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Il prossimo futuro: prospettiva micro

CAPITOLO V: Nuove strategie per un nuovo “Made in

6.3 Il prossimo futuro: prospettiva micro

É innanzitutto necessario riconoscere che in generale, cioè nel loro insieme, le imprese cinesi, grandi, medie e piccole, giovani e storiche, si trovano tuttora immerse nella curva di apprendimento dei processi manageriali e di sviluppo tecnologico sviluppata dall'occidente. É quindi secondo tale ottica che bisogna elaborare le proprie valutazioni rispetto al fenomeno Cina e al suo COO. Un fenomeno fatto quindi di aziende ancora intente a ricucire un gap fattosi ampio in passato, e che presenta solo qualche rara eccezione pronta ad operare un sorpasso ai danni dei colossi occidentali (e.g. Haier)

Nel corso della trattazione è emerso come in un'economia caratterizzata dall'ampiezza della scelta, in cui il grande mercato di massa è andato parcellizzandosi in numerosi micro-segmenti, ognuno dei quali caratterizzato da bisogni, attributi, preferenze e percezioni proprie, diventi necessario per le aziende riuscire a differenziare la propria offerta sulla base di contenuti nuovi e mirati. In particolare, viste le difficoltà reputazionali delle imprese cinesi, si ritiene fondamentale per

esse riuscire ad investire in modelli di marketing innovativi che si distacchino da quelli tradizionali tutti focalizzati sulle fasi di produzione e vendita e che, al contrario, sfruttino le potenzialità del marketing sin dalle fasi iniziali della pianificazione, facendo della stessa azienda e del suo brand delle componenti del processo di creazione del valore per il consumatore. Che è esattamente quanto è riuscito ad Haier.

É perciò necessario che altre, molte, imprese cinesi riescano a distinguersi dalla concorrenza grazie a scelte innovative ed intelligenti, attraverso un global brand, attento però a soddisfare esigenze locali, così da indurre la ripetizione dell'esperienza d'acquisto.

Dovranno riuscire a costruire dei brand noti ad ampie proporzioni del mercato obiettivo, brand che si facciano portatori dei valori di un azienda virtuosa e che veicolino le percezioni dei consumatori verso attributi positivi, così da evitare la riemersione degli effetti prodotti da un COO che stenta a migliorare (cfr par. 4.6). Questo, favorendo l'immagine aziendale, permetterà inoltre di potersi offrire anche a segmenti di mercato più redditizi.

Il prezzo potrà continuare a costituire un elemento cardine dell'offerta cinese, ma ad esso è necessario che si associno dei miglioramenti di carattere qualitativo. Le imprese cinesi dovranno quindi riuscire a vincere la competizione internazionale offrendo prodotti caratterizzati da un rapporto qualità/prezzo competitivo e vantaggioso per il consumatore.

Ma non più solo prezzo, pena il rafforzamento degli stereotipi negativi del COO cinese e la conseguente maggior difficoltà per le imprese cinesi di avere successo nella loro scalata ai mercati di consumo internazionali. E non più solo prezzo perché a seguito della politica Open Door del 1979 e dell'ingresso della Cina nel WTO del 2001, il vantaggio di costo non è più merce esclusiva delle sole imprese cinesi.

ritenuti importanti dai consumatori, si potranno guadagnare quote di mercato via via crescenti (cfr. Caso Galanz, par. 5.2) e col trascorrere del tempo, una volta rafforzata la notorietà del brand e sviluppata una capacità d'innovazione concorrenziale, potranno allora essere arricchiti i propri portafogli di prodotto con beni tecnologicamente avanzati e più cari, così da essere in grado di proporre al consumatore numerose alternative di scelta. L'investimento nelle attività di branding dovrà poi accompagnarsi a quello in altre attività accessorie volte a favorire e promuovere un'immagine positiva e sinonimo di qualità: comunicazione e promozione dunque, ma anche implementazione dei servizi pre e post vendita e cura dello store dovranno essere sviluppate parallelamente alle attività di miglioramento del prodotto e di brand building.

Il passato da OEM dovrà restare, per l'appunto, un ricordo: sebbene tale ruolo abbia costituito un passo fondamentale nel favorire l'avvicinamento dei modelli produttivi cinesi a quelli occidentali, esso si rivela inefficiente nel promuovere adeguate politiche volte alla creazione e allo sviluppo di brand internazionalmente noti. Uno dei problemi che ancora caratterizza l'apparato industriale cinese riguarda proprio questo punto: molte imprese sono entrate nei mercati internazionali come OEM e da tale situazione, trovandosi ai piedi della curva del valore delle rispettive filiere di produzione, non sono più riuscite ad emergere proprio a causa delle difficoltà nello sviluppo del proprio brand (Bartlett e Ghoshal, 2000). Si richiedono quindi nuovamente competenze di marketing e di brand-building, perché la sola via dell'acquisizione di brand già noti può rappresentare una soluzione valida per contrastare gli effetti del COO nel breve periodo (Lenovo-IBM), ma non può certo sostituirsi o rappresentare un'alternativa idonea nel lungo periodo, un arco temporale questo in cui è necessario saper mutare ed innovare in maniera coerente agli stimoli provenienti

dal contesto competitivo.

L'apprendimento costituisce dunque probabilmente il fulcro attorno a cui dovranno prendere vita le future strategie di internazionalizzazione delle imprese cinesi, in un processo che comunque si preannuncia lungo, tortuoso e finanziariamente dispendioso, soprattutto in quegli ambiti e in quei settori in cui la tecnologia continuerà a svilupparsi e a progredire per mano delle imprese occidentali (Zhu et al., 2007).

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