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Il punto di vista degli studenti Numerose esperienze di ricerca con gli

Nel documento RicercAzione Volume 8 - Numero 2 (pagine 154-157)

fi liere “quasi deterministiche” 1

5. Il punto di vista degli studenti Numerose esperienze di ricerca con gli

studenti (Student voice) hanno dimostrato che i ragazzi, se adeguatamente ascoltati (Dettori, 2009) possono essere di grande aiuto per indicare possibilità di miglioramento delle prassi, come emerge dai contributi di diversi ricercatori, raccolti in un volume in lingua italiana che propone una sintesi della ricerca scientifi ca internazionale più recente su questa tematica (Grion & Cook-Sather, 2013). Anche nel contesto del presente stu-dio, le dichiarazioni degli studenti intervistati non solo precisano, esplicitano e chiariscono alcuni risultati della survey ma fanno anche emergere aspetti nuovi. Di seguito saranno riportati i risultati delle analisi del contenuto dei focus group eff ettuati con gli studenti della quinta classe della scuola superiore che ancora dovevano compiere la scelta del dopo diploma (fase 1) e dei focus group di coloro che la scelta l’avevano già fatta, ossia una parte del campione della fase 1 che ha dato la disponibilità per un’analisi di follow-up, dopo un anno dal primo incontro (fase 2).

L’utilizzo del software atlas.ti (Chiarolanza &

De Gregorio, 2008), per l’analisi del contenuto dell’intero corpus di trascrizioni, ha consentito di avviare un processo di codifi ca e di con-cettualizzazione attraverso l’individuazione di unità di analisi, di categorie e macro-cate-gorie. In questo modo sono stati individuati i nuclei tematici più ricorrenti, che di seguito sono proposti al lettore, seppure in maniera sintetica.

Nella prima fase della ricerca, gli studenti si sono soff ermati sulla pluralità di fattori che ritenevano infl uissero sulla loro decisione, gli aspetti più ricorrenti sono illustrati di seguito.

a) Incertezza per la scelta del post diploma.

Emergono due tipologie di studente: una minoranza che ha già le idee chiare sul da

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farsi dopo il diploma e una maggioranza di indecisi che dichiara di avere ancora molti dubbi soprattutto in merito alla scelta del corso di studi universitario. Quelli che hanno già fatto la scelta sostengono di aver maturato negli anni precedenti la consape-volezza di fare uno specifi co corso di studi, perché spinti dalla passione per alcune discipline e/o per una determinata profes-sione, come racconta questa ragazza:

So da quando ero alle medie che avrei studiato veterinaria, mi piacciono gli ani-mali. So che è un corso di studi molto diffi cile, ma non mi spaventa l’idea di studiare molte ore, credo di potercela fare perché mi piacciono le discipline scientifi che, sarà la mia passione a so-stenermi durante il corso degli studi.

Più spesso i ragazzi ammettono di avere ancora molti dubbi e di voler utilizzare il tempo che rimane prima dell’esame di Stato per prendere informazioni aggiuntive e fare ulteriori valutazioni. Emerge l’inde-cisione sia su corsi affi ni, ma anche su corsi del tutto diff erenti come racconta, in maniera ironica, una alunna di liceo:

Sono indecisa se studiare economia o architettura, mi piacciono entrambi que-sti corsi, non so ancora che scelta farò, se proprio non mi decido, fra due mesi dovrò lanciare una moneta e affi darmi alla sorte.

L’indecisione riguarda anche la scelta di continuare gli studi accademici o cercare un impiego, soprattutto per gli studenti degli istituti tecnici:

Da un lato mi piacerebbe iniziare a lavora-re come geometra e avelavora-re la mia indipen-denza economica, dall’altro continuare gli studi e diventare architetto, sono indeciso perché non ho molta voglia di studiare però mi rendo conto che come geometra molte cose non le puoi fare.

Come si vede, nella scelta incidono aspetti complessi che talvolta si intrecciano: la

volontà di indipendenza economica, il desiderio di approfondire le conoscenze attraverso gli studi universitari, la paura di non essere all’altezza di aff rontare un percorso universitario lungo, l’incertezza sul futuro e sulle reali opportunità che i titoli acquisiti possano garantire un impiego adeguato alla qualifi ca conseguita.

b) Il supporto della scuola nella scelta. Stu-dentesse e studenti hanno dichiarato che le scuole propongono attività fi nalizzate più a fornire informazioni, che percorsi di orien-tamento veri e propri che li aiutino a fare un’analisi delle loro attitudini ed inclinazioni;

questo conferma quando evidenziato nel rapporto Isfol citato in precedenza (Grimal-di, 2012). Dalla ricerca, infatti, non emerge un vero accompagnamento educativo che vada oltre il “mero informare” sulle diverse opzioni di scelta possibili, come sostiene questo studente:

Abbiamo fatto poco orientamento, a parte che ad aprile andremo alle giornate dell’orientamento universitario, non ho avuto altre indicazioni, per esempio mi sarebbe piaciuto fare un’analisi attenta dei corsi professionalizzanti anche non universitari per capire cosa è meglio per me. Ma i professori non dedicano tempo a queste cose, sono presi dal programma.

I ragazzi che frequentano gli istituti tecnici e professionali hanno reputato molto utili gli stage in azienda organizzati dalle scuole perché rappresentano un reale banco di prova:

Andare in azienda è utile perché capisci se è quella la tua strada, è il modo mi-gliore per metterti alla prova e capire ciò che vuoi fare da grande.

c) Il valore dell’orientamento universitario.

Ragazze e ragazzi hanno dichiarato di aver preso parte alle diverse manifestazioni promosse dalle università che sono state invitate nelle scuole e/o che hanno orga-nizzato delle giornate ad hoc per

l’orien-tamento e di aver avuto modo di acquisire informazioni utili per la scelta dei corsi di studio. Tuttavia anche queste esperienze non sempre sono state positive:

Siamo andati al salone dello studente, ma non era per nulla chiaro, io ho ap-preso poco da quella giornata, ci davano degli opuscoli dove dicevano quali esami dare, ma non spiegavano che argomenti trattano i diversi corsi.

Talvolta i docenti universitari, quando hanno tenuto degli incontri con studenti di quinta, si sono posti come dei promo-tori dei loro corsi piuttosto che come dei facilitatori nella scelta del percorso:

Da noi sono venuti diversi docenti di università sarde e non, alcune anche private, ma tutti sembravano vendere il prodotto migliore, tutti dicevano che la loro università era migliore delle altre, alle volte mi sono sentita un po’ confusa.

d) Troppa rigidità nelle attività di orienta-mento. Dall’indagine si evince che gli istituti tecnici e professionali organizzano le attività di orientamento soprattutto pensando a coloro che vogliono entrare nel mondo del lavoro; al contrario nei licei si lavora per l’orientamento universitario.

Emerge l’esigenza di un orientamento più articolato che proponga le diverse possi-bilità senza chiudere troppo gli orizzonti, come spiega un ragazzo di un istituto professionale:

Se io ad esempio volessi continuare a studiare, io non so niente di quello che posso fare quando esco da qua per continuare gli studi, anche universitari.

Sarebbe utile capire come funziona l’u-niversità, quali corsi di laurea, noi invece non le sappiamo queste cose. La scuola punta sul lavoro, ma in realtà possiamo fare anche altro.

Anche diversi studenti del liceo lamen-tavano di non aver avuto la possibilità di orientarsi nel mondo del lavoro perché si

dava per scontato che tutti i liceali avreb-bero frequentato l’università.

e) Il ruolo della famiglia, dei compagni più grandi e di internet nella scelta. Nel percorso di scelta gli studenti hanno ammesso di attingere informazioni da diverse fonti. Sem-brerebbe che l’apporto della famiglia non abbia un peso particolarmente rilevante, ad eccezione di casi dove è forte la tradizione familiare, come testimonia un ragazzo:

Voglio iscrivermi in farmacia perché mio padre e mio zio sono farmacisti, anche mio nonno lo era, è una specie di tradi-zione di famiglia. Non lo faccio per ripiego o per convenienza, ma perché mi piace.

Nella maggior parte dei casi invece i genitori supportano le scelte, ma quasi mai indirizzano esplicitamente i fi gli:

I miei genitori mi lasciano libera di fare la scelta che voglio, mi hanno detto di fare la

“mia” scelta, loro mi appoggeranno perché vogliono che faccia ciò che mi piace. Mi hanno spinto di più nella scelta del liceo, per l’università ritengono che io sola possa fare la scelta perché poi condizionerà il mio futuro.

Talvolta sono gli studenti più grandi, che già frequentano l’università, ad off rire la loro consulenza sulle tipologie di corsi, gli esami, i possibili sbocchi occupazionali. Moltissimi ragazzi coinvolti nella ricerca riconoscono di ricorrere a internet per avere informazioni sui diversi corsi di laurea, ma non sempre è facile reperire ciò che a loro serve e/o interessa se non si è, anche in questo caso, supportati, come hanno dimostrato anche altre esperien-ze (Amoretti & Rania, 2005).

Gli intervistati precisano che nella scelta mettono al primo posto ciò che desiderano fare “da grandi” e che solo secondariamente considerano le maggiori possibilità di sboc-co occupazionale; interessanti a questo proposito le considerazioni di uno studente del liceo:

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Io scelgo di fare giurisprudenza perché voglio fare l’avvocato, so che è un settore saturo ma non demordo, voglio studiare per fare ciò che mi piace e non una facol-tà che dà maggiori opportunifacol-tà di lavoro.

Come puoi fare un lavoro che non ti piace?

Che senso ha?

I ragazzi sono consapevoli che il passag-gio dalla scuola superiore all’università o al mondo del lavoro è particolarmente importan-te perché condiziona il futuro delle persone;

per questa ragione sono critici con la scuola che non sempre ha saputo accompagnarli e supportarli nella scelta:

La scuola pensa al programma e all’esa-me, io sto vivendo un momento di crisi perché in questi mesi devo fare una scelta importante che condizionerà il mio futuro.

Sinceramente me ne frego del voto di diploma, penso che devo ragionare bene per scegliere con attenzione l’università perché non posso permettermi di fare scelte sbagliate, sia per i costi sia perché gli anni persi non li recuperi.

A distanza di un anno, sono stati realizzati due focus group di follow-up sugli esiti del processo di transizione. La maggioranza degli studenti iscritti all’università hanno ammesso di essere soddisfatti della scelta, anche se in alcuni casi solo durante la frequenza dei corsi ci si è resi conto di aver commesso un errore.

Soprattutto per coloro che hanno prefe-rito cercare un impiego, le diffi coltà non sono mancate; le critiche degli studenti riguardano l’inadeguatezza della formazione, come dice un ragazzo che è alla ricerca di un lavoro dopo aver conseguito il diploma di perito chimico:

Mi sono accorto che non abbiamo le co-noscenze che servono per proporti bene al mondo del lavoro, io per esempio non sapevo fare un curriculum in formato eu-ropeo, mi sembra assurdo che in cinque anni di scuola non l’abbiamo mai fatto!

Dalla ricerca emerge con chiarezza che in troppi casi la scuola non riesce a mettere in atto una didattica orientativa e orientan-te, come indicato nelle linee guida del Miur del 2014; spesso si limita al solo informare, rinunciando a promuovere percorsi di con-sapevolezza che supportino gli studenti nel fare scelte importanti, come ha dichiarato una studentessa:

Io penso che non solo debba esserci più informazione a scuola, ma soprattutto più preparazione psicologica perché si va ad aff rontare un mondo, quello universitario o del lavoro, che è completamente diverso e che richiede capacità di adattamento.

6. Sintesi e interpretazione

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