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Vi sono altre tre questioni che presentano delle problematiche in ordine alle con- cessioni: la proroga, il rinnovo e la revoca della concessione.

Le prime due riguardano le concessione scadute, mentre la terza si verifica quan- do l’Autorità portuale pone un termine all’attività del concessionario, quando si con- figurano le ipotesi espressamente stabilite dalla legge n. 84/94 per la revoca della concessione, oppure ove sussitono le condizioni per la revoca dell’autorizzazione ri- lasciata dall’Autorità portuale per lo svolgimento delle operazioni portuali, ex art. 7

418 In dottrina, anche se risalente, è ancora prezioso il contributo di RUSSO R., Il subingresso nella

concessione dei beni del demanio marittimo (art. 46 cod. nav.), in Riv. Dir. Nav., 1959, I, p. 273.

419 TAR Veneto, Venezia, sez. I, 28 ottobre 2010, n. 5853. Nella fattispecie, un terminalista aveva im- pugnato il provvedimento attraverso il quale l’Autorità portuale di Venezia aveva autorizzato, ex art. 46 del Codice della Navigazione, il soggetto acquirente di un ramo d’impresa di una società già con- cessionaria al subingresso nel godimento nelle aree attribuite in concessione al precedente soggetto. Il terminalista ricorrente sosteneva, in particolare, che l’autorizzazione in questione si poneva in palese contrasto con il principio di necessaria comparazione delle proposte avanzate da due soggetti, entram- bi interessati ad ottenere la concessione della medesima area portuale. Il Tar nel Veneto ha ritenuto inammissibile il ricorso, con le motivazioni sopra richiamate.

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del D.M. 31 marzo 1995, n. 585, estensibile, come si dirà a breve, anche alle autoriz- zazioni rilasciate ai sensi dell’art. 18 della legge n. 84/94.

In ordine alla proroga ed al rinnovo è necessario premettere che nel 2007 la Commisione Europea ha ribadito il proprio orientamento, già espresso nell’anno 2000, con la Comunicazione sui porti, secondo cui “quando una concessione giunge a scadenza, il suo rinnovo è assimilabile a una nuova concessione”. Pertanto, tale principio è pienamente applicabile, nell’ambito dell’ordinamento italiano, alle con- cessioni portuali.

Tuttavia, nel diritto interno si è cercato di ovviare al perentorio criterio sopra in- dicato partendo dalla disciplina di cui all’art. 37 del Codice della Navigazione. La ri- chiamata norma, infatti, al suo primo comma, dispone che “nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua uti- lizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico”.

Ferma restando l’attuale vigenza della previsione infra richiamata, si è posto un problema in ordine a quelle fattispecie in relazione alle quali non ricorrono le condi- zioni richieste dal comma 1 dell’art. 37 del Codice della Navigazione.

Tale norma, infatti, nella formulazione precedente all’introduzione del D.L. n. 400/93, che ha modificato la disposizione, segnatamente in ordine ai commi succes- sivi al primo, prevedeva che “quando non ricorrano tali ragioni di preferenza, per le concessioni di durata superiore al quadriennio o che importino impianti di difficile sgombero, si procede a pubblica gara o a licitazione privata” e che “nello stesso caso, per le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino im- pianti di difficile sgombero, la preferenza è data al precedente concessionario e, in mancanza, si procede a licitazione privata”.

Veniva, pertanto, a delinearsi quello che veniva a qualificarsi come “diritto di in- sistenza”420.

Tale diritto, tuttavia, nel corso degli ultimi anni è stato ritenuto incompatibile con il quadro normativo vigente, sino al punto che la giurisprudenza amministrativa, in

420 Si veda in tal senso CASSESE S., Concessione di beni pubblici e “diritto di insistenza”, in Giorna-

le dir. amm., 2003, 4, p. 355.

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numerose statuizioni, ha avuto modo di scoraggiare il ricorso a tale istituto giuridico per avvantaggiare il concessionario uscente.

Dunque, con l’introduzione dei sopra richiamati principi di diritto comunitario, il diritto di insistenza avrebbe potuto avere un futuro solo rimanendo immutato.

Il legislatore, infatti, con due interventi normativi421, ha proceduto ad una rifor- mulazione delle disposizioni di cui all’art. 37 del Codice della Navigazione. Tale norma, infatti, prevede ora che “al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rila- scio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amo- vibili. Qualora non ricorrano le ragioni di preferenza di cui ai precedenti commi, si procede a licitazione privata”.

Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza ha sensibilmente ridimensionato il ricorso al diritto di insistenza; così il Consiglio di Stato ha statuito, in una delle fatti- specie sottoposte alla propria attenzione, che “si deve ritenere che solo in caso di ef- fettiva equipollenza tra le offerte, accertata mediante una reale comparazione, possa trovare applicazione il diritto di insistenza di cui all'art. 37 del cod. nav.”422.

In altre fattiscecie, invece, il Giudice amministrativo ha rilevato, con una inter- pretazione notevolmente più rigida, che “anche se, nell’ambito delle concessioni de- maniali marittime, risulta codificato (art. 37 cod. nav.) il c.d. “diritto di insistenza” (in favore del precedente concessionario, in occasione della rinnovazione del rappor- to concessorio), la codificazione di un tale diritto non può oscurare l’obbligo della Amministrazione concedente di assoggettare a procedura comparativa l’offerta del precedente concessionario, risultando solo in tal modo soddisfatto il prevalente inte- resse alla individuazione del soggetto contraente che offra migliori garanzie di profi- cua utilizzazione del bene per finalità di pubblico interesse”423.

L’attuale formulazione della norma, che riguarda esclusivamente il demanio co- stiero, ad ogni buon conto, rende difficile la sua applicazione, in via analogica, alle fattispecie afferenti le concessioni portuali.

421 La prima modifica legislativa è stata introdotta con il D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, mentre la se- conda con la legge 26 febbraio 2010, n. 25.

422 Consiglio di Stato, 23 aprile 2009, n. 2509.

423 Consiglio di Stato, sez. VI, 25 settembre 2009, n. 5765. 184

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In merito a queste ultime si rileva come la giurisprudenza abbia, invece, applicato in modo decisamente intransigente il divieto di rinnovo in totale assenza di procedure di gara. Segnatamente, è stato infatti ritenuto che nel rispetto delle regole dettate dal Trattato e della giurisprudenza comunitaria, le concessioni di beni pubblici possono essere assentite solo in esito ad una procedura di gara caratterizzata da idonea pub- blicità preventiva; esse ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni comu- nitarie in relazione ai principi di non discriminazione, parità di trattamento, traspa- renza, mutuo riconoscimento e proporzionalità. In caso di rinnovo di concessioni di beni pubblici, il c.d. diritto di insistenza può assumere rilievo solo in caso di effettiva equipollenza delle condizioni offerte dal concessionario e dagli altri aspiranti sul pia- no della rispondenza agli interessi pubblici e la gara deve essere depurata da fattori di vantaggio a favore dell’eventuale precedente concessionario424.

In ordine a quanto sopra, dunque, si rileva come il Giudice abbia, sic et simplici- ter, ribadito quanto espresso dalla Commissione Europea nelle due Comunicazione sopra richiamate.

La dottrina, tuttavia, non ha, a tal proposito, perso l’occasione di stigmatizzare l’approccio della giurisprudenza alla questione, rilevando come lo stesso non sia sta- to adeguatamente motivato, quanto meno con riferimento al fatto che “non sembra distinguere tra posizione di vantaggio conquistate “on the merits”, cioè nel rispetto delle regole di concorrenza-posizioni, le quali dovrebbero essere “spendibili” piena- mente - ed eventuali condizioni di vantaggio non analogalmente giustificate (ad esempio perché derivanti da illegittimi affidamenti diretti di altre concessioni)”425.

424 TAR Liguria, Genova, sez. I, 26 gennaio 2006, n. 225, con nota di BALOCCO G., Concessione di

beni pubblici tra affidamento diretto e obbligo di gara, in Urb. e app., 2006, 7, p. 851. Si veda altresì, al riguardo, la più recente statuizione del TAR Liguria, sez. I, ord. 20 marzo 2007, n. 546. In tale provvedimento si stabilisce che “il rilascio di concessioni di beni pubblici richiede il previo esperi- mento di una gara preceduta da idonea pubblicità depurata, qualora si tratti di rinnovo di concessioni di beni pubblici, di qualsiasi elemento di vantaggio a favore dell'eventuale precedente concessiona- rio”. Peculiare rilevanza, assume, inoltre la decisione del Tar Liguria Sez. I, 30 ottobre 2007, n. 1872. Detta pronuncia ha ritenuto illegittimo il criterio di preferenza relativo alla disponibilità di un’area privata limitrofa. Detto orientamento parrebbe tenere una linea di continuità con quanto, in materia, stabilito in ordine alle concessioni demaniali marittime. A questo proposito, si segnale la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168, secondo la quale “con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da im- porre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione”. 425 TACCOGNA G., Assentimento dei terminal portuali, cit., p. 982-983.

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In tale contesto, si è altresì rilevato come la Corte di Giustizia abbia già ritenuto conformi al diritto i criteri di aggiudicazione che avvantaggiavano un’impresa nei confronti delle concorrenti, per la disponibilità solo in capo ad essa di assets rilevanti per la migliore esecuzione del contratto stesso426.

Da quanto sopra ne discende che una tale previsione, qualora si riferisca alla di- sciplina inerente le concessioni portuali, dovrebbe essere scevra da qualsivoglia vio- lazione dei principi del diritto europeo.

Nelle fattispecie in cui la concessione venga meno a causa dello spirare del ter- mine originariamente stabilito, l’Autorità portuale può imporre una scadenza all’attività del concessionario qualora si verifichino due condizioni: in primo luogo, nell’eventualità in cui vengano a configurarsi ipotesi di revoca della concessione e, in secondo luogo, qualora sussitano le condizioni richieste per la revoca dell’autorizzazione rilasciata per lo svolgimento delle operazioni portuali.

In ordine alla prima fattispecie, si rileva come la stessa sia disciplinata dall’art. 18, comma 9, della legge n. 84/94, il quale stabilisce che “in caso di mancata osser- vanza degli obblighi assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiun- gimento degli obiettivi indicati nel programma di attività, di cui al comma 6, lettera a), senza giustificato motivo, l’Autorità portuale o, laddove non istituita, l’Autorità marittima revocano l’atto concessorio”. La previsione di cui sopra è strettamente connessa con quella contenuta nel precedente comma 8 dello stesso articolo, secondo cui “l’Autorità portuale o, laddove non istituita, l’Autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei re- quisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l’attuazione degli in- vestimenti previsti nel programma di attività di cui al comma 6, lettera a)”.

La norma, ai richiamati comma, sembra conferire all’Autorità portuale o, ove non istituita, all’Autorità marittima, una discrezionalità del tutto eccezionale, essendo nel caso l’attività dell’amministrazione esclusivamente ancorata alle ipotesi di proroga contenute nel bando, in ordine alla sussistenza dei requisiti postulati al concessiona- rio, nonché con rifermento agli investimenti previsti nell’offerta o nella stessa con- cessione. Tuttavia, di tale possibilità, non appare erroneo potersi dubitare.

426 Sentenza C- 513/99 del 17 settembre 2002. 186

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La previsione normativa di cui ai comma 8 e 9 dell’art. 18 della legge n. 84/94 diverge considerevolmente da quanto disposto dall’art. 42 del Codice della Naviga- zione. Tale ultima norma consente, infatti, in linea generale, la revocabilità delle concessioni dei beni demaniali marittimi; ciò, per di più, ad assoluta discrezione dell’amministrazione marittima e in assenza di alcun indennizzo in favore dell’impresa concessionaria del bene.

Il predetto articolo prevede, infatti, che “le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino impianti di difficile sgombero sono revocabili in tutto o in parte a giudizio discrezionale dell'amministrazione marittima. Le conces- sioni di durata superiore al quadriennio o che comunque importino impianti di diffi- cile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse, a giudizio discrezionale dell'amministrazione marittima. La revoca non dà diritto a indennizzo. Nel caso di revoca parziale si fa luogo ad un'adeguata riduzione del canone, salva la facoltà prevista dal primo com- ma dell'articolo 44. Nelle concessioni che hanno dato luogo a una costruzione di ope- re stabili l'amministrazione marittima, salvo che non sia diversamente stabilito, è te- nuta a corrispondere un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo del- le opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato. In ogni caso l'indennizzo non può essere superiore al valore delle opere al momento della revoca, detratto l'ammontare degli effettuati ammortamenti”.

Secondo la richiamata disposizione, pertanto, le due ipotesi parrebbero operare entrambe in presenza delle rispettive condizioni.

In ordine alla decadenza sancita dal medesito articolo, la dottrina ha peraltro evi- denziato come la formulazione di tale norma non sia in linea con la previsione gene- rale in tema di revoca, prevista dall’art. 21 quinquies della legge n. 241/90, con la conseguenza che si impone la modifica delle norme speciali per effetto della sovrap- posizione ad esse dei principi e delle regole generali contenuti nella sopra richiamata legge generale427.

In ordine alla seconda fattispecie si osserva, invece, come la stessa sia stretta- mente collegata con la previsione contenuta nell’art. 7 del D.M. 31 marzo 1995, n.

427 TACCOGNA G., L’indennizzo nella revoca delle concessioni demaniali marittime, in Scritti in

onore di Francesco Berlingieri, 2010, p. 1002.

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585. Tale norma prevede come l’autorizzazione rilasciata dall’Autorità portuale pos- sa essere sia sospesa sia revocata; e questo in ogni tempo, senza diritto ad alcun in- dennizzo, con provvedimento motivato, sentita la Commissione Consultiva locale e, sempre, qualora ricorrano le circostanze espressamente richieste da tale disposizione. Con riferimento a quest’ultima norma, ma con la possibilità di applicazione in via analogica anche alla fattispecie prevista dall’art. 18 della legge n 84/94, la dottrina ha osservato come il nomen juris utilizzato dal legislatore non sia del tutto corretto; ciò in quanto il provvedimento di revoca assumerebbe, in questi casi, connotati sanziona- tori, acquisendo pertanto la valenza di un atto di decadenza428.

Tale ultimo assunto appare condivisibile qualora si consideri che, mentre nella legge 241/90, la revoca si connota quale provvedimento che l’amministrazione deve assumere al momento della sopravvenienza di ragioni di opportuanità, nel caso di cui all’art. 18 della legge n. 84/94 l’atto che l’Auorità portuale o, in assenza, l’Autorità marittima assume si configura quale ritiro di un’autorizzazione allorchè la medesia- ma acquisisca consapevolezza del conrasto di tale atto con la normazione vigente al momento del suo rilascio429.

Tale considerazione, qualora si ritenesse riferita all’ipotesi della revoca della concessione, sembrerebbe costituire un limite alla discrezionalità dell’Autorità por- tuale o marittima nel momento di valutazione dell’attuazione degli investimenti pre- visti dal programma presentato dal concessionario, in quanto dovrebbe essere orien- tata all’adozione del provvedimento sanzionatorio esclusivamente nelle ipotesi in cui sussista un’evidente difformità tra il programma presentato e quello concretamente attuato.

428 ACQUARONE G., Il piano regolatore delle Autorità portuale, cit., p. 158. 429 Così ACQUARONE G., Il piano regolatore delle Autorità portuale, cit., p. 159.

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Considerazioni conclusive sul sistema portuale brasiliano ed italiano.

Dall’indagine svolta sul sistema portuale brasiliano e su quello italiano, nei rispet- tivi scenari del Mercosur e dell’Unione Europea, è possibile effettuare alcune consi- derazioni conclusive.

Per quanto riguarda il Brasile, è evidente come la promulgazione della Lei n. 12.815/13 abbia portato numerosi cambiamenti al settore portuale brasiliano, che si ripercuoteranno necessariamente sull’intera economia mondiale o, per lo meno, nei Paesi con i quali il Brasile ha siglato accordi economici e di scambio.

La riforma, tanto ambiziosa quanto rivoluzionaria, come si è visto, sta già dando i suoi frutti, in termini di crescita interna e di sviluppo economico e rappresenta un ot- timo esempio di come le forze politiche ed economiche possano interagire e coopera- re al fine di modificare un modello regolamentare tutt’altro che perfetto, come era quello portuale prima della recente riforma, per sviluppare, invece, una disciplina del settore più chiara e sistematica.

Tuttavia, non mancano le critiche di quanti ritengono che l’introduzione dei TUPs (Terminali di uso privato) ponga in discussione il modello stabilito nella Costituzione federale del 1988 e crei uno stato di concorrenza asimetrica con i terminali pubblici, i quali, a differenza dei primi, continuano ad essere soggetti al controllo delle tariffe, all’osservanza del regime di movimentazione minima, all’assunzione di lavoratori mediante l’organo di gestione della manodopera (OGMO).

È chiaro che tale situazione possa provocare uno squilibrio nei diritti e nei doveri tra terminali portuali pubblici e terminali di uso privato, in grado di generare, nel prossimo futuro, uno stato di concorrenza asimmetrica tra i due modelli, mettendo in pericolo anche la concezione dell’attività portuale come servizio pubblico.

Tuttavia, è altrettanto chiaro che nell’epoca della globalizzazione, le forti spinte imprenditoriali optino per un modello in cui il privato possa autonomamente dettare le regole del gioco, pur rimanendo soggetto al potere discrezionale che Governo bra- siliano continua a riservarsi per garantire le tutele costituzionali.

Tali forti spinte si manifestano con l’interesse di gruppi imprenditoriali, sia brasi- liani che stranieri, che sempre più numerosi chiedono di impiantare porti privati o TUP, destinati a movimentare principalmente carichi di terzi. Infatti, dal punto di vi-

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sta degli operatori internazionali, la nuova legislazione rappresenta una grande op- portunità di investimento non essendoci alcun limite per l’assegnazione alle imprese straniere che vogliano investire, partecipando o chiedendone direttamente l’assegnazione dei termianali, nel settore portuale, rappresentato in questo caso dai TUPs; infatti, una volta costituita una società in Brasile, anche solo ed esclusivamen- te con capitale straniero, essa potrà agire come operatore brasiliano, beneficiando ap- pieno del nuovo quadro normativo.

In questo contesto, i capitali internazionali sono attratti dalle numerose possibilità che la legge offre: infatti, gli investitori sono interessati sia all’ingresso dei propri capitali nei TUPs, che richiedono nuovi servizi e nuovi prodotti, oltrechè nuove reti di distribuzione che avvicinino sempre più le coste all’intero Paese, sia alla parteci-