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Proprietà termodinamiche di sostanze pure

Nel documento Principi di termodinamica per la chimica (pagine 73-79)

in precedenza, le proprietà dei gas perfetti sono state discusse partendo dalla sola equazione di stato. Come vedremo nel seguito di questo Capitolo e nel successivo, tutte le proprietà di un sistema possono essere fondate su una sola equazione costitutiva che è di solito scritta in termini di relazione del potenziale chimico (o dei potenziali chimici per sistemi multi-componente) con la temperatura, pressione (e composizione, per sistemi multi-componente).

6.1 Gas perfetti

Cominciamo a descrivere un sistema chiuso costituito da un gas perfetto. Il potenziale chimico di un gas perfetto è definito dalla relazione

µ = µ + RT ln p

p (6.1)

dove µ è funzione della sola temperatura ed è il potenziale chimico standard del gas, vale a dire l’energia libera molare di Gibbs a pressione standard p . I coefficienti variazione del potenziale chimico con la pressione e la temperatura per una gas perfetto si trovano derivando la relazione (6.1). Si trova che

 ∂µ ∂p  T = Vm = RT p → pV = nRT (6.2)  ∂µ ∂p  T = −Sm = dT + R ln p p (6.3)

dalla prima relazione discende l’equazione di stato dei gas, dalla seconda una relazione tra l’entropia molare, µ e p. Dalla relazione (6.3) possiamo ricavare l’entalpia molare

Hm= µ + T Sm = µ − T

dT = −T

2d(µ /T )

dT (6.4)

quindi l’entalpia di un gas perfetto dipende solo dalla temperatura; inoltre l’energia interna è subito ottenuta come

Um = Hm− pVm = Hm− RT (6.5)

ed è anch’essa dipendente solo dalla temperatura. La relazione tra capacità termiche si trova facilmente nel caso dei gas perfetti applicando la relazione generale (5.81), e si trova (per mole)

Cp,m− CV,m= R (6.6)

La variazione di entropia di un gas perfetto è calcolabile nota la funzione µ . In Figura (6.1) è riportato un esempio di variazione dell’entropia di un gas perfetto in seguito ad una variazione di volume.

6.2 Gas reali: fugacità

I gas reali sono descrivibili dalle equazioni di stato presentate nei Capitoli precedenti, quali l’equazione di van der Waals, l’equazione di Dieterici etc. o piú in generale dall’espansione del viriale, anch’essa introdotta in precedenza.

Figura 6.1: ∆S di un gas perfetto al variare del volume.

Molte delle caratteristiche dei gas perfetti, come per esempio la dipendenza di energia interna ed ental-pia solo dalla temperatura, il valore unitario del fat-tore di compressibilità, la relazione semplice fra le due capacità termiche, sono perdute per i gas rea-li. D’altro canto, il comportamento del gas perfetto emerge sempre da quello dei gas reali in condizioni di pressione tendente a zero, come si è già accennato durante la descrizione del termometro a gas: un gas perfetto rappresenta il limite ideale di un gas reale, a pressioni tendenti a zero. In pratica la maggio-ranza dei sistemi gassosi mostra deviazioni apprez-zabili dall’idealità solo a pressioni significativamen-te maggiori della pressione standard, a significativamen-temperatura ambiente.

È un procedimento comune della termodinami-ca (anzi, in generale, di tutte le aree della chimitermodinami-ca fisica che ha a che fare con sistemi ’complessi’, dif-ficilmente riconducibili a modelli semplici) definire i sistemi reali come sistemi ideali con delle oppor-tune ’correzioni’. Tutta la complessità del sistema reale viene racchiusa in coefficienti ad hoc, di solito definiti come il rapporto tra una quantità reale ed una quantità ideale, che possono essere misurati o determinati in base a modelli aggiuntivi e in modo indipendente (per esempio un’equazione di stato).

Nel caso dei gas reali, procediamo ancora una volta definendo una relazione generale per l’energia

libera molare o potenziale chimico (stiamo sempre considerando un sistema monocomponente)

µ = µ + RT ln f p (6.7) lim p→0 f p = 1 (6.8)

il potenziale chimico è definito in funzione di un potenziale chimico standard e di una nuova quantità, la fugacità f (con le dimensioni di una pressione). Si noti che la fugacità è definita completamente solo dalla relazione aggiuntiva (6.8), che stabilisce il comportamento limite ideale del gas reale: per p → 0, la fugacità tende ad essere indistinguibile dalla pressione. Il potenziale chimico standard è il potenziale del gas a fugacità unitaria (cioè pari alla pressione standard) e dipende solo da T . Per molti gas a p = p il comportamento è praticamente quello di un gas perfetto, quindi µ è, a fini pratici, spesso semplicemente determinato come il potenziale chimico del gas a pressione standard.

Il coefficiente adimensionale γ = f /p è detto coefficiente di fugacità, ed è una misura della deviazione dall’idealità di un gas reale. La misura del coefficiente di fugacità è effettuata a partire da misure di pressione e densità del gas. Infatti possiamo scrivere la relazione tra energia libera molare e volume molare come

 ∂µ ∂p



T

sostituendo a dµ a T costante l’espressione derivata dalla relazione (6.7) si ottiene RT d ln f

p



= Vmdp T cost. (6.10)

e sottraendo da ambo i membri il termine RT d ln(p/p ) otteniamo d ln f p  = Vm RT 1 p  dp T cost. (6.11)

Nelle tabelle (6.2) e (6.2) sono riportati alcuni dati sperimentali che dimostrano la buona approssimazione della relazione (6.14).

Possiamo ora integrare la precedente espressione differenziale a temperatura costante da p = 0 a p = pmis, che è la pressione a cui si vuole conoscere la fugacità

ln f p p=pmis − ln f p p=0 = Z pmis 0  Vm RT 1 p  dp T cost. (6.12)

poiché però il limite del rapporto tra fugacità e pressione per pressione infinitesime è 1, otteniamo ln γ = Z pmis 0  Z − 1 p  dp T cost. (6.13)

dove γ è il cofficiente di fugacità a T e pmis, e l’integrando è stato semplificato introducendo il fattore di compressibilità Z. Una serie di misure di Z a T fissata variando p fino a pmisfornisce il modo per valutare γ. Sperimentalmente, si verifica il cosiddetto principio degli stati corrispondenti: il coefficiente di fugacità di un gas qualunque è determinabile come una funzione unica (entro una certa incertezza sperimentale) della temperatura e della pressione ridotte Tr e pr

γ ≈ γ(Tr, pr) (6.14) Tr pr Eq. (6.14) γ misurato 0.918 0.05 0.972 0.980 0.918 0.30 0.846 0.880 0.986 0.05 0.980 0.990 0.986 0.30 0.881 0.948 0.986 0.50 0.806 0.890

Tabella 6.1: Coefficienti di attività ottenuto per interpolazione da un diagramma di correlazione basato sulla equazione (6.14) e misurato direttamente per l’etanolo (Tc= 516.2K e pc= 63.1atm); dati da R. Newton, Industr. Engng. Chem. 27, 302.

Tr pr Eq. (6.14) γ misurato 1.145 1.0 0.78 0.79 1.145 2.0 0.60 0.60 1.478 1.0 0.915 0.91 1.478 3.0 0.795 0.79

Tabella 6.2: Coefficienti di attività ottenuto per interpolazione da un diagramma di correlazione basato sulla equazione (6.14) e misurato direttamente per Ar (Tc= 151K e pc= 48atm); dati da R. Newton, Industr. Engng. Chem. 27, 302.

Figura 6.2: Andamento del coefficiente di fugacità in funzione di pr a varie Tr Anche l’uso di una equazione di stato permette un calcolo

approssimato del coefficiente di fugacità: per esempio, usando l’equazione di Van der Waals non è difficile risolvere per mez-zo di un integrale numerico l’equazione (6.13) in funzione dei parametri a e b; possono anche essere facilmente ricavati dei casi limite

termine repulsivo dominante, p = RT /(Vm − b) da cui si ottiene subito Z = pVm/RT = 1 + pb/RT che porta a ln f = bp/RT

termine attrattivo dominante, p = RT /Vm − a/V2 m, cioè pVm2 − RT Vm+ a = 0; risolvendo si trova Vm = [RT ± p(RT )2− 4ap]/2p; se p è piccolo (RT )2  4ap, da cui Vm = RT /p e Z = 1 − ap/(RT )2 che porta a ln f = −ap/(RT )2.

6.3 Effetto Joule-Thomson

Tra i fenomeni piú noti riconducibili ad una deviazione dell’idealità di un gas reale è l’effetto Joule-Thomson. Consideriamo un setto poroso che separa due zone di un tubo isolato termicamente, e facciamo fluire del gas a velocità costante da sinistra a destra attraverso il setto. Se indichiamo con p1, T1, H1,m e p2, T2, H2,m la pressione, temperatura ed entalpia molare a monte e a valle del setto, abbiamo che

H1,m= H2,m (6.15)

Il sistema è infatti in flusso stazionario (in condizioni di flusso stazionario la variazione di entalpia è nulla, come è stato verificato in precedenza), non compie lavoro utile e non assorbe calore. Se il gas non è perfetto, la temperatura varia, cioè T26= T1. Il coefficiente di Joule-Thomson è appunto la variazione di temperatura con la pressione, ad entalpia (molare) costante

µJ T = ∂T ∂p



Hm

(6.16)

Possiamo calcolare il coefficiente di Joule-Thomson usando la relazione ciclica  ∂T ∂p  Hm  ∂Hm ∂T  p  ∂p ∂Hm  T = −1 (6.17) da cui si ottiene µJ T = − 1 Cp,m  ∂Hm ∂p  T (6.18)

che può essere facilmente messo in relazione con altre grandezze come α, κ etc. Applicando lo schema sistematico descritto in precedenza si ottiene per esempio

µJ T = Vm Cp,m

(αT − 1) (6.19)

L’effetto di Joule-Thomson non è l’espansione adiabatica di un gas, che avviene sempre con l’esecuzione di un lavoro (spingendo per esempio un pistone) e quindi con un conseguente raffreddamento del gas (ideale o reale).

Figura 6.3: Andamento qualitativo del-le curve isoentalpiche e valutazione del coefficiente di Joule-Thomson per un gas reale.

Nell’effetto Joule-Thomson la variazione di temperatura avviene a causa di un’espansione irreversibile ad entalpia co-stante e può causare un riscaldamento, se µJ T è negativo, cioè se αT < 1, un raffreddamento, se µJ T è positivo, cioè se αT > 1, o nessuna variazione di temperatura, come avvie-ne per una gas perfetto per il quale µJ T = 0. L’andamento generale delle curve isoentalpiche di temperatura contro pres-sione permette di razionalizzare la variazione di µJ T che è la pendenza delle curve. Ad una data pressione µJ T ha un valore positivo solo nell’intervallo compreso tra le due temperature di inversione superiore ed inferiore. Al crescere della pressio-ne le due temperature si avvicinano fino a coincidere ad una data pressione massima [punto A in Fig. (6.3)] oltre la quale non è possibile raffreddare un gas facendolo fluire in condizio-ni stazionarie attraverso un setto od una strozzatura. Esiste anche una temperatura massima [punto B in Fig. (6.3)] oltre la quale non può essere ottenuto il raffreddamento. Per l’idro-geno per esempio la temperatura massima è -78 C: è quin-di necessario raffreddare l’idrogeno sotto questa temperatura (per raffreddamento mediante espansione contro una pressione esterna finita) prima di poter sfruttare l’effetto Joule-Thomson per raffreddarlo ulteriormente.

6.4 Proprietà delle fasi condensate

Le fasi condensate della materia sono rappresentate dai liquidi e dai solidi. Dal punto di vista microscopico-statistico le fasi condensate sono costituite da molecole con un’energia cinetica media molto minore della fase gassosa, che è caratterizzata da un elevata mobilità molecolare; il ridotto moto termico porta a stati della materia aventi limitate possibilità di moto traslazionale (liquidi) o addirittura stati in cui le molecole sono costrette a vibrare attorno a posizioni di equilibrio (solidi). Dal punto di vista termodinamico le fasi condensate sono stati di un sistema (o parti di un sistema, se sono presenti contemporaneamente piú fasi, come vedremo tra poco) definite da valori omogeneamente definiti delle coordinate termodinamiche, per le quali le grandezza energetiche principali, come l’energia libera di Gibbs, dipendono molto poco dalla pressione.

La scelta dell’energia di Gibbs come funzione di riferimento è dovuta al fatto che le condizioni operative normali sono a temperatura e pressione costanti: analoghe considerazioni si potrebbero svolgere usando l’energia di Helmholtz per sistemi a temperatura e volume costanti. Consideriamo, per fissare le idee, una fase qualunque. La dipendenza dell’energia libera di Gibbs dalla temperatura è data dalla relazione di Gibbs-Helmholtz, che abbiamo già incontrato in precedenza

 ∂(G/T ) ∂T  p = −H T2 (6.20)

o la sua equivalente relazione molare  ∂(µ/T ) ∂T  p = −Hm T2 (6.21)

L’equazione (6.20) si ottiene ricordando che la derivata di G rispetto a T è pari −S = (G − H)/T , si ha perciò  ∂G ∂T  pG T = H T (6.22)  ∂(G/T ) ∂T  p = 1 T "  ∂G ∂T  pG T # (6.23)

sostituendo la seconda identità nella prima si ottiene l’equazione (6.20). La relazione di Gibbs-Helmholtz ci dice perciò che la variazione di energia di Gibbs con la temperatura dipende dal contenuto entalpi-co del sistema. Come vedremo nel Capitolo successivo, la relazione di Gibbs-Helmholtz è di grande utilità per calcolare la variazione con la temperatura di energie libere coinvolte in transizioni di fase.

Figura 6.4: Schema dell’energia libera per la razionalizzazione di una transizione di fase.

La variazione di G con la pressione è invece data semplicemente dall’espressione  ∂G ∂p  T = V (6.24)

o dal suo equivalente molare  ∂µ

∂p 

T

= Vm (6.25)

che in forma integrata è semplicemente µ(pf) = µ(pi) +

Z pf

pi

dpVm(p), T cost. (6.26) La dipendenza del potenziale chimico di una fase pura dalla pressione dipende dal volume molare della fase. Per una gas, il volume molare è relativamente grande; per esempio, consi-derando un gas ideale che passi da 1 bar a 2 bar a 298 K, stimando Vm = RT /p otteniamo una variazione di potenzia-le chimico di 1.7 Kjmol−1; per una mole di acqua, in cui il volume molare è stimabile intorno a 18 cm3 mol−1 e può esse-re ritenuto costante (fluido incomprimibile), il passaggio della pressione da 1 bar a 2 bar aumenta il potenziale chimico di soli 1.8 j, cioè mille volte di meno del gas ideale. È evidente come nella stragande maggioranza delle applicazioni la variazione di G con la pressione per una fase liquida o solida possa essere del tutto trascurata.

Capitolo 7

Nel documento Principi di termodinamica per la chimica (pagine 73-79)