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Nuove tecnologie e posti di lavoro, un’analisi sulla base della letteratura esistente ed alcune estension

4.3 Risultati e comment

Prima di prendere in considerazioni i dati presenti nella tabella 12, esaminiamo la formula di riferimento per creare la tabella 12, partendo dai dati di FO.

Formula:

𝑝𝑎𝑖𝑐 = ∑ 𝑝𝑎𝑗𝑠𝑗𝑖𝑐

9

𝑗=1

111

𝑠

𝑗𝑖𝑐

=

𝑜𝑐𝑐𝑗𝑖𝑐

∑9𝑗=1𝑜𝑐𝑐𝑗𝑖𝑐

dove:

𝑝𝑎𝑖𝑐 è la probabilità di automazione calcolata per ogni settore economico secondo la

classificazione NACE rev. 2 per ogni paese c;

𝑝𝑎𝑗 è la probabilità di automazione attribuita a ogni macro-occupazione utilizzando i dati presenti in FO aggregandoli per macro-occupazioni (tabella 11);

𝑠𝑗𝑖𝑐 è la quota di occupati per ogni macro-occupazione in rapporto al totale occupati del settore i-esimo del paese c-esimo;

𝑜𝑐𝑐𝑗𝑖𝑐 è il numero di occupati nel settore i per l'occupazione j nel paese c;

j è l'indice che rappresenta le diverse macro-occupazioni presenti all'interno di ogni settore;

i è l'indice che rappresenta i settori economici secondo la classificazione NACE rev. 2; c è l'indice che rappresenta i paesi presi in considerazione.

Analizzando i risultati calcolati tramite le probabilità di automazione secondo FO (Tabella 12), si evince, come era prevedibile, una somiglianza tra l’automazione possibile tra i 22 paesi presi in considerazione. È importante anche sottolineare come i dati presenti in tabella evidenzino la possibilità di automazione media per ogni settore delle nazioni prese in considerazione.

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TABELLA 12

Probabilità di possibile automazione media per ogni settore dei paesi analizzati (metodo delle occupazioni). Legenda: Nor (Norvegia), Aus (Australia), Svi (Svizzera), Ger (Germania), Dan (Danimarca), Sin (Singapore), Ola (Olanda), Irl (Irlanda), Isl (Islanda), H.K. (Hong Kong), Sve (Svezia), Gia (Giappone), Fra (Francia), Bel (Belgio), Fin (Finlandia), Slo (Slovenia), Ita (Italia).

SETTORI ILO Nor Aus Svi Ger Dan Sin Ola Irl Isl USA H.K. Sve UK Gia Fra Bel Fin Austria Slo Ita

A. Agriculture; forestry and fishing 69 71 66 69 71 - 68 69 66 46 - 68 65 72 70 71 70 72 71 73 B. Mining and quarrying 47 55 58 62 41 - 39 57 - 55 - 58 42 80 60 64 61 63 49 61

C. Manufacturing 57 57 53 58 57 46 55 56 55 53 55 57 52 73 56 58 54 59 60 63

D. Electricity; gas, steam and air conditioning supply 45 48 48 52 46 - 42 46 5 51 - 43 46 72 39 53 44 54 41 57 E. Water supply; sewerage, waste management and remediation activities 62 55 60 63 63 - 57 58 - 61 - 59 57 - 61 60 60 64 57 67

F. Construction 62 61 62 61 64 50 60 63 61 60 62 62 55 73 60 61 62 63 59 64

G. Wholesale and retail trade; repair of motor vehicles and motorcycles 50 51 50 56 56 46 54 52 49 56 52 51 52 62 52 53 52 55 49 56 H. Transportation and storage 65 66 60 69 68 62 66 68 61 63 68 70 66 76 66 67 71 67 67 71 I. Accommodation and food service activities 54 51 49 54 60 60 54 51 53 51 55 58 52 55 54 49 58 54 52 51 J. Information and communication 27 30 30 37 33 32 29 32 27 33 38 27 27 56 30 30 25 34 29 41 K. Financial and insurance activities 38 44 42 63 38 37 38 46 34 42 43 38 41 66 44 49 45 52 43 53 L. Real estate activities 48 47 50 52 53 51 49 47 7 49 61 52 41 56 52 51 49 53 34 56 M. Professional, scientific and technical activities 32 33 35 38 34 37 33 34 19 33 - 33 33 60 36 31 30 39 26 36 N. Administrative and support service activities 57 61 58 63 62 58 57 61 39 59 54 58 56 69 59 63 60 63 60 37 O. Public administration and defence; compulsory social security 30 45 43 44 40 29 38 47 35 45 54 34 43 68 50 50 38 49 34 44

P. Education 23 29 25 31 29 - 24 28 27 30 44 27 34 54 29 25 26 25 24 21

Q. Human health and social work activities 37 38 41 44 39 46 42 40 37 40 52 40 40 54 48 44 46 46 40 42 R. Arts, entertainment and recreation 38 45 39 42 49 51 39 44 37 52 59 43 44 58 41 45 42 44 38 40 S. Other service activities 44 49 45 51 49 54 47 52 38 47 58 47 47 58 51 51 48 52 51 50 T. Activities of households as employers; undifferentiated goods- and

services-producing activities of households for own use 52 52 56 66 67 - 50 53 - 64 - 38 62 - 68 73 59 64 - 67 MEDIA PONDERATA DELLA PROBABILITÀ DI AUTOMAZIONE PER

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Sono comunque presenti delle differenze, il Giappone, risulta il paese in media con una maggiore probabilità di automazione, e l’Islanda insieme all’Olanda, al contrario, risultano essere quelli meno automatizzabili. Tra i paesi con una popolazione superiore rispetto all’Islanda ed Olanda, la Gran Bretagna risulta in media poco meno automatizzabile dei principali paesi europei presenti nella tabella 12, mentre la Germania, al contrario, in media, è più automatizzabile. La media di possibilità di automatizzazione dei settori degli Stati Uniti, si attesta nella parte bassa della nostra analisi.

Comparando i vari settori all’interno dei paesi esaminati, i settori in media con il più alto grado di possibile automazione, sono, in maniera netta, l’agricoltura (A) e il settore dei trasporti (H). Non a caso quest’ultimo comprende anche l’automotive che è uno dei campi dove si sta investendo di più (guida autonoma) in ambito tecnologico (Wuest T., Romeo D., Stahre J., 2017). Viceversa, i settori in media con il più basso grado di possibile automazione sono in ordine: il settore dei delle attività professionali, tecniche e scientifiche (M), il settore delle informazioni (J) ed il settore dell’educazione didattica (P).

Alcune caselle della tabella 12 vengono spuntate col simbolo “-”, ciò significa che non vi sono dati disponibili per il calcolo della probabilità media di automazione di quel determinato settore nello specifico paese.

Non ci sono anomalie degne di nota nei dati presi in considerazione escludendo l’Islanda, l’Olanda ed anche la Svezia che, in almeno due settori, presentano dati distanti dalla media generale dei settori degli stati analizzati. Ad esempio, l’isola nord europea ha valori molto bassi sia nel settore E (Approvvigionamento idrico; fognature, gestione dei rifiuti e attività di bonifica) sia in quello L (settore immobiliare), rispettivamente entrambi al 5

114

e 7 per cento, valori molto al di sotto della media di tutti gli altri paesi presi in considerazione.

Valutando i dati a disposizione sull’Italia, a parte i settori citati per tutti e ventidue i paesi, molto automatizzabili, secondo la tabella 10, sono anche il settore E e T, entrambi al 67%. Con una bassa probabilità media di essere automatizzato, in Italia è anche il settore N (settore amministrativo), che con il 37% è meno robotizzabile rispetto a quello J (41%). L’Italia, insieme alla Germania, risulta essere al terzo posto in ordine di probabilità di automazione (dopo Giappone ed Austria), con il 52%.

Successivamente, come già spiegato, è stata condotta un’analisi con i dati del McKinsey Global Institute del 2017 (approccio basato sui metodi), per riuscire a calcolare il numero di posti di lavoro che potrebbero essere persi in ogni settore di 22 paesi.

Anche in questo caso prima di considerare la tabella prendiamo in considerazione la formula utilizzata per formare la tabella 13.

Formula:

𝑝𝑖𝑐 = ∑ 𝑝𝑟𝑎𝑖𝑜𝑐𝑐𝑖𝑐

20

𝑖=1

dove:

𝑝𝑖𝑐 è il numero di posti di lavoro a rischio automazione calcolata per ogni settore

economico i secondo la classificazione NACE rev. 2 per ogni paese c;

𝑝𝑟𝑎𝑖 è la percentuale di posti di lavoro a rischio automazione associata ad ogni settore economico i secondo i risultati conseguiti dallo studio McKinsey (2017) (figura 9); 𝑜𝑐𝑐𝑖𝑐 è il numero di occupati nel settore i nel paese c;

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Il numero di posti di lavoro che potrebbero essere persi sono presenti in tabella 13 (posti di lavoro persi in migliaia), dove i settori ed i paesi sono gli stessi della tabella 12 e dello studio condotto con i dati FO.

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TABELLA 13

Posti di lavoro a rischio automazione in migliaia (metodo dei compiti). Legenda: Nor (Norvegia), Aus (Australia), Svi (Svizzera), Ger (Germania), Dan (Danimarca), Sin (Singapore), Ola (Olanda), Irl (Irlanda), Isl (Islanda), H.K. (Hong Kong), Sve (Svezia), Gia (Giappone), Fra (Francia), Bel (Belgio), Fin (Finlandia), Slo (Slovenia), Ita (Italia).

SETTORI ILO Nor Aus Svi Ger Dan Sin Ola Irl Isl USA H.K. Sve UK Gia Fra Bel Fin Austria Slo Ita

A. Agriculture; forestry and fishing 32,2 178,5 84,8 327,7 38,4 - 104 62,6 4,6 1171,1 - 53,5 201,4 1314 422,9 0,49 0,57 1,3843 0,3 478

B. Mining and quarrying 32,1 36,72 1,82 44,22 2,7 - 5,1 3,28 - 352,12 - 4,88 64,26 15,3 13,55 2,62 3,06 3,9343 1,8 18,07 C. Manufacturing 137 600,1 347 4668 198 154 467 137 12 9656,1 78,5 312 1765 6386 1960 355 204 392,14 130 2487 D. Electricity; gas, steam and air conditioning supply 7,29 35,86 11,7 151,9 6,73 - 13,8 4,65 0,6 532,34 - 11,4 80,46 269,3 84,73 11,9 6,41 12,949 4,1 53,87 E. Water supply; sewerage, waste management and remediation activities 7,89 38,4 7,97 135 9,17 - 20,1 6,6 0,6 441,17 - 12,5 132,3 - 116,5 20,8 7,03 11,143 5,7 135,9 F. Construction 94,7 44,57 140 1272 75,8 48,6 195 47,5 5 4859,5 139 151 1049 1571 833,9 154 82,5 166,72 25 726,2 G. Wholesale and retail trade; repair of motor vehicles and motorcycles 172 71,7 283 2706 193 164 581 139 11 9688,1 416 272 1978 5263 1622 295 142 294,53 55 1581 H. Transportation and storage 84,1 355,9 117 1166 77,5 114 224 52,7 6,3 5007,3 191 146 908 2203 848,5 152 84,9 123,86 29 636 I. Accommodation and food service activities 52,8 577,1 138 1118 78,8 100 249 104 7,5 7146,3 201 1,46 1162 2799 720 111 62,4 181,25 31 950,4 J. Information and communication 36,6 137,6 51,3 440,3 40,1 31,7 96,1 36,2 3 1886,3 43,4 73 430,9 719,3 267,2 51,9 36,7 42,171 11 199,9 K. Financial and insurance activities 22,7 180 100 551 34 68,9 109 40,5 2,9 3139,7 98,5 41,5 517,4 798,9 370 65,9 22 60,569 11 273,9 L. Real estate activities 9,09 64,27 18,7 90,97 11,7 21,3 25,5 4,23 0,4 1142,2 60,1 28,5 135,4 352 147,1 11,7 9,49 15,143 1,2 55,66 M. Professional, scientific and technical activities 52,8 261 127 762,9 50,4 60,2 193 42,8 3,9 2865,5 - 139 740,1 740,6 513,3 79,9 57,8 80,7 15 491,5 N. Administrative and support service activities 40,3 173,7 55,7 729,3 34,9 41 151 31,8 2,3 2649,2 114 87 564,4 1172 392,2 96,4 40,3 53,876 8,6 359,1 O. Public administration and defence; compulsory social security 79,9 357,7 99,8 1371 74,2 141 246 44,7 3,9 2528,7 52,9 150 915,5 1144 1193 192 54,5 134,05 28 644,4 P. Education 59,6 243,2 83,2 698,6 67,7 - 150 39,6 5,8 3591,9 53,9 145 858,4 812,7 513,5 114 47,9 74,944 22 412,8 Q. Human health and social work activities 193 506,3 210 1812 179 37,1 473 95,5 7,4 7304,8 64,6 264 1462 2729 1340 236 145 148,37 21 643,7 R. Arts, entertainment and recreation 22,3 93,55 27,1 224,7 26,8 14,9 68,1 20 2,5 1234,5 22,7 47,7 326,1 305,9 170,8 28,2 25,4 30,106 7,3 122,9 S. Other service activities 24,9 119,8 68 561,1 34,3 33 87,2 24,6 2,2 2000,5 52,1 61,5 407 1023 336,7 49,3 36,3 53,55 6,8 335,7 T. Activities of households as employers; undifferentiated goods- and

services-producing activities of households for own use 0,8 1,96 22 110 1,8 - 2,8 3,9 - 363,2 - 6,9 32,3 - 207 6,9 4,5 4,69 - 358 TOTALE POSTI DI LAVORO PERSI (possibilità di perdita) 961 3263 1561 13900 996 875 2885 738 66 56381 1510 1637 11699 21902 9676 1677 865 1488,6 281 7981 TOTALE DEI LAVORATORI (posti di lavoro) 2610 11530 4470 40065 2743 2102 8358 2011 179 146597 3678 4789 30612 63496 26233 4554 2459 4140 924 22554 % posti di lavoro persi 0,37 0,283 0,35 0,347 0,36 0,42 0,35 0,37 0,4 0,3846 0,41 0,34 0,382 0,345 0,369 0,37 0,35 0,3596 0,3 0,354

117

È importante riferire che i risultati, come anche per la tabella 12, sono abbastanza simili tra i vari paesi, la possibile perdita di posti di lavoro si attesta in media per ogni paese, a meno di un terzo dei posti di lavoro totali.

Analizzando i dati presenti in tabella 13, si individua che i paesi con il maggior numero di posti di lavoro persi, in proporzione con la popolazione, sono Hong Kong ed Islanda, viceversa gli stati con il minor numero di posti di lavoro persi, in proporzione con la popolazione, sono l’Australia e la Slovenia.

In media, considerando tutti i paesi, i settori che perderebbero più posti di lavoro sono: il settore manifatturiero (C), il settore commerciale (G), il settore dei servizi alimentari e di alloggio (I), invece il settore che perderebbe meno posti di lavoro sarebbe, in media, quello delle utenze (D), anche se comunque c’è un alto grado di eterogeneità, tra i vari paesi in entrambi i casi.

Benché non sia possibile confrontare direttamente le tabelle 12 e 13, è realizzabile ed anzi importante effettuare un confronto indiretto. Infatti, è ipotizzabile aspettarsi che dove ci sia una probabilità di possibile automazione maggiore (Tabella 12), ci sia anche una maggiore percentuale di posti di lavoro persi (Tabella 13). Tuttavia, sembrano esserci delle differenze. In alcuni casi, però, vi sono importanti differenze tra i dati delle due tabelle. Questo aspetto deriva probabilmente dalle diverse metodologie utilizzate (occupazioni, compiti). Si può notare infatti come i paesi che presentano maggiore probabilità di automazione differiscano da coloro che perdono in percentuale più posti di lavoro, e viceversa gli stati che possiedono, tra i loro settori, minore probabilità di computerizzazione, non sono gli stessi che si stima perdano più posti di lavoro.

118

Può essere utile fare un confronto specifico tra le probabilità media di automazione per settore di un paese, e la percentuale di stima di posti di lavoro persi dello stesso paese. Prendendo in considerazione nuovamente l’Italia, i settori con meno probabilità di automazione sono i settori N, M e P, mentre nella tabella 13 i settori che in percentuale42 influiscono meno sul totale dei posi di lavoro persi sono le sezioni L, B (settore estrattivo) e D. Invece, i settori che nella tabella 12 sono probabilisticamente più automatizzabili, sono quelli A, H, e E e T (in maniera uguale), di contro i settori con un peso maggiore sul totale della stima dei posti persi sono quelli C, G, I43.

L’ipotesi di confronto tra le due tabelle differisce se si discernono i dati settore per settore, ed anche paese per paese. Ribadiamo che i metodi utilizzati per i calcoli sono distinti tra loro, quindi era ampiamente possibile aspettarsi una divergenza tra i dati. Questo aspetto mette in luce ancora di più come siano diversi i vari studi tra loro, e come non ci sia un giudizio univoco riguardante l’automazione ed il suo impatto sull’occupazione.

In questo lavoro, il focus è stato posto sugli effetti negativi dell’automazione, quindi alla possibile sostituibilità del fattore umano ed al numero di posti di lavoro che potrebbero essere perduti. L’accento non è, invece, ricaduto sulla possibilità di un aumento di posti di lavoro che potrebbe potenzialmente essere provocato dalla stessa rivoluzione 4.0. L’interesse è volutamente incentrato in questo capitolo sui possibili risultati distruttivi in termini occupazionali della rivoluzione tecnologica futura, perché questo è l’aspetto preoccupante riguardo lo sviluppo tecnologico. I dati mostrati e presi in considerazione sono significativi sotto questo punto di vista e devono portare ad una riflessione sul futuro dell’ambito lavorativo.

42 Percentuale effettuata dividendo il numero dei posti di lavoro persi in un settore fratto i posti di

lavoro persi in totale.

119

4.4 Valutazioni finali

La rivoluzione 4.0 è un grande passo avanti nell’evoluzione tecnologica umana. Essa segna l’era della robotizzazione, dell’I.A., di macchine che possono combinare entrambe e anche di altre tecnologie (stampante 3D, realtà virtuale, sensori medici, giuda autonoma).

Tutte le rivoluzioni industriali hanno apportato grandi elementi di innovazione e sviluppo tecnologico rispetto a quelle precedenti, ma sembra che quest’ultima accelerazione tecnologica avvenga ad una velocità maggiore e con cambiamenti più radicali rispetto alle rivoluzioni precedenti. Uno degli aspetti, iniziato con la rivoluzione digitale, è quello dell’interconnessione, tra i dispositivi e tra le macchine, che ad oggi può avvenire anche in maniera autonoma se adeguatamente programmata.

Le nuove macchine sembrano essere in grado di sostituire l’uomo in un grande numero di tipologie occupazionali e di funzioni. Se, precedentemente, pochi lavori subivano direttamente l’effetto dei miglioramenti tecnologici, oggi non ne esiste nessuno che sia esente da almeno un piccolo grado di automazione.

Dai risultati ottenuti si può vedere l’alto grado di automatizzazione, anche con il metodo dei compiti, che i paesi industrializzati possono avere. Vi è, quindi, bisogno di una strategia di politica economica che i governi di ciascun paese devono pianificare a medio e lungo termine ed attuare con serietà, per fare in modo che le risorse umane possano integrarsi con le macchine e non essere sostituite da queste.

Molti studi conferiscono importanza e attenzione a possibili misure da adottare per far in modo che la risorsa umana non venga soppiantata dalla tecnologia. Innanzitutto la politica economica, dovrebbe essere mirata a creare e migliorare la domanda di lavoro (Meyer, Krahmer, 2006). Le aziende ed i governi, in collaborazione e coordinamento reciproco,

120 dovrebbero fornire le giuste competenze ai lavoratori (attuali e futuri). Le prime investendo in formazione e riqualificazione del personale, le seconde riformando l’istruzione, facendo sì che miri verso i nuovi ambiti lavorativi e fornendo programmi di collocamento (IFR, 2017). “Oltre alla formazione bisognerebbe riprogettare anche i media” (Davulcu H.), in modo da influenzare positivamente le nuove generazioni ad un nuovo approccio verso l'istruzione e la formazione continua, nonché al rapporto con le "macchine". Inoltre, sarebbe necessario, utilizzare come ammortizzatore sociale attivo, il servizio di outplacement, sia individuale che collettivo, qualora esso funzioni (Pellegrini F., Tiberi A., 2016). Una parte del lavoro umano non sarà più necessaria per gestire l’economia, è quindi doveroso creare: percorsi di apprendimento continuo, opportunità per arti e cultura, valorizzare antiche tradizioni manuali/artigianali, conferire redditi e benefici diversi da quelli corrisposti oggi per lavori a tempo pieno che andranno a scomparire. Alcuni studiosi ritengono importante l’introduzione di un reddito base, per garantire un accesso ai beni ed ai servizi necessari. Reddito base che dovrebbe essere corrisposto per attività di volontariato o di aiuto alle comunità (Parijis, Shidelsky, citati da West D., 2015). Anche secondo McAfee e Brynjolfsson sarebbe necessario l’incoraggiamento al lavoro (con incentivi) ma continuando a supportare i redditi molto bassi (introduzione del modello EITC). Fondamentale sarà il cambiamento di mentalità per quanto riguarda il lavoro, il tempo libero, le abilità, la cultura, le prestazioni sociali (West D., 2015). In conclusione, prendendo spunto da Costantino (2017) forniamo sei risposte possibili all’avvento dell’automazione:

• “Lo struzzo”: fase transitoria, lasciare tutto nel modo in cui è;

• “Il gioco del cerino”: la maggiore produttività serve alle nazioni per acquisire quote di mercato sempre crescenti a danno dei paesi concorrenti, ampliando il divario tra i paesi (McAfee, Brynjolfsson, 2011);

121 • “La formica”: una decrescita “felice”, consumare meno, produrre meno e favorire le soluzioni locali; migliorare la qualità della vita, dell’ambiente, ma diminuire la produzione e la crescita (De Masi, 2017);

• “La lumaca”: tassare i robot, e quindi rallentarne l’utilizzo;

• “Panem e circenses” (molto diffusa): garantire un reddito minimo. Il 5% delle persone lavora molto e guadagna moltissimo, il 95% guadagna il salario minimo; • “San Martino”: dividere equamente la scarsa disponibilità di lavoro; meno lavoro

per tutti, e salari più bassi ed equi.

Queste sei sono le risposte all’automazione più diffuse, ma come indicato precedentemente (3.3), ne esistono di altre che mettono persino in discussione l’intera economia capitalistica. Risulta, chiaro come ognuna di queste soluzioni abbia degli aspetti negativi ed altri positivi. Probabilmente un’integrazione tra queste proposte, tra le macchine e l’uomo, sembrerebbe essere la soluzione migliore.

Ciò che emerge nel corso dell’epoca odierna è un’ansia da automazione diffusa (Akst, 2013). Di contro, secondo uno studio recente, non sarebbe giustificata tale preoccupazione, poiché gli effetti si sono rivelati poco influenti e non significativi nel contesto socio-economico e culturale (1995-2009) (Hoedermakers, 2017). Verosimilmente, come già descritto (paragrafo 3.3), parte degli studi presentati nell’elaborato, considererebbe immotivata l’ansia da automazione, nel caso in cui lo sviluppo tecnologico non sia rallentato o bloccato, vi siano cambiamenti graduali a livello sociale, e vi siano delle risposte politiche adeguate. L'ipotesi più probabile44 (secondo McKinsey, 2017), è che l’automazione cambi il lavoro, ma non lo sostituisca. Cosa ci

44 McKinsey Global Institute, “A Future That Works: Automation, Employement, and Productivity”,

122 riserverà il futuro, non è ancora ben chiaro e definitivo. Il lavoro, probabilmente, richiederà alte qualifiche e, secondo stime del teca t work, potrebbe condurre a una mancanza di professionisti (1 milione UE, 1.2 milioni USA, 350mila Giappone entro il 2025). Senza dubbio, il rapporto di integrazione uomo-macchina rimarrà una costante, pronta ad invadere campi lavorativi, professioni e paesi. Secondo Wuest, Romeo, Stahre (2017), con la rivoluzione 4.0, si assisterà all’introduzione dell’Operatore 4.0, un fenomeno che metterà, ancora di più, in evidenza i punti di forza dell’uomo e della macchina. L’uomo insieme al robot potrebbe dare vita ad un operatore molto forte (esoscheletro robotico), super informato (realtà aumentata), sicuro (sensori che monitorano l’area di lavoro ed il lavoratore) e analitico (analisi in tempo reale).

È utile considerare che secondo molti esperti, la rivoluzione 4.0, potrebbe essere differente dalle altre. Durante le prime tre rivoluzione (capitolo 2) vi è stato un effetto di compensazione del lavoro, ovvero i lavori perduti sono stati, nel tempo, sostituiti da altri lavori fino ad un aumento complessivo dell’occupazione. Il dubbio, considerando il nuovo sviluppo tecnologico in atto, è se come per le precedenti rivoluzioni, vi sarà un effetto di compensazione del lavoro e dei lavoratori.

Infine, è importante aggiungere che la tecnologia e la globalizzazione, hanno tra di loro un effetto reciproco, ovvero lo sviluppo di una ha un impatto positivo sul progresso dell’altra e viceversa. I due fenomeni, poi, presentano sul lavoro esiti diversi, quasi opposti, ma il risultato sembrerebbe essere simile, ovvero, la perdita di posti di lavoro.

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CONCLUSIONI

Questo lavoro sostiene che la relazione tra progresso tecnologico e occupazione è un argomento molto rilevante, essenziale per comprendere le dimensioni del declino delle classi medie e le prospettive future delle nostre società.

La letteratura, proposta durante lo scritto, suggerisce che non è improbabile che i futuri progressi tecnologici nei settori correlati all'attuale cluster di innovazione (robotica, apprendimento automatico, domotica e intelligenza artificiale), esacerberà ulteriormente le tendenze del salario e della polarizzazione del lavoro. Questo punto è molto rilevante e richiede una discussione sul ruolo ridistributivo dei governi in questa prospettiva, e argomenti correlati come un'imposta sul reddito negativa o un reddito di base, o altre soluzione già esposte.

Nel complesso, si conclude che il progresso tecnologico, associato agli sviluppi nell'attuale gruppo di elementi innovativi, dovrebbe essere valutato attentamente dagli accademici e dal settore privato e discusso in maniera rilevante dai responsabili politici e sociali, in maniera da programmare a medio e lungo termine misure adeguate ed efficaci. Un altro punto importane esaminato durante la trattazione dello scritto, è che l’avanzamento tecnologico, che potrebbe in alcune circostanze essere temuto, così come lo furono in passato tutti i mutamenti tecnologici, dalla ruota alla macchina a vapore, dalle automobili ad internet, deve invece essere accolto e guidato ed in alcun modo essere frenato od opposto.

Ci saranno grandi cambiamenti nel mercato del lavoro nel prossimi decenni a causa di innovazioni e progressi tecnologici, ciò non è una novità nel corso delle rivoluzioni, ma probabilmente può essere accompagnata da una combinazione di risposta politica adeguata e cambiamenti graduali nella società.

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Questa tesi, però, raccomanda ulteriori ricerche sul fenomeno tecnologico e anche sulla relazione, in particolare di quest’ultimo con il mercato del lavoro e sull’effetto distruttivo o meno sui posti di lavoro, sui salari, sulla produttività. Sono da considerare la parziale mancanza di dati certi sui paesi emergenti e sulle nuove potenze mondiali come Cina ed India, la difficoltà nella comparazione dei dati esistenti. Si dovrebbero sin d'ora promuovere studi approfonditi ed omogenei, includendo anche quei paesi del sud del mondo, specie del continente africano, dove l'automazione può avere un impatto enorme e rapidissimo, visto che parte da una condizione molto arretrata. Si pensi, ad esempio, all'enorme diffusione della telefonia mobile che, in pochissimi anni, ha modificato in meglio vita e abitudini di milioni e milioni di persone sia dal punto di vista lavorativo sia politico.

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