Spencer e Spencer (1993), esaminando le qualità di un soggetto adegua- tamente pronto a entrare e restare nel mondo del lavoro, hanno suggerito l’adozione di una prospettiva comprensiva e relativa alla considerazione della sua totalità. Essi hanno distinto competenze di superficie considerate più suscettibili di modifica e di sviluppo, e di valutazione, da competenze più profonde come motivi, concezione di sé, tratti personali, di più com- plessa rilevazione e sviluppo. Queste ultime costituiscono come l’iceberg della persona. Di qui la proposta di descrivere tale situazione attraverso un sistema di cerchi concentrici (Fig.1). Il cerchio più esterno comprende le competenze tecnico-pratiche collegate a uno specifico ambito di lavoro. Il cerchio intermedio fa riferimento a quelle culturali e tecnologiche. Quello più interno, che costituisce come l’iceberg sommerso del soggetto, include la qualità più personali.
Esaminiamo il quadro delineato un poco più in dettaglio.
a) A un livello più direttamente riferibile a un ambito specifico di lavoro e alle competenze tecnico-pratiche relative, si possono considerare le cono- scenze e le abilità che un soggetto è in grado di attivare e coordinare a li- vello di integrazione operativa. Si tratta quindi di quelle che sono state de- finite nella ricerca europea hard skills specifiche.
Fig.1 - Un quadro comprensivo delle competenze
competenze tecniche e pratiche specifiche competenze culturali e tecnologiche competenze generali e personali
b) A un livello intermedio si possono evocare le competenze proprie dell’ambito culturale, linguistico, scientifico e tecnologico. Ci si riferisce al possesso e all’integrazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti che per- mettono di leggere, interpretare e adattare la propria azione professionale ai contesti lavorativi e alle sfide presenti. La considerazione degli atteggia- menti posseduti è cruciale perché implica l’apertura al cambiamento in ge- nere e all’innovazione tecnologica e organizzativa in particolare. Si tratta delle hard skills generiche.
c) A un livello più personale e profondo si possono considerare le qualità che stanno alla base di tutte le azioni da metter in atto nell’attività lavorativa. Spesso tali qualità personali sono definite “trasversali”, in quanto influenti in modo diffuso sui comportamenti messi in atto e sulle attività svolte. Se si considerano, ad esempio, le competenze relazionali e comunicative, queste sono sempre importanti, ma quando si considera il contesto comunicativo e relazionale indotto dalla rete informatica e telematica esse si specificano ulte- riormente. Nei documenti europei s’insiste soprattutto su due di queste quali- tà: la capacità di agire autonomamente e con senso di responsabilità: qualità che devono caratterizzate i livelli di sviluppo di tutte le forme di competenza e che devono essere esplorate più profondamente e dettagliatamente per po-
terle individuare come obiettivi formativi e dimensioni valutative. Si tratta ovviamente dell’ambito descritto nei documenti europei come soft skills.
Per chiarire ulteriomente tali descrizioni, si può fare riferimento alla tendenza odierna a sottovalutare l’importanza di un’educazione al lavoro fin dalla scuola primaria. Infatti, primi passi nel promuovere lo sviluppo di un atteggiamento positivo verso l’attività lavorativa, basato su un’esperien- za positiva sia dal punto di vista cognitivo, sia emotivo, si radicano nelle attività pratico-progettuali e realizzative inizialmente vissute in contesti lu- dici. Poi, a poco a poco, si tratta di trasferire tutto ciò in contesti produttivi di artefatti fisici o in organizzazioni sociali. Fin dalla scuola dell’infanzia, infatti, occorre promuovere alcune competenze elementari che ne stanno alla base. Tra queste competenze elementari vengono citate spesso quelle legate alla pianificazione e all’organizzazione delle proprie azioni: a) sapersi porre obiettivi e saper pianificare azioni per raggiungerli; abilità nell’anti- cipare eventi futuri, nel seguire le indicazioni oppure nel raggiungere uno scopo; abilità nell’iniziare i compiti tempestivamente o di ottenere, prima, gli strumenti idonei o i materiali necessari a completare l’attività (carenze si ma- nifestano nel procrastinare le cose da fare, nell’aspettare sempre indicazioni o ordini per muoversi); b) saper organizzare un’attività e un ambiente (riordi- nare le cose al posto giusto e trovarle); rispondere al feedback esperienziale (interno o esterno), correggendo i propri errori; capacità di gestire una molte- plicità di attività; di controllare le realizzazioni (i bambini con carenze nel- l’organizzazione è come se si approcciassero a un compito in modo casuale o fossero facilmente sopraffatti da grandi quantità di informazioni o di azioni). Molto spesso queste competenze elementari vengono associate allo spirito di iniziativa e all’imprenditorialità, come vedremo a suo tempo.
Una testimonianza significativa di tutto ciò è stata offerta da Seymour Papert in una intervista del 1997 (Archivi Rai):
Non è importante fare un videogioco, ma per i bambini il videogioco fa parte del- la cultura in cui vivono, loro pensano che sia importante, ed è importante per le loro vite. Dunque, il primo cambiamento che arriva quando un bambino può fare un pro- prio videogioco è che i bambini passano dall’essere consumatori ad essere produttori. Questo è un primo cambiamento nell’approccio e nella mentalità. L’errore della tele- visione, dei media, persino della scuola, sta nell’offrire la conoscenza ai bambini; in questa prospettiva i bambini consumano, non producono. Il bambino, viceversa, può, ora, realmente realizzare un videogioco, uno veramente bello; e questo è un cambia- mento già di per sé un cambiamento importante. Ma facendo questo videogioco, parti realmente importanti della conoscenza entrano nel gioco, e così il bambino è molto motivato ad apprendere bene. Che cosa? Prima di tutto la programmazione: il bambi- no apprende a programmare il computer per fare il gioco. Abbiamo dei bambini di
nove, dieci anni che imparano a programmare ad un livello che normalmente non ci si aspetta neanche da studenti di scuole medie o addirittura da studenti universitari.
A parte il riferimento allo sviluppo del pensiero computazionale fin da piccoli, qui è decisiva la sollecitazione ad essere proattivi, capaci di inizia- tiva nel progettare e realizzare un artefatto, in questo caso di natura digitale, ma ciò vale in generale. Si tratta di un approccio allo sviluppo dell’occu- pabilità che è stato definito “disposizionale”, cioè legato allo sviluppo di abiti di lavoro, che diventano progressivamente una seconda natura, per cui, date le circostanze, vengono messi in atto comportamenti coerenti da una parte con tale disposizione, dall’altra, con le esigenze del contesto.