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La sostenibilità dei debiti pubblic

3.4. Analisi di sostenibilità del debito pubblico secondo lo schema Sylos Labini Pasinett

3.4.3. Regno Unito

Agli inizi degli anni 2000, dopo un periodo di crescente sostenibilità del debito pubblico, l’indice comincia a decrescere lentamente, sebbene il rapporto tra debito pubblico e Pil si attesti su un livello molto contenuto pari in media al 40% tra il 2000-07 (figura n. 56).

La differenza fra tasso di interesse e tasso di crescita nominali non suscita particolari preoccupazioni, poiché nello stesso periodo la crescita media del Pil risulta pari al 5,4% a fronte di un tasso di interesse medio pari al 4,8%. Graficamente, è possibile osservare che le due variabili tendono ad avere un andamento quasi lineare che non incide in misura determinante sulla sostenibilità del debito (figure n. 57 e 58).

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Figura n. 56 – Indice di sostenibilità del debito pubblico e rapporto debito su

Pil del Regno Unito

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Figura n. 57 – Tasso di crescita del Pil nominale del Regno Unito

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Figura n. 58 – Tasso di interesse nominale sul debito del Regno Unito

Fonte: OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Pertanto, l’andamento decrescente dell’indice è imputabile soprattutto alla progressiva riduzione del saldo primario di bilancio che partendo da una posizione in avanzo, pari al 6,3% del Pil nel 2000, finisce in disavanzo raggiungendo lo 0,6% del Pil nel 2007 (figura n. 59). La ragione di questa riduzione risiede in un eccesso di spesa pubblica sostenuta principalmente per i redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni. Tra il 2000-2007, la spesa pubblica al netto degli interessi registra un aumento dell’8,5% del Pil, mentre le entrate pubbliche solo dell’0,5% (figura n. 60).

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Figura n. 59 – Avanzo (Disavanzo) primario su Pil del Regno Unito

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Figura n. 60 – Entrate pubbliche complessive e spesa pubblica, al netto degli

interessi, del Regno Unito (valori in % del Pil)

Fonte: Eurostat, Statistics, Database, Government revenue, expenditure and main aggregates.

138 Tuttavia, in questi anni il paese sperimenta sviluppi molto dinamici del reddito e della domanda interna, specie nel settore immobiliare. Quest’ultima viene trainata dal facile accesso al finanziamento, da ampi strumenti di credito, dalle aspettative di continui incrementi dei redditi, nonché dagli incentivi governativi per la casa di proprietà e dai sussidi governativi per i locatari. Come risultato, i rapporti tra i prezzi delle abitazioni ed i redditi raggiungono i massimi storici, dato che la rigidità dell’offerta immobiliare spinge al rialzo i prezzi delle abitazioni, contribuendo all’accumulazione di elevati debiti ipotecari. Il surriscaldamento del mercato immobiliare porta alla crisi del 2008, che si rivela particolarmente catastrofica per i conti pubblici del Regno Unito. Il governo deve intervenire a salvataggio di un sistema finanziario molto esteso ed aperto, attraverso nazionalizzazioni, iniezioni di capitale e garanzie che, unitamente alle più basse entrate fiscali ed all’operatività degli stabilizzatori automatici attivati dalla recessione economica, accrescono sempre più il disavanzo pubblico rispetto al Pil. Questo ha riflessi negativi sulla sostenibilità del debito, che viene maggiormente compromessa a causa di una generale fragilità economica. Ciò nonostante, si ritiene che i piani di consolidamento adottati dal governo possono migliorare la situazione attraverso l’introduzione di nuove regole fiscali che rispondono all’obiettivo di garantire la sostenibilità del debito pubblico nel medio- lungo periodo.

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3.4.4. Portogallo

Dall’introduzione dell’euro, il debito pubblico del Portogallo è stabilmente crescente e, per contro, l’indice di sostenibilità manifesta un andamento decrescente che inverte la rotta seguita negli anni precedenti (figura n. 61).

Figura n. 61 – Indice di sostenibilità del debito pubblico e rapporto debito su

Pil del Portogallo

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Questo evidenzia i problemi strutturali che affliggono l’economia portoghese dall’inizio degli anni 2000: le rigidità e le inefficienze dei mercati della produzione e del lavoro, la debole performance competitiva, un sistema giudiziario disfunzionale, mercati immobiliari mal funzionanti, la mancanza di

140 innovazione e di capitale umano adeguato ostacolano l’uso efficiente delle risorse ed il dinamismo dell’economia (European Commission, 2011c, p. 5).

Il Portogallo soffre da più di dieci anni di bassa crescita del Pil e della produttività. Si noti che nell’ultimo decennio, la crescita economica del Portogallo è la seconda più bassa tra gli Stati membri dell’Unione europea. Se si osserva l’andamento del tasso di crescita del Pil nominale, si evince che negli anni precedenti la crisi finanziaria ed, in particolare, tra il 2001 e 2008, la crescita media del Pil è di circa il 3,8% contro il 7,6% registrato nel periodo 1995-2000 (figura n. 62).

Figura n. 62 – Tasso di crescita del Pil nominale del Portogallo

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

In questo contesto, l’unico dato positivo è la brusca riduzione del tasso di interesse nominale da pagare sul debito che si è avuta come effetto dell’adozione

141 della moneta unica: dall’11,5% registrato nel 1995 esso cade al 4,8% nel 1999 (figura n. 63).

Figura n. 63 – Tasso di interesse nominale sul debito del Portogallo

Fonte: OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Nel periodo 2001-2008 il tasso di interesse medio è pari al 4,3% e, quindi, leggermente superiore rispetto al tasso di crescita medio del Pil. Di conseguenza, la differenza fra le due variabili risulta positiva, sebbene con qualche oscillazione negativa (figura n. 64). Quanto più è elevata tale differenza, tanto più l’indice di sostenibilità tende a decrescere in mancanza di surplus primari sufficienti a ripagare il debito.

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Figura n. 64 – Differenza fra tasso di interesse sul debito e tasso di crescita

del Pil nominali del Portogallo

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Pertanto, il debito pubblico del Portogallo diventa sempre più insostenibile soprattutto a causa degli ingenti deficit primari di bilancio accumulati dal paese dall’inizio degli anni 2000 (figura n. 65). Ciò si deve al fatto che la crescita della spesa primaria ha superato la crescita del Pil, ragion per cui nel 2010 il rapporto tra la spesa al netto degli interessi ed il Pil è di 10 punti percentuali superiore al livello del 2000, fermo restando il basso incremento delle entrate su Pil (figura n. 66).

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Figura n. 65 – Avanzo (Disavanzo) primario su Pil del Portogallo

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Figura n. 66 – Entrate pubbliche complessive e spesa pubblica, al netto degli

interessi, del Portogallo (valori in % del Pil)

Fonte: Eurostat, Statistics, Database, Government revenue, expenditure and main aggregates.

144 Pertanto, la combinazione di elevati deficit di bilancio e bassa crescita economica spingono il rapporto tra debito pubblico e Pil su un sentiero insostenibile.

La crisi dell’Eurozona aggrava lo scenario, spingendo al rialzo il tasso di interesse nominale sul debito. Come risultato, gli investitori esteri riducono la loro esposizione sui titoli di Stato portoghesi132, riflettendo i loro timori circa la crescente insostenibilità del debito pubblico portoghese.

3.4.5. Spagna

Nel 2007 la crisi economico-finanziaria rivela l’insostenibilità del debito pubblico spagnolo, sebbene esso sia ancora relativamente basso rispetto agli altri paesi dell’area euro.

Si noti, infatti, che prima della crisi, la sostenibilità del debito pubblico, sia pur crescente, deriva da una forte espansione dell’economia spagnola trainata dalla domanda interna e soprattutto dall’investimento immobiliare che contribuisce all’accumulazione di elevati squilibri (figura n. 67).

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Alla fine del 2010, la percentuale di titoli di Stato detenuti dagli investitori esteri cade sotto il 60%, poiché le detenzioni di titoli vengono sempre più rimpiazzate dagli investimenti interni (European Commission, 2011c, p. 9).

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Figura n. 67 – Indice di sostenibilità del debito pubblico e rapporto debito su

Pil della Spagna

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Nel lungo periodo di espansione economica il tasso di crescita del Pil è nettamente superiore al tasso di interesse pagato sul debito. Si pensi che tra il 1999 ed il 2007, il tasso di crescita medio del Pil è pari al 7,7% contro un tasso di interesse medio pari al 4,4% (figure n. 68 e 69).

Di conseguenza, la differenza i – g risulta essere negativa; il che esclude problemi di sostenibilità del debito particolarmente rilevanti (figura n. 70). A ciò concorre anche il fatto che il disallineamento fra spese ed entrate pubbliche garantisce crescenti avanzi primari sulla base di un’aliquota fiscale molto elevata (figura n. 71).

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Figura n. 68 – Tasso di crescita del Pil nominale della Spagna

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Figura n. 69 – Tasso di interesse nominale sul debito della Spagna

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Figura n. 70 – Differenza fra tasso di interesse sul debito e tasso di crescita

del Pil nominali della Spagna

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Figura n. 71 – Avanzo (Disavanzo) primario su Pil della Spagna

148 Tuttavia, nell’arco di tempo considerato si possono individuare diversi fattori che contribuiscono all’intensità e alla durata del boom immobiliare. Innanzitutto, l’ingresso della Spagna nell’area euro porta all’eliminazione del premio per il rischio del paese, dal momento in cui i rischi associati alle svalutazioni, che erano abbastanza frequenti con la peseta spagnola, diventano ininfluenti con la moneta unica. Ciò produce due importanti effetti: da un lato, crollano repentinamente i tassi di interesse spagnoli; dall’altro, incrementano gli afflussi di capitali provenienti dall’estero, essendo gli investitori attratti dalle maggiori opportunità di investimento offerte dalla Spagna133 (European Commission, 2012a, p. 6). Come risultato, il costo ridotto del capitale ed il più facile accesso al credito alimentano la bolla immobiliare, determinando un innalzamento dei prezzi delle abitazioni, che cominciano ad accelerare dal 1998 con incrementi superiori al 10% fino al 2006 e a tassi di crescita più bassi, ma positivi fino alla seconda metà del 2008 (European Commission, 2012a, p. 8).

Il punto di svolta si ha alla fine del 2008, quando i tassi di interesse cominciano a crescere a fronte di una improvvisa caduta del tasso di crescita economica. Pertanto, la differenza i – g diventa bruscamente positiva, sollevando crescenti problemi di sostenibilità del debito. D’altra parte, tali problemi sono accentuati dal fatto che la Spagna comincia ad accumulare cospicui disavanzi

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Si noti che parte di questi afflussi di risorse finanziarie viene usata per incrementare l’intensità del capitale dell’economia spagnola con investimenti in attrezzature, ma una parte considerevole viene destinata al settore delle costruzioni e delle attività immobiliari. Come risultato, il debito del settore privato aumenta apprezzabilmente.

149 primari a seguito del crollo delle entrate ed dell’incremento di spesa pubblica necessario per la correzione degli squilibri interni (figura n. 72).

Figura n. 72 – Entrate pubbliche complessive e spesa pubblica, al netto degli

interessi, della Spagna (valori in % del Pil)

Fonte: Eurostat, Statistics, Database, Government revenue, expenditure and main aggregates.

3.4.6. Francia

L’abbattimento del debito pubblico su Pil è una delle maggiori sfide che deve affrontare il governo francese: dall’inizio del nuovo millennio il rapporto tra

150 debito pubblico e Pil è aumentato in misura costante fino a raggiungere un valore pari a 90 punti percentuali nel 2012134 (figura n. 73).

Figura n. 73 – Indice di sostenibilità del debito e rapporto debito su Pil della

Francia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

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“Un crescente rapporto debito pubblico su Pil può avere conseguenze avverse sulla stabilità macroeconomica (Singh, 2006), incoraggiando la fuga di capitali (Alesina e Tabellini, 1989; Cerra, Rishi e Saxena, 2008) ed incrementando l’incentivo dei politici a “scommettere per il rimborso” in maniera tale da creare maggiore volatilità politica (Malone, 2010)”(Presbitero, 2010, p. 2). Inoltre, “esso può influenzare negativamente la crescita economica attraverso più elevati tassi di interesse a lungo termine (Gale e Orzag, 2003; Baldacci e Kumar, 2010), inflazione (Sargent e Wallace 1981; Barro, 1995; Cochrane, 2010), più elevata tassazione futura distorsiva (Barro, 1979; Dotsey, 1994)” (Kumar e Woo, 2010, p. 5) e, di conseguenza, più basso investimento privato. A tal riguardo, “Diamond (1965) ritiene che attraverso l’impatto delle tasse necessarie a finanziare i pagamenti degli interessi, il debito pubblico riduce il consumo disponibile dei contribuenti, così come i loro risparmi, a fronte di una riduzione dello stock di capitale” (Checherita C. e Rother P., 2010, p. 10), che, a sua volta, determina uno spiazzamento dell’investimento privato.

151 Ciò nonostante, l’ingresso nell’Eurozona incide positivamente sulla sostenibilità del debito, poiché l’improvvisa caduta del tasso di interesse riduce il differenziale con il tasso di crescita del Pil (figure n. 74 e 75).

Come diretta conseguenza, l’indice di sostenibilità del debito mostra un andamento lievemente crescente, sia pur temporaneo.

Figura n. 74 – Tasso di interesse nominale sul debito della Francia

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Figura n. 75 – Differenza fra tasso di interesse sul debito e tasso di crescita

del Pil nominali della Francia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Nel periodo 2002-08 l’indice di sostenibilità del debito comincia ad essere gradualmente decrescente, poiché il saldo primario di bilancio diventa negativo a fronte di un incremento della spesa primaria pari all’1,2% del Pil (figure n. 76 e 77).

Ciò nonostante, il disavanzo primario rimane intorno ad un valore medio di circa l’0,5% del Pil, in considerazione del fatto che una crescita economica relativamente forte pari in media al 3,7% ha favorito un aggiustamento in termini strutturali (figura n. 78).

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Figura n. 76 – Avanzo (Disavanzo) primario su Pil della Francia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Figura n. 77 – Entrate pubbliche complessive e spesa pubblica, al netto degli

interessi, della Francia (valori in % del Pil)

Fonte: Eurostat, Statistics, Database, Government revenue, expenditure and main aggregates.

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Figura n. 78 – Tasso di crescita del Pil nominale della Francia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

I conti pubblici della Francia peggiorano significativamente durante la crisi con l’operatività degli stabilizzatori automatici e delle misure di stimolo fiscale, che innalzano il deficit primario intorno al 5% del Pil nel 2009. Inoltre, a seguito di un calo della crescita economica, le preoccupazioni dei mercati circa la capacità del paese di raggiungere gli obiettivi di bilancio a medio termine accrescono sempre di più ed imprimono un incremento significativo del tasso di interesse sul debito fino a rendere positiva la differenza i – g.

Come risultato, la Francia sperimenta un notevole ampliamento dello spread sui titoli di Stato nazionali rispetto ai Bund tedeschi (figura n. 79).

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Figura n. 79 – Spread dei titoli di Stato a lungo termine della Francia

rispetto alla Germania

Fonte: Elaborazione su OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Mentre agli inizi del 2008 lo spread ha un andamento abbastanza trascurabile, nel corso del 2009-10 esso comincia ad incrementare al punto tale da sfiorare i 140 punti base nel primo trimestre del 2012, anche alla luce del taglio del rating da parte di Moody’s che ha tolto ai titoli di Stato francesi la tripla A, degradandoli ad AA1 e mantenendo l’outlook negativo.

3.4.7. Italia

Il debito pubblico rappresenta la maggiore vulnerabilità per l’economia italiana: con un rapporto tra debito pubblico e Pil pari a 127 punti percentuali alla

156 fine del 2012, l’Italia ha il più elevato livello del debito pubblico su Pil tra i paesi virtuosi dell’area euro135

.

Ciò nonostante, l’indice di sostenibilità del debito segue un andamento crescente nel periodo antecedente la crisi economico-finanziaria, sia pur con una certa stazionarietà tra il 2001-2006 (figura n. 80).

Figura n. 80 – Indice di sostenibilità del debito pubblico e rapporto debito su

Pil dell’Italia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Lo scenario è quello di una limitata crescita economica, che si riflette principalmente in una bassa crescita della produttività totale dei fattori a partire

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Dopo l’adozione della moneta unica, il nostro paese non trae benefici dalla più bassa spesa per interessi, poiché lo stock del debito pubblico continua ad essere elevato, sebbene manifesti una lieve riduzione.

157 dalla fine degli anni ’90. La scarsa produttività dell’Italia è riconducibile al parziale assorbimento delle nuove tecnologie e ad una fragilità strutturale che limita sia l’efficienza organizzativa e la capacità di innovare dell’industria italiana sia la competitività sui mercati, specie nel settore dei servizi non commerciali, sia l’accumulazione di capitale umano (European Commission, 2013b, p. 6). Inoltre, la pressione fiscale è talmente elevata in Italia da incidere negativamente sul lavoro e capitale, a scapito della crescita economica (European Commission, 2013b, p. 20). Di conseguenza, il tasso di crescita del Pil appare molto contenuto con un valore medio del 3,9% nel periodo 1999-2007 (figura n. 81). Parimenti, il tasso di interesse sul debito registra una variazione media del 4,6%; il che giustifica la più bassa differenza positiva tra tasso di interesse e tasso di crescita del Pil (figure n. 82 e 83).

Figura n. 81 – Tasso di crescita del Pil nominale dell’Italia

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Figura n. 82 – Tasso di interesse nominale sul debito dell’Italia

Fonte: OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Figura n. 83 – Differenza fra tasso di interesse sul debito e tasso di crescita

del Pil nominali dell’Italia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013; OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

159 Questo può garantire la sostenibilità del debito, se si considera che nello stesso periodo di tempo il saldo primario di bilancio ha un trend costantemente positivo, sia pur decrescente fino al 2005 (figura n. 84).

Figura n. 84 – Avanzo (Disavanzo) primario su Pil dell’Italia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Anche se la bassa crescita del Pil rende più difficile raggiungere e mantenere gli ingenti surplus primari richiesti per collocare il rapporto debito pubblico su Pil su un sentiero decrescente, si osservi che negli anni pre-crisi tale rapporto tende a ridursi gradualmente grazie all’accumulo di surplus primari superiori in media al 3% del Pil (figura n. 85).

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Figura n. 85 – Correlazione tra avanzo (disavanzo) primario su Pil e debito

pubblico su Pil dell’Italia

Fonti: European Commission, General Government Debt, Spring 2006 e 2013.

Tuttavia, la crisi determina una brusca contrazione della crescita economica dell’Italia: tra il 2007 ed il 2009 il tasso di crescita del Pil si riduce del 7,6% a causa del crollo delle esportazioni e, di riflesso, degli investimenti. Ferma restando la stazionarietà del tasso di interesse pagato sul debito, la differenza fra le due variabili (i – g) aumenta corrispondentemente del 7,4%, spingendo l’indice di sostenibilità del debito verso il basso.

Successivamente segue un modesto recupero dell’economia italiana, ma esso subisce una battuta d’arresto nella seconda metà del 2011, poiché la domanda interna risente maggiormente della sfiducia degli operatori economici, delle precarie condizioni del mercato del lavoro e delle restrizioni creditizie per le imprese. L’economia italiana ritorna in declino nel 2012 con una contrazione del

0 20 40 60 80 100 120 140 -2 0 2 4 6 8 D e b ito p u b b li c o /P il

Avanzo (Disavanzo) primario/Pil

2012

1995 2008

161 Pil di circa il 3% che incide negativamente sulla sostenibilità del debito a fronte di un aumento del tasso di interesse pari all’1,5% rispetto al 2010.

Dato che l’economia italiana è la terza più grande nell’area euro ed il debito pubblico italiano pari ai 2 mila miliardi di euro è il secondo più elevato, si temono potenziali spillover delle tensioni sui mercati finanziari circa la sostenibilità del debito. Dalla fine del 2008, infatti, è possibile constatare un ampliamento dello spread sui titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi (figura n. 86).

Figura n. 86 – Spread dei titoli di Stato a lungo termine dell’Italia rispetto

alla Germania

Fonte: Elaborazione su OECD, Statistics, Database, Long-term interest rates.

Ciò nonostante, per effetto di una strategia fiscale credibile varata a livello nazionale, oltre ai progressi compiuti verso l’integrazione economica all’interno

162 dell’area euro, il governo italiano trae beneficio da un abbassamento del differenziale di rendimento sui titoli di Stato nei mesi più recenti.

3.4.8. Germania

Com’è noto, la Germania è il motore industriale dell’Unione Europea e negli ultimi anni, anche se ha visto crescere notevolmente il rapporto tra debito pubblico e Pil, non è oggetto di attacchi speculativi da parte dei bond vigilantes136.

Durante la crisi, mentre gli altri paesi europei risentivano di un innalzamento dello spread, in Germania si è formata una forte domanda di titoli pubblici che ha mantenuto i tassi di interesse su livelli piuttosto bassi (figura n. 87). Si pensi che a novembre 2011, i Bund decennali erano collocati al 2% contro il 7% degli equivalenti titoli italiani137 (figura n. 88).

Ciò nonostante, l’indice di sostenibilità del debito pubblico tedesco assume un andamento non lineare che deriva dalla storia recente della Germania (figura n. 89).

136

Si tratta di operatori finanziari che speculano sempre al ribasso sulle obbligazioni pubbliche, vale a dire che le vendono oggi per ricomprarle domani ad un prezzo più basso. “Quando l’ammontare del debito è una quota rilevante del Pil del paese debitore, e se l’economia non cresce ed il gettito tributario non aumenta, è difficile pagare gli interessi; così, ogni nuova emissione avviene a prezzi più bassi di quelli precedenti, e la speculazione al ribasso ha successo”