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25 (1402) QUIETANZE DI PAGAMENTO PENSION

1 Carte riguardanti S Maria del Piano

25 (1402) QUIETANZE DI PAGAMENTO PENSION

1299 ottobre 21, Corinaldo, davanti alla casa del sottoscritto Chyssimo. Dom Luca, sindaco dell’eremo, come risulta da un documento di Alevuzio Bla- gepti notaio di Pergola, riceve da Chyssimo, che una volta era di Firenze, ventidue denari ravennati e anconetani a titolo di pensione dei prossimi dieci anni e per l’anno presente, relativa ad un contratto di enfiteusi su due pezze di terra situate nel fundus di Santa Maria del Piano nella corte di Corinaldo. Quindi riceve dallo stesso Chyssi- mo tredici denari ravennati e anconetani per tredici anni di pensione - cioè per due anni passati, per dieci futuri e per l’anno corrente - attinenti a un contratto di enfi- teusi su una pezza di terra ubicata in fundo Montis Aldani. I confini sono: (prima delle due pezze di terra): I e II, il detto Chyssimo; III, gli eredi di Venutolo Bartoli e gli eredi di Pellegrino Armanni; IV, via; (seconda delle due pezze): I e II, vie pubbliche; III e IV, la chiesa di S. Maria del Piano sopradetta; (della terza pezza): I, via; II, via e Pietro di Lorenzo; III, la Chiesa di S. Croce; IV, questa chiesa e Pietro di Lorenzo. Le suddette pensioni debbono essere versate annualmente nella festa di Maria di agosto.

Il notaio è Meliuzio Grazioli; testimoni don Nicola Contuzi, Bonagura di Urbino e Muzolo di Ugolinuccio.

26 - (1411) PAGAMENTO DI DEcIMA 1299, diocesi di Senigallia

I sapientes et discreti viri, dom Franco abate del monastero di S. Gaudenzio e dom Giacomo Savio canonico senigalliese, avendo giurato sui santi Evangeli di Dio di aver eseguito senza frode una stima di frutti, redditi e proventi, ricevono per la decima del signor papa riscossa nella diocesi senigalliese, nel secondo termine (come seconda rata) dell’anno secondo, sette libre da dom Giovanni rettore di S. Maria del Piano per i possessi che il monastero di S. Croce di Fonte Avellana ha nella diocesi di Senigallia spettanti alla camera di detto monastero. Inoltre dom Giovanni versa cento soldi per S. Maria del Piano, e tre libbre, dieci soldi e sei de- nari per la chiesa di S. Maria del Mercato. Dom Meliorato, canonico di S. Maria del Piano, versa cinquanta soldi.

Il notaio è Tomassino di Montanello da Imola.

Per la prima volta appare qui un “canonico di S. Maria del Piano”. Dunque doveva essere stato istituito un collegio di canonici, non monaci né necessaria- mente sacerdoti ma di sicuro in Ordini minori, che non facevano vita in comune ma potevano anche legarsi a una Regola classica come quella di S. Agostino, e comunque tenevano il “coro” ossia la recita delle Ore (come i monaci nella chiesa del cenobio) e partecipavano in abito da cerimonia alle Funzioni liturgiche pubbli- che e perciò godevano di un appannaggio (prebenda) desunto dai beni della chiesa stessa (anche il Petrarca nel ‘300 era canonico altrove). Dunque S. Maria del Pia- no non devolveva tutti i suoi beni originari a Fonte Avellana, ma ne conservava di propri, almeno nel senso che parte dei redditi, oltre alla elemosina verso i poveri del posto, serviva al mantenimento dei monaci, conversi e oblati lì “in missione” e all’appannaggio dei canonici. Non ci risulta che altre chiese avellanensi in ter- ritorio corinaldese avessero canonici, almeno nel periodo storico di cui abbiamo pubblicate le Carte.

27 - (1673) cONTRATTO DI cOTTIMO

1310 gennaio 25, in comitatu Senegalie,nella loggia della balìa (S. Maria del Piano).

Il reverendo signore dom Giacomo, priore dell’eremo (di Fonte Avellana) ha dato a cottimo per sei anni a dom Paolo, converso di detto eremo e abate della chiesa di S. Maria del Piano della diocesi di Senigallia, per la terza parte, e a Bul- lone Leonardi di Corinaldo, per il resto, tutte le terre, vigne, selve, pascoli, boschi, e ogni altro possesso coltivato o incolto pertinente alla balìa Santa Maria del Piano

nonché gli edifici e i beni della stessa chiesa con i suoi frutti, introiti, proventi, redditi, e quant’altro le perviene con tutte le suppellettili, masserizie e altro della chiesa e delle case. I cottimatores promettono di salvaguardare l’integrità dei beni dell’eremo, di non tagliare gli alberi da frutta e di consegnare presso la balìa al priore o al nunzio del sopradetto eremo ogni anno nei mesi di agosto e settembre centodieci salme di buon grano senza tigna, dieci salme di fave secondo la misura di Corinaldo, quaranta salme di vino puro e del migliore che hanno ottenuto dalle suddette vigne e una salma di olio quanta ne possono portare i muli; di pagare inoltre le procure al legato e i tributi ai nunzii, di mettere a disposizione del priore e della sua familia durante le loro visite muli e mularii, coprire eventuali spese, secondo le proprie possibilità, e di fornire vitto, vestito, scarpe, camicie e altro necessario ai presbiteri e scolari che il priore inviasse nella suddetta chiesa, di provvedere a costruire vicino alla chiesa, nell’arco di tre anni, una casa murata di buoni mattoni, ben cotti, “cum sabione soffrenata”, dentro e fuori, di buona calci- na, lunga da muro a muro settanta piedi (= m. 23,5), larga, similmente da muro a muro, venti piedi (= m. 6,70), muro alto da terra, con buon fondamento, dodici piedi (=m. 4) di almeno cinque teste, e di fare in detta casa, dalla parte inferiore vicina alla chiesa, una camera con un solaio lunga venti piedi e larga venti piedi, murata tutt’attorno fino al tetto, un muro alto dal solaio fino al tetto di dodici piedi... e fare il tetto a tale casa e a tale camera e la scala e le porte di buon legno e il solaio di travi e assi buoni, coperti di coppi ben cotti, e dividere detta casa in tre parti, per un granaio, una sala, e una stalla..., tra la sala e la stalla una “fratta” (divisorio) di canne ben intonacata di creta. Dopo sei anni, i beni e i terreni, per metà seminati, torneranno in proprietà all’eremo.

Notaio Corraduzio Bongiovanni; testimoni dom Pietro priore claustrale dell’eremo, dom Filippo cappellano del signor priore, Genteluzio Recevuti di Iesi e Zuzio Tinti di Sassoferrato.

Questo documento potrebbe sorprendere: non è un fatto insolito e strano che siano stati dati a cottimo tutti i beni (le terre, principalmente) di S. Maria del Piano per sei anni? Non erano mica giaciute per duecento anni abbandonate! È vero che c’è di mezzo la costruzione di una casa, che stando alla descrizione che se ne fa, potrebbe essere alquanto dispendiosa. Ma impegnare tutte le terre...! Biso- gna pensare che si tratti delle terre che erano già riservate al personale monastico e all’officiatura della chiesa, condotte dagli stessi monaci, conversi e servi e con l’opera di corvé dei fittavoli del grosso della tenuta agraria; non certo di tutti gli al- tri terreni già regolarmente affittati, perfino in enfiteusi, la deroga ai quali contratti

sarebbe costata molto dando luogo a controversie assai lontane dallo spirito socia- le avellanita. Era necessario che i diritti concessi alle plebi rurali e le speranze in esse accese e il tenore di vita conseguìto non fossero minimamente scalfiti, nem- meno se si rendeva utile oramai di far costruire una casa accanto alla chiesa. Era anche opportuno procurarsi, nonostante il cottimo o al suo interno, una annuale discreta quantità di prodotti e una accoglienza decorosa per le visite ufficiali dei rappresentanti della chiesa-madre, ossia dell’eremo (e non dobbiamo trascurare l’annuncio di presenza di studenti religiosi!). Per questo, appunto, entra nel cotti- mo l’abate di S. Maria del Piano, come partecipe per un terzo. La costruzione della casa richiedeva l’opera qualificata di mastri muratori, e questa deve essere stata assicurata da quel Bullone corinaldese, il quale è pagato con due terzi dei redditi, e sorvegliato (non si fà solo per dire) dall’altro cottimatore che è, appunto, l’abate di S. Maria del Piano. L’opera non è dunque tutta in mano a terzi, e il tempo che si impiega a costruirla, e il costo suo, e l’esborso (in reddito della terra e delle case) da parte di Fonte Avellana sono tutti sotto il controllo dei monaci stessi.

Si ha motivo di ritenere che la casa da costruire entro il 1313 sia quella che ora è addossata alla Chiesa per tutta la sua lunghezza, e ricerche di archeologia dell’architettura potrebbero dirci con maggiorer precisione e certezza se è strut- turalmente l’originaria o se e quali cambiamenti abbia subìto. Sapere intanto che allora se ne aveva il progetto e si erano disposte le condizioni all’effetto è già sa- perne molto.

Termina qui la documentazione concernente S. Maria del Piano quale “ob- bedienza” di Fonte Avellana finora pubblicata con le Carte fino al 1325. Altre Carte sono state sopra nominate in cui si dichiara il ruolo di luogotenenza di questa chie- sa in tutto il territorio corinaldese e che ci portano fino al 1315. È vero però che gli atti di donazione e di rinnovo delle enfiteusi rogati a Madonna del Piano si riducono via via di numero proporzionalmente rispetto a quelli di S. Maria di Cervignano o di S. Eleuterio (per restare nell’ambito del Corinaldese) o rispetto a Frattula (con la quale il paragone è assai pertinente, benché questa sia entrata prima nell’orbita di Fonte Avellana). Ciò dipende dal fatto che nella sua corte il passaggio di beni priva- ti alla abbazia locale o a quella del Catria aveva già raggiunto il massimo possibile sul finire del sec. XIII. La crescita di altre chiese (vogliamo dire del loro patrimonio) nel contado corinaldese non ha tolto mai a Madonna del Piano né il ruolo di vicarìa per Fonte Avellana né quello di epicentro e di baricentro del sistema ecclesiastico esterno al “castro o burgo Corinalti”. Che dal 1283 la stragrande maggioranza degli atti notarili a riguardo delle proprietà avellanesi venga rogata ante domum

oppure in trasenna S. Marie de Mercato de burgo Corinalti dipende dalla posizione più centrale e accessibile di questa chiesa, mentre prima che fosse costruita la domus, ossia quando era solo oratorium ecclesie S. Marie monacorum positum in Mercatali, gli atti erano assai pochi. Come già detto, chi decide per Fonte Avellana, fosse anche in S. Maria del Foro, è il sindaco del grande Monastero, e costui è nor- malmente l’abate o rettore della Madonna del Piano.