2.2. Ulteriori correnti di trasmissione testuale 1 Commentar
2.2.3. Resoconti divinator
La biblioteca di A^^urbanipal a Ninive ha restituito molti esempi di resoconti di consultazioni divinatorie, soprattutto per quanto riguarda astrologia ed extispicina288. Sei tavolette appartenenti a questa tipologia testuale menzionano &umma izbu: K 849 (CT 28 30; SAA 8 238: Tavole 19-20), 80-7-19, 60 (CT 28 32; SAA 8 239: Tavole 9, 18), 83-1-18, 234 (CT 27 28; SAA 8 240: Tavola 6), K. 766 (RMA 276; SAA 8 241), K. 777 (SAA 8 242), K. 749 (RMA 277; SAA 8 287: Tavola 15)289. La loro struttura è piuttosto semplice e schematica: il divinatore riporta uno di seguito all’altro un certo numero di omina che secondo lui sono pertinenti al caso presentatogli e divide le diverse fonti usate tramite linee orizzontali oppure collocandole
284 Questa Tavola probabilmente conteneva estratti dalle Tavole 5-8 della serie.
285 Questa Tavola probabilmente conteneva estratti dalle Tavole 14-15 della serie. Lo stato di ricostruzione della Tavola 15 è troppo frammentario per avanzare ipotesi conclusive al riguardo. Estratti dalla Tavola 13, a sua volta molto frammentaria, potevano essere collocati nella Tavola 4 oppure 5 della serie-liginnu.
286 Probabilmente conteneva estratti dalle ultime quattro Tavole della serie. 287 Così anche Böck 2000, 22 riguardo alla serie di fisiognomica.
288 Per l’extispicina vd. Goetze 1957, 89-105; Nougayrol 1967b, 219-235; Kraus 1985, 127-218; Meyer 1987, 245; Jeyes 1989, 190-19151; Starr 1990 (SAA 4); Koch-Westenholz 2000, 36-37; id. 2002, 131-145; Richardson 2002, 229-244; Veldhuis 2006, 4872 (quest’ultimo con un utile compendio bibliografico). Per l’astrologia vd. Hunger 1992 (SAA 8) e Brown 2000. Sul linguaggio dei resoconti vd. recentemente Worthington 2006, 59-84.
una sul recto, l’altra sul verso della tavoletta. Nella maggior parte dei casi questi omina duplicano quelli della serie standard290. Nella parte finale del resoconto il divinatore si rivolge direttamente al suo interlocutore (chi lo ha interrogato a scopo di predizione) e fornisce informazioni aggiuntive per la maggior parte funzionali a prevenire possibili fraintendimenti del testo. Ad esempio, alla fine di K. 849 il divinatore conclude con l’indicazione di rivolgersi nuovamente a lui nel caso il resoconto non sia chiaro:
SAA 8 238: 5-7:
is-su-ri ki-i an-ni-im-ma [x x x] / lu-šá-an-ni-’u-u liš-ú-lu [x x x] / a-na šá iq-bu-ú-[ni x x]
“Forse [...] allo stesso modo. Lascia che chiedano ancora […] riguardo a ciò che ha detto […]” Anche la parte finale di K. 777, per quanto molto frammentaria, sembra fare riferimento ad una situazione di possibile incomprensione del resoconto da parte del destinatario, in questo caso esplicitamente il re:
SAA 8 242: 9-14:
is-su-ur-ri LUGAL be-lí i-qab-bi / ma a-ta-a TA* ŠÀ-bi ša BE i[z-bi] / [l]a ta-su-~a ina ŠÀ-bi ša {a}-
[x x] / {x}-[x]x la-a-šú TA ŠÀ-bi BE i[z-bi x x] / x t[a-s]u-~a {x} [x x x x x] / {x} [x x] su {x} [x x x x ]
“Forse il re, mio Signore, dirà: “Perché non hai citato (alcun omen) da Šumma i[zbu]? Non ci sono […] in ciò che dissi […] da Šumma i[zbu…] hai citato … […] … […]”
Interessante per il tema trattato è K. 749. Il testo è diviso in tre sezioni: nella prima viene riportato l’omen pertinente al caso; nella seconda si forniscono delle informazioni di contesto sulle circostanze della nascita e l’uso che viene fatto dell’izbu; la terza contiene la firma del divinatore:
SAA 8 287: 1-11:
[B]E iz-bu 8 GÌR.MEŠ-šú / 2 KUN.MEŠ-šú / NUN šar-ru-ti / kiš-šú-ti i-#ab-bat / --- / lúma-~i-#u
šú-ú / mtam-da-nu šum-šú / i-qab-ba-a um-ma míŠÁ@-a / ki-i tu-li-du /r 8 GÌR.MEŠ-šú u 2 KUN.MEŠ-šú / um-ma i-na MUN an-di-di-il-šú / ù i-na È al-ta-kan / --- / šá mdU+GUR-KAR-ir
“Se un izbu ha otto piedi (e) due code, il re prenderà la regalità universale --- Quel mā~i#u, il suo nome è Tamdanu, ha detto quanto segue: “la mia scrofa, quando ha partorito, (il feto) aveva otto piedi e due code. L’ho messo sotto sale e l’ho tenuto in casa”. --- (resoconto) di Nergal-ē\ir”
Probabilmente la conservazione è funzionale al compimento di un rituale apotropaico
Namburbi affine a quello descritto nel prossimo paragrafo.
2.2.4. Rituali
In Mesopotamia la nascita di un essere deforme, umano o animale, è considerata un evento nefasto che richiede lo svolgimento di un rituale specifico per stornare il male che essa porta inevitabilmente con sé. Una recente edizione di questo rituale, appartenente alla serie Namburbi (sum. nam-búr-bi, akk. namburbû), si deve a S. F. Maul (vd. Maul 1994, 336-343)291. Qui di seguito ne vengono dunque proposte solo una breve sintesi e una traduzione.
Il rituale è documentato da cinque tavolette292: il testimone principale (LKA 114 = A) proviene da Assur e data al 7° sec. a.C.293; alcune sezioni del testo si sono inoltre preservate su due tavolette rinvenute a Ninive (DT 90 = B; K 2577 = E)294; una tavoletta neo-assira da Sultantepe (STT 1 72 = C) e una tavoletta babilonese tarda (BM 64364 = D) contengono, oltre a questo specifico rituale, parti di altri rituali295.
Colofoni e numerose lettere indirizzate da scribi ed eruditi ai sovrani assiri Assurbanipal ed Esarhaddon indicano che la preparazione e lo svolgimento di un rituale Namburbi rientrano nella sfera di competenza dell’ā^ipu296. Secondo la descrizione che ci viene fornita dalle fonti, il
291 Una descrizione del rituale si trova anche in TCS 4, 12-13. Stol – Wiggermann 2000, 165-166 fornisce una traduzione inglese del rituale. Per una dettagliata descrizione dei rituali Namburbi vd. Maul 1994, 1-107; in breve vd. id. 1998-2001, 92-94.
292 Il piccolo frammento Rm 549, pubblicato da Caplice 1971, 162 e tav. x no. 58, duplica alcune righe del rituale ma presenta un´introduzione diversa: vd. al riguardo Maul 1994, 336.
293 Per maggiori dettagli sul contesto archeologico vd. il paragrafo 2.1.2. nella sezione dedicata ad Assur.
294 Il testimone B é scritto in babilonese. Secondo il suo colofone è stato copiato da una tavoletta di cera (lē"u): vd. Maul 1994, 160. Ibid. 3374 ipotizza si tratti della tavoletta citata come […NA]M.BÚR.BI iz-bi in un frammento di catalogo (K 13280+K 13818: 7: vd. Parpola 1983, 25) della biblioteca di Assurbanipal a Ninive, nel quale sono elencate tavolette originariamente collocate in biblioteche private, poi confluite in quella del re.
295 Per le altre sezioni di BM 64364 (Sippar?) vd. ibid., 312. Per STT 1 72 vd. ibid., 401 (testimone B). 296 Maul 1998-2001, 94.
rituale da eseguire nel caso della nascita di un essere deforme consta di quattro sezioni: propiziazione delle divinità attraverso un’offerta; invocazione delle divinità; purificazione dell’individuo e, infine, attuazione di una serie di misure profilattiche. Tre testimoni (A, B e C) preservano un´introduzione che si presenta come un vero e proprio riassunto del contenuto della serie &umma izbu297:
1. Introduzione (ll. 1-5) 298
“Se nella casa di un uomo299 (è nato) un izbu, sia esso venuto al mondo in una mandria (^a lâti), oppure in un gregge (^a #ēnī)300, oppure da un bue (^a alpi)301, / oppure da un cavallo (^a sīsê)302, oppure da un cane (^a kalbi), oppure da un m[aiale (^a ^a~î)], / oppure da un uomo (^a
amēlūti)303, per stornare questo male e fare in modo che [non possa avvicinare] l’uomo e la sua casa”304
Segue poi la descrizione del rituale vero e proprio. Il luogo deputato allo svolgimento del rito è il fiume (nāru) a cui si attribuisce una funzione purificatrice; presso la sua sponda viene costruita una capanna ed eretto un altare sul quale è poi disposta un’offerta per Ea, &ama^ e Asallu~i, le tre divinità che hanno il compito di garantire l’efficacia del rito rimuovendo il male (lumnu) annunciato dalla nascita dell´izbu. L’offerta è costituita da cibi e bevande: pagnotte di farina d’orzo, datteri, farina fine, birra. A questi si aggiungono alcuni oggetti in metallo prezioso, oro e argento. Alla fine l’izbu è posto su un tappeto di piante da giardino (^ammū kirî) affinché esse assorbano il male che la nascita dell’essere deforme porta con sé305.
297 A differenza di quanto avviene per i Namburbi connessi alla serie &umma ālu, questo rituale non compare come appendice nella serie: vd. id. 1994, 16360 e 336.
298 L´introduzione è citata nel catalogo dei rituali Namburbi della biblioteca di Assurbanipal a Ninive: ibid., 200: 16´´.
299 Il testimone B (K 3277) del catalogo sopra citato ha: “nel recinto della casa di un uomo”.
300 Il colofone di LKA 112, un Namburbi contro il male annunciato dal comportamento anomalo dei gatti selvatici, cita questa riga: vd. Maul 1994, 334.
301 A e B aggiungono: opp[ure di una capra? (^a enzi)]”. 302 K 3277 sostituisce sīsû “cavallo” con imēru “asino”. 303 B aggiunge: “oppure di qualunque altro (essere vivente)”.
304 L’introduzione al rituale è citata anche in una domanda divinatoria-tamītu: ina lumun {izbi} [alpi] immeri imēri kalbi
^a~î / u amēlūti ^a ina bīti^u i'alladū (Lambert 2007, 36 no. 1: 272-273).
2. Offerta (ll. 6-14)306
“Tu vai al fiume e costruisci una capanna, [spargi] piante da giardino (^ammū kirî) / erigi un altare e sopra (l’altare) disponi 7 offerte di cibo307, / spargi datteri, farina fine308, disponi un incensiere di [legno arom]atico, / riempi di birra di buona qualità 3 bottiglie309 e [le] p[oni…]. / Pagnotte-pannigu, (pagnotte) “a forma di orecchio” (~asīsātu), 1 grano di argento, 1 grano d’oro come dono per il Fiume […]. / Sulla testa di questo izbu poni una città d’oro (ālu ^a
~urā#i)310. / Leghi al suo petto con un filo di lana rossa un “pettorale” (irtu) d’oro311. / Collochi questo izbu sopra le piante da giardino (e)312 quell’uomo si inginocchia e recita così313”
La sezione centrale del rituale è costituita da due invocazioni: la prima è rivolta al dio &ama^, dio del diritto (kittu) e della giustizia (mī^aru), affinché liberi definitivamente dal male l’individuo. Questa parte della procedura rituale si configura come un vero e proprio processo nel quale il dio ha la funzione di giudice, mentre l’uomo e l’izbu sono le parti contendenti314. L’invocazione, ripetuta tre volte, è seguita da una preghiera al dio Fiume, simile alla precedente dal punto di vista della formule utilizzate e a sua volta ripetuta tre volte315. A quest’ultimo si chiede di rendere possibile l’eliminazione del pericolo trascinando il male al proprio interno, nella profondità (apsû) delle sue acque.
3. Invocazioni (ll. 15-44)
3.1. Invocazione a &ama^ (ll. 15-23)
“Incantesimo – “&ama^, giudice della terra e del cielo, signore del diritto e della giustizia / che dirige le regioni superiori ed inferiori. / &ama^, è in tuo potere (lett. nelle tue mani) riportare in
306 Vd. in dettaglio ibid., 48-59.
307 B ha: “12 pagnotte di farina d´orzo”.
308 D aggiunge: “un dolce-mirsu (con) sciroppo e strutto”. 309 D ha: “2 bottiglie porose”.
310 Si tratta di un diadema a forma di muro di cinta di una città, noto soprattutto dalla documentazione iconografica: vd. Stol – Wiggermann 2000, 166121.
311 D ha: “d´oro e d´argento”. Il testimone A ha: “infili un pettorale d´oro in un filo di lana rossa e lo leghi al suo petto”.
312 D ha: “e poi”.
313 C ha: “e poi lasci che dica così”; il testimone D ha: “e poi lasci che dica così di fronte a &ama^”. 314 Vd. Maul 1994, 60-71.
315 In molti rituali Namburbi la preghiera a &ama^ è seguita da una seconda preghiera rivolta all´intero collegio giudiziario, dunque a &ama^, Ea e Asallu~i: vd. ibid., 70.
vita il morto e liberare il prigioniero. / &ama^, sono venuto da te, &ama^, ti ho cercato. / &ama^ mi sono rivolto a te316: / tieni lontano da me il male (che viene da) questo izbu. / Che non mi raggiunga. / Si elimini dal mio corpo il male che (questo izbu) porta (lett. il suo male), affinché / io possa pregarti / quotidianamente317 / e coloro che mi vedono possano cantare per sempre le tue lodi” / Lui recita [questo] incantesimo tre volte318”
3.2. Invocazione al dio Fiume (ll. 23-44)
“Poi il ma^ma^^u prende la mano dell’uomo e fa in modo che reciti davanti al fiume come segue319: / “Incantesimo320: tu, Fiume, creatore di og[ni cosa] / quando i grandi dei ti hanno scavato, hanno [posto] il bene al tuo fianco, / al tuo interno Ea, re dell’apsû ha stabilito la propria sede, / ti ha dato in dono ira, splendore (e) terrore. / Tu sei un diluvio a cui non si resiste, che […] aura di terrore. / Ea e [Asall]u~i321 ti hanno dato in dono la saggezza / (con cui) decidi il caso degli uomini. / Io (sono) X, figlio di Y, il cui dio è X, / la cui dea è Y322; (sono colui) al quale è toccato un izbu malvagio e / che per questo ha paura ed è continuamente spaventato323. / Tieni lontano da me il male (che viene da) questo izbu. / Che il male non si avvicini324, / che non si accosti, che non entri325. / Che il male (che ne deriva) sia eliminato dal mio corpo e / (così) [io vorrò] pregarti per sempre326. / Coloro che [mi]327 vedono, devono cantare per sempre le tue lodi. / Per ordine di Ea e Asallu~i / rimuovi / questo male, / che la tua sponda non lo rilasci (più), portalo nel tuo apsû, / estirpa quel male. Tu (colmo di) risa, rega[la(mi) la vi]ta”. Tre volte reciti questo (incantesimo)”
316 D aggiunge: “&ama^, ho afferrato il lembo del tuo abito”.
317 D ha: “che il male che questo izbu porta (lett. il suo male) non si avvicini a me e alla mia casa, che non si accosti, che non entri, che non mi raggiunga, che si eli[mini] dal mio corpo il male che (questo izbu) porta (lett. il suo male); rendi lunghi i miei giorni e regalami la vita”.
318 D ha: “lui recita questo tre volte”. 319 A ha: “[tu reciti] come segue”. 320 Assente in D.
321 D ha: “Ea e il signore degli dei”.
322 A ha: “io (sono) […]sun, figlio di Zērūti, il cui dio è Nabû, / la cui dea è Ta^mētum”. 323 E ha: “io ho paura, terrore e grande spavento”.
324 E ha: “che il male che ne (deriva) non si avvicini a me e alla mia casa”. 325 D ed E aggiungono: “che non mi raggiunga”.
326 A ha: “che il male (che ne deriva) sia eliminato dal [suo?] corpo e / (così possa lui) pregarti per sempre”. 327 A ha: “[lo]”.
La parte finale del rito prevede la purificazione dell’individuo con acqua. Le piante da giardino (^ammū kirî) su cui l’izbu è stato adagiato nella prima fase vengono gettate nel fiume insieme alle offerte: si teme infatti che queste piante, una volta svolta la loro funzione, dunque assorbito il male, possano, attraverso il contatto, infettare nuovamente l’individuo328. Infine, quest’ultimo si libera simbolicamente dal male spogliandosi dei propri abiti e facendosi rasare i capelli329. Egli è così pronto per tornare nella propria casa e dunque nella società.
4. Purificazione (ll. 44-47)
“Tu purifichi l’uomo con acqua. / Tamarisco, pianta-ma^takal, canna-^alālu e germogli di palma da dattero, / l’izbu insieme alle offerte e ai doni getti nel fiume330. Poi smantelli il corredo rituale. Poi ti prostri. Poi quell’uomo può tornare a casa sua”
Infine, affinché l’individuo non corra il rischio di una nuova infezione gli vengono prescritte delle misure profilattiche per i giorni successivi, in questo caso la realizzazione di un amuleto nella forma di una collana di pietre da portare al collo per 7 giorni331.
5. Misure profilattiche (ll. 48-52)
“Corniola, lapislazzuli, pietra-mu^^aru, pietra-pappardilû, pietra-papparminu, / ossidiana chiara, pietra-~ilibû, pietra-turminû, / pietra-turminabandû332 [allinei] su un fil[o di lino?]. / Per 7 giorni (lo) pon[i] al suo collo. Il male di quell’izbu non si accosterà (più) all’uomo e alla sua casa”
328 Vd. Maul 1994, 62-67.
329 Sul valore simbolico di questo gesto vd. ibid., 70.
330 D aggiunge: “(quell´uomo) si libera del suo abito (e) si fa rasare”.
331 Una tavoletta rinvenuta ad Assur (BAM 361) si presenta come un manuale per la realizzazione di amuleti da utilizzare nei rituali Namburbi: vd. Maul 1994, 108-113.