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CAPITOLO III: LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA: UNA STORIA

3.2 LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA A CONFRONTO CON IL MONDO

3.2.3 GRAN BRETAGNA

3.2.3.3 Non Profit Britannico

Per quanto riguarda le associazioni no profit, la storia anglosassone è la prima a confrontarsi con questi enti nel XVII secolo, quando invece nel nostro ordinamento gli enti no profit fecero la loro comparsa tre secoli dopo.

159 Cerrina Feroni G. (a cura di), Fondazioni e banche, modelli ed esperienze in Europa e negli Stati

Uniti, Giappichelli Editore, Torino, 2011, pag 137.

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Gola C. e Roselli A., Verso un sistema bancario e finanziario europeo? Il sistema bancario del Regno Unito e la riforma della vigilanza, Quaderni di ricerche n.42, Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari, Einaudi, 2003.

161 Si tratta di un'autorità indipendente del Regno Unito, indipendent non-governmental body, che ha

compiti di vigilanza sui mercati finanziari definiti dal Financial Services and Markets Act 2000, che ne determina anche i poteri sanzionatori.

I poteri di controllo della FSA si estendono a tutte le società o persone che agiscono sui mercati finanziari, quali: Banche, Compagnie di assicurazione, Emittenti di moneta elettronica, Intermediari finanziari e del credito. Essa è dotata di 2500 dipendenti. Alla Banca d’Inghilterra resta comunque la competenza in materia monetaria.

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Nel 1601 fu emanato lo Statute of Charitable Uses, con il quale si presentò il catalogo degli scopi del così detto “voluntary sector”.

L’elenco del XVII secolo conteneva enunciazioni meramente descrittive non vincolanti che furono in seguito integrate dalle corti mediante una lettura interpretatrice del contesto storico. Nel 1891 nella Commissioners for Special Purposes of Income Tax v.Pemsel, Lord Macnagheten classificò i trust in Quattro categorie: i trust for the relief of poverty, i trust for the advancement of education, i trust for the advancement of religion, and i trust for other purposes considered beneficial to the community, classifiazione che è rimasta fino al Charities Act del 2006. 162

Importante aspetto quando si parla di terzo settore è quello delle agevolazioni fiscali, che anche il Gran Bretagna furono inserite per incentivare l’entrata e il perseguimento di fini benefici, furono applicate esenzioni sulle imposte sul reddito e sul capitale oltre ad una deduzioni per le donazioni.

Problema che si affrontò non solo nell’ordinamento britannico, ma che ebbe in questo il più importante esempio, vista la novellazione del Common Low non molto stringente, è sempre stato quello della composizione e dell’inclusione dei soggetti nel novero delle così dette Charitable Organization. Fino al 2006 ci si affidava a tre criteri163:

1. Finalità dell’istituzione conformi allo spirito e all’intenzione delle norme dello Statute of Charitable Uses;

2. Istituzione con finalità che portasse un beneficio della collettività; 3. Istituzione esclusivamente caritatevole.

Requisiti comunque facilmente travalicabili che permettevano a soggetti che perseguivano fini caritatevoli in modo quasi esclusivamente formale di entrare in questo tipo di criteri. Questo problema fu sottoposto a revisione con la disciplina

162

Vincenzo Bancone, Trust ed enti non commerciali. Profili comparativi e potenziali applicazioni , pag. 89 .

163 Maltoni, L’autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria e sugli enti collettivi senza scopo

di lucro: un’autorità indipendente sul modello della Charity Commission for England and Wales?, in Non profit, 1999.

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del 2006 e l’approvazione del Charitable Act, l’8 novembre 2006, che portò ad una maggiore definizione dei limiti da esso fissati in tre punti:

1- Le istituzioni caritatevoli possono essere solo quelle con charitable purpose, quindi si devono ricercare tali fini caritatevoli, conseguenza di questa disposizione è quella di escludere i soggetti che abbiano anche altri fini.164 2- La definizione precisa di cosa sia lo scopo di volontariato.

3- La fissazione di dodici scopi, contenuti nell’art.2, II comma della legge citata: prevenzione e sollievo della povertà, tutela e avanzamento dell’istruzione,

della religione, della salute, dell’arte, della cultura e della scienza, dello sport amatoriale, dei diritti umani, dell’ambiente e la protezione degli animali165

. L’ultimo provvedimento relativo agli enti no-profit britannici, entrato in vigore il 14 marzo 2012 è il Charity Act, istituto che non ha al suo interno una funzione di novazione normativa, ma è stato scritto con il fine di raggruppare l’intera normativa delle Charitable Organization in un “testo unico” degli enti non profit.

164 Vincenzo Bancone, Trust ed enti non commerciali. Profili comparativi e potenziali applicazioni, Pag.

97.

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Section 1 Charities Act 2006 provides the definition in England and Wales: “For the purposes of the law of England and Wales, “charity” means an institution which:

(a)is established for charitable purposes only, and

(b)falls to be subject to the control of the High Court in the exercise of its jurisdiction with respect to charities.

The Charities Act 2006 provides the following list of charitable purposes. 1. the prevention or relief of poverty

2. the advancement of education 3. the advancement of religion

4. the advancement of health or the saving of lives

5. the advancement of citizenship or community development 6. the advancement of the arts, culture, heritage or science 7. the advancement of amateur sport

8. the advancement of human rights, conflict resolution or reconciliation or the promotion of religious or racial harmony or equality and diversity

9. the advancement of environmental protection or improvement

10. the relief of those in need, by reason of youth, age, ill-health, disability, financial hardship or other disadvantage

11. the advancement of animal welfare

12. the promotion of the efficiency of the armed forces of the Crown or of the police, fire and rescue services or ambulance services

13. other purposes currently recognised as charitable and any new charitable purposes which are similar to another charitable purpose.

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