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1.15.1) Il ruolo della chirurgia

Il CP borderline resecabile o localmente avanzato rappresenta il 30% dei tumori del pancreas al momento della diagnosi.

Essi si caratterizzano per una valutazione iniziale e un trattamento successivo di tipo multidisciplinare, beneficiando di un trattamento neoadiuvante, prima ancora di un’esplorazione chirurgica, per poi effettuare una ri-stadiazione, al fine di valutare la possibilità di una resezione chirurgica; in particolare circa un terzo dei pazienti giunge

al tavolo operatorio dopo un’opportuna terapia medica oncologica. (194) La prognosi dei

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eseguire una resezione chirurgica: i pazienti che subiscono una resezione chirurgica post CT neoadiuvante hanno una sopravvivenza simile a quella dei pazienti con tumore resecabili, mentre i tumori non resecabili hanno sopravvivenza media di 8,4 mesi. I tumori del pancreas localmente avanzati che possono andare incontro a chirurgia post CT neoadiuvante, di tipo radicale (R0) hanno una sopravvivenza media di 20,5 mesi. Le principali problematiche del carcinoma pancreatico localmente avanzato sono rappresentate dai sintomi derivati dall’estensione locale della malattia (ittero, dolore, ostruzione duodenale, insufficienza pancreatica, ecc) e dall’elevato rischio di diffusione metastatica attraverso i vasi sanguigni, linfatici e plessi perineurale e perivascolari (195).

Quindi gli obiettivi del trattamento sono il controllo e/o la regressione della malattia, il controllo dei sintomi, il mantenimento della qualità di vita e la prevenzione dello sviluppo delle metastasi.

A seguito della terapia neoadiuvante la ristadiazione è sempre più difficile: la radiologia potrebbe essere insufficiente nel giudicare il coinvolgimento dei vasi peripancreatici, dato che il tessuto di sospetto attorno ad i vasi, visibile agli accertamenti radiologici pre- operatori potrebbe essere soltanto fibrosi, esito della terapia somministrata.

Katz e colleghi hanno dimostrato che la stadiazione clinica e la stadiazione patologica potrebbero non coincidere più dopo la terapia neoadiuvante in caso di CP borderline resecabile. In particolare, l’esplorazione chirurgica di 129 pazienti sottoposti a chirurgia post terapia neoadiuvante ha portato, di fronte ad un down staging clinico dell’1%, ad un 66% di pazienti che ha ricevuto resezione chirurgica con un tasso di R0 pari al 95%

(196).

Ferrone e colleghi hanno poi dimostrato come dopo un trattamento chemioterapico con FOLFIRINOX (acido folinico, 5 fluoro uracile, irinotecan e oxaliplatino) il 92% dei CP giudicati pre-operatoriamente come non resecabili è stato trattato chirurgicamente in maniera radicale con maggiori tassi di R0 e minori tassi di positività linfonodale ed infiltrazione perineurale. (197)

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Quindi la terapia neoadiuvante agisce più sulla biologia del tumore che sulle sue dimensioni e la chirurgia del CP con resezioni vascolari potrebbe consentire di ottenere la radicalità oncologica e migliori tassi di sopravvivenza. (198)

In caso di malattia radiologicamente stabile, o in riduzione volumetrica, ed in presenza di una riduzione del marcatore tumorale CA19.9, l’esplorazione chirurgica rappresenta la scelta adeguata solo se si presume di poter giungere alla radicalità oncologica.

1.15.2) Chemioterapia Primaria

Vi è ormai l’evidenza da diversi decenni che l’utilizzo della chemioterapia in questo ambito consente di ottenere migliori risultati in termini di sopravvivenza globale. Infatti già gli studi di Moertel e del Gastrointestinal Study Group degli anni 70’-80’ avevano dimostrato un netto vantaggio in sopravvivenza per questi pazienti con l’aggiunta di chemioterapia con 5FU alla radioterapia, con mediane di sopravvivenza da 6 a 10 circa mesi (199) (200). Successivamente diversi studi randomizzati hanno valutato la migliore

modalità di combinazione tra trattamento chemioterapico e radioterapia in pazienti con malattia localmente avanzata, riscontrando come un trattamento esclusivamente chemioterapico iniziale “di induzione” permetta un migliore controllo sistemico della malattia e di selezionare i pazienti che possano beneficiare di un miglior controllo locale per mezzo della radioterapia. (201).

Per quanto riguarda i miglioramenti del trattamento medico i pazienti con malattia localmente avanzata sono stati in genere inclusi insieme ai pazienti metastatici negli studi randomizzati di valutazione di diversi agenti chemioterapici tra loro (gemcitabina verso 5 fluorouracile, con una dimostrazione della superiorità della prima) o di loro combinazioni (ad esempio gemcitabina +/- derivati del platino o gemcitabina +/- fluoropirimidine) o di combinazioni tra chemioterapia e terapie a bersaglio molecolare (ad esempio gemcitabina+/-erlotinib). Da tutti questi studi non sono però usciti regimi terapeutici nettamente superiori rispetto alla gemcitabina in termini di sopravvivenza; è stata confermata all’interno degli studi una tendenza alla migliore sopravvivenza dei

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pazienti con malattia localmente avanzata rispetto a quelli metastatici anche se con sopravvivenze mediane di 9-10 mesi, probabilmente anche per effetto della scarsa attività dei trattamenti disponibili con risposte parziali intorno al 10%. (202)

Dopo il 2010, due nuovi regimi di chemioterapia sono diventati standard per il trattamento di pazienti affetti da carcinoma del pancreas in seguito ai risultati di altrettanti studi di fase III che hanno dimostrato la loro superiorità rispetto a gemcitabina sia in termini di attività che efficacia: questi sono i regimi di combinazione gemcitabina + nab-paclitaxel e lo schema FOLFIRINOX. (203) (204) In entrambi gli studi

randomizzati che hanno valutato questi regimi i pazienti con malattia localmente avanzata erano esclusi per garantire una popolazione di pazienti più omogenea.

I due nuovi regimi hanno dimostrato un’attività molto interessante con risposte parziali fino al 30% e percentuali di controllo della malattia fino all’80%, risultati di notevole interesse nell’ottica di una possibile estensione in situazioni di malattia localmente avanzata.

Tuttavia, oggi non sono ancora disponibili risultati di studi randomizzati che hanno confrontato questi nuovi regimi con una monochemioterapia nel trattamento di pazienti con malattia localmente avanzata, ma negli ultimi anni sono state presentate esperienze prospettiche o retrospettive che hanno prodotto interessanti risultati.

Per quanto riguarda l’utilizzo di gemcitabina + nab-paclitaxel al momento sono pubblicate solo alcune serie o raccolte di casi clinici che confermano la buona attività del regime. (205) (206)

Lo studio di fase II (LAPACT) ha recentemente completato l’arruolamento ed i suoi risultati preliminari hanno evidenziato un tasso di controllo di malattia dell’80% circa ed il mantenimento della qualità di vita dei pazienti durante il trattamento (207).

Attualmente in Italia è in corso lo studio GAP, di confronto di questo regime con la gemcitabina in pazienti con malattia localmente avanzata.

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Per il regime FOLFIRINOX maggiori dati sono disponibili, derivati da serie retrospettive e prospettiche condotte negli ultimi anni, utilizzando il regime inizialmente sviluppato dagli oncologi francesi o con piccole modifiche delle schedule per migliorarne la tollerabilità. (208) Nel 2016 è uscita una meta-analisi condotta su dati individuali di 11

studi, pubblicati dal 2005 al 2015, comprendente 315 pazienti con carcinoma del pancreas localmente avanzato trattati con chemioterapia con FOLFIRINOX: la sopravvivenza mediana riportata è stata di 24,2 mesi, con un’ampia variabilità all’interno degli studi inclusi, dove risultava da 10 a 32,7 mesi; la sopravvivenza stimata a 1 anno è stata dell’80%, a 2 anni del 50% e a 3 anni di circa il 25%, con una sopravvivenza libera da progressione di malattia mediana di 15 mesi. (209)

Oltre la metà dei pazienti in questi studi riceveva dopo il trattamento iniziale con FOLFIRINOX anche radioterapia o chemio-radioterapia.

Attualmente, grazie alla disponibilità di regimi chemioterapici attivi si è aperta la possibilità di ottenere una buona regressione di malattia, tale da poter ricondurre qualche paziente alla resecabilità, sebbene non vi siano disponibili studi randomizzati che confermino il ruolo della resezione chirurgica per questi pazienti selezionati dopo chemioterapia.

Nella meta-analisi degli studi con FOLFIRINOX, il 25,9% dei pazienti inclusi negli studi è stato sottoposto a chirurgia dopo chemioterapia, con una radicalità oncologica (R0) raggiunta nella maggior parte dei pazienti operati (78,4% operati, circa il 20% dei pazienti inclusi negli studi), sebbene non sia stata evidenziata una correlazione nei vari studi tra la percentuale dei pazienti resecati e la sopravvivenza globale.

In relazione all’intervento di pancreasectomia associata a resezione vascolare venosa e/o arteriosa si riscontrano problematiche di morbilità e mortalità aumentate e limitata probabilità di portare ad un controllo definitivo della malattia, per cui devono essere discussi attentamente con il paziente, in pazienti selezionati e responsivi ai trattamenti medici, in buone condizioni generali ed in centri selezionati con elevata esperienza per questo tipo di chirurgia. (210) (145) (211) (212)

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Tra i regimi chemioterapici più nuovi per il carcinoma pancreatico vi è la combinazione di gemcitabina e S-1 utilizzata nel trattamento della malattia avanzata, sebbene i dati disponibili siano più limitati e relativi a studi condotti prevalentemente su popolazioni di etnia asiatica.

In un’analisi combinata dei risultati limitati a 193 pazienti con malattia localmente avanzata di 3 studi di confronto tra gemcitabina e gemcitabina + S-1, infatti, è stata dimostrata una riduzione del rischio di morte con la combinazione Hazard Ratio di 0,67 e mediane di sopravvivenza dai 15 ai 24 mesi nei tre studi. (213) (214) Inoltre, altri regimi

di combinazione di 3 o 4 farmaci di più recente sviluppo (PAXG; gemcitabina + nab- paclitaxel + S-1; Gemcitabina + docetaxel + capecitabina) hanno confermato in piccoli studi un’elevata attività in pazienti con carcinoma del pancreas e sono in fase di studio in situazioni di malattia localmente avanzata.

In questo setting riguardo l’utilizzo di nuovi farmaci non chemioterapici, i pazienti con carcinoma pancreatico avanzato sono stati inclusi anche in assenza di metastasi nella maggior parte degli studi clinici randomizzati che hanno valutato l’aggiunta di nuovi farmaci alla chemioterapia: tutti questi studi hanno dato purtroppo esito negativo in assenza di chiari benefici derivati dall’aggiunta dei nuovi farmaci studiati. (202) In uno

studio randomizzato di fase II è stata valutata l’aggiunta di upamostat, inibitore delle urochinasi, alla gemcitabina ed in uno studio di fase III quella di TNF-alfa, mediante trasferimento genico a livello intratumorale (TNFerade), senza però mostrare nessun vantaggio in sopravvivenza nei due studi. (215) (216)

Nella malattia localmente avanzata non esistono studi di confronto tra diversi regimi terapeutici, in alcune serie retrospettive monocentriche è stato evidenziato come l’utilizzo di regimi chemioterapici più attivi, come FOLFIRINOX e gemcitabina + nab- paclitaxel si associa ad una migliore sopravvivenza ed a maggiori probabilità di ottenere un intervento chirurgico radicale dopo chemioterapia. (206) (207) (208) (209) (212) Tuttavia, è

importante precisare che i pazienti inseriti negli studi con gemcitabina + nab-paclitaxel e con FOLFIRINOX erano pazienti in buone condizioni generali, con PS 0-1, non particolarmente anziani (la maggior parte di età inferiore a 75 anni), per cui questi regimi

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sono appropriati solo per questa tipologia di pazienti, mentre per i pazienti non candidati a trattamenti aggressivi di combinazione, una monochemioterapia con gemcitabina rimane il trattamento di scelta.

Pertanto, è importante, oltre alla valutazione della malattia, una valutazione adeguata del paziente, considerando:

- le sue condizioni generali

- le comorbilità e sintomatologia presente - la sua volontà ed aspettative

favorendo una gestione multidisciplinare del paziente, che includa anche una valutazione per l’utilizzo delle migliori terapie di supporto (217)

1.15.3) La radiochemioterapia neoadiuvante e la radio-chemioterapia esclusiva

La radio-chemioterapia neoadiuvante (RTCH) è stata sperimentata in un numero limitato di studi, prevalentemente retrospettivi. La sperimentazione di questa modalità di trattamento integrato è giustificata dal limitato guadagno in termini di outcome di trattamenti adiuvanti e dal limitato tasso di resecabilità dei CP apparentemente operabili alla valutazione con imaging pre-operatorio. I risultati, complessivamente, sono discordanti, con una meta-analisi che non ha mostrato un apparente vantaggio rispetto alla strategia standard basata su chirurgia upfront, seguita da chemioterapia adiuvante più o meno RTCH (194). Al contrario, altri studi hanno mostrato interessanti

risultati in termini di tasso di resezioni R0 (89-100%) e sopravvivenza globale, sia nella popolazione complessiva di pazienti arruolati (sopravvivenza mediana: 32-54 mesi) sia nella popolazione di pazienti sottoposti a resezione chirurgica (sopravvivenza mediana: 36-57 mesi) (218) (219). In considerazione della mancanza di studi randomizzati conclusivi

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e della disomogeneità dei risultati degli studi non-randomizzati, questo trattamento resta da considerarsi sperimentale, anche se incluso nelle linee guida internazionali (220).

Attualmente, in considerazione del miglioramento dei risultati ottenibili con la chemioterapia, il ruolo della RTCH è quasi esclusivamente limitato alla popolazione di pazienti che, al termine della chemioterapia non presentano progressione di malattia a distanza, o che dopo un trattamento sistemico presentano progressione solo locale di malattia o che alla diagnosi presentano una severa sintomatologia locale (dolore, ostruzione), come trattamento upfront. (220) Tuttavia alcuni studi hanno messo in dubbio

l’utilità dell’associazione fra chemioterapia e RTCH; per esempio nello studio randomizzato FFCD-SFRO è stato confrontato un braccio di pazienti sottoposti a sola chemioterapia con gemcitabina con un secondo braccio in cui il trattamento sistemico con gemcitabina seguiva un trattamento RTCH con 5FU e cisplatino: è stata documentata una minore sopravvivenza ed una maggiore tossicità nei pazienti

sottoposti al trattamento combinato. (221) Lo studio randomizzato LAP07 ha confrontato

un braccio di pazienti sottoposti a chemioterapia con sola gemcitabina o gemcitabina più erlotinib (6 cicli) con un braccio di pazienti sottoposti alla stessa chemioterapia seguita da RTCH con capecitabina: non si sono riscontate differenze significative in termini di sopravvivenza ma solo un vantaggio in termini di controllo locale nei pazienti sottoposti a trattamento combinato (progressioni locali: 34%vs 65%, p< 0,0001). (222) È

da sottolineare la possibilità per pazienti con CP non resecabile, che, dopo RTCH sono sottoposti ad un’accurata rivalutazione con imaging eventualmente seguito da esplorazione chirurgica, di ottenere una resezione chirurgica radicale nell’ 8,3-64,2% dei casi (mediana 26,5%). Infine, la prognosi di questi pazienti con malattia avanzata, sottoposti a chirurgia dopo RTCH, è simile a quella dei pazienti con malattia operabile sottoposti a terapia adiuvante standard, con sopravvivenze mediane di 16,4-32,3 mesi (mediana: 23,6 mesi). (223)

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