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Procedure giurisdizionali: funzione legittimante e giustificazione delle decisioni giudiziarie

5. La questione della verità nel processo: concezione semantica della verità come approssimazione

Poiché molte sono le teorie che sostengono che sia impossibile parlare di verità nel processo, è necessario chiarire quali sono i presupposti per parlare di accertamento della verità dei fatti nel processo civile.

coloro i quali sostengono che non è possibile parlare di verità dei fatti nel processo muovono di solito da due tipi di considerazioni coinvolgenti questioni filosofiche ed epistemologiche generali, dove non rileva la distinzione tra verità nel processo e verità materiale64. La questione è quindi vedere se, in linea generale, fuori del processo, è possibile parlare di accertamento della verità, di conoscenza della realtà65.

alcuni, partendo da posizioni antirazionali, sostengono che non è possibile parlare di conoscenza razionale dei fatti, poichè la conoscenza della realtà è soltanto una costruzione mentale priva di legami con i fenomeni del mondo reale66. Non esisterebbe quindi una conoscenza oggettiva della realtà ma solo versioni soggettive della stessa.

Altri, muovendo da un ideale di verità assoluta, e constatata l’impossibilità di raggiungerla, si rifugiano all’estremo opposto, sostenendo l’impossibilità di qualunque tipo di conoscenza razionale 67.

Naturalmente le teorie giuridiche che si fondano su tali premesse filosofiche, negano ogni possibilità di conoscenza razionale dei fatti nel processo68 e ogni fondamento razionale della decisione giudiziaria69, che risulta

64 TARUFFO, La prova dei fatti giuridici, 3 65 TARUFFO, La prova dei fatti giuridici, 8

66 taruffo, 11; cita ad esempio le teorie di Dummet e di Rorty, egli invece nega che Quine possa

annoverarsi fra gli idealisti ; in argomento vedi VILLA, la coerenza normativa ed i presupposti epistemologici della giustificazione, in Riv int fil dir, 1988, 585

67 TARUFFO, 10 parla di perfezionisti delusi; vedi anche TWINING, Some scepticism about some

invece fondata a valutazioni soggettive ed individuali70, basate sull’intuizione e non su criteri razionali71.

Queste premesse epistemologiche irrazionali ed idealiste non sono però ragioni sufficienti per eliminare a priori dal processo la questione dell’accertamento della verità. Come autorevole dottrina ha mostrato, è possibile avvalersi del concetto di verità nel processo a condizione di definire con precisione i termini e le condizioni del suo utilizzo.

Il primo problema riguarda l’asserita impossibilità di far coincidere il mondo materiale dei fatti, con quello delle parole e del linguaggio. Effettivamente sembra ontologicamente impossibile parlare di corrispondenza tra un enunciato e la realtà che essa predica vera72. È però possibile superare il problema senza

mettere in discussione questo assunto metafisico, utilizzando la concezione semantica della verità descritta da Tarsky73, che individua il significato del

68 TARUFFO, la prova dei fatti giuridici, 5 afferma “da questo punto di vista, il problema della

verità dei fatti nel processo non è che una variante specifica di questo problema più generale”

69 TARUFFO, l aprova dei fatti, 9; TWINING, The rationalist tradition of evidence scolarship, in ,

Rethinking evidence, exploratory essays, oxford 1990, 71

70 TARUFFO 12; cita come esponenti di questa teoria in campo giuridico, SINGER, The player

and the card: nihilism and légal theory, in Yale law rev. 1984, 1; secondo Taruffo queste teorie

sostenendo che non ci sono criteri oggettivi e razionali per conoscere la realtà si riducono ad una visione soggettiva individuale. A questo topo di teorie che vanno sotto il nome di critical légal studies, vengono associati alcuni esponenti del realismo giuridico americano che pongono la loro attenzione sui meccanismi psicologici di colui che decide, arrivando ad affermare un fondamento irrazionale della decisione. Su questa corrente, vedi TARELLO, Il realismo giuridico americano, milano, 1962, 151 e 165. va osservato, cfr. taruffo, 14 come quest’impostazione commetta l’errore di confondere i processi psicologici con la validità di un’epistemologia.

71 TARUFFO, la prova dei fatti, 9 osserva come nella dottrina italiana questa sia la prospettiva

assunta da CAPOGRASSI, Giudizio processo scienza verità; CARNELUTTI, teoria generale del diritto, III ed. Roma 1951, 364 e ss ; taruffo evidenzia come l’errore di metodo di queste teorie stia nel confondere i processi psicologici di decisione con i fondamenti razionali dei ragionamenti che portano alle decisioni. Esse derivano dall’imprecisione, fallibilità, variabilità delle attività cognitiva la conclusione per cui non si può avere conoscenza veritiera dei fatti.

72 FERRAJOLI, 22

73 TARUFFO, la prova dei fatti , 145; TARSKY, la concezione semantica della verità e i

fondamenti della semantica, tr. It. In Semantica e filosofia del linguaggio, a cura di Linsky,

termine vero come “predicato metalinguistico di un enunciato” ovvero come relazione tra il mondo e le parole per descriverlo74

La teoria di tarsky riguarda quindi la definizione semantica della verità, lasciando aperto il problema dei criteri epistemologici da adottare per determinare la verità75. Non essendo possibile fornire un criterio oggettivo o realistico in base al quale accettare una proposizione come vera questa teoria, si presenta come la meglio adeguata al contesto giudiziario76, permettendoci di utilizzare il significato di verità in senso nominale, inteso come conformità tra proposizioni giuridiche e proposizioni fattuali77 rendendo possibile parlare del processo come il luogo della ricerca della verità dei fatti.

In questo senso la verità, è il criterio di verificazione78 della conformità, tra gli enunciati fattuali che devono essere provati e gli enunciati probatori79.

In secondo luogo è necessario superare i problemi posti dal riferimento ad un concetto di verità ideale, ma irraggiungibile, intesa come perfetta corrispondenza con lo stato di cose del mondo reale. È infatti evidente che nella realtà le attività di accertamento, scoperta, ricerca (sia in campo giuridico che in qualunque altro campo dove si pone il problema della conoscenza della realtà, presente o passata) si pongono rispetto alla verità come ad un limite teorico cui approssimarsi il più possibile, ma mai perfettamente80. Lo scopo dell’attività di

74 ANCONA, il giusto processo, “Essa, infatti, senza necessariamente comportare implicazioni

ontologiche o metafisiche, sembra ben capace di esprimere l’eventuale conformità tra asserzioni decisorie fattuali e asserzioni probatorie fattuali”

75 taruffo, 146

76 TARUFFO, la provadei fatti, 146; ferrajoli, diritto e ragione, 40; UBERTIS, la ricerca della

verità giudiziale, in la conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di Ubertis, milano, 1992, 11

77 su questo tema vedi ampiamente anche per la bibliografia ANCONA, sul giusto processo,

FERRAJOLI, 22; UBERTIS, la ricerca dell averità giudiziale, in la conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di ubertis, milano, 1992, 1

78 sapendo che di verificazione assoluta non potrà mai trattarsi, ma solo di conferma o

confutazione di un’ipotesi

79 ANCONA, Sul “giusto processo” ovvero della giustizia e della verità nel processo, in

accertamento della verità dei fatti sta quindi nell’avvicinarsi il più possibile a questo limite ideale, rendendo più plausibile, o più approssimativamente vera una tesi. Naturalmente una tesi sarà tanto più plausibile e approssimativamente vera tante più saranno le informazioni a nostra conoscenza che la confermano81.

Se quindi la verità di qualunque proposizione non può mai dirsi definitivae inconfutabile, e sarà sempre comunque relativa allo stato di conoscenze disponibili in quel momento, così anche nel processo la verità è sempre una verità approssimativa; essa deve però fungere da principio regolativo della giurisdizione così come la verità oggettiva è un ideale nella scienza82.

La verità, intesa come corrispondenza83, semantica e non ontologica con la

realtà, può essere quindi utilizzata come criterio di riferimento per valutare l’adeguatezza e la razionalità dei metodi di accertamento del fatto nel processo, in relazione alla loro capacità di approssimarsi a tale valore ideale84. Il valore cui

tendere non è la verità, ma la migliore verità possibile, la verità più probabile e plausibile.

Fatte le opportune precisazioni, ed appurato che è possibile parlare di accertamento della verità dei fatti nel processo, possiamo quindi tornare sui nostri passi ed analizzare il concetto di giustizia del processo in relazione alla sua capacità di produrre decisione giuste e razionali, in quanto fondate su un accertamento veritiero dei fatti.

80TARUFFO, la prova dei fatti, 155 “in un procedirmneto conoscitivo di qualunque genere la

verità assoluta può funzionare come…limite al quale le conoscenze concrete tendono ad approssimarsi…in altri termini: “la verità come corrispondenza assoluta di una descrizione allo stato di cose del mondo reale non è conseguibile con procedimenti conoscitivi concreti, perché è soltanto il valore limite teorico della verità come descrizione

81 TARUFFO, 156

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