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2. La misurazione della performance delle M&A.

2.1. Il dibattito sulla creazione di valore.

2.1.3. La relazione con i mercati.

Nonostante il campione di paper raccolto da Cartwright (2012) lamenti l'atteggiamento acritico degli autori che lo compongono, esistono dei contributi che vanno al di la dello studio della performance in se e che hanno affrontato l'argomento della relazione tra operazioni di M&A e mercati. È il caso di un recente lavoro di Craninckx e Huyghebaert (2011, op. cit.), che si propone l'analisi del fallimento delle operazioni di M&A in

Europa in un periodo a cavallo tra la quinta e la sesta ondata di acquisizioni19

, per poter indagare sulla relazione intercorrente tra il mercato

finanziario e questo tipo di attività, nonché per verificarne la reattività. Seguendo un filone di ricerca che vuole le mergers apportatrici di valore nel breve periodo, ma distruttrici di valore nel lungo periodo, forti dell'ipotesi di efficienza in forma semi forte del mercato, che vuole i corsi azionari in grado di riflettere pienamente tutta l'informazione pubblica disponibile, i due autori cercano di fornire un ulteriore spiegazione empirica ai vari risultati prodotti dalla letteratura, per determinare infine se un investitore medio possa essere messo in condizioni di poter ragionevolmente prevedere il fallimento di un'operazione di M&A a due giorni dal suo annuncio in forma pubblica.

I due autori considerano il periodo che va dal 01/01/1997 al 31/12/2006 e attingono dal database Zephyr, prodotto dal Bureau van Dijk, i dati sulle operazioni di M&A compiute sul mercato europeo (UE 27) in tale periodo. Costruiscono così due campioni di trattative, il primo composto da tutte le operazioni in cui sia la target che la bidder sono quotate ed il secondo includente solo imprese non quotate che abbiano compiuto almeno un'operazione nel periodo considerato. I due autori dunque definiscono il fallimento di un'operazione di M&A considerando le seguenti tre proxy:

1. Il corso azionario dell'azienda acquirente, seguendo una strategia di

buy and hold in un periodo che va dal secondo giorno seguente

l'annuncio a due anni dal completamento dell'operazione, registra un ritorno negativo. L'analisi del rendimento fornito da strategie di buy

and hold di titoli, in letteratura anglofona nota come BHAR (Buy and Hold Abnormal Returns) è spesso comparata all'analisi del

rendimento dell'indice di mercato di riferimento per testarne l'efficienza in forma semi-forte; è l'approccio seguito da Fama e

French nel loro noto articolo20, nel quale i due autori suggeriscono, come test di efficienza del mercato in senso semi-forte, l'impossibilità di percepire, seguendo varie strategie di trading, rendimenti maggiori rispetto a quelli derivanti dall'acquisto dell'indice di mercato nel medesimo periodo considerato.

2. L'azienda nata dall'operazione realizza una performance negativa, secondo il metodo introdotto da Gugler (Gugler et al, 2010, op. cit.), alla conclusione del secondo anno fiscale seguente la conclusione dell'operazione; la metodologia di Gugler classifica una performance di una M&A come negativa qualora il Margine Operativo Lordo (Earnings before interests, taxes, depreciation and amortization,

EBITDA) prodotto dall'azienda frutto della fusione sia inferiore a

quello atteso, prodotto dalla seguente stima, che include l'analisi di un gruppo di aziende comparabili a entrambe la target e la bidder:

πC ,t +n=[πA ,t −1+ KIA ,t +n KIA ,t −1 KA ,t −1ΔIA ,t −1,t +n]+[πT , t−1+ KIT , t+ n KIT ,t−1 KT ,t −1ΔIT ,t −1, t+ n]

Dove π rappresenta gli EBITDA, scelto per la sua indipendenza dagli effetti contabili, K il totale delle attività e Δ la variazione degli EBITDA tra i periodi considerati, per l'impresa combinata C, l'acquirente A, la target T, il gruppo di riferimento per l'acquirente IA e il gruppo di riferimento della target IT; t rappresenta l'anno in cui è completata l'operazione, mentre n rappresenta il periodo di osservazione (2 anni seguenti, nel caso specifico).

3. La quota di maggioranza della target è disinvestita nel corso dei due anni successivi alla conclusione dell'operazione; gli stessi due autori ammettono la scarsa condivisione, negli articoli che si propongono un'analisi quantitativa, di una proxy qualitativa di questo tipo, ma

20 - Fama, E. F.; French, K. R. (1993). "Common risk factors in the returns on stocks and bonds".

indicano vari studi di strategia e organizzazione che intendono il disinvestimento di una quota di maggioranza della target come segnale del fallimento dell'operazione di M&A..

Seguendo quest'impostazione, nel campione raccolto circa il 50% delle operazioni considerate in entrambi i campioni nel periodo di riferimento fallisce un'operazione di M&A secondo l'ipotesi 1, il 38% delle operazioni

quotate ed il 31% delle non quotate fallisce secondo l'ipotesi 2, mentre solo

il 10% delle operazioni considerate, siano esse del campione A piuttosto che del campione B, fallisce secondo l'ipotesi 3. Considerando il campione per intero, l'aggregazione dei ritorni anomali di cui alla prima proxy evidenzia in media una distruzione di valore dei corsi azionari pari al -8%.

Gli autori quindi impostano una serie di regressioni lineari multi-variate tra le tre ipotesi di fallimento ed i rendimenti delle aziende implicate nelle operazioni, secondo un intervallo temporale di un periodo che va da 5 giorni lavorativi precedenti alla data pubblica dell'annuncio ai due giorni successivi a tale data. Selezionano 5 variabili di controllo, affermatesi in dottrina come determinanti della creazione di valore di un'operazione di M&A nel breve periodo e che analizzeremo meglio in un successivo paragrafo: la grandezza relativa della target, il metodo di pagamento, l'eventuale natura internazionale dell'operazione, la relazione col comparto industriale di riferimento e l'eventuale nazionalità inglese della bidder. La risposta statistica ottenuta dalle regressioni così impostate fornisce una robusta evidenza sul fatto che i mercati anticipino bene la distruzione di valore apportata in seguito a talune operazioni di M&A, coinvolgenti target quotate dotate di azionariato frammentato: l'effetto dell'annuncio di fusione sul valore dei corsi azionari esiste, risulta in un rendimento positivo nella finestra temporale considerata e risulta significativamente minore per le operazioni catalogate come fallite rispetto alle altre, mostrando risultati anche peggiori per le fallite che hanno apportato le perdite maggiori nel

lungo periodo. L'evidenza trovata risulta meno robusta per le imprese non dotate di azionariato diffuso; in tale sub-campione sono incluse infatti imprese di minore dimensione o comunque la cui proprietà è meno rarefatta, per cui è probabile che risulti una più limitata pubblica informazione alla data dell'annuncio, traducendosi in una più difficile valutazione, da parte dell'investitore medio, alla data dell'annuncio.

L'analisi prodotta da Craninckx e Huyghebaert produce così importanti risultati anche per quanto concerne l'evolversi del presente lavoro, rafforzando l'ipotesi di una buona correlazione tra questo tipo di operazioni ed il mercato azionario. Questa testimoniata relazione infatti accorda l'uso di indicatori di performance market based, certamente già adottati nel corso degli anni da parte della letteratura, ma la cui adozione appare meglio contestualizzata ai fini del presente lavoro data la vicinanza del periodo testimone.

Con riguardo a ciò, di seguito mostriamo un grafico che pone in luce una relazione positiva tra le attività del mercato globale delle mergers e l'indice S&P 500 (cfr. Mariani et al, 2013); il trend mostra come cambiamenti annuali positivi nell'indice in esame siano seguiti da cambiamenti dello stesso segno per quanto concerne il valore delle operazioni di M&A globalmente concluse, nonostante questo trend subisca eccezioni tra il 2008 e il 2009, quando S&P500 sale a fronte di un seppur lieve calo nel valore delle transazioni compiute e in periodi più recenti, in quanto dal 2011 il controvalore delle M&A rimane piuttosto costante a fronte della crescita dell'indice.

Fig. 9 – Relazione tra S&P 500 ed il valore delle M&A globalmente concluse del periodo 2000- 2013 (Elaborazione dati Thomson Reuters)