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Rapporto uomo-animal

Il mutamento che oggi l'ecologia impone, sul piano globale, contro la forte tendenza antropocentrica, comporta un totale ripensamento della nozione di natura, natura che viene oggi guardata nella sua totalità. Ciò implica ed ha implicato inevitabilmente lo sviluppo di questioni che rientrano nel campo di una terza materia: la bioetica. “Si entra nella sfera della dimensione d'una «morale» insieme teorica, progettuale, comportamentale. Una «morale» da applicare rispetto ai rapporti con specie che vengono riconosciute come «esseri senzienti capaci di soffrire»”42.

La radice di un cambiamento morale, o comunque di un percorso intrapreso verso questo cambiamento, è da ricercarsi all'intero di un particolare movimento culturale, il movimento di liberazione animale. Già dall'ottocento era iniziata una discussione nel merito dei diritti degli animali, ma questa discussione ha assunto solo negli ultimi trent'anni un significato ed una portata maggiore. Il movimento di liberazione animale, o di protezione animale, ha mosso forti critiche verso la sperimentazione scientifica e l'allevamento industriale.

41 Ivi, p. 399. 42 Ivi, p. 79.

“Il fenomeno più scabroso e compromettente sul piano morale – per Lanternari – comunque è dato dalle moderne pratiche di allevamento industrializzato, ormai il più diffuso ovunque. I problemi insorti dalla nuova moderna «industria – per così dire – di animali da carne» – cioè vere macchine per produzione di carne» – si riflettono sul piano più ampio dei rapporti interspecifici relativamente alla filosofia della cosiddetta «giustizia interspecifica», sulla quale si ferma il filosofo De Veer. Egli infatti discute sul problema se sia accettabile e «giusto» il criterio di allevare animali «soltanto per macellazione». De Veer condanna con puntuali argomentazioni l'intero assetto delle procedure di allevamento applicate, specialmente se pensiamo che generalmente si tratta di specie allevate – bovini, suini, ecc. - relativamente aperte alla intercomunicazione intraspecifica ed interspecifica con l'uomo, e ad una sensibile percezione cognitiva ed emotiva della realtà.”43 Le differenze dell'allevamento industriale rispetto alle tradizionali

tecniche di allevamento sono infatti enormi: le stalle, o i pollai, sono costituiti da gabbie minuscole e sovraffollate; il pascolo è inesistente o addirittura assente; le derrate usate per sfamare gli allevamenti contengono inoltre spesso e volentieri tracce di origine animale, tracce che oggi ad esempio sappiamo essere state la causa del morbo della mucca pazza. Il più bieco antropocentrismo ha colpito anche questo settore.

In risposta a tutte queste aberrazioni è nato, come si è detto, un dibattito internazionale sui diritti degli animali. La capacità di simpatizzazione degli animali era stata affermata per la prima volta nel XVII secolo dal filosofo inglese David Hume “che, nel Trattato sulla natura umana (1739-1740), dedica una 43 Ivi, p. 85.

sezione, intitolata La ragione degli animali, al tema del confronto morale fra uomo e animali superiori”44. L'idea della superiorità etica dell'uomo rispetto agli

animali, per la prima volta messa in discussione da Hume, è stata ampliata negli ultimi decenni attraverso contributi di diversi studiosi del calibro di Annette C. Baier e Peter Singer. Se per la Baier la natura umana può essere vista come un particolare caso della natura animale, è grazie a Singer, pioniere del movimento bioetico interspecifico, che lo specismo, motivazione sottintesa dell'allevamento industriale, viene definito una sorta di razzismo a livello ideologico. La filosofia di Singer, che è a tutti gli effetti interspecista, tende a trovare componenti caratteriali ed ontologiche delle specie animali, che sono per lo scienziato capaci di rivelare omologie e parallelismo di ordine etico-comportamentale con l'uomo. È proprio da questa base teorica che globalmente si inizia a parlare dei diritti degli animali. Vi sono due correnti opposte in merito alla preservazione della vita animale: la prima, rappresentata dallo studioso Bernard E. Rollin, pone il diritto alla vita degli animali come assoluto, in ogni caso; la seconda, rappresentata dalle idee di James Rachel, distingue realisticamente, come animali che hanno diritto alla preservazione solo quelli che posseggono una vita in senso biografico.

Risulta evidente come dal discorso sui diritti degli animali derivi una serie di obblighi comportamentali che sono stati largamente in uso tra gli attivisti del movimento animalista e che oggi sono molto in voga: sto parlando della norma del vegetarianesimo, che va inserito quindi anch'esso nella questione dei pari diritti tra uomo e animali. “Il vegetarianismo è un modello di tabù alimentare di 44 Ivi, p. 89.

antichissima origine nel mondo, tra gradi ed antiche civiltà religiose asiatiche (Induismo e Buddhismo) o sette religiose di epoca classica: il Pitagorismo. Ed in tutti i casi il tabù alimentare, è stato collegato a determinate dottrine religiose che vietano tale consumo. Oggi in Occidente il tabù alimentare di carne animale è implicitamente legato al divieto di ucciderne sia con la caccia sia con la macellazione dopo l'allevamento.”45 A mio avviso le correnti contemporanee del

vegetarianesimo, che sicuramente ripetono il significato morale contenuto nelle prime forme religiose, mantengono comunque all'interno una certa componente etica, o meglio etico-fideistica, per cui il carattere religioso contenuto un tempo nei vari tabù alimentari è presente, anche se in maniera implicita, in molte delle correnti attuali.

A prescindere da questa personale riflessione, risulta comunque evidente come il problema dei diritti degli animali debba essere incluso nell'ecologia. Se l'esame critico delle trasformazioni indotte dall'uomo e prodotte dagli interessi di mercato richiede una organizzazione globale per risolvere le questioni legate al rapporto tra uomo e natura, è chiaro che serve la stessa cosa nel riguardo alle questioni tra uomo e animali. I rapporti tra morale bioeticista e applicazione delle norme, tra globalismo e localismo, contengono al loro interno molte ambiguità, che derivano ancora una volta dallo sbilanciamento del rapporto tra ecocentrismo ed antropocentrismo: se da un lato l'industria delle pellicce, per non rovinare la materia prima, ha portato a cercare nuovi, barbari modi di uccidere, dall'altro il totale divieto di cui si è già parlato della caccia alle balene danneggia in modo irreparabile la comunità inuit che da essa dipende.

Una interessante soluzione, alternativa al vegetarianesimo ma aperta verso i diritti degli animali, si può trovare a mio avviso nel movimento italiano Terra Madre, collegato all'associazione dello Slow Food, che a dispetto delle possibili critiche che gli si può muovere, ha avuto ed ha tutt'oggi il merito di aver contribuito ad un cambiamento culturale esterno al vegetarianesimo nei confronti non solo dei diritti degli animali, attraverso la critica totale verso l'allevamento industrializzato, ma anche nei confronti della necessaria preservazione della biodiversità.