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Il ruolo che la responsabilità civile può svolgere nei confronti delle attività dannose ad alto contenuto

Capitolo II. Il danno da contagio per via ematica: aspetti general

II.4. Il ruolo che la responsabilità civile può svolgere nei confronti delle attività dannose ad alto contenuto

tecnologico

Prim’ancora di chiedersi se il sangue possa essere considerato un prodotto ai fini dell’applicabilità della responsabilità del produttore al nostro fluido vitale (riflessione che imbastiremo a tempo debito), il nostro tema induce a prendere posizione nel mai sopito confronto fra i paladini delle due anime della r.c. - la colpa e la responsabilità oggettiva – e, in via più generale, innesca interrogativi che attengono alla necessità di verificare se, e in che misura, le regole della r.c. possano qui utilmente svolgere un ruolo di supplenza o, quantomeno, di incisivo supporto alla regulation esplicata dalle autorità amministrative228.

Il catalogo dei problemi sottesi alla scelta della regola d’imputazione del danno da contagio post-trasfusionale evidenzia la necessità di sensibilizzare l’indagine al ragionamento giureconomico.

Conviene infatti analizzare la portata delle scelte interpretative effettuabili alla luce dell’autonoma funzionalità istituzionale che l’analisi economica del diritto riconosce alle regole di r.c., onde misurarne l’efficienza in relazione alla pluralità di strumenti che la

228 Per un’introduzione generale al problema, con particolare riferimento

all’esperienza statunitense v. G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di

diritto comparato, Bologna, 1992, 194 ss.; si veda anche, più di recente, F.CAFAGGI,

La responsabilità dell’impresa per prodotti difettosi, in N.LIPARI (a cura di), Trattato

di diritto privato europeo, IV, Padova, 2003, 515, 526 ss., 574 ss. 105

società impiega per implementare l’obiettivo di prevenire il verificarsi di danni alla collettività229.

Se è vero, infatti, che, accanto al mercato, alle regole amministrative ed alle sanzioni penali, il sistema della r.c. è solo uno degli strumenti istituzionali impiegati dalla società per perseguire l’obiettivo della prevenzione ottimale dei danni230, è altrettanto vero che ciascuna delle alternative istituzionali disponibili è singolarmente incapace di assicurare il raggiungimento di questo obiettivo ideale.

Ciò consiglia di ricercare nell’interpretazione delle regole di responsabilità il significato più idoneo a servire il fine che la società persegue, valutando attentamente se la regola così selezionata sia in grado di (contribuire a) correggere i difetti eventualmente riscontrati nei meccanismi di operatività degli strumenti istituzionali concorrenti231.

Le ragioni di fondo che inducono a considerare le scelte interpretative alla luce dell’analisi comparativa fra le diverse istituzioni, considerandone attentamente le imperfezioni, sono state messe in chiaro ormai più di vent’anni fa da Neil Komesar: “[w]hatever the assumed societal goal, it will require implementation. It will require the application of general pronouncements to a wide variety of factual settings. It will be applied in a world where uncertainty and conflict create efforts to influence or manipulate the determination. We must,

229 Un’analisi comparata sul comportamento e sull’efficienza dimostrata,

all’indomani dell’avvento dell’HIV, delle istituzioni pubbliche di controllo commesse alla prevenzione del danno da contagio in alcuni dei principali paesi industrializzati è in M.TREBILCOCK,R.HOWSE,R.DANIELS, Do Institutions Matter? A Comparative

Pathology of the HIV-infected Blood Tragedy, in 82 Va. L. Rev. 1407 (1996) .

230 Per dirla con N.K.KOMESAR, Imperfect Alternatives. Choosing Institutions

in Law, Economics, and Public Policy, Chicago, London, 1994, 153 ss. Il tema in

Italia è stato ripreso e sviluppato da G. COMANDÉ, Risarcimento del danno alla

persona ed alternative istituzionali. Studio di diritto comparato, Torino, 1999, 290 ss.

231 La necessità di considerare l’interazione fra tort law e regulation, in quanto

strumenti singolarmente incapaci di garantire il perseguimento dell’ottimo preventivo è condivisa anche da G.T.SCHWARTZ, Mixed Theories of Tort Law: Affirming both

Deterrence and Corrective Justice, in 75 Tex. L. Rev. 1801, 1818 (1997). 106

therefore, consider the imperfections of the institutions that are to implement the goal”232.

L’adozione di questa prospettiva, nella quale ogni singola scelta istituzionale si rivela subottimale se isolatamente considerata233, offre un primo suggerimento all’interprete che si trovi a maneggiare “l’istituzione” responsabilità civile con riguardo ad un’attività che ha visto normativamente riconosciuta la sua attitudine ad essere fonte di ‘inevitabili’ danni alla persona234.

Parlare di danno inevitabile ha senso nella prospettiva calabresiana di un danno che riflette la scelta sociale di autorizzare l’esercizio di un’attività dalle intrinseche e (tendenzialmente) non completamente eliminabili potenzialità dannose; la metafora del dono dello spirito maligno, portatore di grandi utilità sociali al prezzo della vita di una ristretta categoria di persone destinate a pagare il costo individuale di questo dono sociale, non necessita di soverchi adattamenti per essere trasposta al rischio di contagio connesso all’attività trasfusionale235.

La scelta del criterio di imputazione del danno da contagio post- trasfusionale va dunque operata nella consapevolezza che le regole di responsabilità civile, dopo esser state definite “il diritto di una società mista”236, si prestano oggi ad essere interpretate funzionalmente ed elasticamente, avendo a mente che il ruolo svolto dalle regole di

232 In questi termini N.K.KOMESAR, In Search of a General Approach to Legal

Analysis: A Comparative Institutional Alternative, 79 Mich. L. Rev. 1350, 1391

(1981).

233 Sul punto l’analisi di P.SCHUCK, The Limits of Law: Essays on Democratic

Governance (New Perspective on Law, Culture, and Society), Boulder, Co., 2000, 420

ss.

234 Ci si è già soffermati sulla norma ministeriale che riconosce i rischi sottesi

alla somministrazione di trasfusioni o di prodotti emoderivati, per sancire l’obbligo che il ricevente esprima il suo informato consenso prima di sottoporsi a tali terapie.

235 G. CALABRESI, Il dono dello spirito maligno: gli ideali, le convinzioni, i

modi di pensare nei loro rapporti col diritto, Milano, 1996, 11 ss.

236 Un sistema di regole in grado cioè di combinare le decisioni collettive

adottate dallo stato regolatore con le scelte individuali attuabili attraverso l’allocazione contrattuale dei diritti, v. l’ormai storico contributo di G. CALABRESI, La

responsabilità civile come diritto della società mista, in Politica del diritto, 1978, 665,

671. 107

imputazione del danno nell’incentivare l’adozione di comportamenti virtuosi nella gestione del rischio e per la prevenzione degli incidenti può variare considerevolmente nel tempo in ragione dell’evoluzione tecnologica ed organizzativa del tipo di attività (potenzialmente dannosa) preso in considerazione237.

Ne discende l’ulteriore e stringente necessità di individuare la regola di responsabilità applicabile alla fattispecie considerando attentamente il mutare nel tempo di tutti gli aspetti operativi e gestionali che descrivono il settore di attività nel quale la regola di responsabilità è chiamata ad operare238.

237 L’esigenza si diversificare l’analisi delle regole di r.c. in funzione degli

specifici problemi di contesto e dei dati empirici su tali problemi che ciascun settore di attività (nel quale le regole sono chiamate ad operare) sottopone all’interprete è ormai verbo comune per i tortman d’oltreoceano. Oltre a R.L.RABIN, Deterrence and the

Tort System, in M.L.FRIEDLAND (ed.), Sanctions and Rewards in the Legal System: A

Multidisciplinary Approach, Toronto, 1989, 79, 84; R.A.EPSTEIN, A Clash of Two

Cultures: Will the Tort System Survive Automobile Insurance Reform?, 25 Val. U. L.

Rev., 173, 173-74 (1991); G.T.SCHWARTZ, Reality in the Economic Analysis: Does

Tort Law Really Deter?, 42 UCLA L. Rev. 377, 383-84 (1994); guardano con favore

alla c.d. context-specific tort law analysis e ne spiegano incisivamente le ragioni D. DEWEES,D.DUFF,M.TREBILCOCK, Exploring the Domain of Accident Law. Taking

the Facts Seriously, New York, Oxford, 1996, 4-5: “[o]ur view is that, in the end,

many of the central debates about tort law are less about normative values than they are about competing empirical understanding of the world. In resolving some of these debates, we believe that further progress is only likely to be made by attempting to settle those issues where the evidence is in fact relatively conclusive and by identifying other issues where is to this point ambiguous and where further research is required. We believe that the success of the tort system in achieving its goals is likely to differ significantly among substantive areas of law. (...) The efficacy of tort law must be analyzed relative to a specific accident context; it may well be, for example, that the institutional choices that best address problems associated with automobile accident may not be the most appropriate in the case of environmental mishaps. Moreover, the empirical evidence with which we are primarily concerned here comes mainly from specific accident contexts rather than from tort actions in general”.

238 “[N]on dunque angusta negli orizzonti, ma cieca addirittura una scienza

giuridica che si rifiuta di prendere atto del trascorrere del tempo, e contempla inerte un tipo giuridico in cui si ritengono fissate definitivamente le modalità di disciplina di una data materia”, S.RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 60.

In caso contrario si rischia di continuare ad applicare un diritto della responsabilità civile prigioniero di posizioni ermeneutiche insensibili allo scorrere del tempo, cristallizzatesi quando l’attività soggetta alla regola d’imputazione del danno (e, più specificatamente, il potere di prevenzione del gestore dell’attività da cui il rischio di danno promana) scontava limiti tecnologici ed organizzativi che il progresso scientifico ha oggi consegnato alla storia.

La triangolazione fra sviluppo tecnologico, aumento delle aspettative sociali di gestione del rischio e responsabilità civile identifica un tema che accompagna sottotraccia l’intero percorso della nostra riflessione. E non tanto nella prospettiva sottesa all’(ormai) antica constatazione che coglie il rapporto simbiotico esistente fra lo sviluppo della r.c. e l’evoluzione tecnologica.

Sono passati quattro decenni da quando Stefano Rodotà sottolineava come la letteratura in tema di r.c. raramente omettesse di tributare omaggio a ciò che già allora appariva uno stereotipo narrativo: “[s]i può dire che quasi non v’è opera sulla responsabilità civile – quale che sia il suo impegno e la sua ampiezza – che non paghi un tributo ai tempi nuovi, sotto forma di rassegna delle nuove occasioni di danneggiamento che caratterizzano la nostra era”239.

Il punto è, infatti, che in passato la relazione direttamente proporzionale che – come in fondo ricorda il mito ancestrale di Prometeo e Pandora240 - da sempre corre fra lo sviluppo e l’impiego della tecnologia e l’incremento delle occasioni di danno nascenti (e dunque: chiamate ad essere gestite) dall’attività umana è stata invocata per procedere soprattutto in due direzioni argomentative (sovente, ma non sempre, sovrapposte): per corroborare un approccio sistematico- interpretativo volto ad enfatizzare la funzione compensativa della r.c.241,

239 RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, op. cit., 16.

240 Così Zeus si rivolge a Prometeo, nella versione del mito narrataci da

ESIODO, Le opere e i giorni, 42-105, Milano, 1983: “[F]iglio di Giapeto, tu che sei il più ingegnoso di tutti, ti rallegri per aver rubato il fuoco e per avermi ingannato, ma così hai procurato un grave danno a te stesso e agli uomini che verranno. A loro, infatti, in cambio del fuoco, darò un male, di cui, però, tutti si rallegreranno nell’animo festeggiando la loro stessa sciagura”.

241 L’ubiquità di questa dichiarazione di intenti nella dottrina degli ultimi

quarant’anni solleva dal compito di comporre una lista di citazioni che finirebbe per 109

oppure, in modo più specifico, per sottolineare la necessità di muovere verso il superamento della centralità della colpa nel sistema della r.c.242. A noi pare, invece, che la triangolazione appena evocata assuma oggi particolare interesse agli occhi dell’interprete della responsabilità civile perché tende a sottolineare con forza l’esigenza di mettere a fuoco la funzione che le regole di responsabilità possono svolgere per ridurre il ritardo strutturale che, nel suo rapido ed incessante sviluppo, la tecnologia precauzionale inevitabilmente accumula fra il momento della sua innovazione ed il momento della sua implementazione.

Una volta riconosciuto, in una sorta di luddismo rovesciato, che la crescente disponibilità di procedure e strumenti precauzionali concessa dal progresso tecnologico non solo tende a sottrarre il rischio di danno alla principale clausola di esonero della r.c. (il caso fortuito) per riversarlo sul soggetto che controlla la tecnologia243, ma agisce anche sul profilo quantitativo del danno risarcibile nella misura in cui i limiti del controllo esercitabile sul danno si estendono progressivamente a situazioni dalle enormi potenzialità dannose244, l’idea di analizzare

dover essere allegata a questo volume. Esempi fondativi di questo modo di interpretare la responsabilità civile sono rinvenibili, oltre che in RODOTÀ, Il problema della

responsabilità civile, op. cit., in M.BARCELLONA, Danno risarcibile e funzione della

responsabilità, Milano, 1972, passim e G. B. FERRI, Dalla responsabilità alla

riparazione, in G.B.FERRI, Saggi di diritto civile, Rimini, 1983, 471.

242 Così, per es., M.COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità civile,

Napoli, 1965, 9 ss.

243 Lo osserva acutamente M. F. GRADY, Why are People Negligent?

Technology, Nondurable Precautions, and the Medical Malpractice Explosion, 82 Nw. U. L. Rev. 293, 295 (1988).

244 Lo “scenario dell’imprevedibile” dischiuso dalla tecnologia contemporanea

tende a mettere fuori gioco l’etica dell’intenzionalità e con essa l’ideale di giustizia correttiva che tradizionalmente alberga al cuore dei moderni sistemi di responsabilità civile, v., J.L.COLEMAN, Risks and Wrongs, Cambridge, 1992, 303 ss., imponendo

una ridefinizione della soglia cognitiva richiesta nel soggetto agente affinché costui possa essere chiamato a rispondere delle conseguenze dannose del suo agire. Se è vero - com’è si visto nel primo capitolo e come si può ribadire ancora una volta con H. JONAS, Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio di responsabilità, Torino,

1997, 46, che “[l]’ordine di grandezza causale delle imprese umane è smisuratamente cresciuto all’insegna della tecnica; la mancanza di precedenti è diventata la regola e l’analogia con l’esperienza passata non è più pertinente; gli effetti a lunga scadenza

come l’interpretazione delle regole di responsabilità possa rapportarsi al fatto che l’avanzamento tecnologico influisce sul modo di operare delle regole di imputazione del danno perde i tratti dell’espediente narrativo per diventare una chiave di lettura di grande interesse pratico.

La questione, è evidente, non vive più nella prospettiva di una contrapposizione frontale fra colpa e responsabilità oggettiva245, orientata su valutazioni economiche che in passato hanno giustamente indotto a privilegiare il concetto di rischio d’impresa e, più in generale, l’idea che “chi ha il controllo delle condizioni generali del rischio (...) è in grado di tradurre il rischio in costo, inserendolo armonicamente nel gioco dei profitti e delle perdite con lo strumento dell’assicurazione o della autoassicurazione”246.

Da un canto, preservare l’armonia a cui alludeva Trimarchi, nonostante lo sviluppo di nuove tecniche assicurative, oggi appare sempre più arduo di fronte all’incommensurabilità quantitativa e temporale dei rischi che aleggiano nei settori avanzati della moderna società tecnologica247, dall’altro occorre considerare che di questi tempi

sono più calcolabili ma anche più contraddittori; non si può più contare sulle forze rigenerative del tutto coinvolte dal nostro fare; non è più possibile immaginarci i posteri di fronte ad una situazione di partenza simile alla nostra” allora far operare la responsabilità solo quando l’agente abbia avuto la possibilità di rappresentarsi fino in fondo le conseguenze del suo agire (e non l’abbia fatto o l’abbia fatto male) non pare più sufficiente. Questa possibilità di rappresentazione è venuta meno, o meglio, è oggi sottoposta ad un indice di imponderabilità che non deriva da una minore capacità di predizione (che, anzi, nel tempo non ha cessato di affinarsi), ma dal fatto che – specularmente – sono aumentate a dismisura le potenzialità dannose dell’agire: è l’incommensurabilità del danno producibile a rendere intollerabile il rischio connesso all’errore predittivo dell’agente. Si delinea così la necessità di sussumere l’incertezza nella struttura del giudizio di responsabilità, delineando una regola di condotta che induca l’agente a modificare il processo decisionale per tener conto dell’incompletezza o del difetto di (piena) validazione scientifica delle informazioni disponibili.

245 Che ormai quasi cinquant’anni poteva apparire opportuno definire “il punto

focale delle discussioni dottrinali”, v. R.SCONAMIGLIO, voce Responsabilità civile, in

Novissimo Digesto Italiano, XV, Torino, 1957, 628, 634.

246 P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 50. 247 Per una recente disamina delle politiche assicurative dirette ad internalizzare

l’incertezza nel campo della tutela ambientale, v. G.ALPA, Progetti comunitari sulla

assicurazione del danno ambientale, in AA. VV., Il rischio da ignoto tecnologico, op. cit., 21.

l’idea del rischio d’impresa tende ad essere approfondita soprattutto in chiave precauzionale, riflettendo sulle dinamiche che i fattori di rischio esterni all’impresa proiettano all’interno dell’impresa stessa, rendendo necessaria la messa a punto di un organizzazione interna che veicoli ed implementi all’interno dell’organizzazione aziendale la cultura dell’auditing proattivo nei confronti del potenziale di danno espresso dall’incertezza scientifica e tecnologica248.

Il problema sembra allora quello di rendere sensibile l'interpretazione delle regole esistenti alle mutate caratteristiche del rapporto che s’instaura fra la tecnologia precauzionale ed i soggetti che la gestiscono, specie nei settori di attività ove la tecnologia tende a presentarsi come un Giano bifronte, che, mentre incrementa a dismisura le potenzialità lesive del danno, per altro verso tenta di porre sotto controllo il pericolo, tramutandolo in rischio, per ridurre a soglie statistiche accettabili la possibilità che l’evento (reso potenzialmente catastrofico dalla tecnologia stessa) si realizzi249.

I soggetti che gestiscono la tecnologia precauzionale sono dunque chiamati a svilupparla e/o ad implementarla in tempi che non possono più essere quelli di ieri. In tutto ciò, l’analisi del ruolo che gli agenti assumono rispetto all’informazione “precauzionale” sul danno – ove con l’espressione s’intenda sia la capacità degli agenti di prevenire in positivo, acquisendo o sviluppando l’informazione per implementare accorgimenti idonei a ridurre il rischio (profilo che tradizionalmente si riconnette agli incentivi trasmessi agli agenti dall’operare della colpa), che la capacità di prevenire in negativo, acquisendo o sviluppando l’informazione sul rischio per evitare, o ridurre il più possibile, lo svolgimento delle attività dalle quali quest’ultimo promana (profilo che invece si ascrive agli incentivi trasmessi agli agenti dall’operare della

248 Per una riflessione in questo senso R.COSTI, Ignoto tecnologico e rischio di

impresa, in AA. VV., Il rischio da ignoto tecnologico, op. cit., 49, 50; sul tema una

prospettiva analitica insostituibile, che descrive la ritualizzazione del controllo interno operata nel proprio seno dalle organizzazioni complesse, è dischiusa da M. POWER,

The Audit Society. Rituals of Verification, Oxford, New York, 1997 (ora La società dei controlli. Rituali di verifica, Torino, 2002).

249 Sul punto,J.E.KRIER,C.P.GILLETTE, The Un-Easy Case for Technological

Optimism, 84 Mich. L. Rev. 405 (1985). 112

responsabilità oggettiva) - diventa essenziale, sia per definire i parametri della optimal care richiesta all’attore diligente, che per individuare quelle attività che la logica calabresiana del cheapest cost avoider tradizionalmente consiglia di regolare in modo ottimale con l’imposizione di una regola di strict liability.

E’ difficile non riconoscere oggi che la risorsa cruciale per ogni decisore sociale è rappresentata dalla capacità di apprendere e di adattarsi rapidamente ed in modo autonomo e creativo al cambiamento delle informazioni (e del generale contesto cognitivo) in base alle quali si agisce, convogliando questo flusso informativo nell’ambito della razionalità delle organizzazioni pubbliche o private chiamate (la figura del decisore individuale ed autonomo è in questo settore ha ormai un rilievo marginale) ad adottare le decisioni finali rispetto al rischio250.

Di fronte all’incertezza, questa capacità di apprendimento dipende in definitiva dalla capacità di generare, aggregare, elaborare, disseminare, impiegare e, se necessario, correggere l’informazione di cui ciascun decisore ha bisogno per fronteggiare la sua porzione di rischio sociale.

Lungi dal proporsi come “il” rimedio risolutivo, la responsabilità civile rivendica qui un suo preciso ruolo regolativo - nell’ottica del perseguimento di uno scopo generale che vede impegnate tutte le istituzioni sociali - attraverso la valorizzazione della sua capacità di incentivare il comportamento virtuoso dei singoli decisori rispetto alla funzionalità critica che l’informazione assume nella società del rischio251.

In quest’ottica si spiega perché in contesti caratterizzati da un rapido e continuo sviluppo delle conoscenze tecnologico-precauzionali si renda opportuno interpretare e/o selezionare le regole di responsabilità applicabili agli agenti alla luce dell’esigenza di creare incentivi affinché questi ultimi ottimizzino l’acquisizione delle

250 Pagine estremamente illuminanti in questa prospettiva sono state scritte da

B.A.TURNER,N. F.PIDGEON, Man-Made Disasters2, London, 1997 (ora Disastri.

Dinamiche organizzative e responsabilità umane, Torino, 2001, 192 ss.).

251 P.SCHUCK, Comment: Regulation, Litigation, and Science, in K.VISCUSI

(ed.), Regulation through Litigation, Washington D.C, 2002, 178, 181. 113

informazioni sul rischio252. Il tema, in ogni caso, sarà oggetto di diffusa trattazione a tempo debito253.

Qui preme sottolineare che rifiutare questa premessa metodologica è possibile, ma ad un duplice (ed insostenibile) prezzo concettuale:

1) ammettere che - lungi dall’essere un sistema in costante evoluzione – le regole di responsabilità civile siano imbrigliate in un reticolo dogmatico chiuso, funzionale all’antica convinzione ch’esse costituiscano un mero strumento per l’allocazione di diritti fra un attore