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I.2. L’ascesa del principio di precauzione nella società del rischio globalizzato

I.2.2. Il recepimento nel diritto comunitario

La Germania e con lei il manipolo di paesi membri che, come si è appena visto, avevano tenuto a battesimo le prime affermazioni del

precautionary principle sulla scena politica internazionale svolsero un

ruolo trainante allorché si trattò di negoziare i principi che, dopo l’Atto Unico e la conclusione del Trattato di Maastricht, avrebbero ispirato l’azione politico-normativa della nuova Unione Europea nel campo della tutela ambientale86.

Il Trattato Unico Europeo coronò questo impegno, collocando fra i fondamenti della politica ambientale comunitaria ciò che il secondo comma del suo art. 130 R - in un testo che nella risistemazione seguita al Trattato di Amsterdam si riposiziona nel secondo comma dell’art. 174 CE – esplicitamente definisce il “principio della precauzione”87.

86 Su cui la cronaca politica dell’epoca di E. MARTIAL, Un dicembre a

Maastricht. Il nuovo Trattato dell’Unione, in Il mulino, 1991, 1001, e le prime analisi

diG.B.GOLETTI, The protection of the environment - Legal aspects in the European

Community and in Italy, in Foro amm., 1988, 2403; A.SAGGIO, Le basi giuridiche

della politica ambientale nell'ordinamento comunitario dopo l'entrata in vigore

dell'Atto Unico Europeo, in Riv. dir. eur., 1990, G. CORDINI, Comunità europee.

Europa 1993: istituzioni e ambiente, in Quad. Cost., 1990, 351; F.CAPELLI, Per una

disciplina uniforme delle sanzioni in materia ambientale nell' Europa comunitaria, in Riv. giur. ambiente, 1991, 1; L.M.FALOMO, L’incidenza del Trattato di Maastricht

sul diritto comunitario ambientale, in Riv. dir. eur., 1992, 587.

87 Su scala europea la letteratura sul principio di precauzione in ambito

comunitario è ai limiti della governabilità, si veda senza pretese di completezza L. GONZALEZ-VAQUE, L. EHRING, G. JAQUET, Le principe de précaution dans la

législation communitaire et nationale relative à la santé, in Rev. Marché commun et

de l’Union européenne, 1999, 79; W.-T.DOUMA, The Precautionary Principle in the

European Union, in 9 Rev. Eur. Com. & Int. Env. L. 132 (2000); P. ICARD,

L’articulation de l’ordre juridique communautaire et des ordres nationaux dans l’application du principe de précaution, in Rev. jur. eur. (n. spec. Déc.) 2000, 40; F.

ACERBONI, Contributo allo studio del principio di precauzione: dall'origine nel diritto

internazionale a principio generale dell'ordinamento, in Dir. Regione, 2000, 245, 253;

G. CORCELLE, La perception communautaire du principe de précaution, in Rev.

Marché commun et de l’Union européenne, 2001, 447; N. DE SADELEER, Le statut

juridique du principe de précaution ed droit communautaire: du slogan à la règle, in

Rev. trim. dr. eur., 2001, 91; A. ALEMANNO, Le principe de précaution en droit

Prima ancora di esaminare i contenuti normativi che questo enunciato (ormai) posto dal diritto comunitario ha cominciato a disvelare negli anni trascorsi dal 1992 ad oggi, occorre subito evidenziare le sorti, davvero qui magnifiche e progressive, che quest’ultimo ha conosciuto quando si è trattato di decidere se l’invocabilità del PP fosse destinata a rimanere confinata nell’ambito tematico originario (rilevantissimo e tuttavia circoscritto) della protezione ambientale o se invece il principio potesse estendere le sue ali precettive nel campo della tutela della salute, anche quando questa invocazione non riguardi una tematica primariamente ambientale88.

Nonostante la sua isolata e circoscritta menzione nel Trattato, in pochi anni è divenuto chiaro che le corti e le istituzioni europee avrebbero fermamente sposato quest’ultima ipotesi89.

communautaire, Stratégie des gestion ou risques d’atteinte au Marché intérieur?, in Rev. dr. un. eur., 2001, 917; J.SCOTT, E. VOS, The Juridification of Uncertainty:

Observation on the Ambivalence of the Precautionary Principle within the UE and the

WTO, in C.JOERGES, R.DEHOUSSE (eds.), Good Governance in Europe’s Integrated

Market, Oxford, 2002, 253; G. MAJONE, What Price Safety? The Precautionary

Principle and its Policy Implications, 40 J. Comm. Market Stud. 89 (2002) [con

particolare riferimento ai rapporti con il quadro regolativo dettato dalla WTO]; P. ICARD, Le principe de précaution: exception à l’application du droit communautaire?, in Rev. trim. dr. eur., 2002, 471; P.PALLARO, Il principio di precauzione tra mercato

interno e commercio internazionale: un’analisi sul ruolo e sul suo contenuto

nell'ordinamento comunitario, in Dir. comm. internaz., 2002, 15, 41; E. FISCHER,

Precaution, Precaution Everywhere: Developing a “Common Understanding of the Precautionary Principle in the European Community, in 9 Maastricht J. Eur. Comp. L.

7 (2002); K.-H.LADEUR, The Introduction of the Precautionary Principle into EU

Law: A Pyrrhic Victory for Environmental and Public Health Law? Decision-Making Under Conditions of Complexity in Multi-Level Political Systems; in 40 Comm. Market L. Rev. 1455 (2003).

88 Per l’invocazione del principio a supporto dell’azione comunitaria in materia

ambientale si veda Corte di giustizia delle Comunità europee 5 ottobre 1999, cause riunite C-175/98 e C-177/98, in Foro it., 1999, IV, 441.

89 Si veda, per una pronuncia in tal senso, Tribunale I grado Comunità europea

16 luglio 1998, causa 199/96, in Raccolta 1998, II-2805 (poi confermata in sede di impugnazione da Corte europea Comunità europee 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, in Raccolta I-5291), una controversia avente ad oggetto prodotti cosmetici, ove, sebbene la protezione della salute venisse in rilievo senza la mediazione dell’ambiente, i giudici europei hanno ritenuto che “quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute del consumatore, le istituzioni possono adottare

Un’altra notazione, prima di passare a verificare il senso normativo (fin qui) assunto dal PP in ambito comunitario, attiene al modo in cui il PP è stato articolato nell’ambito delle norme del trattato dedicate alla politica ambientale. Era infatti già sufficiente una lettura integrata del primo e del secondo periodo del secondo comma dell’art. 130 R (oggi 174 CE) all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato per rendersi conto che – nell’ottica dell’azione armonizzatrice comunitaria – il PP ed il suo potenziale normativo si sarebbe avviato ad esplicare il

misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi” (par. 66). Nella Comunicazione della Commissione sul

Principio di Precauzione, COM (2000) 1 del 2 febbraio 2002, l’organo di governo

europeo ha fugato ogni residuo dubbio in proposito, precisando (pag. 10 del documento) che “anche se nel Trattato il principio di precauzione viene menzionato esplicitamente solo nel settore dell’ambiente, il suo campo d’applicazione è molto più vasto. Esso comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull’ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale possono essere incompatibili con il livello di protezione prescelto”. Il Consiglio, per parte sua, ha consacrato l’orientamento nel preambolo della sua Risoluzione del dicembre 200 sul Principio di Precauzione allegata al documento finale del Consiglio di Nizza, ove al punto B si afferma: “considerando che il trattato riconosce nell’articolo 174, paragrafo 2 che il principio di precauzione fa parte dei principi da prendere in considerazione nella politica della Comunità in materia ambientale; che tale principio è altresì applicabile alla salute umana nonché ai settori zoosanitario e fitosanitario”, per poi ipotizzare al punto C che “potrebbe essere utile esaminare, a tempo debito e nelle sedi appropriate, la necessità e la possibilità di ancorare formalmente il principio di precauzione, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, anche in altre disposizioni del trattato, in particolare in collegamento con la sanità e la protezione dei consumatori”. Infine il Parlamento Europeo, sempre nel dicembre 2000, ha adottato la seguente risoluzione: “il Parlamento auspica orientamenti chiari sull’applicazione del principio di precauzione, che dovrebbe essere invocato ogniqualvolta, in base ad informazioni incerte, vi sono motivi ragionevoli di inquietudine circa il possibile sopravvenire di effetti potenzialmente pericolosi per l’ambiente o la salute umana, animale o vegetale. Esso invita inoltre la Commissione a far valere quest’approccio in seno alle istanze internazionali, in particolare all’OMC, e ritiene che l’organo di composizione delle controversie dell’OMC dovrà in futuro effettuare una valutazione delle perizie e degli studi scientifici disponibili al momento della sua decisione”.

suo non ancora ben definito contenuto normativo in due direzioni istituzionalmente contrapposte.

Da un canto, infatti, la sua collocazione nel testo della carta fondamentale europea lo rende indubbiamente un principio atto ad esplicare questo contenuto sia sulla formulazione politica che sulla predisposizione tecnica delle misure di armonizzazione poste in essere dall’Unione in campo ambientale90, tenendo conto del nuovo orizzonte

90 In quest’ottica l’importante Tribunale I grado Comunità europea 11

settembre 2002, caso T-70/99R, ha utilizzato il principio di precauzione in una controversia ove si discuteva la legittimità di un regolamento recante la revoca dell’autorizzazione di un additivo nell’alimentazione degli animali. Il punto scientifico controverso era il rischio legato alla salute umana determinato dalla possibilità che la resistenza sviluppata ad alcuni antibiotici impiegati per stimolare la crescita animale potesse passare dagli animali all’uomo. Ritenendo che le istituzioni comunitarie possano adottare una misura preventiva unicamente dopo aver eseguito una valutazione scientifica dei rischi che si reputano associati al prodotto o processo di cui trattasi, la società ricorrente prospettava che nella fattispecie le istituzioni comunitarie avessero adottato impropriamente il c.d. “approccio a rischio zero”, senza basarsi su prove scientifiche conclusive che legittimassero la rischiosità dell’additivo in questione. Sul punto la corte ha affermato quanto segue: “occorre rammentare, per prima cosa, che (..) quando sussistono incertezze scientifiche riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute umana, le istituzioni comunitarie possono, in forza del principio di precauzione, adottare misure di protezione senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. Ne consegue, anzitutto, che, secondo il principio di precauzione quale sancito dall’art. 130 R, n. 2, del Trattato, le istituzioni comunitarie potevano adottare una misura preventiva relativa all’impiego della zinco-bacitracina come additivo nell’alimentazione degli animali anche se, a causa del permanere di una situazione di incertezza scientifica, la realtà e la gravità dei rischi per la salute umana connessi a tale utilizzo non erano ancora pienamente dimostrate (…) nel contesto dell’applicazione del principio di precauzione - che è per definizione un contesto d’incertezza scientifica - non si può esigere che una valutazione dei rischi fornisca obbligatoriamente alle istituzioni comunitarie prove scientifiche decisive sulla realtà del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. (..) Dal principio di precauzione, come interpretato dal giudice comunitario, deriva, al contrario, che una misura preventiva può essere adottata esclusivamente qualora il rischio, senza che la sua esistenza e la sua portata siano state dimostrate ‘pienamente’ da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura. (...) Il principio di precauzione può, dunque, essere applicato solamente a situazioni in cui il rischio, in particolare per la salute umana, pur non essendo fondato su semplici ipotesi non

applicativo – esteso alla tutela della salute umana tout-court, ch’esso ha visto dischiudersi.

Dall’altro, invece, il principio, elemento essenziale del “contesto” con cui si apre il secondo periodo del secondo comma dell’art. 174 CE, si rende disponibile per sollecitare (“nei casi opportuni”) l’impiego da parte dei singoli paesi membri della clausola di salvaguardia ivi prevista, con la quale la Comunità, com’è noto, si è imposta di formulare le proprie misure di armonizzazione in campo ambientale prevedendo a favore dei paesi membri la possibilità di adottare misure nazionali provvisorie, ed anche in contrasto con la mission armonizzatrice, ove ciò, all’esito del controllo che la Comunità si riserva di effettuare, appaia congruo in relazione a “motivi ambientali di natura non economica”91.

provate scientificamente, non ha ancora potuto essere pienamente dimostrato. (…) In un tale contesto, la nozione di ‘rischio’ corrisponde dunque ad una funzione della probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico dovuti all’impiego di un prodotto o di un processo. La nozione di ‘pericolo’ è, in tale ambito, usata comunemente in un’accezione più ampia e definisce ogni prodotto o processo che possa avere un effetto negativo per la salute umana (…) Di conseguenza, in un contesto come quello del caso di specie, la valutazione dei rischi ha ad oggetto la stima del grado di probabilità che un determinato prodotto o processo provochi effetti nocivi sulla salute umana e della gravità di tali potenziali effetti [pp. 152-161] (…) nel contesto dell’applicazione del principio di precauzione, la realizzazione di una valutazione scientifica completa dei rischi (…) può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Per portare a termine una tale valutazione scientifica completa può infatti essere necessario effettuare una ricerca scientifica molto approfondita e lunga. Orbene (…) salvo privare il principio di precauzione del suo effetto utile, l’impossibilità di realizzare una valutazione scientifica completa dei rischi non può impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive, se necessario a scadenza molto breve, qualora tali misure appaiano indispensabili in considerazione del livello di rischio per la salute umana reputato dalla detta autorità inaccettabile per la società (p. 173).

91 Com’è noto, questa norma va accoppiata alla clausola di salvaguardia

espressa dall’art. 95 CE, commi 4, 5 e 6. Sull’interpretazione di queste clausole di salvaguardia da parte delle corti e delle istituzioni comunitarie, v. G.VAN CALSTER,

Public Environmental Law in the European Union, in SEERDEN, HELDWEG,

DEKETELAERE, Public Environmental Law in the European Law and United States: A

Comparative Analysis, op. cit., 465, 486 ss. 42

In breve, ciò che si vuole sottolineare è che per questa via il potenziale del principio di precauzione è entrato nella carta fondamentale continentale non soltanto per guidare i passi delle istituzioni europee, ma anche, e questo è un punto rilevante, per ostacolarne e ad un tempo correggerne, all’occorrenza e ricorrendone i presupposti, il percorso armonizzativo, esplicando indirettamente i suoi effetti sul modo di operare del principio di proporzionalità92. Il che è puntualmente già avvenuto93.

92 J. SCOTT, E. VOS, The Juridification of Uncertainty: Observation on the

Ambivalence of the Precautionary Principle within the UE and the WTO, cit., 258; per

un ancor recente stato dell’arte sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza europea, D.U.GALETTA, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel

diritto amministrativo, Milano, 1998, 14 ss.

93 Corte Giustizia Comunità europee 14 luglio 1998, causa C-341/95, par. 35, in

Riv. giur. ambiente, 1999, 49, con nota di A.GRATANI,aveva ritenuto che, quando si tratti di valutare la legalità degli atti comunitari alla luce dell’art. 174 CE, il controllo giurisdizionale debba necessariamente limitarsi a verificare se il Consiglio, nell’adottare il regolamento, abbia commesso un manifesto errore di valutazione quanto alle condizioni di applicabilità di tale norma, e ciò “in ragione della necessità di prendere in considerazione alcuni obiettivi e principi enunciati all’art. 130 R [ora 174 CE], nonché della complessità dell’attuazione dei criteri stessi”. Sennonché nel recente caso “Creosote”, Corte Giustizia Comunità europee 20 marzo 2003, causa C-3/00, in una controversia insorta fra la Danimarca e la Commissione riguardante la possibilità che lo stato membro possa conservare limiti precauzionali all’impiego di additivi alimentari più stringenti di quelli determinati dalla normativa europea, ove la Commissione aveva sostenuto, contro l’opposta opinione della Danimarca, che “uno Stato membro non potrebbe avvalersi unilateralmente del principio di precauzione per mantenere in vigore disposizioni nazionali derogatorie. In un settore che ha già formato oggetto di un’armonizzazione delle normative degli Stati membri spetterebbe al legislatore comunitario applicare il principio di precauzione” (par. 103 della sentenza), i giudici di Lussemburgo, pur non esplicitando nel loro decisum un riferimento espresso al PP, hanno mostrato di seguire un criterio di giudizio rigorosamente precauzionale, rilevando come la normativa europea di settore, emanata nel 1992, non tenesse conto di un parere emanato dal Comitato scientifico europeo per l’alimentazione umana nel 1995, il quale aveva portato in luce rischi che appoggiavano la pretesa della Danimarca, vulnerando così di illegittimità l’azione a tutela del ruolo armonizzatore che la Commissione aveva posto in essere nel caso specifico. In base a questo dictum, dunque, uno Stato membro potrà così chiedere il mantenimento di disposizioni nazionali preesistenti e derogatorie sulla base di una valutazione del rischio per la salute differente da quella accettata dal legislatore comunitario nel momento dell’adozione della misura di armonizzazione.

Ovviamente il PP può poi far valere tutto il suo peso sulle parti coinvolte in giudizi municipali, se è vero che, nell’interpretare una questione pregiudiziale, la Corte può distillare una lettura “precauzionalmente orientata” della normativa comunitaria applicabile nel giudizio a quo, come è avvenuto nel caso Greenpeace, ove, in un’estrema sintesi operazionale, il Consiglio di Stato francese è stato autorizzato dai giudici europei ad interpretare la normativa comunitaria applicabile in materia di prodotti alimentari OGM, in modo tale da legittimare la richiesta dei ricorrenti nel giudizio radicato avanti al Consiglio di stato transalpino di sospendere ed annullare il decreto del governo che – in forza delle regole comunitarie – aveva proceduto ad autorizzare la commercializzazione e l’uso di detti prodotti sul territorio francese94.

Lo stesso accade nei rapporti fra stati membri, come dimostra la celebre controversia che ha visto sfidarsi innanzi alla corte di Lussemburgo la Francia e la Gran Bretagna, per ottenere un responso sulla legittimità del divieto di importazione di bovini e carni bovine inglesi mantenuto dalla Francia ad onta del fatto che la Commissione avesse revocato l’embargo temporaneo disposto a livello europeo per fronteggiare il rischio della encefalopatia spongiforme bovina95.

94 Corte giustizia Comunità europee 21 marzo 2000, causa C-6/99, in Foro it.,

2001, IV, 29, su cui P. THIEFFRY, Le contentieux naissant des organismes génétiquement modifiés: précaution et mesures de sauveguarde, in Rev. trim dr. eur.,

1999, 81; R. PAVONI, Misure unilaterali di precauzione, prove scientifiche e

autorizzazioni comunitarie al commercio di organismi geneticamente modificati: riflessioni in margine al caso Greenpeace, in Dir. comm. internaz., 2000, 725; nonché

A.GRATANI, La tutela della salute e il rispetto del principio precauzionale a livello

comunitario. Quando le autorità nazionali possono impedire la circolazione di Omg all’interno del proprio territorio, in Riv. giur. ambiente, 2000, 457, cui adde la recente

sentenza che vedeva attendere il responso interpretativo europeo dalla multinazionale Monsanto e dal governo Italiano, Corte giustizia Comunità europee 21 marzo 2003, causa C-236/01, di cui una sintesi ed un primo commento in Corriere giur., 2003, 1660, su cui ci si soffermerà infra.

95 Corte giustizia Comunità europee 13 dicembre 2001, causa C-1/00, in Foro

it., 2002, IV, 269, con nota di D.BELLANTUONO, Ancora sulla "mucca pazza" e sulle

farine animali. 44

La vittoria francese - sia pur parziale, perché il divieto è stato ritenuto legittimo solo nei confronti dei bovini nei cui confronti non risultava essere ancora pienamente a regime un sistema di tracciabilità messo a punto dal governo d’oltremanica – dimostra come il principio di precauzione, anche se non esplicitato in punto di motivazione, possa indurre i giudici europei a valorizzare la persistenza dell’incertezza scientifica per disapplicare l’azione regolamentare armonizzatrice posta in essere dalla Comunità e così consentire “fughe in avanti” precauzionali da parte delle autorità nazionali96.

Veniamo adesso ai contenuti normativi che le istituzioni europee hanno cominciato a portare in luce, scrutando nell’involucro teorico, tanto prestigioso sul piano declamatorio quanto (fin lì) rimasto nel vago, del principio di precauzione.

La lettura della comunicazione con la quale in avvio di millennio la Commissione, con una tempistica simbolica davvero notevole97, ha svolto il suo compito chiarificatore98 (nella consapevolezza di vincolare entro certi termini la sua futura azione all’orientamento così espresso99), si sforza di offrire un’analisi il più possibile lucida delle implicazioni che il principio comporta sulla politica di gestione del rischio posta in

96 In questo senso l’analisi svolta sulla sentenza in discorso da PALLARO, Il

principio di precauzione tra mercato interno e commercio internazionale: un’analisi sul ruolo e sul suo contenuto nell'ordinamento comunitario, cit., 52, cui si rinvia per

approfondire altri aspetti (qui non toccati) della dinamica interpretativa conosciuta dal PP nella giurisprudenza europea.

97 Per la verità la Commissione ha agito su impulso del Consiglio europeo, che

con risoluzione del 13 aprile 1999 aveva sollecitato l’istituzione a sviluppare “orientamenti chiari ed efficaci per l’applicazione di questo principio”.