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Recupero e valorizzazione della razza Mucca Pisana

Il programma di recupero della razza Mucca Pisana si inserisce nel più ampio progetto di valorizzazione delle risorse genetiche autoctone che coinvolge l’intero territorio nazionale.

Anche la stessa Regione Toscana, con l’emanazione della L/R, n50/97, si è adeguata alle direttive sviluppate a livello nazionale e ha stanziato specifici fondi per la realizzazione di una serie di azioni volte alla conservazione, valorizzazione e reintroduzione sul territorio

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regionale delle varietà genetiche autoctone.

Fermo restando la grande importanza degli strumenti messi a disposizione dalla Regione, Provincia e dall’UE per sostenere il recupero di queste produzioni, contemporaneamente si è cercato di attivare un processo parallelo che avesse come principale obbiettivo, quello di riavviare il motore della produzione locale, incrementando prima di tutto la domanda, ma anche incoraggiando lo spirito imprenditoriale, in modo tale da rendere queste produzioni sempre meno dipendenti dagli stanziamenti pubblici, creando così le condizioni economiche attraverso cui autosostenersi.

Il programma di recupero della razza Mucca Pisana nasce proprio con questa finalità.

Nel 1977 ha avuto inizio un programma di salvaguardia della razza, gestito dalla Associazione provinciale Allevatori di Pisa, predisposto e finanziato dalla Regione Toscana con la collaborazione dell’A.I.A., del CNR di Milano e dell’università di Pisa.

La prima attività svolta a tale fine, portata avanti da alcuni tecnici dell’APA, prevedeva un’opera di ricerca dei soggetti di razza Mucca Pisana ancora presenti sul territorio regionale. I capi, rispondenti agli standard di razza, venivano marchiati e schedati per poter essere utilizzati per l’effettuazione di incroci di sostituzione con il toro di Mucca Pisana su vacca Chinina e Bruna, in modo da allargare la base selettiva, data la limitatezza della popolazione femminile presente nel periodo.

Successivamente furono attuati criteri di selezione più rigidi, escludendo quei soggetti non pienamente rispondenti alle caratteristiche della razza, con l’obbiettivo di accrescere il grado di purezza della popolazione

Questi primi interventi hanno consentito di conseguire un iniziale recupero della consistenza numerica della Mucca Pisana.

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Ad oggi il programma è ancora attivo e viene articolato in più fasi; la prima di queste consiste nel lavoro di selezione e di miglioramento genetico. Essa prevede che i capi, rispondenti agli standard di razza, vengano regolarmente marchiati, schedati e successivamente inscritti nei libri genealogici per la costituzione e tenuta dei registri anagrafici.

Tali registri consentono l’identificazione dei novi soggetti, la valutazione morfologica degli stessi e l’identificazione degli individui, maschili e femminili, più conformi agi standard di razza da essere impiegati come riproduttori (Secchiari P., Martinelli A., 2007).

Il secondo obbiettivo del programma prevede l’innalzamento della qualità delle produzioni e la loro certificazione e tracciabilità.

Tali obbiettivi vengono, da un lato, assicurati attraverso la continua assistenza tecnica fornita direttamente dall’APA alle aziende zootecniche che ne fanno richiesta, dall’altro mediante la certificazione di origine.

La certificazione di origine viene ottenuta attraverso l’apposizione di un marchio a fuoco sulle mezzane degli animali macellati e consente di riconoscere e ricostruire il percorso della carne, dalla sua origine presso la stalla, alla sua vendita, presso le macellerie, fino alla tavola.

Il punto di partenza del sistema di tracciabilità della carne, è costituito dai registri anagrafici bovini, di cui abbiamo precedentemente parlato e dove ogni animale viene registrato con uno specifico codice identificativo che rimarrà invariato per tutta la vita (Secchiari P., Martinelli A., 2007).

Dal 1997 l’Ente Parco ha approvato la realizzazione di un progetto per la valorizzazione e la identificazione della carne dei bovini di razza Mucca Pisana, allevati nell’area del parco, affidandone la gestione all’Associazione provinciale Allevatori di Pisa (Cecchini C., Gorreri L., 2006)..

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Per una maggiore garanzia del consumatore stesso, gli allevatori che aderiscono al marchio, dovranno sottoporsi a controlli atti a verificare l’osservanza delle norme previste dallo specifico disciplinare.

Parte importante del programma di valorizzazione di questa produzione è rappresentata senza dubbio dallo sforzo che l’APA, gli enti locali e la Regione compiono per diffondere una maggiore conoscenza dei questa razza e dei prodotti di elevata qualità che da essa derivano (Secchiari P., Martinelli A., 2007).

Annualmente vengono organizzate mostre, rassegne ed eventi di vario genere volti alla valorizzazione di questi allevamenti e di questa produzione locale, affiancati inoltre ad eventi, a carattere maggiormente straordinario, di divulgazione Queste azioni possono prevedere presentazione di libri specifici, diffusione di opuscoli informativi, cene a tema, visite organizzate nei luoghi di produzione, ecc..

Il punto conclusivo ma non per questo di importanza minore, in quanto avvalora tutti gli sforzi effettuati in precedenza, è la commercializzazione dei prodotti derivanti da tale produzione. Devono infatti essere scelti ed utilizzati appositi canali distributivi che meglio si adattano alla tipologia d prodotto ed al target d consumatore a cui destinarlo.

La carne di Mucco Pisano si trova in poche macellerie autorizzate e viene venduta all’interno della Bottega del Parco di San Rossore, insieme a specialità tipiche della zona, e la si può degustare presso i ristoranti che espongono la specifica qualifica: “amico del Mucco e della carne Chinina”. Tutti questi punti di distribuzione sono canali aggiuntivi che a loro volta sostengono la campagna informativa a favore di questa produzione.

Per diversi decenni il Mucco è stato dimenticato dal mercato. Attualmente grazie all’opera di riscoperta e valorizzazione in breve descritta il consumatore, attento alla specificità di questo prodotto,

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manifesta crescente interesse verso questa carne per le sue caratteristiche qualitative e di unicità, tale apprezzamento sempre maggiormente riscontrabile avvalora gli sforzi ad oggi fatti e l’impegno futuro per la salvaguardia di questa importante produzione locale.

CONCLUSIONI

Per concludere possiamo quindi affermare l'importante ruolo svolto dalla valorizzazione e promozione delle produzioni tipiche e tradizionali di qualità nel difendere e preservare il grande patrimonio rappresentato dalla biodiversità del territorio italiano.

Preservare la biodiversità significa infatti preservare un'importante risorsa endogena del territorio. Ed inoltre, come ampiamente illustrato, il riconoscere tale risorsa, utilizzarla e valorizzarla attraverso idonei percorsi di sviluppo rappresenta la risposta alla necessità di integrare i bisogni ambientali, economici e socioculturali del sistema rurale, garantendone così la stessa sopravvivenza.

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La valorizzazione delle specificità locali e delle peculiarità agroalimentari del nostro paese, in un quadro mondiale di accresciuta competitività sul piano delle produzioni di massa e di largo consumo, è una possibile e percorribile via per mantenere in vita ed affermare l'agroalimentare italiano.

Sostenere i sistemi locali, partendo proprio da una qualificazione delle loro risorse endogene è la strategia per garantire che gli stessi trovino in se stessi, nella loro unicità le ragioni del proprio sviluppo e della propria vitalità.

I progetti di valorizzazione e promozione dei prodotti tipici e tradizionali di qualità vanno ad inserirsi in un quadro di sviluppo di questo tipo.

La valorizzazione di queste produzioni e delle loro specificità consente di preservare la biodiversità del nostro territorio, biodiversità intesa nella sua accezione più ampia.

Effetto di un accorto e mirato piano di promozione dei prodotti tipici e tradizionali risulta infatti essere non solo il mantenimento in vita di razze e specie a rischio di scomparsa, ma anche il mantenimento della storia, della cultura, delle tradizioni e delle usanze antiche legate a tali produzioni, appartenenti a quel mondo agricolo che ne è creatore e custode. Le tradizioni, le usanze e la storia devono però essere reinterpretate dai soggetti locali alla luce della situazione presente e in funzione di un progetto di sviluppo concordato che vede come obbiettivo principale il recupero e la salvaguardia delle produzioni locali, ma che deve comportare in ultima analisi la rivitalizzazione del territorio.

Intorno al prodotto, al suo percorso produttivo, alla sua diffusione, promozione e commercializzazione deve venire a crearsi una rete di relazioni, di scambi e contatti che coinvolgano la collettività, la comunità locale nel suo complesso, assicurandole nuove opportunità

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d'impresa, non solo limitatamente legate al sistema produttivo del prodotto da valorizzare o alla sua filiera, ma anche ad attività collaterali attivabili di riflesso, come forme di turismo enogastronomico, attività paesaggistico-ricreative o iniziative culturali, che consentano nel loro complesso alla comunità locale di autosostenersi e mantenersi vitale.

La valorizzazione sul mercato del prodotto tipico può così consentire di preservare le risorse specifiche locali e le pratiche produttive che coinvolgono tali risorse, determinando la remunerazione delle imprese e dei soggetti protagonisti di tale processo, ponendo così le basi per l’autosufficienza del sistema. In questo modo il mantenimento del prodotto tipico risulta fattore determinante per garantire la continuità del sistema socio-economico-ambientale che lo genera.

Fortunatamente oggi, resa chiara l'evidenza del valore insito nella biodiversità e dei problemi connessi con la perdita di questa importante risorsa, a livello comunitario, nazionale e più nel dettaglio anche a livello regionale vengono stanziati specifici contributi a favore dello sviluppo di progetti locali di valorizzazione delle risorse naturali autoctone e di promozione delle produzioni tipiche e tradizionali del territorio. Questi contributi sono indirizzati a consentire l'avvio del programma di valorizzazione, agevolando gli imprenditori e i soggetti coinvolti nell’affrontare gli iniziali investimenti necessari.

Deve per altro essere chiaro che tali investimenti non possono sostituirsi alla capacità imprenditoriale della collettività, in quanto spetta ad essa il compito di dare valore alle risorse locali e di creare intorno al prodotto tipico e tradizionale un economia che sia tale da garantire nel tempo la remunerazione dei soggetti coinvolti e di conseguenza il mantenimento in vita del prodotto stesso.

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