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Relazione disfunzionale, marriage to death e coloriture bacchiche

4. Troiane

4.3 Cassandra sulla scena

4.3.4 Relazione disfunzionale, marriage to death e coloriture bacchiche

Alcuni aspetti della monodia fungono da spia di una “non regolarità del canto” che è da porre in relazione ad una anomalia della condizione di sposa della vergine114.

Cassandra deve lasciare la madre e le tende (la città di Troia è distrutta) per entrare in un’altra casa e la scena nel complesso potrebbe evocare una νυμφαγωγία, tanto più che Taltibio in risposta ad Ecuba ha sottolineato che non sarà «serva della sposa spartana» (ἦ τᾷ Λακεδαιμονίᾳ νύμφᾳ δούλαν, vv. 249-250), ma concubina (λέκτρων σκότια νυμφευτήρια v. 251).

Tuttavia questa νυμφαγωγία risulta alquanto singolare dato che, nel condurre Cassandra, il messaggero Taltibio sembra sostituire la figura dello sposo che, tra l’altro, ha già Clitemestra come moglie legittima.

L’unione tra Agamennone e Cassandra non è quindi di tipo nuziale regolare e all’interno delle Troiane tale irregolarità è sottolineata, mediante l’aggettivo σκότιος, sia da Taltibio in questo primo episodio (v. 251 σκότια νυμφευτήρια),

sia da Posidone nel prologo (v. 44 γαμεῖ βιαίως σκότιον Ἀγαμέμνων λέχος). Ne deriva che anche agli occhi del Coro e della madre Ecuba l’allontanamento di Cassandra è quello di una prigioniera che è stata assegnata ad un guerriero vincitore e non di una sposa che va incontro ad una unione matrimoniale in occasione della quale è consuetudine intonare il canto. L’allusione al canto imeneo mediante il recupero di elementi formali caratteristici (imeneo, torce, makarismos…) si realizza in un’occasione differente da quella di una celebrazione matrimoniale regolare.

Swift 2010 ha osservato che in tragedia il genere celebrativo imeneo si pone in contrasto con la situazione drammatica rappresentata sulla scena. Nello specifico, la studiosa ha osservato che l’imeneo è evocato in contesti funebri o nel quadro di relazioni disfunzionali. Esempi di quest’ultimo aspetto si trovano nelle Trachinie o nell’Agamennone. Nel primo caso, il linguaggio matrimoniale sottolinea l’alterazione del vincolo nuziale a causa della relazione extra-matrimoniale di Eracle e nel secondo gli elementi del rituale

114 Del resto i termini γαμέω e γάμος sono solitamente utilizzati per unioni legittime, ma in Omero Od. I, 36 ricorrono nel contesto di un’unione non matrimoniale.

nuziale sono funzionali a creare un contrasto tra il paradigma positivo del matrimonio e l’alterazione della relazione tra Clitemestra e Agamennone. Come è noto, la regina ha trovato in Egisto un nuovo partner sessuale e il re Agamennone ha fatto ingresso a palazzo assieme a Cassandra. La relazione tra il re e la concubina è presentata come una deviazione dal paradigma positivo della regolare unione nuziale e in questa direzione potrebbe essere interpretato il canto imeneo intonato da Cassandra nelle Troiane.

Si può osservare tuttavia che mentre nelle Trachinie e nell’Agamennone il recupero degli elementi nuziali è funzionale a ricordare unioni matrimoniali regolamente contratte in passato e alterate nel presente scenico, l’intervento di Cassandra nelle Troiane presenta una declinazione differente di tale tema: la vergine non ha mai celebrato un matrimonio ed ora, in termini matrimoniali, viene presentato il suo cammino verso la schiavitù115.

Come sottolineato da Swift 2010 (p.255), assimilare il matrimonio al rapimento o allo stupro è un procedimento funzionale a creare un contrasto tra un modo appropriato e uno inappropriato di agire in merito al desiderio sessuale: la monodia di Cassandra presenta in effetti elementi tipici dell’imeneo per sottolineare che il matrimonio che celebra è di fatto il suo asservimento ad Agamennone come concubina.

Analoghi esempi si rintracciano nell’Ippolito e nello Ione, tragedie in cui il lessico matrimoniale va ad evidenziare rispettivamente la cattura di Iole da parte di Eracle dopo il saccheggio della città (vv. 545-554 e in particolare φονίοισι νυμφείοις, 552) e il rapimento di Creusa da parte di Apollo (ἐμφὺς καρποῖσιν/ χειρῶν vv. 891-892 con riferimento al gesto matrimoniale conosciuto come χεῖρ ' ἐπì καρπῷ).

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Interessante in merito alla figura di Cassandra e al suo rapporto con il rituale matrimoniale è la monografia di Mason 2006. La studiosa osserva che nella tradizione precedente non si hanno attestazioni di una regolare unione matrimoniale contratta da Cassandra. Nel libro XIII dell’Iliade (vv. 363-88) Otrioneo giunge a Troia per ottenere la mano di Cassandra offrendo a Priamo una grande impresa in alleanza con i Troiani piuttosto che i tradizionali doni nuziali (ἔδνα), ma l’eroe viene ucciso da Idomeneo prima di poter contrarre le nozze. Un episodio simile lo troviamo, stando alla testimonianza di Pausania (Paus. X, 27, 1), nella Mikra Ilias (fr 15) e lo possiamo rintracciare anche nell’Eneide virgiliana (Verg. Aen. II, 341-426). In tali opere infatti Otrioneo giunge a Troia per portare aiuto a Priamo ma viene ucciso da Peneleo. La narrazione di una situazione analoga, ovvero di Cassandra offerta in matrimonio in cambio di alleanze e di questo γάμος mai raggiunto si trova anche nell’orazione Odisseo, attribuita ad Alcidamante, ma forse spuria.

Nelle Troiane si assiste in generale ad un recupero dell’immaginario matrimoniale per segnalare il futuro di schiavitù delle donne. Rispetto alle loro espressioni di lamento risulta stridente l’arrivo sulla scena di Cassandra che intende piuttosto intonare il canto per la sua unione. Il desiderio di celebrare con canti e danze isola Cassandra dalla madre e dalle donne del Coro (che replicano con pianti e lacrime cf. vv. 351-352) e fa sì che le venga attribuito l’appellativo di μαινάς (v. 349), come si può osservare nel breve scambio tra Ecuba e il Coro al termine della monodia (vv. 341-353):

Χο. βασίλεια, βακχεύουσαν οὐ λήψηι κόρην, μὴ κοῦφον ἄρηι βῆμ’ ἐς Ἀργείων στρατόν; Εκ. Ἥφαιστε, δαιδουχεῖς μὲν ἐν γάμοις βροτῶν, ἀτὰρ λυγράν γε τήνδ’ ἀναιθύσσεις φλόγα ἔξω τε μεγάλων ἐλπίδων. οἴμοι, τέκνον, ὡς οὐχ ὑπ’ αἰχμῆς <σ’> οὐδ’ ὑπ’ Ἀργείου δορὸς γάμους γαμεῖσθαι τούσδ’ ἐδόξαζόν ποτε. παράδος ἐμοὶ φῶς· οὐ γὰρ ὀρθὰ116πυρφορεῖς μαινὰς θοάζουσ’, οὐδὲ σαῖς τύχαις, τέκνον, σεσωφρόνηκας ἀλλ’ ἔτ’ ἐν ταὐτῶι μένεις ἐσφέρετε πεύκας δάκρυά τ’ ἀνταλλάσσετε ἐσφέρετε πεύκας δάκρυά τ’ ἀνταλλάσσετε τοῖς τῆσδε μέλεσι, Τρωιάδες, γαμηλίοις.

116 οὐ γὰρ ὀρθά (v. 348). Paley 1872 traduce: «you do not hold the torch straight» e aggiunge la nota «perhaps because this was a bad omen». Barlow 1983 (pag. 175) traduce con «you are not carrying the torch straight» e precisa che ὀρθός può indicare sia «straight» in senso fisico sia «correct» e, ritenendo il primo significato più plausibile, giustifica così la scelta: «Cassandra is mad. Would Hecuba plausibly worry about ritual correctness at such a moment? I doubt it. Talthybius has also foreshadowed the danger of the torch by his comments at v. 298».

Diversamente Lee 1997 (p. 133) opta per l’altro significato di ὀρθός in quanto ritiene che se Ecuba chiede alla figlia di dare a lei la torcia è perché crede che Cassandra non stia eseguendo correttamente il rituale ed esplicita così le parole di Ecuba: «you do not carry the torch in the proper circumstances» (Kovacs 2018, p. 184 intende la non correttezza come «out of place, crazy»). Al di là della sfumatura di ὀρθός, ciò che conta in questa sede è che la madre vuole togliere la torcia dalle mani della figlia e non per innalzarla lei stessa, svolgendo correttamente il rito nuziale e assolvendo ai suoi doveri di madre della sposa, ma unicamente poiché, al contrario di Cassandra, Ecuba ritiene un rituale nuziale inappropriato alle circostanze.

«Co: Regina, non afferri la fanciulla invasata, affinchè non sollevi leggero il passo verso l’esercito argivo?

E.: O Efesto, tu porti la fiaccola nelle nozze dei mortali, ma funesta (è) questa fiamma che attizzi e contraria a grandi speranze. Ohimè, figlia, non pensavo mai che tu, sotto la punta di lancia argiva, avresti contatto tali nozze. Consegna a me il lume: infatti non rettamente porti la torcia muovendoti rapidamente come una baccante, né le vicende, o figlia, ti hanno ridato il senno, ma ancora persisti in questo. O Troiane, portate i pini (=fiaccole) e in cambio di questi canti nuziali offrite lacrime».

Al termine della monodia Cassandra viene definita dal coro «in preda al delirio» (βακχεύουσαν κόρη v. 342) e la madre Ecuba le chiede di cederle la fiamma che Cassandra regge «con furore di menade» (μαινὰς θοάζουσ' v. 349) dato che non ha recuperato il senno neppure tra le sventure (οὐδὲ σαῖς τύχαις τέκνον σεσωφρόνηκας vv. 349-50).

Tale giudizio su Cassandra precede e segue la monodia: fin dal prologo abbiamo Posidone che descrive Cassandra come δρομάς, «in corsa» e designa come responsabile di questa condizione il dio Apollo (ἥν δὲ παρθένον/ μεθῆκ ' Ἀπόλλων δρομάδα Κασάνδραν ἄναξ vv. 41-42). Il termine ha la stessa radice di δρόμος “corsa”, modalità di procedere che caratterizza i folli in generale e le Baccanti in particolare117. Nello specifico della tragedia le parole di Posidone preannunciano la successiva entrata in scena di Cassandra “di corsa” e con le fiaccole in mano e dunque fin dal prologo viene anticipata la modalità di esecuzione della scena di Cassandra e il giudizio che su di lei esprimeranno i vari personaggi (Taltibio, Ecuba e il Coro). A seguire infatti, Ecuba chiede alle donne del Coro di non aggiungere ulteriore dolore conducendo fuori dalle tende la «delirante», la «menade» Cassandra (αἷ, αἷ /μή νύν μοι τάν / ἐκβακχεύσαν Κασάνδραν/ αἰσχύναν Ἀργείοισιν, / πεμψητ ' ἔξω, / μαινάδ' ἐπ ' ἄλγει δ' ἀλγυνθῶ/ ἰώ vv. 168 -173). Appena prima della monodia, viene definita «delirante» da Taltibio quando

117 in Eur. Hip. v. 549 il termine compare come unione a βάκχη nella locuzione «δρομάδα βάκχαν»; cf. anche Suppl. vv. 1000-01 «δρομάς …ἐκβακχευσαμένα»·

quest’ultimo avvista il bagliore di torcia ([…] παῖς ἐμὴ μαινὰς θοάζει δεῦρο Κασσάνδρα δρόμῳ vv.306-307).

Dunque sia dai Troiani (il Coro e la madre Ecuba) che dal rappresentante degli Achei (Taltibio) Cassandra viene definita μαινάς, termine che per ben due volte abbiamo visto comparire in associazione al verbo θοάζω e che, derivato dal verbo μαίνομαι, vuol dire «furente», «folle» e viene usato come termine tecnico per indicare le menadi, le Baccanti di Dioniso118. Per quanto concerne il verbo θοάζω invece, questo è della stessa radice di θέω con vocalismo ’o’ ed indica un movimento veloce di un individuo che è sotto l’influenza di un dio119. Sulla stessa scia, gli altri termini che vengono impiegati per esprimere un giudizio su Cassandra derivano dalla radice – βάκχ. Circa il significato e l’impiego di questa famiglia di parole, Dodds 1940 sottolinea che βακχεύειν oltre ad avere un significato tecnico di “partecipare al rito bacchico” indica anche un’esperienza generale di comunione con una divinità che trasforma l’essere umano in βάκχος o βάκχη120 (non a caso,

118

cf. Chantraine 1968, s. v. μαίνομαι. Cf. anche Hsch. s.v. μαινάς

119 cf. Chantraine 1968 s.v. θέω e questo compare due volte nelle Baccanti dove è utilizzato sia dal coro stesso di Baccanti (v. 65) sia da Penteo (v. 219) per descrivere il comportamento delle invasate di Dioniso.

120

Cf. Dodds 1940 = Dodds 1959, 329-34 (in part. 319 n.1) e anche Chantraine 1968 s.v. βάκχος e West 1975, 234-35.Se i termini impiegati per connotare Cassandra e il linguaggio da lei utilizzato nella monodia risultano essere di coloritura bacchica, è al contrario del tutto assente il lessico mantico individuato in relazione a lei nell’Agamennone eschileo. Cassandra non viene mai appellata col termine μάντις, né compaiono termini di questa famiglia (fatta eccezione per l’aggettivo μαντεῖος riferito ad Apollo al verso 454). La scelta di presentare Cassandra con lessico appartenente alla sfera bacchica si trova estesa all’intera produzione euripidea: Ecuba (μαντιπόλος βακχη v. 121; τò Βακχεῖον κάρα /τῃς θεσπιῳδοῦ Κασσάνδρας vv. 676-77); Elettra (μαινάς ἔνθεος κόρη v. 1032); Ifigenia in Aulide (Κασσάνδραν…ρίπτειν πλοκάμους vv. 757-58); Alessandro (fr. 7 Snell β] ακχεύει φρένα [ ). Mattes 1970 ritiene che in Euripide il lessico di questa sfera (-βακχ) venga utilizzato in contesti non dionisiaci con valore metaforico e, nello specifico, per indicare la follia intesa come forma di possessione (cf. Mattes 1970, 101-02. Cf. schol. Eur. Tr. 169 διὰ τὸ μαίνεσθαι

Hsch. s.v. βακχεύει μαίνεται E.M. βακχος μαινόμενος Suid. s.v. βακχεύων μαινόμενος e cf.

anche Calvo Martìnez 1973, 161 n.2, Ciani 1974, 91; Graf 1985, 286: «Alle Worter vom Stamme βακχ- bezeichen, wenn sie nicht unmittelbar auf den Kult des Dionysos verweisen, allgemein Raserei, Wahnsinn und Ekstase» e già Gernet 1968, 69 aveva notato che «c’est dans le vocabulaire de la religion dionysiaque que ces manifestasions sont traduites»). Le analisi dell’impiego metaforico del linguaggio bacchico in genere o nello specifico della produzione euripidea approdano anche al profilo di menade come «tragic model» (cf. Schlesier 1993) Si segnalano Cole 1980, 229 o Seaford 1987, 1993, 1994 e infine a Bierl 1991 che ha posto in connessione l’idea di “tragic wedding” e di distruzione della casa con l’impiego di “Dionysiac metaphor”. Schlesier 1993 ha individuato come la menade funzioni in relazione all’assassinio di congiunti, alla guerra e all’amore. Tuttavia all’interno delle Troiane

sono tipici delle Baccanti e ricorrono numerose volte nell’omonima tragedia). Lo stato di alterazione di Cassandra veicolato dal lessico bacchico è stato posto da Barlow 1983 in connessione con le anomalie del canto da lei intonato. La studiosa, dopo aver definito la monodia «a mockery of the real situation» (pag 173), osserva che ha elementi di normalità caratteristici di un canto nuziale che diventano tuttavia ironici poiché risultano inappropriati per una persona per cui il matrimonio non era stato contemplato (vergine di Apollo vv. 41-42) e, a ben vedere, ancora di più dato che non si tratta di un matrimonio ma di una schiavitù forzata che porterà solo sofferenza e che causerà, indirettamente, la morte di Agamennone.

In merito a tale distorsione della normalità, la studiosa ritiene che sia funzionale a sottolineare lo stato di alterazione della folle Cassandra: «There is a stroke of genius here in portraying madness as normality gone wrong, or rather inappropriately applied» (p. 173).

Effettivamente di Cassandra nel corso della tragedia viene spesso evidenziato, attraverso le parole di altri personaggi, uno stato di alterazione e Barlow ritiene che questa condizione di follia protegga Cassandra dal vedere lo stato attuale per ciò che realmente è (distruzione di Troia e schiavitù delle donne) e che di conseguenza la spinga a cantare con ingenua gioia121. l’uso del lessico bacchico in relazione a Cassandra non sembra funzionale tanto ad una sua presentazione come Erinni, ovvero come sposa-furia distruttrice della casa (una delle tre Erinni si definisce Cassandra stessa al v. 457 e Diggle 1981, p. 62 sostiene che le altre due siano Egisto e Clitemestra), ma sembra piuttosto avere implicazioni più sottili connesse con il suo ruolo di profetessa non creduta. Come osserva Mazzoldi 2001 (pp. 219-244) è vero che anche nelle Troiane Cassandra è capace di prevedere il futuro (e ciò produce un livello di conoscenza maggiore rispetto alla madre e al Coro), ma è vero anche che non viene presentata durante una fase di possessione mantica, tant’è che il passaggio dai versi lirici alla logica lucidità dei giambi non ha nulla a che vedere con l’alternanza di visione e di controllo razionale, con il passaggio dallo stato di trance e di ispirazione estatica ad un recupero del contatto con la realtà. La studiosa analizza in modo estremamente puntuale il campo lessicale bacchico che punteggia in maniera piuttosto omogenea la monodia di Cassandra e ne evidenzia la anomalia rispetto all’ ‘ortodossia’ divinatoria che è regolata da Apollo. La studiosa al termine di una disamina sulla figura di Cassandra nell’intera produzione euripidea (Hec. 121, 676-677; El. 1032; IA 757-758) conclude che «Euripide sembra operare una precisa scelta nel connotare sistematicamente l’invasamento apollineo di Cassandra con tratti che afferiscono alla sfera dionisiaca, suggerendo la duplice immagine di una menade e di una pazza, per evidenziare il suo stato di eccezionalità ed emarginazione». Nello specifico della tragedia Troiane, opera un distinguo tra la caratterizzazione esterna del personaggio (punto di vista di Taltibio, Ecuba, Coro) ed interna (la monodia stessa di Cassandra presenta lessico bacchico).

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Il lessico afferente alla sfera bacchica contribuisce ad una presentazione menadica del personaggio di Cassandra122 ed è utilizzato sia per i giudizi su di lei espressi da Ecuba, dal Coro e da Taltibio, sia per la caratterizzazione del personaggio nel corso dei suoi interventi sulla scena. In effetti la monodia stessa intonata da Cassandra (vv. 308-41) presenta elementi ed espressioni della sfera bacchica:

-ἄνεχε, πάρεχε, è una formula usata sia nei contesti matrimoniali (IA v. 732 ss.) sia nei baccanali (Bac. v. 145, Ion. v. 716, Eur. fr. 472, v. 13 TrGF);

-le torce sono in generale utilizzate non solo nelle celebrazioni matrimoniali, ma anche nei riti menadici e l’insistenza quasi ossessiva sui termini della stessa area semantica (torce) o di aree affini (luce e splendore), sembra richiamare la fase di iniziazione mistica in cui la luce svolge un ruolo fondamentale;

-il μακαρισμός è un motivo presente nel rituale bacchico e, in particolare, nella fase di iniziazione123;

-il grido εὐὰν εὐοῖ124 funzionale a veicolare una gioia che contrasta con la miseria presente è tipico dei Baccanali. Εὔια “bacchiche” (da Εὔιος, epiteto di Dioniso) sono anche definite, in senso traslato, le agalmata di Apollo (v. 451);

Cassandra sia riservata alla parte successiva in trimetri giambici: il cambio di metri impiegati (da versi lirici a trimetri giambici) segnerebbe un passaggio dalla natura delirante del folle canto matrimoniale ad un discorso lucido, chiaro e profetico del suo ruolo (Barlow 1983, p. 173).

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Sulla duplicità dello ‘statuto’ del personaggio di Cassandra, profetessa di Apollo e menade dionisiaca, quale appare nelle Troiane, cf. Mazzoldi 2001, pp. 219-244.

123 Cf. Eur. Bac. 72-82; Cole 1980 (pp. 233-34); Seaford 1981 (pp. 253, 260). E sull’ironia di questo μακαρισμός iniziale si veda Seaford 1994 (pp. 356-357), mentre per il rito del menadismo con funzioni prematrimoniali cf. Bremmer 1984 (pp. 282-285).

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Per εὐάν εὐοῖ cf. schol. Eur. Tr. «325 τò εὗ ἂν εὖ οἶ Βακχικά ἐπιφθέγματα εἰσì δὲ ἐπιρρήματα θειασμοῦ» cf. anche Schlesier 1993 (p. 105) e per εὔια cf. Bierl 1991 (p. 230) Troviamo questo grido rituale in Aristoph. Lys. V. 1294; Soph. Tr. V. 219; Eur. Bac. v. 141.

-l’intera antistrofe è costruita su termini e immagini della danza (χορόν v. 326; χορός v. 329; χόρευε v. 332) in quanto Cassandra, con ricorso all’imperativo, invita vanamente la madre e il Coro a prendervi parte. E la danza e il desiderio di rendere comunitario il rito sono tratti tipicamente dionisiaci che si rintracciano infatti nella tragedia Baccanti125;

-il liberarsi delle insegne di sacerdotessa è definito come σπαραγμός (σπαραγμοῖς v. 453), termine che sembra nuovamente alludere alla sfera bacchica. Come per le Baccanti lo σπαραγμός costituisce l’acme e la conclusione del rito dionisiaco, così per la mainas Cassandra lo σπαραγμός delle insegne del sacerdozio di Apollo coincide con il termine della sua esecuzione, dunque con l’apice emotivo della propria presenza in scena prima della sua uscita verso la nave greca126;

-si osserva infine la presenza di dimetri o tetrametri bacchiaci127 (vv. 320- 321; 336-37).

L’immagine di Cassandra sembra di conseguenza sovrapponibile a quella di un’altra figura femminile del repertorio tragico euripideo: l’Evadne delle

Supplici. Al momento di sacrificare la propria vita sulla pira del marito

Capaneo per raggiungerlo nell’Aldilà, la donna dà infatti vita ad una forte commistione tra elementi funebri e nuziali (vv. 990-1030) in uno stato di concitazione che ricorda quello di Cassandra e che presenta analoghe coloriture bacchiche. Nella presentazione dei due personaggi una particolare attenzione viene riservata all’elemento della corsa: Cassandra ed Evadne in effetti compaiono sulla scena correndo128 (vv. 306-307 παῖς ἐμὴ μαινὰς

125 Per la danza come espressione della presenza della divinità nell’estasi dionisiaca cf. Burkert 1977 (p. 179) e anche «ekstatische tanze» in Bierl 1991 (p. 227). Per l’uso dell’imperativo invece si veda Guidorizzi 1997 (p. 227).

126 Anche nell’Agamennone di Eschilo Cassandra si libera delle bende del dio e, al contrario di quanto accade nelle Troiane, è mossa da rabbia e risentimento verso il dio che l’ha condannata a non essere creduta (vv. 1264 ss.).

127 Il grido degli iniziati al culto di Dioniso «ἴακχ ' ὦ ἴακχε» (Ar. Ra vv. 316-17, 325) può essere scandito come dimetro bacchiaco e mostra affinità foniche con il v. 337 della monodia di Cassandra (ἰαχαῖς τε νύμφαν). Una coppia di bacchei introduce anche la monodia di Evadne (cf. Eur. Suppl. vv. 990; 1002).

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Θοάζει δεῦρο Κασσάνδρα δρόμῳ; Suppl. vv. 1000-1001 πρός σ'ἔβαν δρομὰς ἐξ ἐμῶν οἴκων ἐκβακχευσαμένα).

Dal punto di vista metrico – ritmico poi, si può notare l’identica successione di due bacchei e di due gliconei con incipit bacchiaco (Suppl. 990-992 = 1012-1014; Tr. 321-323=337-339) e la ripresa, con lieve variazione testuale, dei bacchei della monodia di Evadne (τί φέγγος, τίν ' αἴγλαν v.990 e πυράς ϕῶς, v. 1002) nelle Troiane (ἐς αὐγάν, ἐς αἴγλαν v. 321 e πυρòς ϕῶς v. 320). Infine, al di là del piano metrico, punti di contatto si possono osservare anche sul piano performativo e strutturale. In effetti in entrambe le tragedie le donne entrano in scena dopo una sezione non lirica che ne annuncia l’ingresso e, al termine della monodia, danno vita ad un dialogo con la madre e il padre (Cassandra con Ecuba e Evadne con Ifi) che rende ancora più chiara la distanza tra genitori e figlie.

Le monodie delle due donne hanno una forte caratterizzazione nuziale, ma vengono realizzate in un contesto di segno opposto a quello di una naturale destinazione e nello specifico il recupero dell’immaginario nuziale sembra seguire il motivo del marriage to death. Le nozze rievocate da Evadne e che Cassandra tenta di celebrare contrastano con la loro fine violenta: Evadne si suicida sul rogo del marito Capaneo, mentre Cassandra morirà assieme ad Agamennone.

Le monodie di Evadne e Cassandra pongono in risalto il loro stato di esaltazione quasi gioiosa che contrasta con il canto di dolore delle madri argive e con il lamento di Ecuba e delle Troiane e sembra seguire il modulo delle cosiddette «joy before disaster odes» in cui Euripide, come osserva Henrichs 1994-95, esplora la tensione tra l’espressione esuberante del coro (in questo caso di Evadne e Cassandra) e «[…] the disillusionment and sense of impending catastrophe felt by the audience» (p.73)129.

anche la testa all’indietro, ripetendo un gesto tipico delle baccanti. L’ingresso di Cassandra, che arriva in scena cantando e danzando, ricorda un modulo utilizzato da Eschilo nel

Prometeo. Il personaggio di Io infatti, giunta sulla scena esegue una monodia (vv. 561-608)

accompagnata da una danza molto animata che contrasta con l’immobilità del Prometeo legato. Dopo le Troiane, Euripide riutilizza questo stesso modulo nelle Baccanti. Il personaggio di Agave giunge sulla scena portando la testa del figlio Penteo infilzata al tirso e intona, invece di una monodia come Cassandra, un dialogo lirico con il coro (vv. 1168- 1199).

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La gioia è connessa con l’idea di un imminente conseguimento della vittoria (καλλίνικος ἔρχομαι Suppl. v. 1059; πύκαζε κρᾶτ' ἐμòν νικηφόρον Tr. v. 353): Evadne si rallegra all’idea di poter raggiungere il marito Capaneo nell’Ade gettandosi sulla sulla pira e morendo; Cassandra, grazie alle sue doti