% della massima efficienza teorica I sei paesi più
2.4 Quadro storico
Prima di discernere la terza rivoluzione industriale è bene fare una breve digressione sugli anni antecedenti, ovvero quelli che comprendono le due guerre mondiali e la grande depressione. Infatti a differenza della prima e della seconda industrializzazione che sono quasi susseguenti, in questo caso è presente, convenzionalmente, uno stacco di più di trent’anni, dove appunto avvengono gli importanti avvenimenti appena elencati. Non si vogliono descrivere gli eventi in sé, ma bensì il mondo nel quale prende piede l’ultima rivoluzione, ovvero i cambiamenti rispetto agli anni precedenti la guerra. Dopo la Grande
44 Guerra, la prima ad essere combattuta dalle più importanti nazioni europee e anche in ultimo dagli Stati Uniti, si delinea un mondo dove sono presenti nuovi mezzi di trasporto. Le auto si affermano come mezzo di trasporto, grazie alle grandi industrie automobilistiche, e viene anche individuato un nuovo mezzo di trasporto commerciale e passeggeri (nel ultimo ruolo si affermerà successivamente) quale l’aereo. Inoltre si era in un periodo di elettrificazione, soprattutto da parte delle industrie. La guerra oltre ad avere degli effetti diretti, vittime, danni a costruzioni e città, caduta dell’Impero Austro- ungarico e altri effetti: decretò la fine del Gold Standard (già abbandonato prima dell’inizio di questa ma poi ripristinato dal 1927). L’inflazione ed iper-inflazione in numerosi stati, la sovrapproduzione, con la conseguente chiusura di numerose aziende, delineava uno scenario nel quale sembrava opportuno un intervento preponderante dello stato nell’economia ed un uso di politiche economiche protezionistiche (maggiori dazi e tasse doganali). Durate gli anni venti, gli USA si affermavano come potenza mondiale, cresceva molto anche il Giappone, ed ebbero un espansione anche Francia ed Italia, una crescita lenta aveva l’Inghilterra, mentre la Germania affrontava i problemi post-guerra. Mentre PIL e produzione crescevano la disoccupazione diminuiva (minore del 2% in USA) nei primi quattro paesi citati sopra, anche se in Italia si andava affermando il Fascismo (Vasta M., 1999). Gli scambi tra stati comunque non diminuivano, anzi molti capitali erano investiti. Infatti la principale causa della crisi del ’29, era stata il ritiro degli investimenti statunitensi dalle industrie tedesche ed il loro inserimento nella borsa di New York. La crisi colpì duramente tutto il mondo Occidentale, e per uscirne si istaurarono politiche protezionistiche statali ancora più aspre rispetto al dopo guerra, con una protezione verso i beni prodotti internamente, questo fece diminuire il commercio internazionale. La nuova fase di svalutazione delle monete portava all’abbandono dal 1934 anche del Gold Exchange Standard. Come soluzione alla crisi, in USA si instituiva
45 il New Deal che veniva adottato anche se non per intero dagli altri stati europei. Il New Deal comunque non sanava tutti i problemi prodotti dalla crisi: disoccupazione, recessione, minore produzione. Un caso a parte costituiva l’arretrata Russia (successivamente URSS) che si sviluppò moltissimo, anche se in maniera diversa dagli altri stati, inizialmente con un comunismo di guerra, poi con il NEP, poi con Stalin ed i piani quinquennali del Gosplan (industrializzazione forzata pesante e non di consumo). La Seconda Guerra Mondiale coinvolse tutto il mondo, provoco numerosissime vittime, molte delle quali civili, e vide l’affermarsi degli Stati Uniti e dell’URSS come potenze mondiali. Questi due stati si sono affrontati poi durante la guerra fredda, dal dopo guerra fino alla caduta dell’URSS, con una corsa agli armamenti, ed allo sviluppo tecnologico (corsa allo spazio), senza mai entrare in un conflitto armato.
Il periodo che va dal 1950 al 1973 è chiamato (per il Primo Mondo), Golden Age, durante questo periodo vi è un aumento del PIL di molti stati soprattutto del Primo mondo (quello Occidentale e consumistico), con una economia di libero mercato, che si distingue dal Secondo (quello Comunista) rappresentato da URSS e Cina, con un economia pianificata. Inoltre si delinea il mondo dei paesi poveri, il Terzo mondo, costituito da Africa e molti paesi asiatici (De Simone E, 2014).
Dal punto di vista storico, la Golden Age, è un periodo dove vi è un forte sviluppo tecnologico, uno stato presente nel suo ruolo, una cooperazione internazionale e ancora, un capitale umano formato (istruzione e alfabetizzazione), una disponibilità di capitali, un ritorno ai cambi fissi. Inoltre il prezzo delle materie prime era basso, ma anche i salari non erano elevati per i “colletti blu” (lavoratori low skilled) poiché vi era abbondanza di manodopera. (Pollard S., 2004). Nel 1971 i cambi diventavano flessibili (inconvertibilità del dollaro in oro), nel 1973 vi fu il primo shock petrolifero, durante il qual il petrolio passava da costare 3 dollari al barile fino a 12 e poi fino a 30 dollari al barile durante il
46 secondo shock del 1979. Il primo shock avvenne per colpire chi appoggiava l’Israele e il secondo durante la rivoluzione in Iran. La crisi portava ad un aumento dei costi di produzione e di distribuzione, alla stagflazione, alla disoccupazione (assorbita solo in piccola parte dalla meccanizzazione). Per uscire dalla nuova crisi si promossero politiche liberiste e di deregolamentazione dei mercati. Allo stesso tempo, negli URSS dopo la guerra si instaurò il quarto piano quinquennale del Gosplan. Questo però portava ad una sottoproduzione agricola (importazione alimentare). Inoltre la coordinazione tra le diverse fabbriche (economia pianificata) era difficile allungando i tempi di produzione industriale, anche perché non vi era l’utilizzo di nuove tecnologie e anche per questo la produttività del lavoro era molto bassa, anche se tutte le persone erano impiegate in qualcosa. La minima liberalizzazione proposta da Gorbachov portò a inflazione e disoccupazione senza risolvere i problemi, anzi nel 1989 l’URSS si divise. L’anno successivo e per i seguenti otto la Russia si convertiva ad un economia di mercato (liberalizzazione, stabilizzazione, privatizzazione). Durante questi anni il PIL russo scese di più di sette punti percentuali, solo successivamente iniziò una ripresa, con un PIL che era alla ripresa il 29% di quello statunitense.
In Cina dopo l’economia socialista di Mao Tze Dong, vi fu una progressiva apertura ed avvicinamento al mondo capitalistico. I Paesi in via di sviluppo (tigri asiatiche, Argentina, Brasile) per crescere o espandevano le esportazioni o sostituivano le importazioni con produzioni locali, inoltre finanziavano la loro economia interna con molti debiti dopo gli shock petroliferi che poi molti non furono in grado di saldare (1986), ponendo fine allo sviluppo di molti di essi quell’anno o nei successivi. In Africa venticinque stati occupano i primi posti di povertà nel mondo, solo Sud Africa e Botswana sono Stati paragonabili all’Occidente. La decolonizzazione post-guerra e successiva, fece retrocedere ulteriormente l’economia, poiché non vi erano industrie, l’agricoltura non era
47 autosufficiente e vi era una fortissima crescita demografica. Le cause di questa arretratezza, possono essere appunto storiche (colonizzazione), geografiche, sanitarie, di esportazione (solo materie prime e non prodotti finiti), e anche di governi locali e guerre civili. Ancora oggi, la maggior parte dei paesi dell’Africa aumenta il gap con i paesi “evoluti”.