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pubblicistico della concorrenza. – 3.2 Ragioni alla base delle scelte sovranazionali. – 3.3 Fonti sovranazionali. – 3.3.1 Unione Europea: Azione Comune 1998/742/GAI e 2003/568/GAI- 3.3.2 Consiglio d’Europa: Convenzione di diritto penale. – 3.3.3 ONU: Convenzione di Mérida. – 3.4La concorrenza e l’ordinamento italiano– 3.4.1 Concorrenza e Costituzione. – 3.4.2 Polisemia della concorrenza. – 3.4.3 Concorrenza come bene finale sovraindividuale.

3.1 Raffronto tra i vari modelli 3.1.1 Modello lealistico

Il modello lealistico utilizzato in Francia, nella declinazione giuslavorista, trova la sua ratio essendi nella tutela dei rapporti di buona fede e lealtà che un dipendente deve nei confronti del proprio principale. Il comportamento leale tutelato è costituito dalla coincidenza tra l’agire del subordinato e il miglior interesse del principale. Il disvalore della condotta corruttiva si rintraccia nella «breach or inducing a breach of the duty of good

faith and loyalty an agent owes to the principal»176 .

La corruzione privata diviene un atto di slealtà dell’agente nei confronti del principale, in altre parole: con la corruzione del dipendente si consuma un «tradimento» nei confronti del datore di lavoro177. Il rischio sotteso al modello è la trasformazione della corruzione privata in fatti di immoralismo con la punizione dell’atteggiamento infedele tenuto dal dipendente nel discostarsi dalla volontà del principale. Il modello ha due accezioni: soggettiva e oggettiva. La prima concepisce la fedeltà del dipendente come adesione morale alla causa del principale: «un agente è

176 Report n°256 §5.4 Law Commission.

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fedele se il perseguimento del miglior interesse del principale costituisce ogni volta, la ragione decisiva per cui egli esercita i suoi poteri posizionali»178

L’accezione oggettiva prevede l’agire del dipendente nel miglior interesse del principale indipendentemente dalle ragioni che hanno animato la condotta179. Sia l’ordinamento inglese -prima del Bribery Act- sia l’ordinamento francese, avevano accolto il concetto di infedeltà quale agire per «ragioni diverse» dal miglior interesse del principale, incriminando anche la corruzione impropria.

Indipendentemente da quale significato si attribuisca alla nozione di infedeltà, il modello lealistico non sanziona la pattuizione del pactum sceleris in sé ma bensì la sua esecuzione. Nel momento in cui ha accettato o ricevuto la dazione illecita, il dipendente non ha compiuto nessun atto contro l’interesse del principale, e non è sicura una sua esecuzione nel futuro. In altre parole, il modello lealistico non tiene conto della c.d. «riserva mentale» del corrotto: si punisce il solo fatto di aver agito assecondando un interesse differente da quello del principale180.

Il disvalore del fatto è incentrato sull’atteggiamento morale del soggetto: si puniscono le ragioni alla base dell’eventuale condotta infedele successiva181. È il caso della corruzione impropria del dipendente che, successivamente al patto illecito esegua un atto che in realtà avrebbe voluto già realizzare perché rientrante nei doveri-poteri inerenti alla propria posizione.

L’incriminazione in esame paga un eccesso di paternalismo: l’oggetto giuridico non pare essere meritevole di tutela penale, specialmente se quest’ultima viene arretrata al pericolo astratto. Il modello lealistico pare essere un «paravento concettuale dietro cui si nascondono gli interessi

economico-patrimoniali del principale»182; in ottica di ragionevolezza

178 A. SPENA, Punire la corruzione...op.cit., p. 820 179 A. SPENA, ibidem., cit., p.821.

180 J. VOGEL, La tutela penale… op.cit. p.84; A. SPENA, ibidem. p.823-8.24. 181 A. SPENA, Punire la corruzione…op.cit.…cit., p.820 e ss.

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dell’intervento penale, ammettere la tutela della buona fede e correttezza imporrebbe la protezione di tutti rapporti sinallagmatici caratterizzati dai medesimi doveri.

La tutela è incentrata su interessi tutti interni all’impresa. In coerenza con il bene giuridico protetto, dovrebbe essere punibile solamente il corrotto e non il corruttore poiché quest’ultimo è del tutto estraneo al rapporto di lavoro tra il dipendente e il principale. Il modello giuslavoristico non coglie nel segno, configurando una tutela insoddisfacente, confermata dalla scarsissima applicazione pratica che tale modello ha avuto nell’ordinamento francese.183

3.1.2 Modello patrimonialistico

Considerazioni simili valgono per il modello adottato dall’esperienza austriaca e dall’ordinamento italiano dal 2002 fino al 2017184: anche in questo caso la tutela è interamente incentrata su interessi privatistici.

Il disvalore è il pregiudizio patrimoniale che può derivare al patrimonio del principale dall’atto antidoveroso in esecuzione del patto illecito. La tutela apprestata è concepita come delitto ostacolo rispetto ad altri fatti di «infedeltà patrimoniale», così come avviene nell’esperienza austriaca tra il delitto di corruzione privata e le condotte di Untreue. Viene punita la condotta che solo in via presuntiva potrebbe ledere il patrimonio sociale: una scelta opinabile poiché l’oggetto giuridico non possiede il rango di bene primario che consentirebbe l’arretramento della tutela fino alle forme del pericolo astratto185.

La concezione della corruzione privata come danno al patrimonio del principale basa la punizione su uno schema di doppia progressione del rischio. Il punto di partenza è il pactum sceleris concluso il quale si palesa il primo fattore di rischio, dato dal fatto che l’agente corrotto potrebbe concretizzare

183 E.LA ROSA, La corruzione privata… op.cit. p.71-72. V. supra Cap. 2 par. 1 184 v. infra Cap.4.

185Il patrimonio come bene giuridico «nella scala dei valori non sembra consentire una sua

protezione fino alla categoria del pericolo presunto» così SEMINARA, Intervento…op. cit.,

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ciò che ha promesso attraverso il compimento o l’omissione di un atto. Il secondo fattore di pericolo si realizza qualora sia eseguito l’atto antidoveroso poiché l’atto in violazione dei doveri d’ufficio può tradursi in un danno patrimoniale a carico degli interessi del principale186.

L’unico modo per giustificare questo schema punitivo è quello di incentrare il disvalore del pactum sceleris sul tentativo di danno, in quanto il corrotto e il corruttore si accordano al fine di danneggiare il patrimonio del principale. Tuttavia, la risposta punitiva rimane del tutto ingiustificata poiché il rango del bene giuridico non può giustificare la punizione di un mero accordo. L’impraticabilità della punizione risulta ancora più evidente se si fa riferimento all’impossibilità di punire l’accordo volto a ledere la vita altrui187.

3.1.3 Modello unitario

Questo modello pare essere maggiormente idoneo alla efficace repressione dei fatti di corruzione. Il pregio di tale paradigma risiede nello strutturare la fattispecie in maniera semplice ed efficace, polarizzando il disvalore solamente sulla condotta corruttiva, senza richiedere ulteriori proiezioni offensive su altri beni giuridici.

Tuttavia, la mancata distinzione tra corruzione pubblica e privata fa emergere un’eccessiva semplificazione: pur essendo la condotta corruttiva eguale nelle due tipologie di corruzione, la corruzione privata può assumere forme del tutto cangianti, con proiezioni lesive che incidono su svariati beni. A titolo di esempio si pensi alle ipotesi di comparaggio188: qui la tutela, oltre che la concorrenza e il corretto andamento del mercato dei farmaci, ricomprende anche la salute del cittadino.

Solo un’attenta valutazione dei beni giuridici di volta in volta colpiti dai fatti di corruzione permette, dunque, di soppesare l’opportunità punitiva, permettendo di seguire una politica criminale attenta e mirata. La mancanza

186 A. SPENA, Punire la corruzione…op.cit., p. 816.

187 A SPENA, ibidem, p.818 v. riferimento nt.22 per il raffronto con disciplina della

corruzione pubblica.

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di precisione incide sulla general prevenzione: la tipizzazione puntuale delle condotte è fondamentale per orientare il comportamento dei consociati189.

A conferma della vaghezza del modello, l’esperienza inglese ha avvertito l’esigenza di un objective test volto ad arginare la discrezionalità ermeneutica della giurisprudenza nel ricostruire l’improper performance: elemento che continua ad essere difficilmente determinabile, con la conseguente difficoltà di perimetrare la stessa fattispecie190. La definizione di tangente è eccessivamente generica e non specifica in cosa possano consistere i vantaggi conseguiti dal corruttore 191.

In conclusione, il modello unitario presenta una forte anticipazione della tutela penale, che può essere giustificata solamente per l’ipotesi di corruzione pubblica in ragione del bene giuridico protetto; i fatti di corruzione privata non sembrano, invece, legittimare un arretramento punitivo così accentuato.

3.1.4 Modello della concorrenza

Questo modello rappresenta la risposta punitiva più efficace in quanto riesce a cogliere il referente valoriale ultimo su cui incidono le condotte di corruzione privata non facendo ricorso a beni intermedi o strumentali.

L’ordinamento tedesco ha accolto la concezione macroeconomica della concorrenza: il referente valoriale è l’interesse generale al corretto funzionamento del mercato secondo le regole della leale concorrenza. La protezione del mercato permette di strutturare una macro-tutela che in via indiretta protegge tutti i soggetti partecipanti alla competizione economica192. Seppure il singolo atto corruttivo è di per sé inidoneo a produrre un danno macroeconomico sulla concorrenza, ciò che rileva è la sua capacità di

189 P. T. PERSIO, Il reato di corruzione… op.cit., p.4260. 190 M. LAVACCHINI, La lotta alla corruzione… op. cit., p .10.

191 Sul tema della corporate hospitality, amplius V. MONGILLO, La corruzione…op. cit,

426 e ss.

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ripetizione e sistematicità che giustifica la repressione anticipata nelle forme del pericolo astratto193.

Diversamente, la concezione microeconomica adottata dalla Spagna attribuisce alla concorrenza il ruolo di bene strumentale. L’art. 286-bis

Codigo penal fa esplicito riferimento alla tutela dei concorrenti del corruttore

e in maniera indiretta ricomprende anche i consumatori come danneggiati dalla condotta. La declinazione microeconomica concepisce la concorrenza come bene giuridico funzionale alla protezione degli interessi patrimoniali delle imprese concorrenti e dei consumatori194.

Tuttavia, vi è il rischio che una tutela siffatta riproponga sotto mentite spoglie il modello patrimonialistico o lealistico195; è preferibile, dunque, concepire la tutela nelle forme del modello concorrenziale macroeconomico. Alcuni hanno aspramente criticato questo modello, ritenendo che il bene giuridico sia vago e tendenzialmente indeterminato e perciò non pienamente in linea con i tradizionali canoni del diritto penale196.