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Il prossimo futuro: prospettiva macro

CAPITOLO V: Nuove strategie per un nuovo “Made in

6.2 Il prossimo futuro: prospettiva macro

Seppur gradualmente, il COO sembra destinato a migliorare: la Cina continua a presentare elevati tassi di crescita economica, in un periodo in cui intere aree continuano a patire gli effetti della crisi finanziaria del 2008. Questo progresso economico porterà con sé un incremento dell'occupazione, del reddito pro-capite (Kotler, Keller 2011) e l'esplosione di una classe media sino a pochi anni fa quasi assente che guiderà i consumi del paese. Si è detto di come le imprese cinesi all'interno del ranking Fortune 500 continuino ad aumentare, e con esse, ne deduciamo, continuerà a crescere il numero di milionari/miliardari cinesi, gente che trascinerà un mercato del lusso destinato a diventare il più grande del mondo entro il prossimo decennio (Valdani 2010). I consistenti investimenti in ricerca, parchi tecnologici ed educazione porteranno alla nascita in Cina delle nuove Silicon Valley, incubatori da cui, finalmente, il paese e le sue imprese potranno produrre quelle innovazioni tecnologiche a lungo perseguite ma ad oggi solo imitate.

È poi facile prevedere che la presenza internazionale cinese continuerà ad aumentare. La politica di Pechino, fondata sull'imponente disponibilità di riserve accumulate grazie agli investimenti in entrata e al ruolo attivo nel commercio

internazionale, contribuirà infatti ad alimentare gli IDE in giro per il pianeta continuando a diversificarli, si suppone, tanto geograficamente quanto settorialmente. L'attuale focus sul presidio di materie prime e risorse strategiche sembra infatti destinato ad essere poco a poco sostituito da investimenti sempre più mirati all'acquisizione e allo sviluppo di conoscenze/competenze in grado di produrre attività ad alto valore aggiunto. L'estensione degli investimenti, accompagnandosi ad una presenza cinese in territorio straniero sempre maggiore, lavorerà anch'essa in favore del COO cinese che, si può ipotizzare, tenderà ad omogeneizzarsi rispetto ai suoi simili occidentali.

Tornando ad assumere una prospettiva domestica, la Cina dovrà poi prestare molta attenzione a quelle problematiche che tanto vigorosamente si associano alla sua immagine all'estero (cfr par. 4.5). Certo, socialmente parlando, è giusto riconoscere che nonostante vi siano ancora importanti carenze in materia di lavoro, libertà d'opinione e tutela dell'ambiente, i trend degli ultimi decenni presentano tutti andamenti positivi (e.g. salari in crescita, assistenza sanitaria in continua diffusione) a testimonianza di come in futuro il tenore di vita cinese non possa far altro che migliorare, riflettendosi dunque sull'IP esportata all'estero e quindi sul tanto agognato COO.

Come visto nel corso del capitolo IV il COO però trae origine e si alimenta (riflettendosi poi sulle intenzioni di acquisto) anche attraverso dinamiche di natura politica: per favorire le proprie aziende, Pechino, in tal senso, dovrebbe quindi provare a ri-orientare la propria politica estera e diplomatica rispetto ai paesi del blocco occidentale, facendosi esso stesso promotore di obiettivi di prosperità, giustizia sociale, tutela dell'ambiente (la Cina, ad esempio, come però anche gli USA, non ha ancora aderito al protocollo di Kyoto) ed equilibrio internazionale. L'attuale incertezza occupazionale che dilaga in occidente, alimentando i sentimenti di patriottismo ed

etnocentrismo di consumo esposti nel capitolo IV (cfr. par 4.2 e 4.4), sta infatti penalizzando fortemente i brand cinesi all'estero, ed è quindi necessario che la stessa Cina si impegni a fondo per “scrollarsi di dosso” quell'immagine di paese “ruba-lavoro” attribuitale nel corso degli ultimi anni. Tutto ciò contribuirà a migliorare l'immagine della Cina e ad attenuare gli effetti negativi associati al suo COO.

Si ritiene poi importante sottolineare come i prodotti cinesi stiano guadagnando molto in termini di accettazione da parte dei consumatori occidentali, anche in virtù del ruolo di primo produttore e di primo esportatore di beni di consumo assunto dalla Cina nel corso dell'ultima decade. Questo processo è probabile che continuerà a produrre benefici per il COO cinese a seconda della presa coscienza da parte dei consumatori occidentali che oramai una parte consistente degli elettrodomestici, delle tecnologie o dei capi d'abbigliamento che possiedono nella propria casa, sebbene acquistati come brand italiani, tedeschi, americani o giapponesi, hanno subito almeno una fase della propria lavorazione in Cina (oltre il 60% dell'export cinese è infatti generato da imprese non cinesi (Pomfret 2008)).

Ciononostante, ed è proprio in tale ambito che probabilmente in futuro si giocherà la partita del COO, bisogna riconoscere come la Cina, ad oggi, non sia ancora stata in grado di promuovere un unico brand largamente riconosciuto internazionalmente (con Haier che in tal senso è quello che più si avvicina a tale scopo)(Cass Creative Report, 2004).

Questo è ciò a cui dovranno quindi ambire le imprese cinesi; brand simboli di eccellenza e/o di leadership nei rispettivi settori. Un qualcosa di fortemente radicato nell'immaginario della gente. Questa necessità si fa poi tanto più forte più il mercato domestico cinese evolve, si sviluppa, e si arricchisce; un mercato in cui, arrivandovi impreparati, si rischia di finire schiacciati dalla forza degli stessi brand di cui sopra, attraverso i

quali, il futuro benestante popolo cinese, potrebbe decidere di soddisfare in toto i propri desideri d'acquisto, sancendo dunque la duplice sconfitta, domestica ed internazionale, dei brand cinesi.

In tal senso la missione estera di brand come Haier, Lenovo, Galanz non potrà far altro che contribuire a produrre quelle dinamiche virtuose tese a creare un COO positivo che faciliterà indubbiamente la venuta in occidente di nuovi brand “Made in China” (Fan, 2006), i quali, se vittoriosi, potranno poi ritornare in Cina forti di una luce nuova, andando a rappresentare quindi una valida alternativa d'acquisto per gli stessi consumatori domestici.