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Questioni e strategie della politica energetica americana

La politica estera energetica americana poggia su tre pilastri principali: la dipendenza del petrolio come principale fonte di energia della nazione; in secondo luogo, una dipendenza crescente dal petrolio importato soprattutto dal Medio Oriente per i rifornimenti necessari, manifestatasi soprattutto nella seconda metà degli anni quaranta; in terzo luogo, uno spostamento del centro di gravità della produzione petrolifera mondiale dall’America centrale, e nella fattispecie dall’area

41

Irvine H. Anderson Jr Aramco, the United States, and Saudi Arabia,op. cit. pp.140- 159.

40 caraibica, al Medio Oriente42. Relativamente al primo punto, come già

accennato, la necessità crescente di petrolio fu dovuta alla concomitanza tra sviluppo del settore industriale e boom automobilistico e petrolchimico americano negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Secondo il Dipartimento di Energia( DoE), il consumo di petrolio complessivo è schizzato da 6,5 milioni di barili al giorno nel 1950 a 9,8 milioni nel 1960, a 14,7 milioni nel 1970 e a 17,1 milioni nel 198043. Per non parlare dell’immenso arsenale militare dislocato in ogni angolo del pianeta, peraltro unico esempio, che fanno degli Stati Uniti il maggiore consumatore al mondo di greggio.

Da queste considerazioni non si può prescindere per capire appieno la politica portata avanti dal Dipartimento di Stato nella ricerca continua di greggio in ogni angolo della terra. In risposta a queste esigenze, ancora prima della fine del secondo conflitto mondiale, la politica americana agì difendendo i suoi interessi strategici e quindi intessendo una fitta relazione con l’Arabia Saudita, che in cambio di un ombrello militare forniva greggio a fiumi. L’elargizione di aiuti militari e protezione si era altresì estesa anche ai paesi del Golfo vicini e neonati

42 Stefano Casertano, Sfida all’ultimo barile, op.cit. p.7.

43

Klare Michael T. La politica estera energetica degli Stati Uniti,2008 www.cartografare il presente.org

41 giganti petroliferi, come il Kuwait. Senza trascurare la funzione di

scudo per una eventuale penetrazione comunista che si affermò proprio in quegli anni, per poi protrarsi fino alla vigilia degli anni novanta. Altro espediente per ovviare alla carenza di greggio fu proprio la politica di diversificazione, alla base del secondo pilastro. Avere più fonti di approviggionamento riduce il rischio di restare a corto di greggio nel caso in cui cessino per motivi puramente logistici o per un contenzioso bilaterale o ancora internazionale, i rifornimenti dallo Stato fornitore. Questo è quello che può accadere in concomitanza di un embargo. Inoltre, la corsa al petrolio straniero era da attribuire ai risultati delle statistiche che all’epoca, si parla sempre degli anni quaranta, rivelavano un imminente picco della produzione statunitense che avrebbe lasciato il posto ad un calo decrescente in caduta libera della produzione, in ragione del fatto che nei giacimenti noti, come quelli in Pennsylvanya, in Texas e in Okhlaoma, si estraeva greggio già da un po’ di tempo, mentre i pozzi mediorientali erano ancora immacolati, vergini, di recente scoperta, delle miniere da cui attingere ancora per molti anni dato il loro esordio produttivo. Questo dimostra come proprio negli anni quaranta si spostò il baricentro della produzione petrolifera, dall’area caraibica dell’America centrale a quella mediorientale, pur insidiata da conflitti interni, che però non fermavano gli investitori occidentali, pur sottoponendoli a rischiare ingenti capitali.

42 Al di fuori dell’area mediorientale, nell’immediato dopoguerra furono

fatte anche delle scoperte di giacimenti, patrocinati dall’Imperial, una consociata della Standard oil of New Jersey ad Alberta, nel vicinissimo Canada 44.

Negli stessi anni altri attori si affacciavano nel palcoscenico petrolifero, tra questi l’Algeria, la Nigeria e il Qatar.

3.1.Il monopolio internazionale delle sette sorelle e la politica dei

prezzi

Già a metà degli anni quaranta, dopo la partecipazione di altre due americane nell’Aramco, si era paventata l’ipotesi che le grandi compagnie petrolifere stavano monopolizzando il mercato petrolifero, neutralizzando la concorrenza.

Il Dipartimento della Giustizia americano, spinto dalle imprese che operavano solo in territorio statunitense, le cosiddette indipendenti, avviò un’attenta indagine volta ad indagare sull’esistenza di un cartello segreto messo in piedi dalle grandi compagnie petrolifere.

La storia si ripete. Si ripetè esattamente quello che successe nel 1911, quando la Standard Oil di Rockefeller violò la Sherman Act, la legge antitrust americana.

43 Il cartello delle sette sorelle, termine coniato solo più tardi da Enrico

Mattei, dirigente dell’Agip dal 1950 al 1962, era un trust.

L’accusa venne resa nota dalla relazione “ Il cartello internazionale del petrolio”, nel 1952. Le sette sorelle sul finire degli anni 40 dominavano l’82% del petrolio mondiale45

.

Fra gli elementi che hanno destato maggiore sospetto vi fu un serie di fusioni e contrattazioni tra le Compagnie: tra queste il contratto tra Gulf e Royal Ducht /Shell, per rispondere a esigenze di mercato per la prima, e di riserve per la seconda. Il motivo della fusione non fu altro che la loro complementarietà. Altro accordo determinante fu quello tra l’Anglo-Iranian e le due americane Standard oil of NJ e Socony (1946) per scongiurare le mire espansionistiche di Stalin in Iran nei primissimi anni della guerra fredda.

Una contrattazione economica in ottemperanza di quella politica che prenderà il nome di “Politica di Contenimento” sotto il presidente Truman46. Le Indipendenti americane che, pur volendo, non potevano entrare nei mercati a causa delle alte barriere imposte all’ingresso.

45

Leonardo Maugeri, L’arma del petrolio, questione petrolifera globale, guerra

fredda e politica italiana nella vicenda di Enrico Mattei, Loggia de’ Lanzi, Firenze,

p.39.

46

Giuseppe Mammarella, Destini incrociati, Europa e Stati Uniti 1900-2003, Roma, Laterza, 2005, p. 148.

44 Furono proprio le indipendenti, in ragione del fatto che avevano una

voce in capitolo maggiore rispetto alle sette sorelle nel Senato americano, a boicottare il tentativo delle grandi compagnie di istituire un altro accordo dopo il PRC, che avrebbe legittimato la loro sfera d’azione. L’accordo, noto come Anglo-American Petroleum

Agreement,47 constava di 8 articoli e fu siglato da Emanuel Shinwell per Regno Unito e Irlanda del nord e da Harold Hickes, rappresentante del governo americano nel 1944, e avrebbe avuto il fine di imporre ad entrambe le parti dei limiti alle quote di produzione per evitare un pericoloso abbassamento dei prezzi48

Proprio a metà degli anni quaranta, specificatamente il 14 febbraio del 194549, ebbe luogo l’incontro tra Roosevelt e Ibn Saud sull’incrociatore Quincy, ancorato all’imbocco del canale del Nilo. L’ incontro avrebbe palesato la propensione del monarca saudita a preferire la protezione americana a quella britannica, quest’ultima simbolo di una feroce politica imperialistica.

47

James R. Ralph, Jr, op.cit. , p.31.; Irvine H. Anderson Jr Aramco, the United States,

and Saudi Arabia A Study of the Dynamics of Foreign Oil Policy, 1933-1950, Princeton

University 1981, nella parte finale del libro in appendiceB, si trova il testo integrale dell’accordo.

48

Stefano Casertano Sfida all’ultimo barile, op.cit. p. 14.

45 I punti del patto erano chiari: “l’America avrebbe avuto accesso ai

porti sauditi e avrebbe potuto costruire basi aeree militari sul suolo

saudita, sia pure per un periodo limitato di cinque anni. L’Aramco,

dalla Socal e dalle altre tre compagnie americane, avrebbe

provveduto alla costruzione dell’oleodotto transarabico verso il Mediterraneo, il cosiddetto Tapline. Roosevelt si impegnò a garantire

di non invadere il suolo saudita come avevano fatto i britannici nelle

terre vicine. Come previsto, Roosevelt non ottenne da Ibn Saud

l’appoggio sperato nella creazione di uno stato di Israele in Palestina, in nome dell’ antisionismo acceso del leader saudita”50

. Con la firma di questo patto Ibn Saud sarebbe diventato l’alleato fedele degli Stati Uniti durante la guerra fredda. I numeri rivelano che proprio dopo il Patto bilaterale la produzione di greggio saudita aumentò vertiginosamente, come si può notare dalla tabella (fig.2.).

Gli avvenimenti degli ultimi anni quaranta porteranno a dei cambiamenti all’interno dell’industria petrolifera internazionale, che determineranno la messa in stato d’accusa del governo americano, nonché la reazione dei produttori mediorientali.

Nel frattempo si risvegliava la brama di rivalsa dei produttori mediorientali, che ora in una posizione di forza, rispetto agli anni trenta, in cui si erano accontentati di una fetta piuttosto piccola di torta pur di rinvigorire le finanze dello Stato, lamentavano una notevole discrepanza tra le loro entrate e quelle delle Compagnie.

46

3.2Strategie politiche e di mercato

Andando a rintracciare le chiavi del successo delle grandi

compagnie petrolifere non si può ignorare la constatazione che dagli anni quaranta fino agli anni settanta si registrò un inspiegabile equilibrio di prezzi, che i cartelli e gli accordi degli anni trenta non erano riusciti a garantire51. Fanno eccezione brevi intermezzi in concomitanza della seconda guerra mondiale 1939-1945, crisi di Suez 1956-1957 e guerra dei Sei giorni nel 1967. Venendo alle strategie di mercato utilizzate, è senza dubbio la sinergia tra l’integrazione verticale, orizzontale e le economie di scala che hanno fatto il successo e la grandezza delle sette sorelle52.

Per integrazione verticale si intende un controllo dell’intera filiera di produzione di un prodotto, dalla sua scoperta, nel caso del petrolio, alla lavorazione finale e distribuzione.

L’impianto organizzativo di tal tipo presenta dei vantaggi considerevoli come la diminuzione dei costi di transazione, un controllo sui prezzi e la prerogativa di poter fare delle previsioni anche se a breve termine. Questo tipo di apparato rende molto vicine le fasi

51 Alberto Clò, Enciclopedia degli idrocarburi, op.cit. p. 285. 52

Leonardo Maugeri, L’arma del petrolio, op.cit. pp.42-44; Alberto Clò,Enciclopedia degli idrocarburi op.cit. pp.287-288.

47 del processo produttivo, interconnettendole fra loro, è proprio questa

la chiave del successo. Un ‘impresa estrattrice che investe ingenti capitali, quindi esponendosi a dei costi che solo grandi compagnie possono permettersi, deve necessariamente avere la sicurezza oltre allo sbocco in un mercato, che dopo l’estrazione il prodotto sia raffinato ed trasportato. Come detto sopra, il petrolio nudo e crudo non genera da solo ricchezza.

Anche il re del petrolio J.D. Rockefeller aveva fondato un’ industria con una organizzazione tripartita che si occupasse di estrazione si, ma anche di lavorazione e distribuzione, intessendo fitte relazioni con il trasporto ferroviario dell’epoca. L’ integrazione verticale quindi rappresentò una sorta di garanzia per i grandi produttori, che in virtù della loro capacità imprenditoriale riuscirono a monitorare tutta la filiera produttiva, collegando ogni anello del processo produttivo fino alla distribuzione finale. Questo significava anche non dover negoziare con altri interlocutori nel settore produttivo, che avrebbero in ogni modo cercato di imporre le proprie regole. In un mercato incerto come quello petrolifero poi i costi di negoziazione con terzi sarebbero più considerevoli degli effettivi ricavi, per cui la contrattazione con terzi poteva essere molto rischiosa e poteva inficiare l’equilibrio stesso dell’azienda, mettendola potenzialmente a repentaglio.

È deducibile, che le imprese che adottano questo sistema organizzativo hanno più probabilità di sopravvivenza rispetto alle altre. Dal punto di vista meramente economico poi, un’azienda di enormi dimensioni, che

48 controlla tutta la filiera di produzione, che vanta sbocchi assicurati nei

mercati e costi di trasporto contenuti grazie alle economie di scala generando una concorrenza spietata, imponendo delle barriere all’entrata nel mercato.

Sul piano interno poi le big americane attuarono un altro tipo di strategia: l’integrazione orizzontale, che comprendeva l’acquisizione di piccole compagnie, potenziali concorrenti, e quindi la crescita interna nonché la costituzione di consorzi. Perché proprio il greggio mediorientale? Perché più economico. L’Arabian light53 era molto più conveniente del West Texas Intermediate ( WTI) perché più vicino al mercato finale, cioè l’Europa.

53

Arabian light, West Texas e Intermediate Brent, sono le tre tipologie di greggio più note. Per Arabian light si intende il petrolio saudita, nella fattispecie quello dei giacimenti di Ghawar scoperti nel 1948, a 100km a sud di Daharan, e, per analogia il termine designa il petrolio mediorientale. È di elevata qualità , considerato come riferimento per la quotazione nel mercato internazionale del petrolio mediorientale; il West Texas Intermediate è quello estratto negli Stati Uniti, scambiato al New York mercantile exchange( NYMEX) è conosciuto anche come Texas sweet light, viene estratto nelle regioni del midwest e sulla costa del golfo degli Stati Uniti. L’aggettivo sweet( dolce), indica la presenza minima di zolfo, lo 0,24% che lo rende più dolce rispetto al Brent; Il petrolio Brent, prende il nome da un giacimento nel Mare del Nord, viene scambiato al London International Petroleum Exchange (LIPE), è il riferimento mondiale per il mercato del greggio e determina il 60% del prezzi sul mercato, malgrado una produzione limitata. Il Petrolio Brent è il risultato di una miscela derivata dall’unione di diversi tipi di petrolio estratti dal Mare del Nord. Sicuramente il prezzo del primo è competitivo rispetto agli alti costi del WTI e del Brent, motivo per cui è il più ambito. A livello degli scambi internazionali invece il Brent e il WTI sono i più importanti. Leonardo Maugeri, Petrolio, Sperling & krupfer, Milano, 2001.pp. 77-83.

49

3.3 la politica dei prezzi: dal sistema Gulf Plus ai prezzi posted54

Si possono distinguere sommariamente tre fasi dell’andamento del prezzo del petrolio: 1900-1930- 1930-1960, 1960-1990.

Nei primi anni dell’industria petrolifera, da attore statale ad attore globale il prezzo del greggio era soggetto a forti squilibri, data l’entrata nel mercato del Venezuela e del Medio Oriente, che vantavano prezzi inferiori a quelli americani nonché dagli innumerevoli tentativi di imporre accordi e cartelli da parte di britannici e americani, boicottati ripetutamente dalle imprese al di fuori del famigerato oligopolio .

È proprio dagli anni quaranta, con il perfezionamento dell’apparato delle grandi aziende e col conseguente oligopolio, che la politica dei prezzi sperimenta una fase di splendida stabilità, destinata a durare per un periodo di tempo più o meno lungo, dovuta al controllo tra domanda e offerta continuamente monitorato dai giganti del petrolio. L’unica oscillazione di prezzo sfiorava il ± 5%.

La politica dei prezzi, già dagli anni trenta, poggiava sul cosiddetto sistema Gulf Plus55 , un sistema messo in piedi, dalle compagnie anglo- americane, che fissava il prezzo del greggio come se provenisse

54

La nozione di prezzo posted viene coniata nel Golfo del Texas, per dare un prezzo al greggio in quel punto base. Ali J. Johany, The Myth of the O.P.E.C. Cartel: Role of

Saudi Arabia , University of Petroleum and Minerals, Daharan, 1980, p.4.

55

Con il sisitema Gulf Plus se si immagina che il petrolio proveniente dalla raffineria di Ras Tanura, in Arabia Saudita, doveva giungere in Germania, il prezzo di trasporto non era stabilito in base alla distanza reale tra i due paesi, bensì come se provenisse

50 tutto dal golfo del Messico, definendo quindi un punto base e un

prezzo base.

Al prezzo del greggio, proveniente da un altro luogo, veniva aggiunto il prezzo di trasporto a seconda del tragitto che era destinato a percorrere, ipotizzando sempre come punto di partenza il golfo del Messico anche se proveniva dal Medio Oriente, per arrivare al mercato di destinazione. Questo sistema era ovviamente a tutela del petrolio americano, più costoso di quello mediorientale e oltre a scoraggiare fortemente l’approvigionamento esterno, manteneva alti i prezzi interni.

Questa politica andava a detrimento di quei venditori la cui distanza dal mercato di destinazione era maggiore, dovendo farsi carico di più gravosi costi di trasporto che ovviamente non corrispondevano alla effettiva distanza tra il punto A , il porto di partenza e il punto B, il paese di destinazione.

Quando poi la mole della produzione mediorientale raggiunse e superò quella americana negli anni quaranta, si decise di fissare un altro punto base in Medio Oriente, bacino principale del commercio mondiale, per cui naturalmente, nacque un’altra rete commerciale più conveniente per i paesi europei . La richiesta fu avanzata anche dal governo inglese che necessitava, in tempo di guerra del petrolio mediorientale per cui il sistema venne revisionato. Si pervenne alla

dal golfo del Messico, la cui distanza è di gran lunga maggiore Alberto Clò,

51 decisione di istituire un unico prezzo base e due punti base, uno nella

costa del golfo del Messico e uno nel Golfo Persico. In questo modo il petrolio mediorientale divenne di gran lunga più conveniente , avendo così un costo di trasporto non più immaginario ma effettivo. Mentre per i paesi dell’Europa dell’est era più conveniente il petrolio mediorientale , non era lo stesso per l’Europa occidentale, per cui venne prima fissato un punto base nel Regno Unito nel 1948 e poi a New York un anno dopo. È da notare che fino agli anni quaranta si faceva riferimento ad una tipologia di petrolio, quello americano. Soltanto nel 1950 venne definito il prezzo del petrolio mediorientale chiamato prezzo posted voluto dalla Socony- Mobil che operava in Arabia Saudita56.

52

CAPITOLO 2

Il vento dei nazionalismi: la minaccia degli anni cinquanta

Come anzidetto, le compagnie americane accolgono gli anni cinquanta in una posizione di completo controllo del sistema petrolifero internazionale. Il seme del malcontento, che serpeggiava sia tra le indipendenti americane sia tra i paesi mediorientali concessionari però era pronto per germogliare.

Le indipendenti americane, da parte loro avevano tentato in tutti i modi di ostacolare l’istituzione di accordi e cartelli negli anni trenta e quaranta. Nel capitolo precedente si è inoltre accennato al peso politico che esercitavano in seno al Congresso americano, nonché all’indagine, volta a smascherare, la costituzione del fantomatico cartello pubblicata in occasione dell’elezione del presidente Eisenhower nel 1952, intitolata Cartello Internazionale del Petrolio”.157 Già nel 1948 si aprì per le indipendenti la possibilità, tanto auspicata, di prendere il controllo del petrolio mediorientale.

Questo fu possibile grazie alla spartizione della Zona Neutra58 (fig.1.) messa all’asta, un lembo di terra grande 6000 kilometri quadrati tra l’Arabia Saudita e il Kuwait, governato congiuntamente per consentire

57 Leonardo Maugeri, L’arma del petrolio, op.cit. p.40. 58

Irvine Anderson Jr. Aramco, the United States, and Saudi Arabia op.cit. p.180; Daniel Yergin, Il Premio op. cit. pp.374-380.

53 il passaggio dei beduini da nord a sud in ottemperanza alla

Convenzione di Uqair del 192259.

fig. 2

Il 1948 quindi segna l’arrivo dei privati in Kuwait, dove fino ad allora aveva operato un consorzio di matrice anglo- americana noto come Kuwait Oil Company ( Cap.1, pp.10-11). La vendita all’asta del lembo di terra confinante con lo Stato kuwatiano, venne aggiudicata dall’indipendente Aminoil60

( American Indipendent Oil Company), una società di petrolieri americani che promisero una royalty senza

59

In base alla Convenzione firmata in chiusura della Conferenza, fu stabilita un’area lungo il Golfo Persico su cui i governi del Najd e del Kuwait condividevano uguali diritti, finchè il Regno Unito non avrebbe preso una nuova decisione al riguardo. Una spartizione riconosciuta a livello internazionale della Zona Neutra, si ottenne solo nel 1970, dopo cinque anni di negoziati tra il sovrano saudita e lo sceicco del Kuwait.

60

Stefano Beltrame, Storia del Kuwait, Gli Arabi, il petrolio, l’Occidente, Cedam, 1999, p. 215.

54 precedenti nella storia delle concessioni, tanto da mettere in discussione

quelle storiche, giudicate ormai inique.

Il 1949, segna invece l’arrivo della Pacific West capitanata dal petroliere americano Getty, che si accaparrò la parte confinante con l’Arabia Saudita, da cui sei anni dopo affiorò il primo pozzo petrolifero, facendo di Getty l’uomo più ricco d’America. La concessione fu particolarmente vantaggiosa per l’Arabia Saudita, che avrebbe percepito in compenso una somma pari al 55% per ogni barile61, un pagamento iniziale di 9,5 mila dollari e una somma fissa annuale di 1 milione di dollari, oltre al diritto conferito all’Arabia Saudita di incassare un ottavo sulla produzione e un quarto dei profitti della raffineria62.

L’evento provocò significativi malumori tra le grandi Compagnie americane, che ora avevano un concorrente senza precedenti. L’offerta