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Rivoluzione iraniana e secondo shock petrolifero

Lo Stato iraniano, durante il susseguirsi degli aumenti decretati del prezzo del greggio dall’embargo del 1973 fino alla seconda metà degli anni settanta, ha potuto beneficiare di ingenti introiti, che hanno contribuito a realizzare il progetto dello Scià di fare dell’Iran una nazione più ricca e più autorevole imitando i modelli occidentali. Teheran, nella seconda metà degli anni settanta, abbandonò quella politica che contemplava prezzi del petrolio sempre più alti, in ottemperanza di quelli che erano i moniti di Kissinger, in un momento in cui Washington dipendeva largamente dal petrolio mediorientale254. Le relazioni tra Teheran e Washington si erano intensificate fin dagli anni cinquanta, anni in cui, dopo l’allontanamento di Mossadeq dalla scena politica, gli Stati Uniti, riavviarono il meccanismo dell’industria

253

Ivi, p. 38.

254 Dal 1973 al 1977, anno dell’elezione di Jimmy Carter, la dipendenza

americana dal petrolio mediorientale crebbe dal 35% al 46%. Bialos, Oil

139 petrolifera iraniana, in cambio di una fitta collaborazione antisovietica,

e non da ultimo, in cambio del rifornimento di armi statunitensi per la legittimazione del potere iraniano.255

L’orientamento filoamericano dello Scià, nonché la sua laicità, furono alle radici del malcontento popolare che si consumava negli anni settanta e interessava tutti gli strati del tessuto sociale.

Il malcontento aveva anche ragioni economiche. La moderazione dello Scià in materia dei prezzi nella seconda metà degli anni settanta, rappresentava una inversione di tendenza rispetto alla politica rialzista sostenuta fino ad allora. Questo cambiamento, andò a detrimento di quella classe abbiente256, divenuta tale grazie alle politiche rialziste sostenute dallo stesso leader iraniano.

L’Iran del 1979 era un paese totalmente cambiato. Gli introiti petroliferi avevano significativamente mutato il volto del paese257. La popolazione era cresciuta in modo considerevole, spostandosi dalle campagne alle città, che non disponevano della infrastrutture idonee per la crescente utenza258.

255

Stefano Casertano, Sfida all’ultimo barile, op.cit. p. 105.

256

Stefano Casertano, Sfida all’ultimo barile, op. cit. p. 106.

257 Gli introiti petroliferi dal 1971 al 1973 aumentarono da 200 milioni all’anno a 20

miliardi di dollari. Farian Sabahi, Storia dell’Iran, Bruno Mondadori, 2006, p. 138.

258

140 L’impronta di laicità che lo Scià voleva conferire al paese, fu una

aggravante della crisi, scatenando la disapprovazione della popolazione musulmana, alimentata in quegli stessi anni dall’oppositore al regime monarchico, l’Ayatollah Khomeini.

Le relazioni con Washington iniziarono ad esacerbarsi con l’istituzione della Savak259, la polizia iraniana voluta dallo Scià per sopprimere le rivolte antiregime, che perpetuava gravi violazioni dei diritti umani. Questa fu una delle tante cause che contribuirono ad incrinare i rapporti con gli Stati Uniti di Carter260, che fece dei diritti umani uno dei capisaldi della sua campagna elettorale.

Il malcontento popolare, fomentato dai messaggi dell’Ayatollah Khomeini che giungevano in Iran tramite audiocassette261, esplose nella rivoluzione.

La Rivoluzione iraniana, portata avanti da giovani studenti e oppositori del regime dello Scià rovesciò la dinastia Pahlavi che regnava fin dal 1926262. L’Iran era un paese in continua evoluzione. Tra

259 Andrea Duranti, Il rosso e il nero, op. cit. p. 82. 260

La risoluzione del conflitto in Medio Oriente era la priorità assoluta della politica estera di Carter. La sua strategia per il Medio Oriente è riassunta nel rapporto Brookings, che attribuisce un ruolo significativo alla risoluzione della questione palestinese. Rudy Caparrini, Il Medio Oriente

contemporaneo 1914- 2005, Masso delle fate edizioni, p. 163.

261 L’Ayatollah Khomeini, dall’esilio a Parigi condusse una severa e insistente

campagna antiregime, conquistando la maggioranza degli iraniani.

262

141 il 1970 e il 1977 Teheran raddoppiò la sua popolazione, raggiungendo

cinquanta milioni di abitanti263.

Molti iraniani erano contrari al regime monarchico perché la maggiore beneficiaria degli introiti petroliferi era la famiglia iraniana. Leader dell’opposizione al regime dello Scià era l’Ayatollah Khomeini, che dall’esilio condusse una durissima campagna antiregime, conquistando tutta la popolazione.

Quando Khomeini rientrò dall’esilio nel 1979264

tenne un discorso in cui illustrò le motivazioni della rivoluzione: “ Mohammed Reza

Pahlavi se n’è andato, è fuggito dopo aver distrutto ogni cosa. Ha rovinato il nostro paese e ha moltiplicato i nostri cimiteri. La nostra

agricoltura è distrutta. Ha messo la nostra cultura in condizione di

arretratezza, abbiamo avuto università per oltre cinquant’anni, grazie al tradimento compiuto nei nostri confronti, però non c’è stato sviluppo umano. Per quanto riguarda il petrolio, è stato completamente

consegnato agli stranieri, sia americani sia di altri paesi, se, Dio non

voglia, quest’uomo fosse rimasto sul trono per pochi anni ancora, le nostre riserve di petrolio si sarebbero esaurite. Il sangue dei nostri

giovani è stato versato per queste stesse cause e per la libertà.

Vogliamo un paese forte con un sistema stabile e potente. Non

263

Ivi, p. 357.

264

Khomeini era stato mandato in esilio dal 1963, ai tempi della Rivoluzione Bianca( Per una narrazione completa delle dinamiche della Rivoluzione Bianca che interessò l’Iran dal 1963 al 1979 leggere Il rosso e il nero di Andrea Duranti da p. 83 a p 86). Soggiornò prima in Iraq e poi in Francia, in cui trovò tutta la tecnologia necessaria per divulgare il suo pensiero.

142

vogliamo rovesciare il sistema totalmente. In realtà vogliamo

conservarlo, solamente che lo vogliamo basato sul popolo e al servizio

del popolo”265.

La fuga dello Scià il 16 gennaio del 1979 ebbe come conseguenza un crollo considerevole della produzione.

Prima della rivoluzione la produzione era di 5,5 milioni di barili al giorno, dopo scese drasticamente a 40 mila barili a causa degli scioperi. Il crollo della produzione, interrotta completamente il 25 dicembre del 1978, causò un innalzamento dei prezzi e incoraggiò la vendita di greggio sui mercati spot pari al 15%- 20%266. Pertanto si può parlare di secondo shock petrolifero. Tornando all’andamento dei prezzi,

nel giugno del 1978, in seno al Vertice di Ginevra, ancora una volta l’OPEC dimostrava di essere spaccata al suo interno. L’Arabia Saudita incrementò il prezzo da 14.546 a 18 dollari il barile, mentre i “falchi” spinsero fino a 23.50 dollari il barile267.

Il prezzo del greggio raggiunse massimi storici solo nel febbraio del 1980 toccando i 34 dollari nel prezzo di listino e ben 45 dollari sul mercato spot268. In seguito alla fuga dello Scià durante il governo provvisorio presieduto da Shapour Bakhtiar, gli iraniani furono chiamati alle urne e il 98% decise di sostenere la Repubblica islamica.

265

Gelvin, Storia del Medio Oriente moderno, op.cit. p. 365- 366.

266

Ali D. Johani, The myth of OPEC cartel, op.cit. p. 55.

267 Ivi, p. 57. 268

143 Con la proclamazione della Repubblica islamica di Khomeini, fondata

sulla Sharia, si intensificò quel sentimento antioccidentale che culminerà nel 4 novembre del 1979269 con l’occupazione dell’ambasciata americana di Teheran270

.

Furono presi in ostaggio 52 membri dello staff dell’ambasciata e altri cittadini americani per 444 giorni.

Per oltre un anno si ripetevano quotidianamente manifestazioni antiregime ma soprattutto contro gli Stati Uniti271, facendo sbandierare il vessillo dell’Islam sul quale veniva apposta una mano che strangolava quella americana, il tutto accompagnato da slogan come “Morte all’America” o ancora “Yankee go home”272

.

I rapporti con Washington erano ormai compromessi. Dopo la notizia degli ostaggi, Washington si mosse per congelare i depositi bancari iraniani nelle banche statunitensi per indurre il rilascio degli ostaggi.

Il sentimento di odio nei confronti degli Stati Uniti nutrito dagli iraniani derivava anche dal fatto che questi dopo qualche mese di esitazione, decisero di accogliere lo Scià in ragione del suo stato di salute.

269 http://www.corriere.it/cultura/speciali/2012/orologi/notizie/50-mazza-

sequestro-record_ea7f8de0-3a0e-11e2-8e20-34fd72ebaa93.shtml?refresh_ce-cp

270

L. Maugeri, L’era del petrolio, op.cit. p. 148.

271 http://fondazionerrideluca.com/download/1979/11_1979/LOTTA-

CONTINUA_1979_11_11_12_248_0008.pdf

272

144 Il tentativo non riuscito dell’amministrazione Carter di liberare gli

ostaggi in maniera tempestiva, causò la perdita di credibilità della sua

leadership. Gli ostaggi vennero rilasciati soltanto dopo la Conferenza

di Algeri del 1981 facendo perdere anche le elezioni a Jimmy Carter a favore di Ronald Reagan273.

Un altro evento che contribuì a destabilizzare il mercato mondiale fu lo scoppio della guerra tra Iran e Iraq protrattasi per otto lunghi anni, dal 1980 al 1988274.

Il casus belli può essere considerato di natura strategica. I due paesi si contendevano da tempo la sovranità dello Shatt- al Arab275, che garantiva lo sbocco sul Golfo Persico. Oltre al fatto che entrambi i paesi da tempo ambivano a rivestire il ruolo di potenza egemone nella regione. Un altro pretesto fornito da Saddam Hussein sarebbe stato quello di evitare che la rivoluzione iraniana fosse importata in Iraq, dando l’impulso per la creazione di uno Stato islamico in terra irachena.

La diminuzione e l’interruzione dei rifornimenti iraniani come conseguenza del conflitto generò un’impennata del prezzo del greggio che toccò i 40 dollari al barile.

273

Riccardo Redaelli, L’Iran contemporaneo, Carocci editore, 2011, p. 173.

274 Daniel Yergin, Il premio, op.cit. pp. 570-576. 275

Lo Shatt-al- Arab è il fiume che si forma dalla confluenza del Tigri e dell’Eufrate e che sfocia nel Golfo Persico. Dopo gli accordi di Algeri del 1975 Iraq e Iran detenevano ciascuno il 50% del controllo sulle acque. A detta di Saddam Hussein, l’Iran attuò illegalmente degli sconfinamenti che spinsero il raìs ad utilizzare questo fatto come un pretesto per intraprendere il conflitto contro il vicino Iran. Rudy Caparrini, Il Medio Oriente, op.cit. p. 177.

145

2. Il controshock

Nessuno, a parte il ministro del petrolio saudita Yamani, si aspettava l’abbondanza petrolifera che inondò i mercati nella seconda metà degli anni ottanta. Le speculazioni teoriche che paventavano un terzo shock, indussero la comunità mondiale ad intraprendere politiche che incoraggiavano il risparmio energetico, oltre a ricorrere a fonti alternative quali il nucleare276

Si pensava che il fabbisogno mondiale di petrolio sarebbe cresciuto da 2,3 miliardi di tonnellate nel 1975 a 3, 8 miliardi nel 1990277.

A contribuire all’abbondanza di petrolio, fu soprattutto la crescita della produzione del petrolio non OPEC.

Per petrolio non OPEC è da intendersi quello proveniente da bacini diversi da quelli mediorientali, che fecero il loro ingresso nel mercato proprio negli anni settanta.

Tra questi il petrolio proveniente dallo Stato dell’Alaska, che riuscì solo nel 1977 ad importare il suo oro nero nel mercato statunitense, quello messicano, la cui produzione aumentò considerevolmente negli

276 il ricorso all’energia nucleare in Europa dal 1975 al 1985 crebbe dall’1% al 13%.

Chalabi, Oil policies, oil myth, op. cit. p. 170.

277

146 anni settanta e quello del Mare del Nord, la cui produzione nel 1987 si

attestava a 6 milioni di barili al giorno278.

Oltre a queste aree di produzione, il petrolio sovietico attraversava una nuova fase di rilancio, toccando gli 11 milioni di barili al giorno nel 1977279

Oltre all’ingente mole di petrolio non OPEC immessa sul mercato, un altro fattore che contribuì all’eccesso dell’offerta fu la crescita del mercato spot.

Per “mercato spot” si intende la vendita di greggio al di fuori di contratti a lungo termine, al di fuori di un accordo di fornitura continua tra produttore e consumatore, una vendita occasionale280.

Questo tipo di vendite crebbe inesorabilmente dopo il primo shock petrolifero, a causa del fatto che l’imminente scarsità paventata dai paesi consumatori, induceva questi ad acquistare petrolio disposti a pagare un prezzo superiore a quello di listino,281per assicurarsi delle scorte da cui attingere in caso di estrema necessità.

La diffusione di questo mercato in cui i prezzi del greggio erano più elevati, alimentò la sensazione di un innalzamento dei prezzi della

278

Eric Laurent, La verità nascosta sul petrolio, op.cit. p. 110.

279 Spantigati, Petrolio, op.cit. p. 104. 280 Leonardo Maugeri, Petrolio, op. cit. p. 53

147 materia prima più richiesta del momento e in qualche modo indusse al

risparmio e alla ricerca di nuove fonti.

Nella compagine OPEC, una mossa che fece crollare l’impianto dell’organizzazione fu la scelta saudita di abbandonare il ruolo che aveva assunto fino ad allora.

Dalla nascita dell’OPEC, l’Arabia Saudita aveva avuto il potere di diminuire o aumentare la produzione per garantire un livello di prezzo congeniale sia agli acquirenti, sia ai produttori. Questa politica economica, anche se le garantì introiti sempre crescenti, le tolse progressivamente fette di mercato282.

I tagli alla produzione per garantire l’equilibrio dei prezzi ebbero come effetto quello di diminuire gli introiti statali, tanto che dal 1981 al 1985 veniva registrato un calo significativo dalle entrate petrolifere, passando da 119 miliardi di dollari a 26283.

Il 1985 inaugurò una nuova stagione dell’industria petrolifera mediorientale. Dopo i due shock petroliferi, le previsioni fuorvianti che annunciavano un terzo ed imminente shock nella metà degli anni ottanta, supportate da eminenti economisti e geologi, non ebbero un riscontro nella realtà.

282 L’Arabia Saudita ha potenzialità produttive di gran lunga superiore rispetto a tutti

gli altri partner.

283

148 Oltre all’ingente mole di petrolio non OPEC, l’Arabia Saudita, stanca

di detenere la responsabilità di mantenere un equilibrio del prezzo del greggio, andando a detrimento dei suoi interessi, decise di aumentare la sua produzione riconquistando fette di mercato284.

Nel 1985 decise di aumentare la produzione da 2 a 6 milioni di barili al giorno, fino a toccare i 9 milioni alla fine dell’anno285

.

L’enorme marea nera saudita immessa nel mercato, unita al petrolio di provenienza non OPEC, causò un inevitabile crollo dei prezzi.

Quello del 1985 può essere definito un terzo shock petrolifero, anche se a differenza dei primi due, quello del 1973 e quello del 1979, si materializzò con degli effetti diametralmente opposti tanto da essere ricordato come controshock.

Fu considerato quindi uno shock in quanto fu destabilizzante per il mercato. Esso fu causato non dalla scarsità ma dall’abbondanza di petrolio che ne determinò un inevitabile ed inarrestabile crollo dei prezzi.

284 A causa del surplus generatosi è stato introdotto nel 1982 il sistema delle quote

o tetti di produzione, in ottemperanza alla Risoluzione 1.1.3 alla Conferenza Opec a Baghdad 10-14 settembre 1960“I paesi membri studieranno e formuleranno un

sistema per assicurare la stabilizzazione dei prezzi, attraverso, tra le altre misure, il controllo della produzione nell’interesse dei Paesi produttori e dei Paesi consumatori e nella necessità di assicurare un reddito stabile ai Paesi produttori, un’efficiente, economica e regolare offerta di questa fonte energetica ai Paesi consumatori e una giusta remunerazione a coloro che investono i loro capitali nell’industria petrolifera”

(Risoluzione 1.1.3 Conferenza Opec, Baghdad 10-14 settembre 1960). Il sistema delle quote OPEC, Agata Gugliotta, 24 marzo 2009 in http://www.agienergia.it/Notizia.aspx?idd=328&id=34&ante

285

149 In aggiunta alla crescente disponibilità di greggio proveniente da

diverse parti del globo si aggiunse il crollo dei consumi. Pare che il consumo nell’Europa occidentale, dal 1975 al 1985 sia sceso dal 62% al 45%286.

Anche le previsioni del DoE (Department of Energy) e della Cia del 1979 si rivelarono fallaci.

Negli Stati Uniti nel 1979 si prospettava che il fabbisogno mondiale si sarebbe aggirato intorno ai 35 miliardi di barili al giorno. Le previsioni americane però furono smentite dallo stesso Department nel 1985, quando venne riscontrato che il fabbisogno reale sfiorava i 15 miliardi di barili al giorno.287

Il crollo del prezzo fu significativo. Nel gennaio del 1986 il prezzo di un barile di petrolio era sceso da 31.75 a 10 dollari288. Il crollo dei prezzi nella seconda metà degli anni ottanta espose a serie difficoltà sia i paesi esportatori che le compagnie petrolifere.

Stefano Casertano fa notare invece come un attore petrolifero globale quale l’Unione Sovietica abbia beneficiato dell’aumento del prezzo del greggio prima nel 1973 e poi ancora nel 1979 e di come il controshock del 1985 sia stato parzialmente indotto dagli Stati Uniti, consapevoli che un crollo del prezzo del greggio, avrebbe interrotto il flusso di

286 Chalabi, Oil policies, oil myth, op.cit. p.170. 287 Ibidem.

288

150 capitali indispensabili per il finanziamento dell’estabilishment militare

sovietico in piena guerra fredda289.

Il crollo dei prezzi intaccò anche il mercato spot che si dovette adeguare ai prezzi di listino subendo un calo considerevole, da 30 a 10 dollari il barile290.

Questo lavoro di ricerca si prefigge di ricostruire l’origine e l’evoluzione dell’industria petrolifero mediorientale, ponendo l’accento sul cambiamento della sua leadership, che negli anni settanta passò dalle sette sorelle all’OPEC, un processo chiamato da Gelvin “Rivoluzione petrolifera”. Dopo avere evidenziato i punti di debolezza del primo e del secondo cartello, che ne hanno impedito il controllo del mercato, è bene fornire al lettore un accenno di quel che sarà dopo il fallimento dei due cartelli.

L’incapacità dell’OPEC di impedire il crollo dei prezzi nella metà degli anni ottanta derivò dal fatto che ormai i tentativi di aggiustamenti in seno all’Organizzazione sarebbero stati vanificati dagli esportatori non OPEC.

Negli ultimissimi anni settanta e agli esordi degli ottanta, prese piede il liberismo economico, sostenuto in primis dagli Stati Uniti di Reagan

289

Per l’Unione Sovietica gli introiti petroliferi rappresentavano la fonte di sostentamento principale per la sua economia. Il crollo dei prezzi del petrolio a livello mondiale scoraggiava la produzione che dipendeva dalla tecnologia e dagli assets occidentali i cui costi invece restarono invariati.

290

151 nonché dal governo inglese di Margareth Thatcher. Questa politica

economica diede il via a un’ondata di acquisizioni e privatizzazioni che interessò direttamente anche le compagnie petrolifere291.

Dopo l’insuccesso dell’OPEC non esisteranno più oligopoli ma un mercato libero, regolato dall’equilibrio tra domanda e offerta.

291 La Gulf venne acquisita dalla Chevron, la BP venne privatizzata, la Exxon venne

152

Conclusioni

Come si può evincere da questa breve e circoscritta disamina sull’industria petrolifera mediorientale, risulta impresa ardua pensare di fare delle previsioni a lungo termine circa l’andamento degli equilibri tra domanda e offerta nel mercato petrolifero, come dimostrazione del

controshock degli anni ottanta. Oltre alla crescita dei consumi e

all’industrializzazione che ha caratterizzato il secolo scorso, la variabile dei conflitti regionali risulta una costante e ha rappresentato spesso il ganglio di queste dinamiche. Per quanto concerne la diatriba consumatasi nel corso del ‘900 tra Stati e Compagnie a mio parere risulta rischioso dare un giudizio che sia privo di margini di dubbio. Processare le compagnie anglo-americane per avere esercitato in maniera monopolistica il controllo dei bacini mediorientali e di averne ricavato superprofitti è stato legittimo per i paesi produttori, i quali oltre ai profitti rivendicavano da tempo l’estirpazione del retaggio coloniale. Oggettivamente però questa grossa macchina industriale è stata posta in essere dal mondo occidentale senza la cui imprenditorialità e ingegneria forse non ci si sarebbe aspettati che quelle immense distese desertiche custodivano cotanta ricchezza che avrebbe garantito nel tempo a conferire ai paesi produttori un’immagine diversa sulla scena internazionale.

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