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Dalla rappresentanza della Nazione alle teorie stataliste in Germania e Italia.

1.3. L’evoluzione storica del concetto di rappresentanza 1 La rappresentanza nell’antichità classica.

1.3.5. Dalla rappresentanza della Nazione alle teorie stataliste in Germania e Italia.

Il principio della rappresentanza nazionale di matrice francese – fondato sulla sovranità della Nazione ed elevato a “pilastro” della rappresentanza politica liberale, in uno con il principio del libero mandato – sarà sviluppato dalla dottrina tedesca ottocentesca – seguita, successivamente, anche dalla dottrina

con una responsabilità – politica – effettiva del rappresentante nei confronti del popolo, un’idea questa che risaliva allo stesso principio di sovranità popolare e che – al di là della breve parentesi giacobina – tornerà ad essere presente nel panorama politico-istituzionale soltanto nelle Costituzioni della seconda parte del XX secolo. Sul punto si rinvia a L. CARLASSARE, Rappresentanza e responsabilità politica, op. cit., p. 38 ss.

144 Cfr. E. C

ROSA, Miti e realtà costituzionali. Sovranità del popolo, sovranità dello Stato, in Studi in onore di Giuseppe Menotti De Francesco, Milano, 1957, Vol. II, p. 316: “L’affermazione dei diritti del popolo, la proclamazione della sovranità del popolo, l’asserita dittatura del popolo, costituiscono gli esempi più chiari del mito più favoloso e più irreale se ad essi non corrisponda un ordinamento preciso che stabilisca la posizione e i diritti di ogni singola persona”.

145 L’espansionismo imperiale francese e la sua centralità nel dibattito politico del XVIII

secolo, infatti, farà sì che i valori della rivoluzione – ma anche le categorie giuridiche elaborate dal costituzionalismo francese – saranno conosciuti e studiati in tutta Europa, fornendo le basi teoriche fondamentali – insieme al modello inglese ed americano – della prima fase del moderno costituzionalismo.

146 Sul rapporto tra le varie costituzioni alternatesi nella Francia rivoluzionaria e sull’apporto

fornito al costituzionalismo europeo cfr. A. SAITTA, Costituenti e costituzioni della Francia rivoluzionaria e liberale, Milano, 1975, p. 250 ss.

italiana 147 – nella declinazione alternativa della c.d. teoria della sovranità dello

Stato 148.

In particolare, secondo tale ricostruzione teorica, ad essere titolare della sovranità – e, pertanto, oggetto del rapporto rappresentativo – non è più la Nazione 149, bensì la comunità ordinata a Stato.

Quest’ultimo – come già successo per il concetto di Nazione – non corrisponde al concetto fisico di “sommatoria” dei singoli, bensì si riferisce all’intera comunità politica-ideale – intesa nel suo complesso – che agisce attraverso lo Stato-apparato 150.

E infatti, l’unico modo in cui il “popolo” potrebbe concretamente esprimere la propria volontà ed “agire” – come un unico corpo unitario – sarebbe, appunto, attraverso lo strumento dello Stato-persona – inteso quale proiezione giuridico- istituzionale del popolo stesso – in quanto, ogni altra forma di espressione della volontà popolare esterna allo Stato rischierebbe di risolversi in particolarismi contrari alla volontà generale e inadatti ad esprimere e “rappresentare” la comunità nel suo complesso 151.

147 Si veda, in particolare, V.E. O

RLANDO, Del fondamento giuridico della rappresentanza politica, 1895, ora in Diritto pubblico generale, Scritti vari (1881-1940) Milano, 1954, p. 417 ss.

148 Sul punto cfr. G. L

EIBHOLZ, Die Repräsentation in der Demokratie, Berlino, 1973, trad. it. in La rappresentazione nella democrazia, a cura di S. FORTI, Milano, 1989.

149 Ma sulla riformulazione della teoria della sovranità nazionale alla luce degli sviluppi della

dottrina tedesca cfr. R.CARRÈ DE MALBERG, Contribution à la théorie générale de l’Etat, I,

1920, su cui cfr. P.GIORDANO, Carrè de Malberg: un “contributo” alla teoria della sovranità, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1989, n. 2, p. 435.

150 È presente, infatti, questa doppia caratterizzazione nel riferirsi al concetto di “Stato” che,

alle volte, “esprime un’idea dell’intera comunità politicamente organizzata nella sua unità dialettica di governanti e governati, di autorità e libertà, di Stato-società e in altre viene inteso solo come Governo, vale a dire come apparato che esercita la potestà di imperio, di Stato- governo” (così così G. MOSCHELLA, Rappresentanza politica e costituzionalismo, op. cit., p. 28).

151 Cfr. C.F.V

ON GERBER, Grundzuge des deutschen Staatsrechts, Dresda, 1880, trad it. a

In questo senso, la teoria della sovranità dello Stato costituirebbe la migliore sintesi teorica degli stessi concetti di “popolo” e di “Nazione”, in quanto è solo nello Stato che il popolo potrebbe essere propriamente inteso quale “unità giuridica” 152.

Ciò ha portato a concepire il popolo non più quale soggetto titolare di sovranità, bensì come mero “elemento costitutivo dello Stato” 153, e il concetto stesso di

“sovranità popolare” scomparirà dal panorama della giuspubblicistica ottocentesca 154 – se non per essere ricollegato apoditticamente ai concetti di

della sua vita collettiva. In esso un popolo giunge ad essere riconosciuto e a valere giuridicamente come un’unità etica totale. In esso un popolo ricerca, trovandoli, i mezzi più essenziali alla difesa e all’incremento dei suoi interessi collettivi. Esso è la forma giuridica della vita collettiva di un popolo e questa forma è uno dei tipi originari ed elementari di ordinamento etico dell’umanità. Se si considera il popolo, unito nello Stato, da un punto di vista naturale, si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un organismo, cioè ad un insieme di membri, ognuno dei quali concorre, con il suo ruolo particolare, al raggiungimento del suo scopo comune. Se si considera, però, dal punto di vista giuridico, lo Stato, si coglie innanzi tutto il fatto che in esso il popolo assurge, nel suo insieme, alla coscienza e alla capacità di volere richieste dal diritto; in altre parole, che in esso il popolo consegue la personalità giuridica”.

152 In questo senso, V.E. O

RLANDO, op. ult. cit., p. 112.

153 Sostiene la visione del popolo quale elemento costitutivo della persona statale – secondo la

declinazione organicistica – G. JELLINEK, La dottrina generale del diritto dello Stato, Milano, 1949, p. 153, il quale osserva come “Nello Stato con costituzione rappresentativa, il popolo, come elemento unitario dello Stato, è nello stesso tempo membro attivo dello Stato, organo collegiale dello Stato: o – per esprimerci ancor più esattamente – quella parte del popolo, alla quale, secondo la Costituzione, compete (...) l’esercizio di funzioni statali. Una parte di queste funzioni l'esercita il popolo stesso; l’altre, per mezzo di una deputazione, la quale, come organo del popolo, è nel contempo organo dello Stato stesso. Le rappresentanze popolari, adunque, sono organi secondari, cioè organi di un organo”.

154 Quanto meno nella formulazione rousseauiana della teoria della “sovranità popolare” come

governo diretto del popolo. Anche la dottrina francese, infatti – prima con Sieyés poi con Carré de Malberg – sottolineerà la differenza concettuale tra il “Popolo” – inteso come la comunità dei cittadini – e la “Nazione” – quale entità astratta – sostenendo un modello in grado di conciliare il superamento dei “vecchi dogmi della sovranità di diritto divino, evitando nello stesso tempo di consacrare la concezione della sovranità popolare come era stata definita da Rousseau” (così F. BONINI, Per una storia costituzionale della Francia contemporanea, in Quaderni costituzionali, 1987, n. 3, p. 621, riportato da G. MOSCHELLA, Rappresentanza

sovranità nazionale o statale – con “il vantaggio di eliminare il diretto

riferimento al popolo, suscettibile di essere pericolosamente interpretato non come astratto titolo di legittimazione, ma come concreta rivendicazione di intervento” 155.

Come è stato rilevato 156, la fortuna di tale impianto teorico nell’esperienza degli ordinamenti tedesco e italiano è dovuta, in parte, alle analogie storiche nel processo di formazione dello Stato nell’esperienza dell’unificazione italiana e nella nascita del “Secondo Reich” tedesco: un processo che nasce “dall’alto”, guidato dalle ragioni dell’unificazione nazionale e dal superamento delle divisioni politiche territoriali – e che i principali stati europei nazionali avevano già compiutamente realizzato nel corso del XV-XVI secolo, nel passaggio dal medioevo all’epoca moderna – a differenza dell’esperienza rivoluzionaria francese – ma anche della rivoluzione americana – in cui la trasformazione della forma di Stato ha origine “dal basso”, nei moti rivoluzionari popolari che, solo in un secondo momento, verranno tradotti nelle forme di un nuovo sistema politico e costituzionale.

Resta diversa da “sovranità nazionale” e, tuttavia, rimane l’impiego quale strumento utilizzato dalla classe egemone borghese per legittimare e conservare il proprio potere politico 157.