G4 (53% vs 23%, p=0,007) ma non è stato registrato nessun caso di neutropenia febbrile né decessi associati a complicanze del trattamento.
Per quanto concerne le tossicità di basso grado G1-G2, esse sono state più frequentemente associate a gemcitabina che a FOLFOXIRI (62% verso 37% dei casi). Sebbene lo studio GIP-2 sia stato interrotto precocemente, il trattamento adiuvante con FOLFOXIRI sembra quindi prolungare la DFS e OS in pazienti affetti da cancro al pancreas resecato, rispetto alla gemcitabina, confermando i risultati dello studio PRODIGE24 CCTG PA.6, a supporto dell'uso di questo triplo regime farmacologico in tale contesto.
(268) (269)
Lo studio PRODIGE 24/CCTG PA.6 è uno studio franco-canadese che da aprile 2012 a ottobre 2016 ha arruolato un totale di 493 pazienti in 58 centri in Francia e 19 centri in
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Canada (tasso di arruolamento: 1,4 pazienti/centro/anno, simile a GIP-2), randomizzati a ricevere il regime FOLFIRINOX modificato (247 pazienti) o gemcitabina (246 pazienti). L’associazione FOLFIRINOX prevedeva l’utilizzo di 5-Fluorouracile 2400 mg/mq in infusione ev di 46 ore, Irinotecan 180 mg/mq abbassato a 150 mg/mq per via delle tossicità, Oxaliplatino 85 mg/mq e Acido Folico 400 mg/mq. Questa associazione è molto simile a quella utilizzata nel FOLFOXIRI che prevede la stessa dose di Oxaliplatino, una maggiore dose di 5-Fluorouracile infuso a 3200 mg/mq in infusione continua di 48 ore e di Irinotecan somministrato a 165 mg/mq.
Nello studio franco-canadese, con un follow up di circa 34 mesi, la DFS mediana è stata di 21,6 mesi (95% CI, 17,7 a 27,6) nel gruppo FOLFIRINOX, rispetto ai 12,8 mesi (95% CI, 11,7 a 15,2) nel gruppo gemcitabina (HR:0,58; 95% CI, da 0,46 a 0,73; P<0,001).
I tassi di sopravvivenza liberi da malattia a 1 anno, 2 anni e 3 anni erano del 69,0% (95% CI, 62,6 a 74,6), 47,0% (95% CI, 40,2 a 53,5) e 39,7% (95% CI, 32,8 a 46,6), rispettivamente, nel gruppo FOLFIRINOX, rispetto al 53,7% (95% CI, 47,2 a 59,8), 30,7% (95% CI , rispettivamente da 24,8 a 36,8) e 21,4% (95% CI, 15,8 a 27,5), rispettivamente nel gruppo gemcitabina.
La sopravvivenza mediana complessiva è stata di 54,4 mesi (95% CI, 41,8-non raggiunto) nel gruppo FOLFIRINOX, rispetto a 35,0 mesi (95% CI, 28,7 a 43,9) nel gruppo gemcitabina (HR: 0,64; 95% CI, 0,48 a 0,86; p =0,003). Il tasso di sopravvivenza complessivo a 3 anni è stato del 63,4% (95% CI, 55,7 a 70,1) nel gruppo FOLFIRINOX e del 48,6% (95% CI, 40,9-55,8) nel gruppo gemcitabina.
Anche in questo studio sono stati segnalati maggiori eventi avversi di grado 3 o 4 nel
gruppo FOLFIRINOX (76%) rispetto al gruppo gemcitabina (53%). (270)
GIP-2 è stato ideato in parallelo allo studio PRODIGE-24 nel 2010-2011 e ha avuto finanziamenti per il suo svolgimento dalla Regione Toscana (sede del centro promotore) attraverso l’Istituto Toscano Tumori, e dall’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) a conferma dell’interesse del quesito in studio. Un punto di forza dello studio è la sua
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indipendenza dalle aziende farmaceutiche; è stato infatti uno studio promosso da gruppi oncologici coordinatori nazionali, senza supporto di aziende private, non interessate allo studio in quanto i farmaci in studio sono tutti farmaci generici. Inoltre è stato condotto in diversi centri sparsi sul territorio nazionale e diversi per volume di attività e caratteristiche, rendendo i risultati applicabili nella pratica clinica quotidiana.
I risultati dello studio GIP-2 sono abbastanza allineati con quelli di PRODIGE-24 con una DFS mediana e una sopravvivenza a 3 anni nei pazienti trattati con il regime a 3 farmaci molto simile nei due studi. Il braccio di controllo con Gemcitabina, nonostante una DFS mediana simile (11,3 e 12,8 mesi), presenta però differenze in sopravvivenza significative tra i 2 studi con una mediana di OS più simile a quanto precedentemente riportato in letteratura per lo studio GIP-2 rispetto al PRODIGE (19.3 e 30,4 mesi).
Limiti principali dello studio GIP-2 risiedono nella limitata numerosità del campione che non consente di avere stime precise dell’effetto del trattamento sperimentale e che prevede un’alta probabilità di errori di primo e secondo tipo. Purtroppo l’arruolamento nello studio è stato più lento e difficoltoso del previsto. Lo studio è partito in ritardo per tempistiche di approvazione e sottomissione ai vari centri che sono state più lunghe del previsto. Il disegno e la scrittura del protocollo sono stati del 2010-2011, nel 2011-2012 è stato approvato il primo finanziamento per lo studio, il primo paziente è stato arruolato solo nel 2015. L’analisi dei pazienti non inclusi nello studio nel periodo di attività dello stesso, inoltre, fa vedere come i pazienti arruolati rappresentino solo una minoranza del 15-20% della totalità dei pazienti osservati; infatti, molti pazienti non hanno rispettato i criteri di inclusione ed esclusione principalmente per presenza di malattia più avanzata (circa il 20% degli esclusi) o per condizioni generali non adeguate (oltre il 50%).
Considerando i risultati di GIP-2 e di PRODIGE-24, un trattamento con 3 farmaci come il FOLFOXIRI rappresenta il nuovo standard di chemioterapia adiuvante per i pazienti con carcinoma del pancreas resecato, sottoposti ad intervento radicale senza segni di
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recidiva di malattia, in buone condizioni generali e con buon recupero postoperatorio. È necessario nel prossimo futuro valutare l’utilizzo del trattamento in differenti setting (ad esempio in fase preoperatoria o perioperatoria) per cercare di aumentare il numero di pazienti eleggibili per questa strategia.
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