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2. C ONTESTUALISMO FUNZIONALE E CREATIVITÀ

2.3. I L COMPORTAMENTISMO RADICALE DI S KINNER

2.3.3. Spiegazione e descrizione

Skinner ha adottato un’altra caratteristica della filosofia della scienza di Ernst Mach, cioè l’intento di ridurre o limitare il concetto di spiegazione a quello di descrizione.

Questo può sembrare controintuitivo, in quanto è conoscenza comune che lo scopo della scienza è andare oltre la mera descrizione per rendere conto delle cause dei fenomeni.

Ernst Mach: descrizione e spiegazione. La posizione controintuitiva di Mach sorge da due argomentazioni: la definizione di descrizione, strettamente collegata al suo concetto di causazione, e

la sua opposizione alle teorie basate su una visione meccanicistica della natura, le quali si appellano a entità ipotetiche per colmare le distanze spazio temporali tra cause ed effetti.

Mach asserisce che la completa descrizione di un fenomeno costituisce una spiegazione sufficiente. Egli scrive che:

[it] is only possible of events that constantly recur, or of events that are made up of component parts that constantly recur. That only can be described, and conceptually represented, which is uniform and conformable to law; for description presupposes the employment of names by which to designate its elements; and names can acquire meanings only when applied to elements that constantly reappear. (Mach, 1893/1960, p. 6)

Secondo Mach i fenomeni privi di spiegazione sono quelli per i quali gli scienziati non hanno ancora trovato elementi ricorrenti, elementi che sono sempre presenti a dispetto di altre variabili:

When once we have reached the point where we are everywhere able to detect the same few simple elements, combining in the ordinary manner, then they appear to us as things that are familiar; we are no longer surprised, there is nothing new or strange to us in the phenomena, we feel at home with them, they no longer perplex us, they are explained, (Mach, 1893/1960, p. 7)

Presi singolarmente, i termini descrittivi usati dalla scienza non detengono alcun potere esplicativo, perché la loro capacità di spiegare un dato fenomeno deriva dalle teorie da cui arrivano i termini descrittivi di cui fanno uso.

In altre parole, ciascuno di quei termini descrittivi acquisisce il suo significato (e quindi il suo potere esplicativo) solo grazie alla rete di concetti che gli sta dietro.

Ad esempio, quando viene descritta la rifrazione della luce nell’acqua, dalle parole luce ed acqua vengono sottintese diverse proprietà, proprietà che per essere spiegate hanno bisogno a loro volta di altri termini che nel loro insieme vanno a formare una rete di relazioni concettuali.

“La luce si rifrange nell’acqua”, è una descrizione della relazione tra proprietà concettuali, ma ovviamente non risponde alla domanda “Perché la luce si rifrange nell’acqua?”. La domanda

potrebbe essere soddisfatta solo da un’ulteriore descrizione della relazione tra le proprietà della luce e dell’acqua e della legge di rifrazione.

Invece la stessa descrizione, cioè “La luce si rifrange nell’acqua”, acquisirebbe funzione di spiegazione a fronte della domanda: “Perché il mio bastone sembra piegarsi quando lo metto nel lago?”, perché descrive la relazione tra le proprietà concettuali del lago (fatto di acqua) e quelle del modo in cui vediamo il bastone (attraverso la luce).

Andando in direzione opposta, dovendo rispondere alla domanda “Perché la luce si rifrange nell’acqua?” sarebbe necessario descrivere la relazione esistente tra le proprietà concettuali di luce ed acqua, cioè il comportamento di un’onda (quale è la luce) che attraversa un mezzo ottico più denso dell’aria (quale è l’acqua).

Quindi, ad ogni livello di indagine, la spiegazione è costituita dalla descrizione delle relazioni tra le proprietà concettuali degli elementi coinvolti, cioè le “relazioni funzionali” di Mach.

Spesso le proprietà concettuali sono talmente compresse e familiari da passare inosservate, ma in ogni modo, qualunque resoconto di un fenomeno naturale consiste di un descrizione di relazioni. Le spiegazioni sono descrizioni.

Ma se spiegazione e descrizione sono la stessa cosa, perché mai distinguerle? Per rispondere occorre esaminare un’altra parte delle argomentazioni portate da Mach.

Mach contro i “marchingegni mentali”. Il dibattito riguardante l’atomo di cui Mach è stato uno dei protagonisti, avvenuto a cavallo tra XIX e XX secolo, non ha riguardato semplicemente la realtà degli atomi o il potere esplicativo della teoria atomica: le critiche di Mach mosse ai fisici del tempo avrebbero infatti avuto delle implicazioni per la filosofia della scienza e per il metodo scientifico in se stessi.

Mach era preoccupato dal potere esplicativo conferito alle teorie atomiche per due ragioni. Primo, egli temeva che queste teorie potessero distrarre l’attenzione dal fenomeno di cui dovevano rendere conto; cioè che il costrutto ipotetico (l’atomo, in questo caso) venisse portato al centro dell’attenzione a sfavore delle relazioni funzionali tra gli eventi osservati.

Secondo, egli vedeva queste teorizzazioni come dei tentativi di ridurre i fenomeni naturali a dei sistemi meccanici, e di descrivere il mondo come una grande macchina che sarebbe stata compresa una volta che fosse stata identificata ciascuna delle parti di cui era composta.

In altre parole, questo genere di teorizzazioni afferiva a una visione meccanicista contro la quale Mach era apertamente schierato.

Benché Mach fosse ostile a interpretazioni che inserivano elementi mediatori all’interno delle relazioni funzionali, egli ammetteva la funzione euristica di entità ipotetiche non osservabili, come erano gli atomi. Visti come degli ausili temporanei, e non come realtà ontologiche, queste entità ipotetiche dovevano avere la funzione di generare nuove domande e stabilire nuove relazioni e nuove leggi; ma una volta che lo scopo fosse stato raggiunto e nuove relazioni funzionali erano state stabilite, queste entità ipotetiche dovevano essere abbandonate.

Queste entità dovevano rimanere nel mondo delle ipotesi senza mai assurgere allo status di spiegazione (descrizione), e tali teorie diventavano problematiche proprio nel momento in cui venivano elevate a spiegazioni.

Quindi la distinzione di Mach tra spiegazione e descrizione riguarda la distinzione tra sistemi esplicativi che integrano e descrivono dipendenze funzionali osservate, e sistemi esplicativi che invocano entità ipotetiche che si inseriscono in quelle relazioni funzionali come gli anelli di una catena causale. Il dibattito sull’atomo non riguardava tanto l’esistenza dell’atomo, quanto l’interpretazione scientifica e il concetto di causazione.

La fisica del diciannovesimo secolo era di fatto popolata da queste entità ipotetiche; l’attrazione o la repulsione gravitazionale erano attribuite a un’azione che avveniva tramite un medium, particelle o etere che fosse.

Questo medium, ipotetico e non osservato, garantiva il contatto fisico che permetteva

all’azione avere luogo, come nella causalità meccanica e nelle catene causali. La logica sottostante era che se eventi distanti tra loro mostravano di essere in relazione funzionale, allora ci doveva essere tra questi due eventi una sequenza di altri eventi, un medium, qualche struttura, qualche meccanismo che li collegava.

Per il meccanicista, è la cosa che sta tra gli eventi che spiega la loro relazione, anche se tutto quello che viene osservato è la relazione e nient'altro.

Mach riduceva la visione meccanicista della fisica a un mero pregiudizio; egli era critico verso il modo in cui le entità ipotetiche passavano dallo status di strumento scientifico a quello di spiegazione, diventando esse stesse delle realtà retrostanti ai fenomeni osservati.

Egli era critico anche nei confronti di quegli scienziati che, avendo creato dei modelli teorici che usavano costrutti ipotetici (come gli atomi), rendevano lo stesso costrutto oggetto di indagine, mettendo in secondo piano il fenomeno di cui il modello o il costrutto doveva originariamente rendere conto. Egli definiva questi modelli “marchingegni mentali”, e metteva in guardia dal non scambiarli con le descrizioni del mondo reale.

Secondo Mach le entità ipotetiche non possono mai assurgere allo status di spiegazione perché non descrivono nulla; dissuadeva inoltre gli scienziati dal far diventare gli stessi costrutti

ipotetici oggetto di ricerca, e si opponeva a un’idea di causazione che prevedesse la presenza di qualcosa che collegasse due fenomeni in relazione tra loro.

Skinner: descrizione e spiegazione. La concezione che Skinner ha della nozione di

descrizione è del tutto analoga a quella di Mach; per Skinner le descrizioni sono affermazioni su delle dipendenze funzionali, cioè su regolarità nella relazione tra variabili dipendenti e indipendenti. In tal senso la descrizione va distinta dalla narrazione, nella quale viene semplicemente detto che qualcosa è accaduto (Skinner 1938):

In the narrative form, for example, it may be said that "at such and such a moment the ape picked up a stick." Here there is no reference to other instances of the same behavior either past or future. It is not asserted that all apes pick up sticks.(p. 9)

Nell’esempio della rifrazione della luce, un’asserzione narrativa sarebbe stata: “Al tempo X, questo raggio di luce si rifrange attraverso questo medium”; questa affermazione viene definita narrativa perché descrive un evento unico, senza fare alcun riferimento a delle regolarità. D’altra parte, l’affermazione “La luce rifrange nell’acqua” è descrittiva perché esprime un’uniformità, una regolarità nel comportamento della luce all’interno di un medium, cioè una relazione tra proprietà concettuali.

Perché sia esplicativa, una descrizione deve mettere in relazione delle uniformità tra classi o proprietà. Nel sistema skinneriano, le descrizioni integrano e riassumono relazioni, ma senza andare oltre ciò che viene osservato. Per Skinner il termine riflesso, ad esempio, non descrive né più né meno che una relazione tra un evento e un altro, senza fare alcun riferimento a entità interne

all’organismo che giustifichino questa relazione tra stimolo e risposta (come pretende invece di fare la nozione di “arco neurale”). Il termine riflesso è solo l’astrazione dell’uniformità della relazione tra due eventi. Se si deve proprio dare una collocazione al riflesso, esso sta nella relazione tra particolari tipi di stimoli e risposte, e non dentro l’organismo. La spiegazione risiede quindi nell’espressione di queste relazioni.

Quindi il comportamento trova la sua spiegazione nella descrizione di uniformità di relazioni tra variabili dipendenti (unità di comportamento) e variabili indipendenti nel contesto nel quale i comportamenti hanno luogo.

Sia per Skinner che per Mach la descrizione è spiegazione. Come Mach, anche Skinner mette in guardia contro teorie e concetti di causazione che presuppongano spazi temporali da riempire con eventi mediatori o strutture ipotetiche.