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Operazioni di M&A e performance aziendali. Analisi comparata Italia-Polonia.

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1. Le operazioni di fusione e acquisizione

1.1. Introduzione.

La fusione e l'acquisizione d'azienda fanno parte della più vasta categoria delle operazioni di finanza straordinaria, ossia un'insieme di operazioni di corporate

finance volte alla crescita dell'impresa per via esterna, dotate del carattere di

eccezionalità connesso alla loro frequenza nel tempo, all'impatto che esse producono sul fenomeno aziendale ed alle forme di finanziamento richieste a copertura. Entrambe le tipologie di operazioni risultano nell'unione di più imprese e dunque comunemente ci si riferisce ad esse quali operazioni di merger (fusione) and acquisition (acquisizione), per meglio inquadrare fenomeni eterogenei che riguardano il congiungimento di più patrimoni aziendali.

Il processo di fusione (merger) riguarda le operazioni in seguito alle quali si riducono a unità i patrimoni ed i soci di due o più realtà aziendali; tradizionalmente si distingue la fusione in senso proprio, operazione a seguito alla quale tutte le aziende coinvolte cessano legalmente di esistere e vanno a costituire una terza nuova società, dalla fusione per incorporazione, fattispecie nella quale l'azienda detta incorporante va ad assorbire capitale e soci delle diverse aziende incorporate, che cessano legalmente di esistere. Più precisamente, come sarà approfondito nel prosieguo, per acquisizione (acquisition), si intende invece un processo nel quale una società, la cosiddetta

bidder, acquisisce la quota di maggioranza di una seconda società target, dietro il

pagamento di un determinato prezzo1. A seguito di tale operazione, dunque, la società bidder, acquisendo la proprietà della società target, acquisisce la totalità

1 - I termini derivano dalla lingua inglese: bidder deriva dal verbo to bid – offrire, mentre target significa obiettivo.

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del patrimonio di questa. Rispetto al processo di fusione dunque il processo di acquisizione si differenzia per una minor livello integrazione delle realtà aziendali coinvolte in quanto i due fenomeni aziendali permangono separati ed è proprio questo che contraddistingue le operazioni di acquisizione da quelle di fusione per incorporazione.

La sottile distinzione tra operazioni di fusione ed operazioni di acquisizione e la loro assoluta preponderanza all'interno del parco delle operazioni di finanza straordinaria, giustifica l'uso dell'acronimo M&A (mergers &

acquisition) all'interno della letteratura aziendale; è frequente infatti rilevare

l'identificazione di operazioni di fusione per incorporazione come acquisizioni, ferma restando la distinzione giuridica tra i due fenomeni in esame. Mergers e Acquisitions, qualsivoglia la definizione, sono accomunate inoltre dalla motivazione alla base della loro intrapresa: la crescita per via esterna dell'impresa tramite lo sfruttamento delle possibili sinergie2 derivanti dall'aggregazione con un'altra impresa che portino la

nuova entità a creare un livello di valore maggiore rispetto a quanto

producevano precedentemente le entità separate.

1.2. Tipologie di operazioni di M&A

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Le operazioni di M&A rappresentano un fenomeno eterogeneo secondo diversi aspetti e dunque può essere utile fare le dovute distinzioni e identificarne diverse tipologie in base alla variabile di interesse.

La più classica tra le discriminanti, la cui selezione è necessaria per ripartire in diverse categorie le operazioni di M&A, è sicuramente il ruolo occupato dalle società coinvolte nel mercato in cui esse operano. In tal senso

2 - La parola sinergia deriva dal termine greco συνεργός : lavorare insieme e può essere definita come la reazione di più agenti che lavorano insieme per conseguire un risultato non ottenibile singolarmente.

3 - Le problematiche strategico-operative proprie alle operazioni di M&A riguardano un ampio ventaglio di ricerca riguardante letteratura accademica e business practitioners; per approfondimenti si suggerisce la consultazione, tra gli altri, delle opere citate in bibliografia: Brealey, Myers et al (2011), DePamphilis (2012), Arnold (2013), le quali più delle altre hanno ispirato il presente capitolo.

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delineiamo tre categorie di operazioni e parliamo di:

1. Integrazioni Orizzontali, derivanti da operazioni di M&A che coinvolgono imprese operanti nello stesso business, come ad esempio la fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI oppure l'acquisizione di Chrysler da parte del gruppo Fiat. Permettono quindi l'ampliamento della propria quota di mercato e chiaramente potrebbero ravvisarsi ostacoli al loro compimento, entrando in gioco (più frequentemente in questi casi rispetto alle altre tipologie) la necessità dell'approvazione dell'autorità garante della concorrenza. 2. Integrazioni Verticali, che interessano acquisizioni e fusioni tra attori

collocati a diversi livelli della filiera produttiva, tra i quali esista un rapporto di clientela-fornitura. Si distinguono integrazioni a valle, nelle quali il cliente acquisisce il fornitore, dalle integrazioni a monte, dove viceversa è il fornitore ad acquisire il cliente. Sono chiare le possibilità di migliorare l'efficienza produttiva lungo la propria supply chain, ma questo tipo di operazioni possono essere compiute anche per migliorare l'allocazione del prodotto: possiamo portare l'esempio dell'acquisizione dell'emittente ABC da parte di Walt Disney o parallelamente, quella dell'emittente Columbia da parte di Sony.

3. Integrazioni Conglomerali, le quali derivano da M&A che coinvolgono imprese operanti in business nettamente separati. Tali tipologie di operazioni permettono la diversificazione del rischio d'impresa e l'ampliamento della sfera di operatività, ma sicuramente rappresentano la fattispecie più soggetta a fallimento nel tempo. Infatti nell'ambito del mercato statunitense si è assistito ad un'ampia diffusione di queste nel corso degli anni '60 del secolo scorso, salvo il successivo smembramento di società conglomerate nel corso degli

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anni '804. Esempio recente di integrazione conglomerale è la recente

acquisizione del ramo Devices and Services di Nokia da parte di Microsoft, a seguito della quale Microsoft, che precedentemente si occupava solo del lato software, entra nel mercato hardware degli smartphone.

Ferma restando l'assoluta popolarità che investe la classificazione delle M&A nelle tre categorie sopra elencate, dovuta come vedremo soprattutto ai corsi storici, la selezione di diverse variabili d'interesse nell'analisi di un'operazione di M&A può quindi portare a distinguere ulteriori categorie. Il tipo di negoziazione dalla quale si concretizza l'operazione ne è un primo esempio e così distinguiamo le negoziazioni private da quelle effettuate sul mercato finanziario (venendo in gioco elementi come l'OPA obbligatoria e

players quali gli investitori), oppure, in base ai modi con i quali la

negoziazione stessa è condotta distinguiamo le cosiddette fusioni amichevoli dalle acquisizioni ostili. Possiamo poi distinguere un'operazione svolta all'interno dello stesso contesto nazionale dalle cosiddette operazioni

Cross Border, nelle quali sono coinvolte realtà battenti diversa bandiera;

offre infine spunti di analisi interrogarsi su chi, tra managers ed azionisti, voglia porre in essere l'operazione, come meglio sarà messo in luce esaminando le motivazioni discutibili dalle quali le mergers nascono.

1.3. Motivazioni sottostanti all'intrapresa.

Passiamo ora in rassegna a quelli che sono le principali motivazioni sottostanti all'intrapresa di un'operazione di merger o acquisition, dato che la principale e la più propedeutica delle motivazioni adottabili debba sempre essere la possibilità di creare un maggior valore, tramite l'impresa frutto dell'operazione, rispetto alla generazione di valore fornita dalle

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imprese coinvolte stand alone, tramite lo sfruttamento delle sinergie attivabili mediante l'integrazione delle due realtà precedentemente distinte (cfr., tra gli altri, Meglio (2004), DePamphilis (2011) e Arnold (2013) op. cit.) . Le varie motivazioni possono essere tradizionalmente distinte in motivazioni ragionevoli, motivate da una o più modalità grazie alle quali si sovviene la possibilità di creare un maggior valore, dalle motivazioni discutibili, spesso motivate da problemi di agenzia. I problemi di agenzia, che costituiscono il filone di letteratura economica nota come agency

theory, nascono dal rapporto tra un soggetto principale ed un soggetto

agente, qualora il secondo compia azioni non più nell'esclusivo interesse del primo, ma per un tornaconto personale; tale situazione come vedremo vede una fonte di nascita nel compimento di questa tipologia di operazioni tra azionisti (principali) e manager (agenti), i quali ad esempio possono compiere un'operazione di M&A non fondata economicamente, col solo fine di ottenere il bonus aziendale per il suo compimento. Come vedremo non sono solo i problemi di agenzia a motivare erroneamente operazioni di M&A che in seguito si riveleranno disastrose ed infatti ne possono sorgere anche di strategici, come è il caso dell'acquisizione di Apex One, società di abbigliamento sportivo, da parte di Converse Inc., operazione compiuta a maggio del 1995 e conclusasi con la liquidazione dell'acquisita pochi mesi più tardi, nell'agosto dello stesso anno, a causa del fallimento della nuova linea di produzione progettata e dunque probabilmente per un erronea analisi delle c.d. sinergie di mercato5.

1.3.1. Motivazioni ragionevoli.

Quali possibili fonti di valore aggiunto, poste a motivazione di un'operazione di acquisizione o fusione, ravvisiamo i seguenti; è da porre in rilievo come siano queste motivazioni dotate di una fondatezza economica

5 - Maremount M. (1995), “How Converse got its laces all tangled” in Business Week 4 p.37

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verosimilmente quantificabile e legate alla riduzione dei costi, all'incremento dei ricavi o allo sfruttamento di talune opportunità fattuali come ad esempio la leva fiscale. (cfr. Brealey, Myers et al (2011) op. cit.)

1. Economie di scala: l'integrazione di più imprese, quindi la creazione di un'impresa più grande, può certamente permettere una riduzione di costo mediante lo sfruttamento del surplus di capacità produttiva. Questa motivazione spesso si ravvisa nelle operazioni di integrazione orizzontale dove, essendo il settore delle imprese che intraprendono l'operazione il medesimo, è possibile ad esempio ridistribuire i costi fissi su un numero di unità prodotte maggiore. Vi sono poi innumerevoli altri esempi di economie di scala ravvisabili nelle diverse funzioni ricerca e sviluppo, distribuzione, personale, marketing; è il caso tuttavia di rimarcare come una fusione non sia il modo unico e migliore per ottenere questo tipo di obiettivo ed infatti, ad una motivazione di questo tipo, specie se la fusione riguarda società rivali, va accompagnato un appropriato piano di gestione del cambiamento.

2. Economie di integrazione verticale: esattamente come si accennava nella distinzione tra fusioni orizzontali, verticali e conglomerali, il controllo su un fornitore permette la riduzione dei costi di produzione mentre il controllo su un cliente permette una migliore allocazione del prodotto. Le integrazioni verticali permettono quindi una migliore fase di coordinamento ed amministrazione, anche se possono non risultare l'opzione migliore; potrebbe infatti rappresentare una soluzione più efficiente esternalizzare direttamente tramite outsourcing la produzione ad esame, mentre di converso, a seguito di un'integrazione verticale si potrebbero innescare meccanismi contrari svantaggiosi, legati alla dinamica del mercato: il fornitore che acquisiamo oggi potrebbe non essere il fornitore

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ottimale di domani.

3. Economie di scopo: raggiungibili mediante la combinazione di risorse complementari o l'acquisizione di beni strategici. Tale motivazione è facilmente ravvisabile in una situazione nella quale una piccola azienda abbia sviluppato un prodotto esclusivo, ma non disponga dell'organizzazione produttiva/distributiva necessaria per una sua promozione su larga scala. Così, prima che la piccola azienda compia il salto di qualità interno e sviluppi la sua rete personale, è quasi fisiologico che la soluzione della crescita esterna rappresenti una buona ed immediata risposta alle proprie esigenze, mediante la fusione o l'ingresso, da acquisita, in un'impresa di maggiori dimensioni.

4. L'opportunità di investimento: in determinate situazioni, dovute anche al contesto macroeconomico circostante, è possibile ravvisare nell'acquisizione di altre imprese una migliore opportunità di investimento, rispetto a quelle selezionabili sul mercato. Solitamente un'acquisizione è intrapresa quale opportunità di investimento in una situazione di eccesso di liquidità, con poche opportunità alternative a disposizione anche se, paradossalmente, è da notare come l'eccesso di liquidità potrebbe portare l'impresa in esame a rappresentare un

target di acquisizione per un'altra impresa, che ne voglia ridistribuire

il surplus liquido. Si possono considerare le M&A quali opportunità di investimento anche nel caso in cui possano portare ad un riassestamento economico finanziario delle imprese coinvolte: si può essere acquistati per essere ristrutturati e venduti (c.d. Turnaround

management), come si può acquistare per acquisire cash flow stabili,

magari stagionali, in una situazione di necessità.

5. Eliminazione delle inefficienze: si acquista (si viene acquistati) per la componente umana più o meno carente. In questo caso, l'acquisizione non nasce principalmente per lo sfruttamento dei

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benefici derivanti dall'unione di più imprese, ma rappresenta una modalità per sostituire un team manageriale inefficiente.

6. Razionalizzazione delle strutture di gruppo: da una situazione nella quale esista un numero diverso di partecipazioni in altre società, potrebbe essere conveniente e coerente la fusione e/o la definitiva acquisizione di tali società, magari per compiere il salto dimensionale necessario alla quotazione.

7. Consolidamento settoriale. In determinati settori, dotati di un numero eccessivo di imprese e di una capacità produttiva eccedente, può ravvisarsi, mediante le M&A, un'opportunità per incrementare l'efficienza d'impresa. Tale situazione può portare anche a una vera e propria ondata di operazioni in questo senso, come si è ravvisato nel settore bancario statunitense degli anni '80, dove vi era un numero eccessivo di istituti di credito, dovuto principalmente ad antiquate restrizioni concorrenziali6. Altro esempio, di opportunità di consolidamento settoriale, può essere fornito dall'ingresso in un

network aziendale: l'opportunità nell'ingresso in un distretto

industriale. Un distretto industriale rappresenta un'insieme di imprese operanti nello stesso settore o in settori collegati, situazione che immediatamente ci porta a pensare allo sfruttamento di economie esterne.

8. Il beneficio fiscale inutilizzato: è il caso di imprese che siano in condizioni di ottenere benefici fiscali, ma che non abbiano gli utili necessari per usufruirne. In molti sistemi fiscali queste procedure sono limitate per non originare elusioni d'imposta; in Italia è il caso del commercio delle cosiddette “bare fiscali”, ossia di quelle società, prive di qualsiasi utilità economica, tenute artificiosamente in vita per riportarne le perdite dopo averle fuse con società redditizie. Tale

6 - Houston J.F., James C.M., Ryngaert M.D. (2001), “Where do merger gains come from? Bank mergers from the perspective of insiders and outsiders”, in Journal of Financial Economics, 60,

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situazione è stata appunto corretta con l'introduzione dell'art. 172 del TUIR, come modificato dal comma 46 dell'art.1 della Legge 24 dicembre 2007, n.244, c.d. "Finanziaria 2008", che vuole requisiti di “vitalità” della società possedente perdite fiscali pregresse, per poi ulteriormente limitare il riporto delle perdite attraverso una serie di limitazioni quantitative nell'ammontare del riportabile e l'esclusione, nel computo della determinazione del patrimonio netto della società in esame, di eventuali conferimenti e versamenti effettuati nei 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione patrimoniale. È da sottolineare infine come si possa ravvisare l'esistenza di vere e proprie motivazioni per essere acquisiti: sono motivazioni che un'ipotetica impresa

target possa addurre alla cessione di una sua parte per necessità, e dunque

catalogabili come motivazioni ragionevoli. È il caso ad esempio della perdita d'interesse nel business, della mancanza del ricambio generazionale per cui è meglio cedere l'impresa che lasciarla a eredi poco interessati, oppure la negoziazione di quote minoritarie per la cessione di rami d'impresa dei quali ci si vuole disfare.

1.3.2. Motivazioni discutibili.

Dopo essere passati in rassegna su quelle che sono le motivazioni dotate di un senso economico alla base dell'intrapresa di operazioni di M&A, illustriamo le principali categorie di giustificazioni: le motivazioni a seguito delle quali è possibile sollevare perplessità economiche, le quali possono portare al compimento di veri e propri disastri economici, in quanto si basa un operazione, tipicamente dai volumi non banali, su motivazioni non economicamente fondate. (cfr. Brealey, Myers et al (2011), op. cit.)

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eccedente in acquisizioni e fusioni, piuttosto che ridistribuirla all'interno dell'azienda o agli azionisti tramite dividendo, la diversificazione come obiettivo fine al compimento di un'operazione di M&A è certamente una motivazione discutibile. Tale obiettivo risulta sicuramente più facilmente ed economicamente raggiungibile se attuato all'interno del portafoglio degli azionisti, mentre non vi sono dimostrazioni che possano indurre a credere che gli investitori paghino un premio per le aziende maggiormente diversificate; infatti sotto il vessillo di questa motivazione abbiamo assistito al compimento di svariate integrazioni conglomerali smantellate nell'arco di un decennio nel mercato statunitense, come già precedentemente illustrato nella definizione di integrazioni conglomerali, e come meglio leggeremo nella successiva disamina dei corsi storici delle M&A7.

2. Diminuzione dei costi di finanziamento. È in parte vero che due aziende congiunte possano ottenere linee di credito a condizioni maggiormente favorevoli rispetto a quanto possano ottenere stand

alone, come del resto abbiamo illustrato parlando del

raggiungimento di Economie di scala, quale motivazione ragionevole. Tuttavia la mera diminuzione dei costi di finanziamento non può essere il fine di un'operazione di merger e la diminuzione del tasso di interesse applicato all'azienda certamente non rappresenta il guadagno netto derivante dalla fusione, per cui occorre fare le adeguate distinzioni: se la fusione creerà valore in questo senso, sarà per lo sfruttamento di Economie di scala coinvolgenti anche un'altra serie di aspetti, come ad esempio la motivazione della ristrutturazione aziendale per via esterna.

3. Problemi di Agenzia: il Bootstrap Game. Abbiamo precedentemente richiamato l'Agency Theory per illustrare brevemente la categoria

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presente di motivazioni discutibili; tralasciando il caso di manager che compiono operazioni in tal senso per l'ottenimento del mero bonus aziendale, è il caso di illustrare il meccanismo del bootstrap

game (letteralmente “saltare reggendosi ai lacci dei propri stivali”),

mediante il quale si trasmette al mercato un illusione. È infatti possibile, mediante un'operazione di acquisizione, garantire ad un'azienda diversi anni di EPS crescenti e nulla più: è il caso di una

bidder dotata di un elevato rapporto prezzo-utili che acquisisca una target con un basso rapporto prezzo-utili, giocando con i numeri e

dimostrando come, in seguito all'intrapresa, si riesca ad aumentare l'utile per azione. Gli investitori tuttavia sembrano aver recepito nel tempo il meccanismo (assimilabile alla catena di sant'Antonio, se ripetuto, come da prassi) e perciò il bootstrap game rappresenta un'operazione di maquillage algebrico ancor più che economico, fortunatamente caduto in disuso e confinato a caso didattico.

1.4. La valutazione dell'operazione

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1.4.1. Costi e Benefici.

Illustriamo adesso brevemente le principali nozioni necessarie a compiere una prima valutazione costi/benefici derivanti dall'integrazione di più imprese. Questo argomento sarà ripreso e approfondito in seguito nel capitolo 2 del presente lavoro, quando saranno investigate le tecniche per la determinazione e la misurazione della performance di un'operazione di fusione o acquisizione; va da se che nella realtà operativa queste considerazioni saranno sicuramente ampliate in senso analitico ed esaminate a fondo, dovendo esse risultare confermate a seguito del

8 - I successivi paragrafi, che si propongono di spiegare in senso economico il compimento delle operazioni di M&A, sono frutto della sintesi di più contributi analizzati; in particolare, tra le altre opere citate, si rimanda a Meglio, O. (2004), Brealey et al (2011) e DePamphilis (2012).

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fondamentale processo di due diligence sull'azienda target, elemento imprescindibile per una solida costruzione dell'operazione in atto.

Si è detto che il principio ispiratore delle operazioni di merger e acquisition vuole la concretizzazione della trattativa solo qualora il valore creabile dall'azienda risultante dall'unione sia maggiore di quello creato dalle due o più imprese stand alone coinvolte nell'operazione:

WA+B> WA + WB

Dove WA+B è il valore creato dall'unione dell'impresa A e dell'impresa B, mentre WA e WB rappresentano il valore creato dalle due imprese A e B, prese singolarmente prima della valutazione.

Da tale considerazione, possiamo di prima approssimazione intendere il beneficio economico derivante dall'operazione di integrazione in senso differenziale come:

Beneficio = WA+B – (WA + WB) = WTARGET

Se tale primo risultato è positivo, possiamo dire che esista una valida giustificazione economica per l'integrazione. A questo punto possiamo prendere in considerazione il costo dell'acquisizione per inquadrare il valore attuale netto (VAN) dell'operazione. Ipotizziamo che l'azienda A rappresenti la bidder e che l'azienda B rappresenti la target, ossia l'acquisita dall'operazione. Dunque, assegnata la lettera K ad identificare la variabile costo, possiamo calcolare il VAN dell'operazione come:

VAN = Benefici – Costi = WTARGET – K

Sarà poi dall'analisi previsionale specifica dell'operazione che deriveranno le singole voci che andranno a comporre i flussi di cassa da impiegare per il calcolo concreto del VAN. Adottando tale metodologia, seguendo l'obiettivo

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di calcolare un valore netto dovremo ricomprendere ogni aumento del reddito o riduzione di costo derivante dall'operazione.

In linea generale distinguiamo 3 essenziali fonti di costo dell'operazione: i costi di transazione, i costi di integrazione dovuti alla messa in moto del nuovo assetto ed il prezzo pagato per l'impresa target.

K = PB + CT + CI

I costi di transazione derivano da tutti gli esborsi necessari al conseguimento dell'operazione e dunque spaziano dai premi pagati ai manager ai costi dovuti alla necessaria attività di analisi investigativa. I costi di integrazione derivano dagli esborsi necessari alla messa in moto della nuova realtà e ad esempio lo sono i costi di adattamento e istruzione del personale. Il prezzo pagato per l'impresa target è identificabile come il valore dell'impresa target stand alone, maggiorato di un premio dovuto a vari fattori, come ad esempio l'abilità contrattuale dei manager della target, il riconoscimento della necessità della bidder di acquisire per intraprendere strategie e sinergie varie e alle varie peculiarità del caso; ad esempio, può essere considerato l'atteggiamento dei manager della target nei confronti dell'acquisizione, in quanto intuitvamente un acquisizione amichevole richiederà, verosimilmente, un prezzo minore che nel caso di un acquisizione non gradita, giudicata come ostile.

PB = WB + premio

Per quanto riguarda i benefici che precedentemente abbiamo determinato in via differenziale come WTARGET, possiamo delineare meglio il valore creabile dall'acquisizione della target come il suo valore stand alone WB ,calcolato col metodo migliore rispetto al singolo caso, cui sommiamo uno spread specifico all'operazione, essenzialmente composto dal valore delle sinergie ottenibili dall'operazione WS, dal valore del differenziale di rischio WR e dal

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valore delle opportunità create WO.

WTARGET = WB + (WS + WR + WO)

Il valore del differenziale di rischio WR ed il valore delle opportunità WO rappresentano la componente qualitativa del calcolo; col primo intendiamo gli effetti dell'operazione in termini di rischio incrementale, mentre col secondo il valore delle opportunità create dall'operazione, dunque in termini di processi, ricerca e sviluppo, reputazione e ogni altra strada che potrà essere percorsa dopo il compimento dell'operazione.

1.4.2. Le Sinergie.

Il valore delle sinergie che saranno messe in atto dopo l'operazione invece rappresenta, così come il valore della target WB, la componente quantitativa del calcolo costi-benefici e deriva da un'analisi svolta dalla società bidder interessata all'acquisizione. Di fatto le sinergie rappresentano il plusvalore creato dall'operazione e ne distinguiamo, in linea di massima, quattro tipi: Operative, di Mercato, Finanziarie e Fiscali.

1. Le Sinergie Operative rappresentano sicuramente la fonte più ampia di generazione di valore. Sono tali le sinergie che consentano all'azienda di incrementare i flussi di reddito delle attività esistenti o di aggiungerne di nuovi in seguito all'operazione compiuta, e sono essenzialmente riconducibili a quelle che abbiamo definito come motivazioni ragionevoli legate a riduzioni di costo o incrementi di ricavo. In pratica, quindi, misurano le varie economie (di scala, di scopo, etc..,) ravvisate nell'operazione. Volendo fare un'ulteriore distinzione riconosciamo le sinergie operative tangibili così misurate da quelle intangibili, derivanti da fattori come le skill ed il know how

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del personale acquisito o l'immagine dell'impresa acquisita. È chiaro come le sinergie operative siano più facilmente ottenibili e immediatamente riconoscibili nel caso di certi tipi di operazione, come ad esempio le operazioni di integrazione orizzontale tra imprese rispetto ad altri tipi, come ad esempio le operazioni conglomerali.

2. Le Sinergie di Mercato sono ravvisabili essenzialmente in termini di possibili incrementi di ricavi per fattori di scambio, vuoi per aumenti di volumi, per l'ingresso su nuovi mercati o per l'ingresso di una nuova linea di prodotto che sfrutta i punti di forza della produzione delle singole precedenti imprese. La distinzione tra sinergie di mercato ed operative è sottile e flebile, motivo per cui alcuni autori (cfr. Brealey, Myers et al, 2011) ricomprendono queste tra le sinergie operative tangibili;

3. Le Sinergie Finanziarie sono misurate in base ai miglioramenti ottenibili in termini di struttura finanziaria, di riduzione del costo di capitale nonché di abbattimento del rischio residuale. Si traducono quindi solitamente in un incremento della capacità di credito per una più solida struttura finanziaria o in un incremento della capacità di investimento per maggiori volumi aziendali conseguiti.

4. Le Sinergie Fiscali, da ultimo, misurano l'effetto dovuto alla compensazione delle perdite a seconda del regime contabile a cui si è assoggettati, o comunque a ogni possibile fonte quantificabile che risulti in grado di fornire un beneficio fiscale. L'acquisizione di imprese operanti in diversi regimi fiscali, con l'intento di risparmiare sulla tassazione, purché sia un'operazione lecita e motivabile in altri aspetti, può attivare importanti sinergie fiscali.

La motivazione principe sottostante all'intrapresa di un'operazione di M&A, si è detto, deriva dalla convinzione che la buona riuscita di essa porterà la

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nuova entità a creare più valore di quanto facessero le precedenti entità da sole (cfr. Ferraro (2009), op. cit.); possiamo adesso meglio contestualizzare questa affermazione sottolineando come a sua volta, la buona riuscita di un'operazione di questo tipo, e dunque la creazione del plusvalore, deriverà da come le sinergie si concretizzeranno. Le sinergie dell'intrapresa incorporazione discendono dalla quantificazione di tutte le valide motivazioni economiche che ne stanno alla base e quindi all'opportunità di realizzare le varie economie attivabili grazie all'acquisizione della data

target. Per il peculiare e delicato ruolo che dunque ricoprono, molto gioca il modo in cui esse sono stimate e quantificate nel corso del processo di due diligence che accompagna la decisione di intrapresa.

Per due diligence si intende il processo investigativo messo in atto per analizzare valore e condizioni di un'azienda: la scelta della società target va sempre giustificata a seguito un'attenta analisi e per la buona riuscita dell'operazione si rivela essenziale mettere a nudo quella che potenzialmente rappresenta un'aggiuntiva componente aziendale. È un processo investigativo a 360 gradi, cruciale in sede decisionale, che deve verificare tutti gli aspetti che riguardano l'azienda obiettivo, nonché mettere in luce il rischio e le potenzialità derivanti dall'operazione, quindi comprendendo soprattutto le diverse sinergie che potranno mettersi in moto dall'unione con l'impresa che si sta analizzando.

Le sinergie attivabili inoltre rappresentano una bella fetta del premio pagato ai ben consci azionisti dell'azienda target sul prezzo della sua acquisizione e dunque i manager della bidder dovranno avere cura di ciò nel loro studio, delineandosi il rischio di pagare troppo un'operazione che pure permetterebbe la realizzazione di una buon nuovo assetto aziendale. Solitamente nel loro calcolo (cfr. Ferraro O., 2009, op. cit.) si segue la metodologia dei discounted cash flows (DCF), che prevede la quantificazione dei flussi nel tempo ed il loro sconto secondo determinati tassi di attualizzazione, diversi a seconda del flusso considerato. La

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combinazione del metodo DCF col metodo di Montecarlo, che consente di verificare i vari scenari evolutivi al variare dei fattori compresi nel calcolo dei flussi, rappresenta un ottimo framework per la determinazione accurata del prezzo di acquisizione, onde evitare la cosìddetta winner's curse9; è

chiaro come, segnato l'obiettivo di pagare un prezzo non eccessivo, la corretta quantificazione delle sinergie attivabili rappresenta solo un primo passo, entrando in gioco elementi riguardanti la trattativa e dunque la capacità contrattuale dell'impresa nel suo complesso e soprattutto dei manager che intraprendono l'operazione.

1.5. Una breve nota storica: Le Merger Waves.

Può essere utile contestualizzare le operazioni di M&A avvenute nel corso degli anni in una cornice prettamente storica, per notarne la loro natura ciclica: infatti la totalità della letteratura a riguardo parla di merger waves, ossia ondate di fusioni nel tempo. L'analisi che segue si basa sopratutto sul mercato statunitense, sicuramente il più attivo e consolidato. L'esistenza delle ondate di fusioni è facilmente osservabile e riassunta nella figura 1, dove immediatamente possiamo notare che picchi positivi e negativi si susseguono tendendo a livellarsi verso l'alto.

9 - The winner's curse, cioè la maledizione del vincitore, è una condizione psicologica descritta negli studi di Finanza Comportamentale, che vuole i soggetti economici tendenti a pagare gli oggetti desiderati in sede d'asta oltre il loro valore intrinseco per la volontà di ottenerli

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Fig.1 - numero di operazioni completate e loro valore nel tempo [1890-2008] (fonte: Boston Counsulting Group 2007:9)

Tradizionalmente gli storici dell'economia che si sono interessati all'argomento individuano 5 merger wave alla fine dello scorso millennio, mentre gli studi più recenti fanno riferimento ad una sesta ondata, nata nel 2003 e sulla quale i margini di discussione sono più aperti. Le date di inizio delle ondate tuttavia non sono da interpretare come date specifiche, a differenza delle date finali che, come vedremo, spesso coincidono con grandi avvenimenti storico-finanziari a seguito dei quali lo scenario cambia. (cfr. Lipton (2006), op. cit.)

1. Prima Ondata [1890-1910]. La prima merger wave ha visto svolgersi principalmente operazioni di integrazione orizzontale, sotto l'obiettivo del consolidamento di mercato e della riduzione della concorrenza; i principali attori sono i nascenti giganti statunitensi della manifattura e dei trasporti, diventati monopolisti nei relativi settori alla fine dell'ondata. Sono gli anni delle ferrovie e quindi dell'acciaio, del telefono, dell'estrazione di petrolio e di minerali. Il panico che ha interessato il mercato statunitense nel 1904 e soprattutto la decisione della Corte Suprema, di rendere applicabile

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la legge di regolamentazione alla concorrenza (lo Sherman Antitrust Act del 1890) alle operazioni di fusione orizzontale, hanno determinato uno sgonfiamento dell'ondata verso la fine del primo lustro del XX secolo, ondata che convenzionalmente si ritiene conclusa col sopraggiungere della Grande Guerra.

2. Seconda Ondata [1919-1929]. La seconda ondata di mergers, probabilmente a causa delle sempre più stringenti regolamentazioni antitrust, ora anche in Europa, ha riguardato soprattutto operazioni di integrazione verticale. L'obiettivo ricercato dalle imprese durante quest'ondata, non potendosi espandere orizzontalmente, è stato quello del conseguimento di economie di scala e quindi ha portato alla creazione di situazioni di oligopolio; principali attori sono state le prime case automobilistiche, l'esempio fondamentale che la storia ci fornisce è quello della Ford Motor Company che ha attuato una profonda integrazione verticale, acquisendo i propri fornitori di acciaio a partire dalle miniere. La seconda ondata termina col crash del 1929.

3. Terza Ondata [1955-1969]. Coerentemente con la classificazione delle operazioni di M&A, precedentemente illustrata nel paragrafo 1.2. del presente lavoro, la terza ondata di fusioni ha visto nascere le prime operazioni di fusione conglomerale, prima che la situazione sfuggisse evidentemente di mano. La nascita dei principali colossi americani conglomerati (IT&T, LTV, Teledyne, Litton Industries) fu infatti vista come una vera e propria rivoluzione, nel concetto di business statunitense, ed i relativi CEO alla stregua di eroici visionari (cfr. Lipton, 2006 op. cit.) mentre le maglie della regolamentazione antitrust, per quanto riguarda le operazioni orizzontali, continuavano a stringersi a seguito del Celler-Kafauver

Act. Esplose quindi una vera e propria mania delle operazioni

(20)

crollo delle azioni delle conglomerate nel 1969: le compagnie diversificate, nate nel corso di poco più di un decennio, non riuscirono mai ad ottenere i benefici che si aspettavano derivanti dalla diversificazione messa in atto.

4. Quarta Ondata [1974/80-1989]. La quarta ondata è quella che presenta la data di inizio più sfumata, addirittura spalmata su un arco temporale di 6 anni. La prima data indicata, il 1974, coincide con la prima operazione di acquisizione giudicata ostile mai realizzatasi: la fusione INCO-ESB, diretta da Morgan Stanley. Il periodo successivo è frequentemente etichettato come ''l'era degli incursori di azienda10'' ed ha visto, oltre a numerose scalate ostili, le prime operazioni di

leveraged buyouts (LBO), ossia acquisizioni finanziate tramite

indebitamento. L'onda si infranse nel 1989 con il LBO da 25 miliardi di dollari di RJR Nabisco, col conseguente collasso del mercato dei

junk bond (con i quali gran parte delle M&A erano state finanziate) e

dei portafogli prestiti delle principali banche commerciali.

5. Quinta Ondata [1993-2000]. L'era del mega-deal inizia con l'ultimo decennio del secolo scorso, durante il quale nacquero società di dimensioni fino ad allora mai registrate create sotto il principio dell'importanza della dimensione. L'onda si alimentò grazie al benestare delle sempre meno stringenti leggi antitrust ed al mercato azionario pronto a dar corda, fino a sfociare, un'altra volta, nella creazione di una vera e propria bolla, che scoppia nell'anno 2000 e viene seguita da vari scandali finanziari, come fu il caso di Enron. Da un modesto quantitativo di 342 miliardi di operazioni globalmente concluse nel corso del 1992 alla cifra da capogiro di 3300 miliardi unità del 2000; 7 delle 10 operazioni di M&A più grandi mai registrate si sono susseguite nel triennio 1998-2000, una delle quali tutt'ora mantiene il record: l'acquisizione datata 1999 di

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Mannesmann AG da parte di Vodafone AirTouch PLC, quantificabile con un volume transattivo di 202,8 miliardi di dollari americani.

Tabella 1 - Le 10 operazioni di M&A più grandi per volume

Pos. Anno Bidder Target Volume(miliardi di $)

1 1999 Vodafone AirTouch PLC Mannesmann AG 202,8

2 2000 America Online Inc Time Warner 164,7

3 2007 RFS Holdings BV ABN-AMRO Holding NV 98,2

4 1999 Pfizer Inc. Warner-Lambert Corp. 89,2

5 1998 Exxon Corp. Mobil Corp. 78,9

6 2000 Glaxo Wellcome PLC SmithKline Beecham PLC 76,0 7 2004 Royal Dutch Petroleum Shell Transport & Trading 74,6

8 2000 AT&T Inc. BellSouth Corp. 72,7

9 1998 Travelers Group Inc Citicorp 72,6

10 2002 Comcast Corp AT&T Broadband 72,0

Tab.1 – le top 10 M&A per valore transattivo; in grassetto sono segnalati gli anni riconducibili alla quinta ondata. (fonte: http://www.imaa-institute.org/)

6. Sesta Ondata [2003-2008]. Da un'attività di $1200 miliardi del 2002 agli oltre $3800 miliardi quantificanti il valore delle transazioni occorse nell'anno 2007, gli autori sembrano essere concordi nel porre il 2003 come data di inizio della sesta ondata di acquisizioni. I principali fattori che hanno attivato questa recente attività sono ravvisabili nella globalizzazione, nella crescita del private equity e nella crescente vivacità degli investitori; i recenti fatti intercorsi tra il 2007 ed il 2008 sembrano tuttavia aver arrestato, dopo solo 4 anni, la sesta ondata di merger waves; infatti come possiamo osservare dalla seguente figura 3 il volume delle transazione subisce un tracollo nell'anno 2008 per toccare un minimo nell'anno 2009 e quindi ricominciare debolmente a salire negli anni più recenti, fino ad arrivare ai $2044 miliardi contabilizzati da KPMG nel 2013. Anche

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se l'anno di rottura è esistente e ben identificato, tuttavia il volume delle transazioni occorse nell'anno-minimo si assesta ad un livello superiore, seppur di poco, a quanto osservato nell'anno iniziale dell'ondata in esame; inoltre esaminando il numero delle operazioni intercorse il tracollo post-crisi non sembra essere poi così profondo e l'onda appare piuttosto stabile. Il numero massimo di operazioni compiute si assesta, anzi, nell'anno 2010 con un quantitativo di 29988 operazioni concluse, motivo per il quale dobbiamo interrogarci se la sesta ondata sia realmente finita o se dobbiamo plausibilmente attenderci una ripresa nei prossimi anni.

Fig.2 – Mercato mondiale M&A 2003-2013 controvalore (fonte: rielaborazione KPMG 2014:10) 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 1229 1640 2327 3055 3834 2663 1729 1846 2346 2044 2044 Mercato mondiale M&A 2003-2013

per controvalore delle operazioni

Anno C o n tr o va lo re ( m ld $ )

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Fig.2 – Mercato mondiale M&A 2003-2013 numero (fonte: rielaborazione KPMG 2014:11)

1.6. Stato attuale dei mercati.

1.6.1. Mercato Globale.

Il mercato globale delle M&A, come brevemente illustrato nell'analisi della sesta e contemporanea merger wave, appare come un mercato ancora in attesa di una scossa: un segnale chiaro che mostri la ripresa dell'attività e che l'onda non si è arrestata. I risultati ottenuti nel corso dell'anno 2012 appaiono consolidati nel 2013, col controvalore registrato totale stabile a $2044 miliardi ed il numero delle operazioni intercorse in lieve contrazione (-4%). Non sembrano emergere ulteriori segnali dalla disamina effettuata per area geografica, come possiamo osservare nella successiva figura 4, che rappresenta una specificazione della precedente figura 2.

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 21248 23211

25301 27328 29323 28506 28510 29988 29965 28541 27387 Mercato mondiale M&A 2003-2013

per numero di operazioni

Anno N . O p e ra zi o n i

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Fig.4 – Mercato mondiale M&A 2003-2013 controvalore e area (fonte: rielaborazione KPMG 2014:10)

Il valore delle prime dieci operazioni, che rappresentano il 12% del valore dell'intero mercato, è accresciuto rispetto all'anno precedente: si passa dai $189 miliardi del 2012 a $245 miliardi registrati nell'ultimo anno, di cui $115 miliardi, poco meno della metà, ascrivibili alle sole prime tre acquisizioni: TNK-BP acquisita da OAO, operazione interna al mercato Russo ha la palma dell'acquisizione più grande, seguita dall'acquisizione interamente Svizzera di Xstrata da parte di Glencore international, a sua volta seguita dall'acquisizione, sul mercato Statunitense, di HJ Heinz company da parte di 3G Capital partners.

Per trovare un deal voluminoso a carattere cross border, e dunque posto in essere da una target di diversa nazionalità rispetto alla bidder, basta scendere al 4° posto, dove osserviamo l'acquisizione della statunitense Sprint Nextel da parte della nipponica SoftBank. In linea con questa descrizione, si è osservato nel corso dell'anno un calo delle operazioni transnazionali, la cui incidenza è calata al 38%, rispetto al 43% osservato nel corso dell'anno 2012. L'attività cross border è particolarmente calata nel

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 42% 53% 44% 51% 52% 67% 53% 49% 47% 53% 51% 41% 33% 40% 36% 35% 7% 30% 27% 31% 25% 29% 16% 14% 14% 11% 12% 23% 16% 21% 20% 20% 17% 1% 1% 1% 2% 1% 3% 2% 3% 1% 2% 2% Mercato globale 2003-2013 per area geografica

Africa e Medio Oriente Asia Europa Americhe C o n tr o va lo re ( m ili a rd i d i $ )

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contesto europeo, essendo scesa a $306 miliardi (-25% rispetto al 2012); si registra un sorpasso, in termini di controvalore, delle operazioni di questo tipo (35% delle totali) da parte del continente Americano (salito al 37%) nonostante il Vecchio Continente continui a confermarsi come l'area geografica che più contribuisce al numero delle operazioni intercontinentali, rappresentando esse il 43% delle operazioni concluse oltreconfine, rispetto al meno numeroso ma più voluminoso 30% americano.

1.6.2. Mercato italiano.

Nel corso dell'anno 2013 si è consolidato il trend crescente italiano, che ha registrato un numero pari a 381 operazioni, rappresentante un +12% rispetto al dato 2012. Anche il controvalore di esse in aumento, attestandosi ad €31 miliardi (+21%), riavvicinandosi ai livelli registrati nel biennio 2008-2009.

Fig.5 – Mercato italiano M&A 2007-2013 controvalore e numero (fonte: rielaborazione KPMG 2014:36)

Si sono registrati aumenti, sia nel numero che nel controvalore, per tutte le

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 148 56 34 20 28 26 31 459 495 197 279 329 340 381 Mercato Italiano 2007-2013 C o n tr o va lo re ( m ili a rd i d i € ) N u m e ro O p e ra zi o n i

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fasce dimensionali di operazioni di M&A, passandosi dall'oltre +50% nel numero dei megadeal, interessanti controvalori superiori ai mille miliardi di €, al +8% del numero di deal di piccola taglia e si assiste anche al recupero del controvalore medio, che si assesta a €81 milioni contro gli €76 milioni dell'anno precedente, comunque lontano dal dato precedente al manifestarsi della crisi, pari a €179 milioni nel 2008.

Buone notizie si registrano sul campo cross border, in controtendenza rispetto al dato europeo come precedentemente osservato: dopo il calo (-57%) del totale controvalore registrato nel 2012 rispetto al precedente anno 2011, le operazioni di questo tipo quasi raddoppiano per controvalore, registrandosi €17,4 miliardi nel corso dell'anno 2013 rispetto ai €9,2 miliardi del 2012.

Il controvalore delle operazioni transnazionali rappresenta il 56,2% del controvalore totale delle operazioni di M&A registrate sul nostro mercato (composto da un 42,9% di controvalore di italiane target ed un 13,3% delle italiane bidder) ed il 46,2% per numero. Dato che registra un ritrovato grado di fiducia da parte degli investitori stranieri rispetto ai noti recenti fatti di politica interna, 7 delle prime 10 operazioni dell'anno compiute nel nostro paese sono state di tipo cross border.

Tabella 2 – Top 10 deal in Italia (2013)

Bidder Naz Target Naz Valore (€ mld.)

CNPCo CIN ENI East Africa spa ITA 3,2

Atlantia spa ITA Gemina spa ITA 2,2

LVMH SA FRA Loro Piana spa ITA 2,0

General Electric crp. USA Avio spa ITA 1,9

Mercato ITA Snam spa ITA 1,5

Assicurazioni Generali spa ITA Generali PPF Holding BV CZE 1,3

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Fiat Industrial spa ITA CNH Global NV NED 1,1 Salini Costruttori spa ITA Impreglio spa ITA 1,0 Primav Construçoes SA BRA EcoRodovias SA ITA 0,9

Tab.2 – le top 10 M&A per controvalore (fonte: rapporto KPMG 2014:40)

1.6.3. Mercato polacco.

Torna a crescere, per la prima volta dal 2010, anche il mercato polacco delle M&A, che registra un aumento sia nel controvalore che nel numero delle operazioni compiute. Si assiste infatti ad un totale di 363 operazioni completate (+9,6% sul 2012) per un totale di €12 miliardi (+33% sul 2012). In particolare, a fronte di un'attività costante per quanto riguarda il primo semestre del 2013, la crescita delle operazioni di M&A è sopraggiunta nella seconda metà dell'anno; i settori che in particolar modo hanno più attirato l'attenzione degli analisti e che hanno registrato il maggior numero di deal sono stati quello dei Servizi, l'Alimentare, il Commercio, il Finanziario (dove ha registrato progressi il consolidamento del mercato bancario), l'Assicurativo ed il Farmaceutico.

Si riporta di seguito l'evoluzione dell'attività di M&A intercorsa tra l'anno 2007 ed il 2013 nel mercato polacco: a fronte di minori volumi rispetto a quelli registrati sul fronte italiano il numero delle operazioni compiute si attesta simile a quanto rilevato per il mercato italiano 2013, il quale ha registrato comunque un maggior numero di imprese coinvolte, superando di una ventina di unità quanto rilevato nel mercato polacco.

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Fig.6 – Mercato polacco M&A 2007-2013 controvalore e numero (fonte: rielaborazione report C'M'S' (2010-2013)

Di seguito è riportata la tabella 3, che riepiloga le 10 maggiori transazioni registrate nel corso del 2013 sul mercato polacco, in ordine di controvalore. Quello che notiamo è la coincidenza del numero delle operazioni di tipo

Cross Border con quanto registrato sul mercato italiano (vedi tab. 2): ancora

una volta 7 delle 10 maggiori operazioni di M&A sono di tipo internazionale. Di queste 10, il gruppo settoriale più nutrito è composto da 3 imprese del settore Finanziario, mentre le altre sono distribuite tra il settore delle Telecomunicazioni, il Manifatturiero, l'Alimentare, ed il settore dei Servizi. 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 8 7 10 21 18 9 12 385 463 525 581 516 331 363 Mercato polacco 2007-2013 C o n tr o va lo re ( m ili a rd i d i € ) N u m e ro O p e ra zi o n i

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Tabella 3 – Top 10 deal in Polonia (2013)

Bidder Naz Target Naz Valore (€ Mld.)

Cyfrowy Polsat POL Polkomtel POL 1,228

BNP Paribas FRA Bank Gospodarki Z. POL 1,029

Alinda Capital USA Emitel POL 0,815

Roustam Tariko RUS CEDC POL 0,675

PKO Bank Polski POL Nordea Bank Polska POL 0,619

Bank Zachodni POL Santander Consumer SPA 0,512

Grupa Azoty POL Zaklady Azotowe Pulawy POL 0,453

Allianz Real Estate GER Silesia City shopping mall POL 0,412

General Motors USA Isuzu Motors Polska POL 0,262 Energa Hydro POL Dong Energy's Polish Ass. DAN 0,243 Tab.3 – le top 10 M&A per controvalore (fonte: rapporto C'M'S' 2014:44)

Nel parco delle economie est-europee, il mercato polacco delle M&A rappresenta, con quello turco e quello ceco, il più attivo (cfr. C'M'S',

Emerging Markets report 2014). L'immagine del paese est europeo appare

solida e buona per effettuare operazioni di integrazione, come lo è nella sua integrità, essendo il Prodotto Interno Lordo polacco in crescita stabile da oramai un decennio, in controtendenza con la maggior parte delle economie europee. Dunque, le premesse per l'anno 2014 in Polonia sono di un anno di buona attività, con il continuo consolidamento del mercato Bancario ed il settore del Real Estate a trainare l'attività di M&A.

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2. La misurazione della performance delle M&A.

2.1. Il dibattito sulla creazione di valore.

Dopo aver illustrato brevemente i principali aspetti rilevanti sulle attività di M&A ed esaminato lo stato attuale dei mercati, è il caso di porsi una domanda, la medesima che evidentemente ha ispirato il collegato dibattito accademico (cfr. Meglio et al (2011), Cartwright (2012) op. cit.): le

operazioni di mergers e acquisitions sono in grado di creare valore? Qual è il grado di efficienza che le investe quali modalità di crescita esterna? È

immediatamente intuitivo, alla luce delle considerazioni che si possono fare sull'eterogeneità di questo tipo di attività, che la risposta a queste principali domande non possa essere univoca e determinata, ed infatti la vasta letteratura esistente in merito ha prodotto nel tempo risultati tra di loro

contraddittori, a seconda delle tecniche adottate, della finestra temporale e

del mercato considerato. Non a caso ci riferiamo a questo tema, della creazione di valore apportata dalle operazioni di M&A, quale dibattito in corso, non essendo esso un capitolo chiuso degli studi di management e finanza. Tralasciando il pionieristico lavoro di McKinsey del 192911, la letteratura esistente sull'argomento M&A ha una storia di poco più di 60 anni (partendo dai lavori di Kitching, 1967 e di Mace & Montgomery, 1962), a fronte dell'affermazione di tali operazioni, quali common practices aziendali, risalente a 120 anni fa, volendo collocare l'inizio della prima

11 - McKinsey, J.O. (1929). ''Effect of mergers on marketing, production and administrative problems.'' The Journal Business of the University of Chicago, 2, 326-337 , Mace L.M., Montgomery G. (1962). ''Management problems of corporateacquisitions'' Harvard University

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ondata di acquisizioni alla fine del XIX secolo.

Risulta chiara e condivisibile l'opinione di Marks e Mirvis12, i quali individuano questo tipo di operazioni come la strada più rapida (e onerosa)

per la crescita aziendale, all'interno del parco dei vari metodi alternativi

adottabili per lo stesso obiettivo. La crescita attraverso M&A, in effetti, rappresenta il processo più veloce di crescita, grazie all'influenza di cui l'attore-mercato è investito nel loro contesto; se da un lato infatti il mercato finanziario partecipa direttamente a questo tipo di operazioni, arrivando anche a pregiudicarne la conclusione, anche il mercato competitivo risulta indubbiamente coinvolto, riducendosene ad esempio il livello di concorrenza a seguito di un'acquisizione orizzontale e viceversa aumentandosene nel caso di un'acquisizione verticale, qualora un'impresa possa guadagnare in termini di competitività acquisendo parte della filiera produttiva.

Fig. 7 – modi di crescita aziendale per onerosità e velocità (Marks M., Mirvis P., 1998).

Di seguito quindi, prima di analizzare le principali modalità adottabili per la misurazione delle performance di questo tipo di operazioni, si riportano i maggiori contributi che possono meglio aiutare a contestualizzare il problema della creazione di valore delle operazioni di M&A.

12 - Marks M., Mirvis P.,(1998) “Joining forces: making 1 + 1 = 3 in mergers, acquisitions and alliances.” San Francisco: Jossey-Bass

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2.1.1. Revisione della letteratura.

L'ancora acceso dibattito sulla creazione di valore e sulla misurazione delle performance delle operazioni di fusione e acquisizione, come anticipato, ha una storia di 60 anni. La domanda fondamentale, sulla possibilità che le operazioni di fusione e acquisizione apportino valore, non ha prodotto risultati classificabili come consistenti (cfr. Meglio e Risberg, 2011 op. cit.) e non mancano perciò autori che si sono prodigati nell'analisi, nella revisione e nel riordino della letteratura esistente. Quello che traspare dagli

incipit di questo tipo di lavori è che debba ancora affermarsi un modello

univoco e corretto di analisi: la performance di un operazione di M&A esiste, ma gli autori devono ancora trovare il miglior modo per catturarla, sia a causa delle peculiarità del fenomeno in esame, che alcuni autori definiscono unico caso per caso, per cui la comparazione di essi è difficile di per se13, sia per la componente manageriale e strategica che lo investe, che porta taluni autori a postulare l'esistenza di variabili, non meglio identificate, che aiutino a spiegare la varianza nelle performance delle acquisizioni14. La misurazione delle performance delle operazioni di M&A, che dovrebbe quantificare le componenti appena accennate, rappresenta un

focus di ricerca spaziante dalla finanza all'economia ed alla strategia. In

ragione del forte grado di interdisciplinarità da cui questo tipo di studi sono caratterizzati, gli strumenti selezionati a misura della performance organizzativa delle M&A risultano in un vasto parco di tecniche, il cui volume lascia trasparire una mancanza di condivisione, a livello dottrinale, sia sul significato della variabile da misurare in se, sia per quanto concerne le ulteriori variabili, gli indicatori e le procedure da adottarsi.

L'analisi condotta da Meglio e Risberg (2011) riassume bene questi spunti, quando i due autori laconicamente affermano che ''la foto che traspare

13 - Bower, J.L. (2001). ''Not all M&As are alike and that matters'' Harvard Business Review, cui titolo significa ''non tutte le M&A sono simili e ciò va considerato''

14 - cfr. King D. et al (2004). ''Meta-analysis of post-acquisition performance: indications of unidentified moderators'' Strategic Management Journal, 25, 187-200

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dalle analisi prodotte nel tempo, raffigura la performance delle M&A come un argomento ambiguo sul quale vi è mancanza di consenso su come esse si possano misurare''. L'analisi compiuta dai due autori sembra quasi aderire

esplicitamente alla regola, di estrazione giornalistica, delle cinque W15, andando essi a investigare un totale di 101 articoli, chiedendosi su quali mercati la performance è misurata (Where is measured), che cosa venga inteso in letteratura come performance (What is measured), in che finestra temporale (When in measured) e chi, tra le imprese protagoniste dell'operazione, sia oggetto di analisi (Who is measured). La somma degli strumenti, intesi come indicatori, che appaiono negli articoli analizzati produce il risultato di 169 unità, schematizzabili in due domini principali, finanziario e non finanziario, ciascuno dei quali connotato da due diversi tipi di performance osservabili, per le quali misurazioni esistono i relativi indicatori, come meglio evidenziato nello schema successivo:

15 - La regola delle 5 W è la regola principale dello stile giornalistico anglosassone; essa vuole che ogni buon articolo debba riportare almeno la risposta a cinque domande: Dove (Where) Quando (When) Cosa (What) Chi (Who) e Perché (Why). L'analisi di Meglio e Risberg aderisce quasi alla regola in quanto non risponde, non essendo un articolo di cronaca, alla domanda “Perchè”.

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Fig. 8 – Riassunto dei principali indicatori adottati per la valutazione della performance delle M&A in letteratura. (Meglio e Risberg, 2011)

La risposta alle domande avanzate nell'analisi della letteratura in esame rispecchia in buona misura l'incipit del lavoro che la contiene, risultando in una non risposta, che non manca di sottolineare la mancanza di uniformità nei ritrovamenti analizzati; quello che è possibile riportare come maggiormente condiviso è la predominanza del mercato statunitense, quale luogo di analisi scelto nei paper esaminati, la prevalenza degli studi di tipo quantitativo rispetto a quelli a carattere qualitativo, la scelta di finestre temporali equamente distribuite tra breve, medio e lungo periodo di analisi, nonché il focus sull'impresa acquirente.

L'analisi condotta da Cartwright (2012, op. cit.) sembra invece meno rigida nei confronti della letteratura esistente, limitandosi a citare la mancanza di teorie ben definite nel campo di ricerca manageriale, dovuta fondamentalmente alla natura estremamente variegata del fenomeno

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azienda. Cartwright prende in considerazione una mole maggiore di articoli, 443, pubblicati su un totale di 19 riviste in un arco temporale che parte dal 1963, identificando tre principali temi che guidano allo studio delle operazioni di M&A (Strategia, Management e Finanza) e distinguendo l'80% delle indagini svolte come quantitative dal restante 20% qualitative. Quindi deduce 8 principali informazioni dalla sua analisi, delle quali fornisce una sintesi critica e che di seguito sono riassunte:

1. La preponderanza di analisi strategiche e numeri, che deriva direttamente dalla maggior presenza di studi a stampo quantitativo rispetto a studi di tipo qualitativo.

2. La preferenza per i metodi tradizionali, data la maggior presenza di analisi basate su strumenti identificati dall'autore come tradizionali, come ad esempio la regressione lineare o l'analisi delle dinamiche. 3. Lo stile realistico della comunità di ricerca che, da un punto di vista

filosofico, sembra non abbia adottato una proposizione sufficientemente soggettiva o interpretativa del fenomeno in esame. 4. Lo stile acritico della comunità di ricerca, che prende in

considerazione le operazioni esaminate come fenomeni dati, senza indagarne a fondo caratteristiche e peculiarità.

5. L'assenza di focolari misti quali-quantitativi di analisi, distinguendosi la totalità degli articoli analizzati come orientati su uno stile piuttosto che sull'altro, ritrovamento che più degli altri sembra sorprendere l'autore, in ragione della natura fortemente multidisciplinare di questo tipo di analisi.

6. La preferenza per l'analisi dei mercati esteri, rispetto all'analisi di mercati corrispondenti alla nazionalità del ricercatore che la pone in essere, in parte imputabile alla maggior importanza del mercato statunitense e di quello inglese, quali luoghi di indagine nei lavori esaminati.

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7. Un ruolo passivo adottato dai ricercatori, che sembrano limitarsi all'analisi dei dati senza postulare possibili azioni da porre in essere per il miglioramento delle performance future di questo tipo di operazioni.

8. Il focus sulla descrizione dello stato dei mercati, rispetto alla costruzione di possibili modelli teorici di estrazione induttiva.

Quello che in sostanza emerge dalla disamina degli articoli sull'argomento delle performance delle operazioni di acquisizione e fusione, nonché dagli articoli, come quelli appena esaminati, che si accollano l'analisi della letteratura esistente su tale argomento, ribadisce quanto più volte riportato: le operazioni di M&A sono un fenomeno intensamente eterogeneo sotto tanti aspetti e tale caratteristica si traduce in un parco di ricerca variegato, caratterizzato dalla presenza di una forte connotazione multidisciplinare, che spesso si porta con se delle vere e proprie contraddizioni. I pochi comuni denominatori esistenti tra le varie analisi sulle performance delle operazioni di M&A si possono riassumere in un metro di ricerca puramente empirico, di tipo quantitativo, fondato sull'analisi descrittiva dei dati, spesso accompagnata dallo strumento della regressione lineare quale metodo per investigare a riguardo di possibili correlazioni tra gli indicatori selezionati e le performance realizzata, nonchè il tipo di attività svolta.

2.1.2. L'opportunità della crisi.

Date le peculiarità che caratterizzano il contesto storico attuale, molti studi hanno analizzato l'impatto di situazioni di crisi dei mercati sullo svolgimento delle principali operazioni aziendali (Wan-Jiu 2009, Cartwright e Schoenberg 2006, op. cit.), per investigare su quali siano le possibili strategie da porre in essere perché le aziende possano reagire, senza che esse subiscano passivamente la dura cornice in cui si ritrovano a vivere. La

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crisi che investe i mercati può e in questo senso deve rappresentare un momento di profonda analisi, di riposizionamento e di sforzo (cfr. Mariani

et al, 2013, op. cit.) perché essa non trascini sul fondo le imprese che entro

ad essa operano. Rispetto all'argomento che stiamo trattando, cioè le operazioni di fusione di complessi aziendali, il collegamento tra una crisi finanziaria e la presenza di eventuali opportunità insite in essa può essere di facile comprensione; abbiamo precedentemente esaminato16 le varie motivazioni che possono sottostare alla decisione di intrapresa di un operazione di questo tipo e, di converso, demarcato l'esistenza di motivazioni per essere acquisite, perciò è verosimile che, in un mercato che vive uno stato evidentemente alterato, nel quale si affacciano anche nuovi attori, possano esservi delle vere e proprie occasioni in questo senso.

I vari autori che hanno recepito lo spunto, fornito senza ombra di dubbio dal delicato contesto in cui si sono ritrovati ad operare le imprese negli ultimi anni, parlano di scosse ambientali17 quali cambiamenti improvvisi, inattesi e

fonti di discontinuità che siano atti a pregiudicare l'efficienza delle strategie aziendali precedentemente intraprese. Il motivo per cui essi parlino di

scosse e non usino piuttosto la parola crisi, sicuramente più congrua da un

punto di vista storico ed economico, non è da leggersi come pura scelta stilistica, ma è ben motivata dal fatto che la crisi, in effetti, può essere vista come una scossa, a livello di ambiente competitivo, piuttosto violenta e nella quale sono insite comunque delle possibilità d'azione che, se sfruttate, permettono il raggiungimento di benefici per l'attività aziendale. Si postula di fatto l'esistenza di opportunità di miglioramento delle performance aziendali tramite lo sfruttamento del canale della crescita esterna, sorgendo indubbie opzioni legate ad attività di ristrutturazione aziendale, sia dal lato di un'azienda acquirente che dal lato di un'azienda acquisita. Spesso ci si rivolge alle operazioni di mergers e acquisitions come investite di un forte

trade off rischio/opportunità; la medesima considerazione può essere rivolta

16 - si veda il paragrafo 1.3. del presente lavoro

(38)

alle decisioni di investimento prese in un contesto ambientale inconsueto, sorgendo il rischio di operazioni inappropriate, dovute ad esempio a una non corretta stima del prezzo di acquisizione o al sorgere della già citata condizione di winner's curse. In effetti non necessariamente il sopraggiungere di una scossa ambientale porta le operazioni di M&A al primo posto tra le operazioni in grado di apportare valore all'impresa: le opportunità insite a questo diverso tipo di contesto sono caratterizzate da un accentuato grado di rischio, per cui sorge il bisogno di elaborare valutazioni ancora più accurate, data la più delicata situazione ambientale nella quale si opera.

In seguito a considerazioni di questo tipo, Wan Yiu conduce (Wan Yiu, 2009) un'analisi empirica, basata su dati del mercato asiatico, risalenti al triennio 1997-1999, in cui esso fu teatro di una ben nota crisi finanziaria, comparandoli a quanto avvenuto nel triennio precedente ed in quello successivo. L'autore avanza quindi le seguenti ipotesi:

1. L'intrapresa di operazioni di M&A influenza positivamente le performance aziendali durante un contesto di scossa ambientale. 2. Tale influenza è maggiore in contesti di questo tipo rispetto agli

scenari precedenti e successivi alla scossa18.

Quindi, tali ipotesi sono messe a test sulle operazioni intraprese sui mercati di Hong Kong e Singapore, nel contesto della crisi asiatica di fine anni '90, sulla base di quanto avvenuto in un periodo antecedente alla scossa (1994-1996), in un periodo successivo (2000-2002) e contestuale (1997-1999). Per misurare la performance aziendale Wan Yiu adotta gli indici di estrazione contabile Return on Assets (ROA) e Return on Equity (ROE), mentre per verificare l'effetto delle operazioni intraprese dalle varie aziende attrici

18 - In realtà l'autore assume l'ipotesi 1 come status quo nel delineare questa seconda ipotesi, dove assume che, in confronto al contesto durante la scossa, l'intrapresa di operazioni di M&A influenzi negativamente le performance aziendali.

(39)

adotta il numero ed il valore delle operazioni compiute da ciascuna realtà. Costruisce quindi 10 diversi modelli statistici ''a effetti casuali'', dei quali una metà riferita al ROE e un'altra metà riferita al ROA, meglio distinti e composti a seconda delle altre variabili impiegate. L'ipotesi 1 risulta fortemente supportata dall'indagine panel dall'autore intrapresa, determinando dei coefficienti positivi e statisticamente significativi, sia per quanto riguarda i modelli che adottano il numero della acquisizioni, sia per quanto riguarda i modelli che ne adottano il valore: le M&A intercorse sul mercato del sud est asiatico hanno creato valore e la loro performance è stata influenzata positivamente dal contesto di crisi. Anche l'ipotesi 2, sul fatto che la performance positiva sia maggiore in un contesto di crisi rispetto ai contesti precedenti e successivi, riceve il supporto dei dati, la cui elaborazione produce gli attesi coefficienti negativi, seppur con un grado minore di significatività statistica, dato il fallimento di una coppia di modelli costruiti dall'autore, fondati sul numero delle acquisizioni intraprese. Le operazioni compiute nel sud est asiatico durante la nota crisi iniziata nel 1997 appaiono dunque come fondate nelle loro motivazioni e la loro relazione col contesto circondante sembra che si sia tradotta in migliori performance aziendali, dando spunto per ulteriori riflessioni in merito alle opportunità intrinseche e ben nascoste nelle crisi finanziarie che investono i mercati.

2.1.3. La relazione con i mercati.

Nonostante il campione di paper raccolto da Cartwright (2012) lamenti l'atteggiamento acritico degli autori che lo compongono, esistono dei contributi che vanno al di la dello studio della performance in se e che hanno affrontato l'argomento della relazione tra operazioni di M&A e mercati. È il caso di un recente lavoro di Craninckx e Huyghebaert (2011, op. cit.), che si propone l'analisi del fallimento delle operazioni di M&A in

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