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La qualità dei prodotti agroalimenar

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In questo quadro complesso emerge quanto sia arduo circoscrivere il concetto di qualità e sintetizzarne il significato in maniera univoca e definita. Affrontare la problematica della qualità e trovare delle linee guida da seguire nel definirla, distinguendo la qualità riconosciuta da quella legata al semplice gusto personale, risulta essere un passo fondamentale per capire, anche per il settore agroalimentare, quali siano le produzioni di qualità e perché queste produzioni possono definirsi tali (Capelli F., 1995).

Non procedendo con un approccio di questo tipo vi è infatti il rischio di non consentire una chiara distinzione e differenziazione delle produzioni di “qualità” da quelle che di fatto non lo sono.

Vediamo infatti che molto frequentemente e soprattutto nel campo dei prodotti tipici, i produttori, spesso semplicemente spinti da orgoglio per le proprie tradizioni o dal desiderio di realizzare buoni affari, rivendicano la qualità superiore dei propri prodotti, determinando con questo atteggiamento, una proliferazione poco definita di produzioni tipiche e di qualità (INEA, 2001b).

Oggi il concetto di qualità dei prodotti agroalimentari non si esaurisce nel rispetto dei requisiti minimi essenziali fissati dalla normativa europea e attestati dalla certificazione UNI EN ISO (tabpag26inea), ma piuttosto si identifica con l’eccellenza del prodotto, cioè con la capacità di questo di collocarsi nella fascia più alta della propria categoria merceologica (INEA, 2001b).

Ambiti di intervento comunitario in materia di regolamentazione tecnica obbligatoria TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA E DELLA SICUREZZA DEI CONSUMATORI CORRETTEZZA DELLE OPERAZIONI FRA OPERATORI ECONOMICI DIFESA DELL’AMBIENTE IN RELAZIONE AI PROCESSI PRODUTTIVI TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI AI CONSUMATORI E TUTELA DEI LORO DIRITTI

SISTEMA DEI CONTROLLI

60 - Veterinaria e alimentazione animale -Condizionamento dei prodotti - Tossicità degli alimenti - Igiene degli alimenti - Responsabilità per danno da prodotto difettoso - Norme di commercializzazione (locali commerciali, vendita diretta, contratti

a distanza) - Regole sulla concorrenza - Misure relative all’import/export - Confezionamento/ Imballaggi - Stoccaggio/Residui della lavorazione/ Deiezioni zootecniche - Eliminazione, trasformazione e immissione sul mercato

di rifiuti animali - Riciclaggio e recupero rifiuti industriali - Etichettatura/ Marcatura/ - Diciture/ Pezzatura del prodotto

- Confezione - Marchio - Prezzi al consumo

- Pubblicità - Disciplina dei diritti dei consumatori e degli

utenti

- Uffici periferici Min. Sanità per i prodotti

Importati - Analisi ASL - Ispettorato frodi MiPAF - N.A.S. dei Carabinieri - Competenze doganali della Finanza - Controlli ICE (per

alcuni prodotti ortofrutticoli)

Il concetto di eccellenza o qualità totale comprende:

a) La qualità certificata: si realizza mediante un atto attraverso il quale una terza parte indipendente dall'impresa dichiara che un determinato prodotto é conforme ad una specifica norma o a requisiti concordati (AA.VV., 1992).

Affinché la certificazione abbia efficacia vi deve essere sia un sistema appropriato di controlli su campione o di verifiche di autocertificazione attraverso idonei parametri e strumenti tecnici in grado di analizzare la conformità del prodotto, del processo, dell'impresa con parametri tecnico - fisici predefiniti, non ultimi quelli di carattere igienico - sanitario (ISMEA, 1995). La certificazione di qualità rappresenta di fatto garanzia di: qualità agronomica, tecnologica, igenico-sanitaria (Tiecco G., 1997), nutrizionale ed organolettica.

QUALITA’ CERTIFICATA QUALITA’ INTRINSECA Qualità nutrizionale Qualità organolettica Qualità igenico-sanitaria

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b) La qualità percepita: é l'insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto (compresi i servizi in esso incorporati) (Franceschini F., 2001) percepibili dal consumatore, che consentono di soddisfarne esigenze e gusti. La qualità percepita definisce la "capacità " di un prodotto di rispondere alle caratteristiche della domanda (Adua M., 1998; Pilati L., Ricci G., 1991). E' sulla qualità percepita che si sviluppano le politiche di comunicazione.

La qualità percepita dei prodotti agroalimentari, oltre che scaturire dal “vissuto”, dai valori morali ed etici, dagli stili di vita dei consumatori, può anche essere il frutto di strategie di valorizzazione messe in atto dalle imprese o da organizzazioni collettive (Associazioni, Consorzi, Istituzioni) (Rama D., 1994), ma non può prescindere dalle caratteristiche intrinseche del prodotto o del suo "modo di produzione". Qualità attesa e qualità sperimentata formano la qualità percepita. La prima di queste è rappresentata dalle aspettative che il cliente ripone nel prodotto. Mentre con qualità sperimentata si fa riferimento al soddisfacimento del consumatore, per ciò che il prodotto offre (qualità tecnica) e per come questo viene offerto (qualità funzionale, per esempio i sevizi aggiunti) (Franceschini F., 2001; Gios G., Clauser O., 1995; INEA, 2001).

QUALITA’ DI PROCESSO Qualità agronomica Qualità tecnologica QUALITA’ PERCEPITA QUALITA’ ATTESA QUALITA’ SPERIMENTATA Qualità tecnica Qualità funzionale

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c) La qualità commerciale: può essere, in definitiva ricondotta alla vendibilità dei prodotti ovvero alla loro capacità di stare sul mercato (Endrighi E., 1998b; INEA, 2001b). La capacità di stare sul mercato dipende dalla deperibilità del prodotto, dal suo ciclo produttivo, dalle possibilità di stoccaggio, dal rispetto delle norme sanitarie, dalla possibilità di replicare il processo produttivo per ottenere una massa critica di prodotto per la vendita, dalla possibilità di una sua chiara identificazione, dall’esistenza di un sistema logistico e distributivo che gli consenta di raggiungere il consumatore locale o delocalizzato.

Per attestare la qualità di un prodotto e renderla riconoscibile agli occhi del consumatore, indispensabile diviene la presenza di un marchio. Il consumatore si affida al marchio perché riconosce in esso le pregiate caratteristiche e l’eccellenza del prodotto. Il marchio rappresenta la garanzia di ciò che si va ad acquistare, e favorisce la fidelizzazione del consumatore (Cionti, 1998; Mattana G., 1997). L’assenza del marchio rende difficile la differenziazione del prodotto sul mercato e il riconoscimento dello stesso da parte dell’acquirente (Di Cataldo, 1993). Inoltre il marchio rappresenta un’ulteriore garanzia di fronte al rischio di contraffazioni e falsi. Nella competizione globale certificare ed attestare la qualità del prodotto attraverso la presenza di un marchio diviene indispensabile, per rendere nota la qualità.

La certificazione comunitaria di qualità

A livello comunitario sono riconosciute e protette tre categorie di prodotti di qualità (Gaeta D., 1993):

• quelli intrinsecamente legati all’origine geografica (legame

con il territorio);

• quelli che hanno conservato la tradizionalità del processo

produttivo;

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ecocompatibili, rispettose dell’ambiente e della salute dell’uomo.

La politica comunitaria per la qualità dei prodotti agroalimentari si basa sostanzialmente su tre regolamenti (Giacomini C., 1998; ISMEA, 1998):

• reg. CEE 2092/91: relativo al metodo di produzione

biologico ed alle indicazioni da apporre sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari per attestare tale modalità di produzione, completato dal reg. CEE 1804/99 riferito alle produzioni animali.

I prodotti derivanti da agricoltura biologica hanno la peculiarità di essere ottenuti senza utilizzo di sostanze chimiche sintetiche: diserbanti, insetticidi, concimi chimici, ecc. né di organismi geneticamente modificati. Per cui la loro qualità (ossia la loro capacità di soddisfare maggiormente, rispetto ad altri generi di prodotti agricoli, le richieste dei consumatori) si manifesta nelle seguenti caratteristiche:

- I prodotti biologici soddisfano meglio la richiesta di sicurezza alimentare, così come viene percepita dai consumatori, poiché sono generalmente considerati più naturali, più genuini e più sani di quelli ottenuti con le pratiche dell’agricoltura tradizionale.

- Tali prodotti contribuiscono alla salvaguardia dell'ambiente naturale in quanto i processi produttivi adottati sono a minor impatto rispetto a quelli tradizionali.

• reg. CEE 2081/92: relativo alla protezione delle indicazioni

geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (DOP/IGP);

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• reg. CEE 2082/92: relativo alle attestazioni di specificità dei

prodotti agricoli ed alimentari (STG, ovvero Specialità Tradizionale Garantita).

La denominazione di origine protetta (DOP) e l'indicazione geografica protetta (IGP) si differenziano per il fatto che per ottenere il marchio DOP tutte le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in una definita e ben delimitata area geografica, mentre per la seconda è sufficiente che la relativa qualità o reputazione possa essere attribuita all'origine geografica, mentre si ammette che parte del processo produttivo avvenga al di fuori di tale area (Martirani S., 1996).

Il riconoscimento DOP viene cioè conferito ai prodotti agroalimentari per i quali tutte le fasi di produzione (materia prima, trasformazione, stagionatura, confezionamento) vengono svolte in una delimitata area geografica, dalla quale traggono il nome e le proprie caratteristiche.

Il riconoscimento IGP viene invece conferito ai prodotti agroalimentari per i quali una o più fasi di produzione (materia prima, trasformazione, stagionatura, confezionamento) vengono svolte in una delimitata area geografica, dalla quale traggono il nome.

I marchi di denominazione europea (Dop e Igp) hanno riscontrato nei paesi del nord e sud Europa una diversa risposta. In effetti, le culture dei Paesi del sud Europa sono di norma più propense a valorizzare un’appartenenza territoriale certa e certificata, vedendo nei marchi di denominazione non solo un vantaggio per il consumatore, che ha più elementi a sua disposizione per la scelta di consumo, ma anche per il produttore, che vede il frutto del suo lavoro tutelato e riconosciuto internazionalmente.

L'attestazione di specificità viene intesa come elemento o insieme di elementi che distinguono un prodotto agricolo o alimentare da altri

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analoghi, appartenenti alla stessa categoria; in sostanza si tratta di una specificità derivante dalle caratteristiche produttive e non dalla provenienza, dall'origine geografica o dall'applicazione di un'innovazione tecnologica (Martirani S., 1996).

Il riconoscimento STG viene conferito ai prodotti agroalimentari ottenuti seguendo un metodo di lavorazione tradizionale: in questo caso la tutela viene riconosciuta alla tipicità della ricetta, mentre per DOP e IGT viene tutelato il prodotto.

I disciplinari di prodotto devono fornire tutte le indicazioni necessarie per il riconoscimento, costituendo la base essenziale per la dichiarazione di conformità dei prodotti.

I regolamenti comunitari attribuiscono ai Consorzi di tutela (strutture di controllo), le cui competenze sono state stabilite da ogni Stato membro, il compito di garantire che i prodotti recanti una denominazione protetta o attestazione di specificità rispondano ai requisiti del disciplinare (Agri 2000, 2000; Perretti B., 1993).

Da una parte i regolamenti tutelano i consumatori riguardo alle specifiche qualitative del prodotto, alla sua rispondenza ad un disciplinare di produzione e dunque a specifici parametri tecnici che caratterizzano la filiera produttiva, e consentono di fissare soglie qualitative al di sotto delle quali il prodotto viene scartato. Dall’altra tutelano i produttori nei confronti di un uso non corretto della denominazione (Galli, 1996).