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2. La misurazione della performance delle M&A.

2.1. Il dibattito sulla creazione di valore.

2.1.1. Revisione della letteratura.

L'ancora acceso dibattito sulla creazione di valore e sulla misurazione delle performance delle operazioni di fusione e acquisizione, come anticipato, ha una storia di 60 anni. La domanda fondamentale, sulla possibilità che le operazioni di fusione e acquisizione apportino valore, non ha prodotto risultati classificabili come consistenti (cfr. Meglio e Risberg, 2011 op. cit.) e non mancano perciò autori che si sono prodigati nell'analisi, nella revisione e nel riordino della letteratura esistente. Quello che traspare dagli

incipit di questo tipo di lavori è che debba ancora affermarsi un modello

univoco e corretto di analisi: la performance di un operazione di M&A esiste, ma gli autori devono ancora trovare il miglior modo per catturarla, sia a causa delle peculiarità del fenomeno in esame, che alcuni autori definiscono unico caso per caso, per cui la comparazione di essi è difficile di per se13, sia per la componente manageriale e strategica che lo investe, che porta taluni autori a postulare l'esistenza di variabili, non meglio identificate, che aiutino a spiegare la varianza nelle performance delle acquisizioni14. La misurazione delle performance delle operazioni di M&A, che dovrebbe quantificare le componenti appena accennate, rappresenta un

focus di ricerca spaziante dalla finanza all'economia ed alla strategia. In

ragione del forte grado di interdisciplinarità da cui questo tipo di studi sono caratterizzati, gli strumenti selezionati a misura della performance organizzativa delle M&A risultano in un vasto parco di tecniche, il cui volume lascia trasparire una mancanza di condivisione, a livello dottrinale, sia sul significato della variabile da misurare in se, sia per quanto concerne le ulteriori variabili, gli indicatori e le procedure da adottarsi.

L'analisi condotta da Meglio e Risberg (2011) riassume bene questi spunti, quando i due autori laconicamente affermano che ''la foto che traspare

13 - Bower, J.L. (2001). ''Not all M&As are alike and that matters'' Harvard Business Review, cui titolo significa ''non tutte le M&A sono simili e ciò va considerato''

14 - cfr. King D. et al (2004). ''Meta-analysis of post-acquisition performance: indications of unidentified moderators'' Strategic Management Journal, 25, 187-200

dalle analisi prodotte nel tempo, raffigura la performance delle M&A come un argomento ambiguo sul quale vi è mancanza di consenso su come esse si possano misurare''. L'analisi compiuta dai due autori sembra quasi aderire

esplicitamente alla regola, di estrazione giornalistica, delle cinque W15, andando essi a investigare un totale di 101 articoli, chiedendosi su quali mercati la performance è misurata (Where is measured), che cosa venga inteso in letteratura come performance (What is measured), in che finestra temporale (When in measured) e chi, tra le imprese protagoniste dell'operazione, sia oggetto di analisi (Who is measured). La somma degli strumenti, intesi come indicatori, che appaiono negli articoli analizzati produce il risultato di 169 unità, schematizzabili in due domini principali, finanziario e non finanziario, ciascuno dei quali connotato da due diversi tipi di performance osservabili, per le quali misurazioni esistono i relativi indicatori, come meglio evidenziato nello schema successivo:

15 - La regola delle 5 W è la regola principale dello stile giornalistico anglosassone; essa vuole che ogni buon articolo debba riportare almeno la risposta a cinque domande: Dove (Where) Quando (When) Cosa (What) Chi (Who) e Perché (Why). L'analisi di Meglio e Risberg aderisce quasi alla regola in quanto non risponde, non essendo un articolo di cronaca, alla domanda “Perchè”.

Fig. 8 – Riassunto dei principali indicatori adottati per la valutazione della performance delle M&A in letteratura. (Meglio e Risberg, 2011)

La risposta alle domande avanzate nell'analisi della letteratura in esame rispecchia in buona misura l'incipit del lavoro che la contiene, risultando in una non risposta, che non manca di sottolineare la mancanza di uniformità nei ritrovamenti analizzati; quello che è possibile riportare come maggiormente condiviso è la predominanza del mercato statunitense, quale luogo di analisi scelto nei paper esaminati, la prevalenza degli studi di tipo quantitativo rispetto a quelli a carattere qualitativo, la scelta di finestre temporali equamente distribuite tra breve, medio e lungo periodo di analisi, nonché il focus sull'impresa acquirente.

L'analisi condotta da Cartwright (2012, op. cit.) sembra invece meno rigida nei confronti della letteratura esistente, limitandosi a citare la mancanza di teorie ben definite nel campo di ricerca manageriale, dovuta fondamentalmente alla natura estremamente variegata del fenomeno

azienda. Cartwright prende in considerazione una mole maggiore di articoli, 443, pubblicati su un totale di 19 riviste in un arco temporale che parte dal 1963, identificando tre principali temi che guidano allo studio delle operazioni di M&A (Strategia, Management e Finanza) e distinguendo l'80% delle indagini svolte come quantitative dal restante 20% qualitative. Quindi deduce 8 principali informazioni dalla sua analisi, delle quali fornisce una sintesi critica e che di seguito sono riassunte:

1. La preponderanza di analisi strategiche e numeri, che deriva direttamente dalla maggior presenza di studi a stampo quantitativo rispetto a studi di tipo qualitativo.

2. La preferenza per i metodi tradizionali, data la maggior presenza di analisi basate su strumenti identificati dall'autore come tradizionali, come ad esempio la regressione lineare o l'analisi delle dinamiche. 3. Lo stile realistico della comunità di ricerca che, da un punto di vista

filosofico, sembra non abbia adottato una proposizione sufficientemente soggettiva o interpretativa del fenomeno in esame. 4. Lo stile acritico della comunità di ricerca, che prende in

considerazione le operazioni esaminate come fenomeni dati, senza indagarne a fondo caratteristiche e peculiarità.

5. L'assenza di focolari misti quali-quantitativi di analisi, distinguendosi la totalità degli articoli analizzati come orientati su uno stile piuttosto che sull'altro, ritrovamento che più degli altri sembra sorprendere l'autore, in ragione della natura fortemente multidisciplinare di questo tipo di analisi.

6. La preferenza per l'analisi dei mercati esteri, rispetto all'analisi di mercati corrispondenti alla nazionalità del ricercatore che la pone in essere, in parte imputabile alla maggior importanza del mercato statunitense e di quello inglese, quali luoghi di indagine nei lavori esaminati.

7. Un ruolo passivo adottato dai ricercatori, che sembrano limitarsi all'analisi dei dati senza postulare possibili azioni da porre in essere per il miglioramento delle performance future di questo tipo di operazioni.

8. Il focus sulla descrizione dello stato dei mercati, rispetto alla costruzione di possibili modelli teorici di estrazione induttiva.

Quello che in sostanza emerge dalla disamina degli articoli sull'argomento delle performance delle operazioni di acquisizione e fusione, nonché dagli articoli, come quelli appena esaminati, che si accollano l'analisi della letteratura esistente su tale argomento, ribadisce quanto più volte riportato: le operazioni di M&A sono un fenomeno intensamente eterogeneo sotto tanti aspetti e tale caratteristica si traduce in un parco di ricerca variegato, caratterizzato dalla presenza di una forte connotazione multidisciplinare, che spesso si porta con se delle vere e proprie contraddizioni. I pochi comuni denominatori esistenti tra le varie analisi sulle performance delle operazioni di M&A si possono riassumere in un metro di ricerca puramente empirico, di tipo quantitativo, fondato sull'analisi descrittiva dei dati, spesso accompagnata dallo strumento della regressione lineare quale metodo per investigare a riguardo di possibili correlazioni tra gli indicatori selezionati e le performance realizzata, nonchè il tipo di attività svolta.