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Anche questo progetto non arriverà a compimento, ma l’approfondimento dei testi del poeta basco continua, lo testimoniano da materiali didattici conservati nell’archivio Erba:

dispense, fotocopie di testi in lingua originale, elenchi dei corsi.

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Una cartellina, ad

esempio, che raccoglie i materiali di un convegno torinese sul manierismo,

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fa riemergere

un brano dell’élégie da Les amours,

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glossato con attenzione al testo, a richiami

intertestuali e tematici.

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Questa lunga consuetudine gli permette di accennare a uno

«specifico letterario»

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dei testi barocchi, di difficile resa stante lo scarto temporale e

culturale: nel dibattito che segue il suo intervento al convegno di Bergamo, nel 1988, si

31 Testi da Sponde sono conservati nelle cartelline Poeti XVI-XVII e Scelte di testi poetici del Rinascimento

e del Seicento francese. Il corso dell’anno accademico ‘86-’87 è sui poeti barocchi, dal Cinquecento al

Seicento. [Cfr. elenchi in appendice].

32 Cartellina grigia, con cartiglio ms: MANIERISMO Convegno internazionale Manierismo e letteratura,

Torino, 12-15 ottobre 1983. L’intervento Erba: Modi e tecniche di materializzazione dell’interiorità in alcuni autori del primo Seicento francese, non sarà poi stampato negli atti [Manierismo e letteratura. Atti del convegno internazionale (Torino, 12-15 ottobre 1983), a cura di Gabriella Bosco e Grazia Zardini

Lana, Meynier, Torino 1986].

33 Sono riportati i vv. 59-70: «L’orage de mes maux, qui me va repoussant / Du bien tant désiré dont je me trouve absent / (Tant s’en faut que son coup m’esbranle ou me renverse), / Que je le romps luy-mesme et, d’une humeur diverse / A ces esprits qui vont d’onde en onde sautant, / Je prends plus de racine, et mon cœur si constant / Change en un naturel si bien ceste coustume / Que tous ces monts de flots il les couvre d’escume, / Et sentiront tosjours, s’ils veulent m’approcher, / Qu’ils sont mols comme une eau, moy dur comme un rocher. / Mourez, mes vers, mourez, puis que c’est vostre envie. / Ce qui vous sert de mort me servira de vie», cfr. DE SPONDE, Œuvres littéraires, pp. 76-77.

34 «Si noti nel testo riportato un ritocco che io ritengo giustificato ed essenziale per la sua buona lettura: al v. 61 ho isolato l’intero verso in parentesi, così come è per il sonetto d’amore II, p. 50 v. 6: (Après l’orage enflé de tant afflictions). L’orage di cui parla il sonetto è preparazione del nuovo “orage de mes maux“ dell’elegia, la quale è tutta intessuta di motivi presi dai sonetti, a partire dal tema dell’assenza. Di quel tema questa sinfonica elegia è una continua variazione. Vi ritroviamo la presenza della Bella assente (il mio gioco di parole è necessario). E qui c’è anche il ricordo dei baci, pure se mai direttamente nominati, ma per me sottintesi nei... traits (tratti e dardi) qui m’avoyent navré (ferito) de mille sortes / Dont elle- mesme encore à l’envy se blessa, / Et pour gage certain d’Amour me les laissa (vv. 98-100).˅Oltre alla macrostruttura e allegoria dell’“orage“ qui esplicitata˅ nell’elegia troviamo (o ritroviamo) il fuoco, la neve e l’acqua, l’aria; col fuoco il fumo, con l’acqua il mare e la terra», testo dattiloscritto, cartellina

manierismo, archivio privato.

35 «Dei poeti barocchi, qui Sponde e Saint-Amant, mi sono occupato per lunghi anni e proprio per questo posso dire che, meno per mio difetto che per quello del nostro tempo, è stato quasi impossibile restituire, di tali poeti, l’eccezionale specifico letterario», ERBA, Dei cristalli, p. 10. E anche: «Non c’entra con la traduzione, ma quando mi sono occupato del barocco, ad un certo punto non ne potevo più. Ad un certo punto si è un po’ automatizzati e dialetticamente ripetitivi», dalle bozze con la trascrizione degli interventi del convegno di Bergamo.

serve della sua resa di un sonetto di Sponde – interessante ma perfino sopravvalutato, dice

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– per mostrare una modalità del suo bricoler, il tradurre «falso antico»:

Il bricolage che ho fatto qui non ha una linea ben precisa, ma ho voluto fare un po’ di falso antico, cioè ricreare alla meglio quella lingua di fine cinquecento. Non è una parodia, anche se il rischio è quello di fare un’imitazione che poi diventi addirittura caricaturale. Io credo che dovendo restaurare, restauriamo com’era in passato: Notre Dame come si pensa che fosse stata al tempo dei Gotici, il Castello Sforzesco com’era a suo tempo, anche se daremo fastidio ai puritani e a quanti vorrebbero che i ruderi rimanessero tali. Io credo di più all’Aida di Verdi con gli elefanti e le danzatrici egiziane, che alle Aide date dai registi moderni; o all’Amleto in cui i soldati abbiano la maschera antigas. Non ci credo, mi paiono cose da registi di provincia e preferisco Zeffirelli, anche se la cosa mi sconcerta, a Luca Ronconi.37

Lo stesso esempio – l’Aida di Zeffirelli, quella di Ronconi – ricorre in un appunto,

conservato nel magma preparatorio della cartellina traduzione: «BRICOLAGE: manufatti

impropri, Robinson. Io aspiro a tanto ma faccio afferm del Viollet-le-Duc, del Beltrami.

Zeffirelli ≠ Ronconi. Aida etc». Erba vorrebbe essere Robinson, naufrago con incredibile

capacità di arrangiarsi con ciò che recupera, o inventa, maestro dei “manufatti impropri”,

ma si ritrova a citare due figure cardine della storia del restauro, anche se discusse. Le Duc

propugnò il restauro stilistico, con lo scopo di ristabilire un edificio in stato d’integrità, di

uniformità, inseguendo talvolta una forma ideale, perché non attestata o scrostando –

letteralmente – quanto aggiunto successivamente, nell’evoluzione dell’edificio: il che diede

luogo anche ad arbitri, che Beltrami tentò di limitare, introducendo, nel restauro storico, il

correttivo dell’attestazione documentaria: non era possibile integrare-ripristinare uno stadio

36 Condivide con Macchia l’idea di un’attenzione perfino eccessiva tributata al poeta “riscoperto”: «Un’altra traduzione è quella di Sponde poeta barocco della fine del Cinquecento, scoperto e rivalutato da qualche decennio, molto interessante ma direi addirittura sopravvalutato», ivi.

37 Zeffirelli mise in scena, nel ‘62 a Verona e nel ‘63 alla Scala, un’Aida sfarzosa e tradizionale: «elefanti, maestose scene di massa, templi e palazzi magniloquenti» mentre Ronconi, negli anni ‘80, creò «un Egitto fantastico», Enrico GIRARDI, Un destino da Kolossal, “Corriere della Sera” , 25 aprile 2006. Cfr.

Intervista a Ronconi, “Corriere della Sera”, 7 dicembre 1985: «Per me tradurre l’Ottocento in linguaggio

odierno […] significa rispettare la tradizione per meglio interpretare la storia […] riscrivendo l’epoca verdiana con modi dell’ultima generazione del cinema di scoperta e di avventura». Cfr. per il riferimento ad Amleto, si legga Camilla CEDERNA, Il mio Novecento, Bur, Milano 2011, che ricorda, in data 15 luglio 1959, un allestimento della compagnia Old Vic: «La compagnia recita in abiti moderni […] il padre di Amleto porta in testa l’elmetto della Grande Guerra, ha lo zaino sulle spalle e sul petto la maschera antigas», p. 43.

dell’opera, se esso non trovava riscontro in progetti o documenti.

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Entrambe le teorie sono

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