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Un ritorno al passato: nuove forme protezionistiche

CAPITOLO I: Lo scenario economico internazionale

1.4 Un ritorno al passato: nuove forme protezionistiche

C'è un fenomeno in forte controtendenza che oggi sembra diffondersi in maniera sempre più accentuata tra le dinamiche che regolano l'economia internazionale. Se da un lato infatti, a partire dal secondo dopoguerra, si è assistito ad un incessante crescita del volume degli scambi internazionali, dall'altro, stanno prendendo sempre più consistenza una serie di azioni che di fatto allontanano il panorama globale dal perseguimento del tanto osannato libero mercato. Con l'attuale separazione del mondo in grandi blocchi regionali, diventano infatti via via più numerosi i casi di paesi, o per l'appunto, di intere aree macro regionali, che si rifugiano dietro a forme di protezione dei propri mercati e delle proprie imprese per difendersi da una concorrenza divenuta oggi, causa globalizzazione, aggressiva ed agguerrita come mai prima d'ora.

Sugli strascichi lasciati dalla Seconda guerra mondiale, e con ben impressi nella memoria i terribili effetti della crisi del '29, innescata in parte proprio dall'introduzione di elevate barriere protezionistiche, gli Stati Uniti, e a ruota molti paesi del blocco Occidentale, si sono fatti portavoce di un nuovo modello economico basato sul libero scambio. Come già evidenziato in precedenza, in realtà questa spinta liberale venne attuata solo parzialmente, ed anzi, venne sfruttata fino agli anni ottanta per rafforzare la posizione di alcuni paesi ricchi nei confronti di molti paesi del Sud del mondo, ai quali continuarono ad essere applicate elevate barriere tariffarie in modo tale da limitarne le esportazioni ed un'eventuale crescita. Il nuovo scenario geopolitico tuttavia presenta caratteristiche ben diverse dal passato, e le interdipendenze e i rapporti di potere tra paesi industrializzati e paesi emergenti sono mutati enormemente.

L'attuale crisi economica non ha fatto altro che acuire le tensioni che già cominciavano a manifestarsi nei decenni passati, conferendo nuovamente al tema del protezionismo

un'insperata modernità. Gli Stati Uniti e buona parte dei paesi europei, eccezion fatto per la Germania, che comunque ha registrato un calo della propria produzione, hanno infatti visto ridimensionate le proprie prospettive di crescita, e alcuni di essi si trovano addirittura a dover fare i conti con ipotesi più che probabili di recessione per gli anni a venire. In virtù di tali eventi, e alla luce della nuova configurazione politica del pianeta si è quindi osservato un ritorno all'utilizzo di misure protezionistiche, adottate sempre più spesso a livello di quelle macro-aree geografiche illustrate in precedenza, il cui ruolo va pian piano sostituendosi a quello delle sopracitate nazioni, e che, causa il rallentamento dello sviluppo economico, la disoccupazione crescente, e gli elevati deficit di bilancio si affidano al protezionismo nel tentativo di opporsi alla venuta dei nuovi concorrenti esteri.

Le sfaccettature del protezionismo moderno sono ovviamente molteplici e possono realizzarsi sotto forma di dazi, come quelli applicati dalla Russia alle importazioni di ferro ed acciaio provenienti dall'estero, o di ingenti sussidi, come quelli di cui hanno beneficiato l'industria automobilistica e il settore bancario statunitense ed europeo durante la fase acuta della crisi finanziaria del 2008. Da parte sua la stessa Cina, ad esempio, ha imposto alle proprie amministrazioni pubbliche l'utilizzo di prodotti e servizi esclusivamente “Made in China” (salvo prezzi inferiori), e contemporaneamente, limita l'espansione delle multinazionali straniere nel proprio territorio attraverso l'applicazione di una legislazione particolarmente rigida per l'investitore straniero (che ad esempio spesso impone la costituzione di Joint Ventures paritarie tra partner straniero e partner cinese). Questo nuovo protezionismo, estremamente più variegato di quello degli anni trenta, e che solo in rare occasioni ricorre alle vecchie forme di barriere tariffarie, si avvale quindi di strumenti quali le norme limitative sul licensing, i divieti temporanei di importazione, i sussidi alle industrie, i dazi anti-

dumping11, o altre normative stringenti come quelle del caso delle JV cinesi. Un'attenzione particolare, perché di estrema attualità, merita proprio il tema dei provvedimenti anti-dumping: le accuse mosse dagli Stati Uniti, e in parte anche dall'Unione Europea, nei confronti della Cina sono infatti molteplici e tese ad evidenziare l'utilizzo di forme di competizione sleale da parte del gigante d'Asia, che, attraverso il sostegno ed il finanziamento pubblico, permetterebbe alle proprie aziende di formulare nei mercati stranieri offerte di vendita sottocosto di diversi prodotti cinesi. Emblematica in tal senso è la polemica scatenatasi nel 2011 tra la SolarWorld American Industries Inc. (primo produttore di pannelli fotovoltaici statunitense) e il governo di Pechino, accusato in più occasioni di sovvenzionare le imprese del settore, in cui il costo del lavoro si stima avere un'incidenza pari a circa il 10 per cento del costo totale, affinché queste potessero vendere all'estero a prezzi estremamente inferiori rispetto alla concorrenza, o addirittura sottocosto.

L'evoluzione della polemica, che ha portato il Dipartimento per il Commercio americano ad annunciare una tassa doganale compresa tra il 2,9 per cento e il 4,73 per cento del valore della merce importata, e che sembra coinvolgerà in maniera diretta la stessa Europa attraverso l'EPIA (l’Europea Photovoltaic Industry Association), rappresenta quindi, nel 2012, un precedente di indubbia pericolosità per quel che riguarda la solidità dei principi del libero mercato, un precedente che apre le porte a ulteriori sviluppi in questo ed in altri settori di importanza strategica e in cui la Cina si appresta a diventare uno dei leader indiscussi.

11 Addirittura secondo una ricerca condotta dal giornale The Economist, nel decennio 2000-2009 si sarebbero manifeste 57 forme differenti di protezionismo.

CAPITOLO II: L'internazionalizzazione e il nuovo