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Nacque nel 1557 in territorio basco, madrelingua euskara, da famiglia influente e calvinista, forse d’origine spagnola, 12 nel tormentato periodo delle guerre di religione;

grazie alla protezione dei sovrani di Navarra poté studiare a lungo in sedi prestigiose –

Basilea, Ginevra – e durante la sua formazione universitaria, s’impadronì dei classici:

tradusse Omero in latino, poi l’Organon e frammenti politici di Aristotele, lesse con

passione i dialoghi di Luciano, Platone, i neoplatonici.

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La sua voracità intellettuale lo

portò ad avvicinarsi ai circoli rosacrociani, all’alchimia, saperi iniziatici e tentativi di

crisopea.

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S’innamorò e scrisse poesie d’amore, non è chiaro se per la moglie, Anna, da cui

ebbe tre figli. Uomo di corte, luogotenente, polemista, fu imprigionato, probabilmente per il

suo credo religioso: i biografi scrivono che leggesse i classici della patristica, in cella.

L’atto nodale della sua esistenza fu la conversione al cattolicesimo (nel 1593) – anno in cui

anche Enrico IV, il suo sovrano, si convertì – scelta che gli attirò accuse di opportunismo e

lo circondò di riprovazione.

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Allontanato da corte, la morte lo colse qualche anno dopo,

caduto in disgrazia e ridotto in estrema povertà.

Restano, oltre alle opere erudite firmate ‘Spondanus’ e ai testi polemici, teologici o

d’occasione, testi poetici di grande compattezza, riconducibili a due nuclei tematici

universali, Amore e Morte:

12 Alan BOASE, Vie de Jean de Sponde, Droz, Genève 1977: «Les Sponde ou Desponde sont de Mauléon en Soule […] une des vallées de la Basse Navarre où, jusqu’au début du XXe siècle, l’on parlait encore une forme très pure de l’euskara. Donc Jean parle le basque comme enfant», p. 8 et passim. François RUCHON, Essai sur la vie de Jean de Sponde (13-81) in RUCHON, BOASE, La vie et l’œuvre de Jean de

Sponde: «Le milieu devait être quelque peu austère – Inigo et Salvata étaient d’ardents calvinistes […] –

mais certainement cultivé», p. 15 et passim.

13 Cfr. Mario RICHTER, Il processo spirituale e stilistico nella poesia di Jean de Sponde (284-318), “Aevum”, 13, 1962, p. 285: «Lotte di religione, rovesciamenti di troni, tradimenti, eccidi e vendette filtrano, è vero, nella poesia di Sponde; ma tradotti in meditazione più intellettuale che emotiva, in idee condensate, in simboli, in drammi interiori».

14 MACCHIA, Il dramma di Sponde: «Da altra fonte […] si sa che egli, fervente protestante, attraversava periodi di grande scetticismo. Un libero umanesimo contrastava con la sua profonda educazione religiosa. Si direbbe che in una mano stringesse le Sacre Scritture e dall’altra i dialoghi di Luciano», p. 27. Mario RICHTER, La poesia lirica in Francia nel secolo XVI, Cisalpino-Goliardica, Milano 1983: «Il platonismo di Sponde, al contrario, si fonda su un’esigenza filosofica di sistemazione morale; e quest’esigenza del Principio, questo anelito al trascendente di contro all’incostanza dell’immanente, è il vero significato di tutta la poesia spondiana», p. 49.

15 Cfr. Enea BALMAS, Per una lettura di Jean de Sponde (542-564), “Cenobio”, VIII, 11-12, novembre- dicembre 1959: «Sponde, l’alchimista; Sponde, il protestante convertito […] il Poeta ha accarezzato il sogno della pietra filosofale […] ha seguito un cammino iniziatico: prima di essere poeta egli è stato – ha sognato di essere – mago», pp. 542-543.

16 PELIGRA, Jean de Sponde, p. 65: «fu facile vedere come segno di uno sfacciato opportunismo la sua conversione al cattolicesimo, che seguì quella del re, avvenuta nel luglio 1593». Alan BOASE, La révolte

de Sponde (609-631) in Actes du colloque L’Amiral de Coligny et son temps (Paris, 24-28 octobre 1972),

Société de l’Histoire du Protestantisme Français, Paris 1974 : «Ce changement des confessions qu’on appelait alors des “conversions“ étaient ordinairement des décisions motivées par des syllogismes ou des citations patristiques. Chez Sponde on a bien l’impression d’une crise plus profonde», p. 629.

affronta due temi soltanto, i due grandi temi della poesia lirica di ogni tempo: l’Amore e la Morte. E perché non sorgano dubbi sull’altezza della sua ispirazione così da non venir confuso con i cortigiani poeti d’amore, […] innalza il proprio sentimento ad una solitaria purezza.17

Erba è molto ricettivo nel raccogliere i frutti del dibattito francese: negli anni ‘50 escono

infatti un contributo di Macchia, il primo in Italia, nel 1953, e uno di Natoli, nel 1956

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:

quasi contemporaneamente viene letta alla radio un’antologia di testi di Sponde, selezionati

e tradotti da Erba;

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preparata, verosimilmente, nei momenti in cui, scrive a Giudici nel ‘55:

«pianto lì i libri per il concorso, e mi rimetto agli studi superiori, alla ricerca “scientifica”

[…] studio certi poeti e scrittori franco-barocchi molto molto interessanti».

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Questi testi

letti al terzo programma – o forse solo alcuni? – troveranno poi degna collocazione nel

numero “barocco” del “verri”, dell’agosto 1958.

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Poeta metafisico, è stato detto a ragione di Sponde, per la sua singolarità di poesia che lo avvicina ai metafisici inglesi, Donne, ma anche Crashaw and Vaughan: con questi ha in comune lo stile “parlato”, vario di ritmo, incline alle parentesi e al cosiddetto enjambement, ricco di quelle ingegnose metafore in cui il termine minore, il più delle volte destituito di ogni alone fantastico, collima in un campo limitatissimo col termine maggiore; ne risulta un’abolizione di sentimenti, un’eversione del pittoresco a vantaggio di una maggiore tensione e concentrazione del verso. […] E sono i campi più diversi, l’alchimia e l’astrologia, la fisica e la Sacra Scrittura, la filosofia e la storia romana, quelli

17 MACCHIA, Il dramma di Sponde, p. 33 e anche, p. 35: «Alcuni poeti della Pléiade erano stati poeti oraziani, epicurei. Sponde è un poeta eleatico». Marcel ARLAND, Un poète baroque. Jean de Sponde (125-132) in ID., Le promeneur, éditions du Pavois, Paris 1944: «deux couleurs seulement: un noir de ténèbres et l’or même du soleil; deux divinités: l’amour et la mort, mais farouches, implacables et mêlant ou opposant leur puissance», p. 131.

18 MACCHIA, Jean de Sponde e il problema della poesia barocca in Francia e Glauco NATOLI, La poesia

amorosa e religiosa di Jean de Sponde (83-115) in ID., Figure e problemi della cultura francese, D’anna, Messina/Firenze 1956.

19 Cfr. “Radiocorriere”, n. 15, 14 aprile 1956, p. 44: terzo programma, h. 21.20 Piccola antologia poetica. Jean de Sponde, a cura di Luciano Erba. Non ne esistono registrazioni.

20 A Giudici, cartolina postale, Milano 12 dicembre [*’55], conservata al centro Apice di Milano.

21 Non abbiamo dati per stabilire l’esatta consistenza di questa antologia poetica radiofonica. Da una lettera di Anceschi ad Erba, del 12 agosto 1957, conservata al fondo manoscritti, sappiamo che inizialmente il progetto doveva essere un altro: «Caro Erba, stiamo raccogliendo il materiale per il numero barocco del Verri; ed io ti sarei veramente obbligato se vincendo remore, complessi, vizi letterari, timori accademici, epistolografia napoletana ecc., vorrai darci una buona volta il contributo manzoniano da tempo promesso. Sono certo che lo avrai condotto finalmente a termine, a quest’ora»: un contributo manzoniano di cui non c’è alcuna traccia.

che mettono a disposizione dell’autore delle Amours e dei Sonnets de la Mort tutto un materiale emblematico, ricco di risonanza e suggestione. Poesia metafisica e preziosa, dunque, o barocca, d’un barocco aspro, condensato, di non dubbia esemplarità.22

In un appunto manoscritto, non datato, conservato in un collettore di idee, cartellina di

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