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2. C ONTESTUALISMO FUNZIONALE E CREATIVITÀ

2.5. C OGNIZIONE , LINGUAGGIO E CREATIVITÀ

2.5.1. Relational Frame Theory

La RFT (Hayes, Barnes-Holmes, & Roche, 2001) abbracciando una visione epistemologica di tipo contestualista, vuole offrire una strada alternativa alle spiegazioni di natura mentalista

(individuazione di agenti interni mentali/neurali di tipo mediazionale), per descrivere e spiegare lo sviluppo dei fenomeni di natura cognitiva.

È forse proprio all’interno di questa stimolante posizione concettuale, che analisti del

comportamento e studiosi cognitivi possono oggi trovare un comune terreno di dialogo, lasciandosi alle spalle le sterili diatribe teorico-epistemologiche che le hanno viste in perenne contrapposizione nel corso della storia della psicologia.

In chiave RFT il cuore del linguaggio umano e della cognizione risiede nella capacità appresa, da ciascun individuo verbalmente competente, di rispondere a relazioni tra eventi stimolo sotto il controllo di specifiche caratteristiche del contesto di interazione (comunità verbale di riferimento) e di “derivare” nuove relazioni tra stimoli sulla base delle relazioni precedentemente acquisite.

La RFT, insoddisfatta dall’ipotesi associazionista di tipo cognitivo (associazioni mentali in memoria), introduce un principio comportamentale considerato cardinale nella comprensione del linguaggio e della cognizione umana: l’apprendimento relazionale, o “Relational Responding”.

Per dirla con le parole di Nigel Vahey: “According to RFT, the core units of human language and cognition are not associations per se, but derived stimulus relations” (Vahey, Barnes-Holmes & Barnes-Holmes, 2009)

Apprendere risposte relazionali significa sviluppare un repertorio di risposte a un evento stimolo in funzione della relazione con un secondo evento stimolo all’interno di uno specifico contesto di apprendimento.

Un tipico esempio è la risposta alla relazione alto/basso. Un animale o un essere umano possono apprendere a discriminare quale fra due oggetti è il più alto sulla base della relazione fisica che intercorre tra due stimoli presentati ripetutamente per coppie di esemplari multipli (in relazione alto/basso) per un sufficiente numero di occasioni.

Quello appena descritto è un esempio di come la risposta emessa possa essere controllata dalle proprietà relative di uno stimolo e non dalle sue proprietà assolute (un soggetto impara cioè a riconoscere e discriminare ciò che è alto in relazione a ciò che è basso e viceversa).

Le ricerche in area RFT si sono spinte a indagare l’apprendimento di risposte relazionali fra stimoli posti in “relazione arbitraria” fra loro.

Rispondere a relazioni arbitrarie significa rispondere a relazioni tra stimoli non definite sulla base delle loro proprietà fisiche (es. alto/basso; lungo/corto; piccolo/grande ecc.), ma definite sulla base di relazioni “arbitrarie” che distinguiamo come tali poiché controllate dal contesto verbale all’interno del quale si realizza l’interazione tra un organismo (verbalmente competente) e l’ambiente. L’RFT definisce tali tipologia di risposte: Risposte Relazionali Arbitrariamente Applicabili e Contestualmente Controllate o RRAACC.

Se volessimo tradurre il linguaggio di base della RFT in un linguaggio descrittivo,

maggiormente accessibile anche ai non addetti ai lavori, pensiamo all’apprendimento tipico di un bambino di due anni al quale vogliamo per esempio insegnare che una perla è fisicamente più piccola (in termini di dimensioni fisiche) rispetto ad una pallina da tennis (risposta relazionale di tipo fisico). In seguito, non appena il bambino avrà sviluppato pienamente il linguaggio, sarà possibile insegnargli un’ulteriore discriminazione la cui natura è questa volta arbitraria, ovvero che la perla è in un certo senso più grande rispetto ad una pallina da tennis, quanto meno se

consideriamo il suo valore monetario (risposta relazionale di tipo arbitrario).

Oltre ad essere arbitraria (una perla ha un valore maggiore di una pallina da tennis solo per convenzione sociale), questa relazione psicologica è anche “reciproca” (per esempio, se una perla ha valore maggiore rispetto ad una pallina da tennis, una pallina da tennis avrà un valore minore rispetto ad una perla) e “combinatoria” (se infatti il bambino impara che una pallina da tennis vale più di una biglia, allora sulla base delle pregresse acquisizioni relazionali, deriverà che anche la perla ha un valore superiore a quello di una biglia) e può “trasformare la funzione degli stimoli” che partecipano a tale relazione arbitraria appresa (per esempio, se un ragazzino impara che la vendita di una pallina da tennis permette l’acquisto di un lecca lecca, allora probabilmente di fronte alla

scelta di vendere una pallina da tennis o una perla, è altamente probabile che la decisione cadrà su quest’ultimo stimolo dal momento che garantirà una maggiore ricompensa).

Quelle appena descritte e rappresentate in figura 1 per l’RFT sono le tre proprietà basilari che definiscono una risposta relazionale arbitraria: mutual entailment1 (implicazione reciproca),

combinatorial entailment2 (implicazione combinatoria) e transformation of stimulus function (trasformazione di funzione stimolo) (Hayes et al, 2001).

All’apparenza potremmo essere portati a considerare le proprietà comportamentali della RFT semplici asserzioni logiche.

Così, in figura 1, se A>B e B>C ne consegue che B<A (implicazione reciproca), C<B

(implicazione reciproca), C<A (implicazione combinatoria) e A>C (implicazione combinatoria). La questione centrale, tuttavia, è che in analisi del comportamento la logica è anch’essa un processo psicologico e come tale necessita di essere spiegato in termini di variabili e relazioni tra variabili. Non avrebbe infatti alcun senso spiegare un fenomeno psicologico (l’acquisizione di relazioni derivate) con un altro evento psicologico (la logica).

Consideriamo un altro esempio: un bambino partecipa a un gioco in cui viene istruito a “far finta che grande sia piccolo e piccolo sia grande”. In questo semplice esempio, le funzioni

relazionali di grande e piccolo vengono applicate in modo arbitrario e sono esattamente il contrario delle proprietà fisiche reali degli stimoli messi in relazione. In questo gioco gli esempi sopra riportati sono ribaltati, ma le risposte tra stimoli mantengono le medesime proprietà relazionali “reciproche”, “combinatorie” e di “trasformazione di funzione”.

Tra le proprietà del comportamento relazionale, un’attenzione particolare merita la

trasformazione di funzione stimolo. Con questo termine ci si riferisce al modo in cui il linguaggio può cambiare la funzione psicologica degli eventi stimolo permettendo al soggetto di “derivare” nuove funzioni (in assenza di insegnamento diretto).

Per esempio, prendiamo il caso di Davide, un ragazzino che da piccolo è stato spaventato da un cane e che, negli anni a seguire, ha generalizzato la sua paura anche ad altri cani. Tale funzione stimolo è stata acquisita tramite contatto con contingenze dirette (tale processo di apprendimento può essere facilmente spiegato in termini di condizionamento classico). Un giorno Davide si mette d’accordo con Simone, un suo compagno di classe, per andare a casa sua a giocare con il computer una volta terminati i compiti previsti per l’indomani. Conclusi gli esercizi, però, Davide desiste dal recarsi a casa dell’amico (dove per altro non era mai stato prima) solo perché a scuola la mattina del giorno stesso Simone gli aveva detto: “Devi proprio vedere il mio gatto, assomiglia ad un vecchio cane randagio!”. Davide ha paura di recarsi a casa di Simone perché ha derivato le funzioni stimolo del cane sul gatto, dal momento che questi termini partecipano a una relazione arbitraria sotto il controllo dello stimolo contestuale “assomiglia” che concorre a stabilire una relazione di equivalenza3 o di identità (in RFT si parla di frame di coordinamento).

In altre parole le proprietà aversive dello stimolo cane (acquisite da Davide per contatto diretto) vengono trasferite per derivazione (ovvero senza alcun contatto diretto/insegnamento) allo stimolo gatto solo sulla base della partecipazione di entrambi gli stimoli alla medesima relazione arbitraria. La trasformazione di funzione stimolo, come nel caso appena presentato, è quindi un altro modo con cui un evento ambientale, uno stimolo, può acquisire una nuova funzione psicologica.

1Mutual entailment: derivare la relazione reciproca a quella appresa (AB=>BA); in questo caso si parla anche di simmetria

2Combinatorial entailment: derivare la “combinazione” tra due relazioni tra stimoli (AB & BC => AC & CA)

3Relazione di equivalenza: una relazione o classe di equivalenza può essere definita come un insieme di stimoli, almeno tre, che, pur presentando caratteristiche fisiche diverse (arbitrarie), diventano funzionalmente sostituibili tra loro in un compito di discriminazione condizionale (matching to sample) in assenza di rinforzo (Sidman, Tailby, 1982).

Negli ultimi decenni il programma di ricerca sulle “relazioni derivate” inaugurato dall’RFT, ha saputo affermarsi in modo sempre più promettente in ambito clinico, sul versante educativo/ abilitativo e anche sul piano sociale (contribuendo alla formulazione di programmi finalizzati alla prevenzione di comportamenti socialmente maladattivi e programmi volti alla sostenibilità ambientale).

Infine, un altro grande merito riconducibile all’RFT è quello di aver dimostrato l’esistenza di numerose tipologie di risposte relazionali (oltre all’equivalenza), determinanti nella regolazione cognitiva del nostro comportamento. Si tratta di specifiche classi di risposte relazionali convogliate dall’RFT sotto l’etichetta di “relational frame”: frame di coordinamento (appunto relazioni di identità), frame di distinzione (relazioni di differenza), frame di confronto, frame di opposizione, frame gerarchici (relazioni di classificazione), frame temporali (relazioni di causalità) e frame deittici (relazioni di prospettiva).

In conclusione, le relazioni derivate tra stimoli e la trasformazione di funzione stimolo descritti dall’RFT possono fornire una valida base empirica per lo studio della creatività, senza necessità di ricorrere a spiegazioni mentalistiche di tipo mediazionale.