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3. Implicazioni politiche del CJK FTA

3.2 Relazioni con gli Stati Uniti

3.2.1 Rapporti Cina-U.S

Le relazioni sino-americane invece sono caratterizzate da un forte dualismo. I due Paesi hanno raggiunto una grande interdipendenza in campo economico, per cui sono indispensabili l’uno all’altro, tuttavia nell’arena dell’Asia Pacifico, gli Stati Uniti stanno attuando strategie di contenimento della crescita economica e militare cinese, sfruttando la diffusa preoccupazione dei Paesi asiatici vicini per la recente assertività di Pechino. In una intervista, l’ambasciatrice Fu Ying18, portavoce del Assemblea Nazionale Popolare (ANP) e membro del Comitato Permanente afferma che, nonostante gli atti di hard power da parte cinese attirino più attenzione in ambito internazionale, il soft power è radicato profondamente nella cultura e nella storia del Paese, e ora è alimentato dal maggiore benessere sociale 19.

Come già affrontato nel primo capitolo, la Cina ha dichiarato di perseguire una politica di “coesistenza pacifica” che comprende cinque principi di cui mutuo rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale, mutua non-aggressione, non-interferenza negli affari interni degli altri Paesi , uguaglianza, mutuo beneficio e coesistenza pacifica. Ufficialmente la Cina non punta assolutamente all’egemonia in Asia perché il termine implicherebbe sopraffazione, ma persegue i propri interessi a patto di non compromettere quelli dei vicini, e attraverso il suo soft power nella regione e oltre, favorisce la creazione di un ambiente pacifico e cooperativo, adatto allo sviluppo e alla crescita. Alla domanda sui rapporti con gli Stati Uniti, la portavoce spiega che il governo cinese crede alle rassicurazioni ufficiali americane, che negano l’esistenza di una strategia per il contenimento della Cina e sottolinea l’elevata cooperazione raggiunta in campo economico per cui è necessario mantenere anche in futuro un ambiente stabile e prospero, e reciproca fiducia. Il presidente Xi Jinping sostiene che l’Oceano Pacifico sia abbastanza vasto da contenere sia Cina che Stati Uniti, per cui la Cina non riconosce la competizione per la leadership, ma solo la necessità di una

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FU Ying, “Chinese Drean and Asian Security”, China-US Focus Digest, vol.1, aprile 2014, pp.7-11.

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“Nell’ambito delle relazioni tra due o più Paesi, una potenza che aspira ad assumere la leadership può utilizzare strategie di “hard power”, inteso come potere forte, che fa leva su argomentazioni altamente persuasive o “soft power” cioè potere, influenza sottile e penetrante, che fa leva su argomentazioni di carattere ideale o su una capacità di suggestione” Enciclopedia Treccani ,

coesistenza pacifica e una collaborazione che vada oltre le differenze e le preoccupazione.

Nonostante questi termini concilianti, molti studiosi si interrogano sulla prossimità di una scontro tra Cina e Stati Uniti, secondo il meccanismo della trappola di Tucidide per cui l’ascesa di una grande potenza è solitamente accompagnata da una guerra mortale contro la potenza in carica. Le condizioni della nostra epoca offrono la possibilità che una modifica degli equilibri avvenga in modo pacifico grazie alla globalizzazione e interdipendenza dei Paesi e al declino dell’efficacia dello scontro armato come mezzo di risoluzione dei problemi. Secondo l’ex sottosegretario della difesa per gli affari di sicurezza internazionale americano e studioso Joseph Nye, la crescita di potere contemporanea deve essere vista da una prospettiva di “somma positiva” , piuttosto che “ a somma zero”, e potrebbero esserci casi in cui la crescita della Cina sia positiva per gli Stati Uniti 20.

La Cina sembra voler evitare lo scontro con gli Stati Uniti, essendo già occupata a mantenere un alto tasso di crescita economica e una forte leadership politica, i quali necessitano di stabilità in ambito nazionale, mentre le principali preoccupazioni di politica estera ricadono sui vicini Paesi asiatici in cui questioni di sicurezza e sovranità si uniscono a temi di importanza economica. Nonostante la Cina sia attiva in Asia in commercio e investimenti, collegamenti logistici, reti energetiche, in una attenta diplomazia, e nell’accrescere le capacità militari, il suo modo di fare e la sua strategia assertiva vengono percepiti negativamente e le alienano l’appoggio dei governi vicini, favorendo la leadership regionale americana.

Inoltre un leader regionale deve affrontare costi e rischi per fornire beni comuni in vista dello sviluppo e la sicurezza regionale e la Cina non sembra disposta a sobbarcarsi questi oneri se non nel caso di possibili vantaggi personali. Nonostante Pechino cerchi di promuovere un’immagine positiva e benevola di sé, le relazioni con gli altri Paesi non sono così distese come ci si aspetterebbe. A parte il caso del Giappone, restano tesi i rapporti con l’India, con la Russia a causa della Crimea, con i Paesi del sud-est asiatico per le dispute nel Mar Cinese Meridionale, con la Corea del Sud per la gestione della minaccia nordcoreana, con Taiwan nonostante un lieve riavvicinamento, e allo stesso tempo sale la preoccupazione per l’aumento della spesa militare .Gli Stati Uniti in

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Guangqian, PENG, “Can China and the US trascend Thucydides’s trap? ”, China-US Focus Digest, vol.1, aprile 2014, pp 18-19.

questo contesto di instabilità, vengono ancora visti come garanti della sicurezza, partner economici fondamentali soprattutto come mercato di sbocco e il coinvolgimento americano in Asia è ben visto dai Paesi asiatici sia sotto forma di contingenti militari, organizzazioni di security e intelligence ma anche come scambi d’affari, religione, educazione o media 21.

Come già accennato, gli Stati Uniti hanno messo in atto una strategia “constrainment” che consiste in una forma modificata di contenimento. Non c’è mai un confronto diretto ma un insieme di azioni collettive, con alle spalle la potenza militare americana, che si fondono per fare pressioni sulla Cina perchè moderi il proprio approccio su determinate questioni. Nella pratica si cerca di integrare Pechino nel sistema internazionale e nei meccanismi multilaterali per evitare che faccia pressioni sui Paesi minori della regione in un confronto bilaterale. Gli Stati Uniti si presentano come facilitatori delle iniziative di pace, il bilanciere, mentre gli Stati asiatici spinti dalla preoccupazione per la crescenti capacità militari cinesi e i suoi atti provocatori nel Mar cinese, assumono un ruolo di supporto. Tuttavia mentre in una prima fase si pensava che la diplomazia fosse la chiave per influenzare l’atteggiamento cinese, non vendendo alcun risultato, se non ulteriori atti di sfida e dimostrazioni di forza, Washington ha deciso di avviare la strategia del “Pivot to Asia” cioè il bilanciamento dell’attenzione, sforzi e risorse americane per incontrare le sfide e cogliere la opportunità in Asia orientale. Il graduale dispiegamento degli assetti navali e aerei americani nella regione dimostrano quanto gli interessi economici e di sicurezza americani siano ormai legati alla crescita e al dinamismo della regione 22.