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Dalla Restaurazione all’annessione di Carrara al Regno di Sardegna

Capitolo I: Caratteri storici

1.6 Millenni di storia apuana: spunti per l’identità carrarese

1.6.4 Dalla Restaurazione all’annessione di Carrara al Regno di Sardegna

La Restaurazione (1815) aveva ricondotto anche Carrara sotto il regime granducale che, morta Maria Teresa nel 1790, vedeva erede la figlia Maria Beatrice d’Este la quale governò fino al 1829, quando avvenne la successione del figlio Francesco

290 GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria

Grafica Zappa, 1995, p. 189.

116 IV292: da quell’anno Massa e Carrara vennero incorporate, anche formalmente, nel Ducato di Modena293.

Tutta la trama dei fatti che costituisce la storia carrarese sotto i Duchi modenesi non può essere valutata e compresa con pienezza se non si specificano i due presupposti basilari: il crescente conflitto d’interessi fra l’incostante governo ducale, sempre più incline ad una politica di pura reazione, e i settori più avanzati della borghesia e della nobiltà locali, aperti alle nuove idee politiche e legate, con i loro interessi, alle spregiudicate leggi di un’economia senza remore e rigide frontiere; l’incontenibile malcontento dei ceti inferiori che ad un declassamento etico - sociale, contemporaneo allo sgretolarsi del regime vicinale, videro sommarsi, dopo la parentesi francese, un impoverimento economico fatale giacché gli agri marmiferi, resi liberi, furono conquistati, in gran parte, dai ricchi imprenditori294.

La vecchia aristocrazia del marmo, infatti, dopo il 1815, ricostituì la propria fortuna sfruttando ogni contingenza favorevole. Famiglie vecchie e nuove (Del Medico, Fabbricotti, Lazzoni, Gattini, Guadagni, Nicoli, Orsolini, Peghini, Pellicia, Serri), accumularono vasti patrimoni, crearono una rete di affari che si diramava in tutto il mondo, ma videro opporre al loro audace liberismo economico gli intoppi di un sistema politico frenato da intenti di conservazione295.

Il momento a partire dal quale tale contrasto assunse gravità insanabile fu il 1831, l’anno in cui il trono di Francesco IV fu insidiato dallo sfortunato tentativo insurrezionale di Ciro Menotti. Quell’anno poteva rappresentare il punto di svolta

292Il Duca governò i territori sotto il suo rigido e personale controllo. Egli favorì un certo dinamismo

economico, ma cercò di cancellare ogni impronta degli ordinamenti napoleonici, sottopose a drastica epurazione l’apparato del governo e dell’amministrazione, aprendo la strada all’azione di tendenze reazionarie cattoliche che andarono progressivamente rafforzandosi. Francesco, temperamento assai attivo e ambizioso, nutriva il proposito di allargare i suoi domini. Avendo sposato nel 1812 la figlia di Vittorio Emanuele I di Savoia, coltivava la speranza di poter succedere al trono di Torino. Egli sfruttò spregiudicatamente il sentimento antiaustriaco. Così, i ducati di Parma e Modena diventarono un fertile terreno per l’attività delle società segrete sia reazionarie che di segno opposto.

SALVADORI M.L., L’età contemporanea, Torino, Loescher editore, 1995, p. 16.

293 PASSEGGIA L., Carrara e il mercato della scultura. Arte, gusto e cultura materiale in Italia, Europa e Stati Uniti tra XVIII e XIX secolo, Milano, Federico Motta, 2005, pp. 32-33.

294BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, p. 134.

295 CANALI D., Il porto di Carrara tra passato e futuro, Cassa di Risparmio di Carrara, Massa –

117 per lo Stato modenese: se Francesco IV si fosse allineato alla ragionevole richiesta di progresso che animava spiriti puri come Ciro Menotti, Manfredo Fanti e il giovanissimo carrarese Domenico Cucchiari296, il suo Ducato, già così ben organizzato sotto molti aspetti, sarebbe potuto diventare uno stato d’avanguardia, come era il Granducato di Toscana. Invece, dopo aver superficialmente simpatizzato con i liberali, nel momento cruciale il Duca mostrò il suo vero volto dando il via ad una repressione spietata che si realizzò concretamente in ben 140 condanne, fra le quali restano più note quelle a morte di Ciro Menotti e del notaio Vincenzo Borelli, colpevoli l’uno di aver capeggiato i moti, l’altro d’aver stipulato l’atto con cui si dichiarava decaduta la dinastia Estense297.

A Carrara l’ardito progetto aveva trovato vasto eco e concreta adesione per merito di Domenico Cucchiari che, aiutato dai concittadini Carlo Marchetti e Pietro Menconi, e dal modenese Eugenio Bernardoni, raccolse un manipolo di rivoltosi e tentò di sollevare la popolazione. Naturalmente l’impresa, organizzata in modo così estemporaneo, fallì; Cucchiari venne condannato a morte ma riuscì a fuggire all’estero.

I moti del 1831 partirono dalla gente senza nome, dagli strati bassi della popolazione, tesi valida soprattutto per Carrara, dove la tendenza accentratrice di uno Stato quasi carabiniere andava cancellando ogni forma di autonomia: al Consiglio Comunale, istituto antichissimo, eletto liberamente da tutti, veniva sostituito un Magistrato Comunitativo composto da tre membri i quali non avevano alcuna autonomia;

296 Nipote da parte di madre del famoso giurista Pellegrino Rossi, Domenico Cucchiari partecipa

attivamente ai moti insurrezionali di Modena del 1831 ispirati da Ciro Menotti, e a Carrara organizza la rivolta che, partendo da Vezzala, avrebbe dovuto raggiungere piazza Alberica dove sarebbe stata piantata una bandiera, simbolo della libertà conquistata. Lo scopo della sommossa è l’abolizione delle tasse, il disarmo delle truppe estensi, la libertà di frontiere, la destituzione del duca. Tutta l’iniziativa ha però un esito fallimentare anche per la presenza di spie infiltrate tra i cospiratori: Menotti venne giustiziato a Modena, e la stessa fine è riservata anche a Cucchiari che riesce a scappare all’estero appena in tempo, rifugiandosi prima in Francia, quindi in Portogallo. E’ richiamato in Italia da Mazzini con compiti di reclutamento per conto del governo provvisorio lombardo. Partecipa alle grandi battaglie del Risorgimento: a Novara nel 1849, e con il grado di generale, a San Martino nel 1859 e a Custoza nel 1866. La carriera militare si chiude tra le polemiche, accusato da La Marmora di aver tenuto un atteggiamento rinunciatario a San Martino. E’ deputato dal 1860 al 1865, anno in cui viene nominato senatore.

BAVASTRO R., Gli Eroi del Marmo, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2004, p. 255.

297BERTUZZI G., Massa e Carrara: da Maria Beatrice a Vittorio Emanuele II (1829-1859): atti e memorie del convegno tenuto a Massa, Carrara e Versilia, 8-9-10 settembre 1989, Modena, Aedes

Muratoriana, 1990.

118 di fatto il vero organo intermediario fra la corte modenese e la realtà locale diventava il direttore della polizia che, nei suoi rapporti riferiva tutto e, nei casi dove non poteva far luce con i fedeli informatori, muoveva ombre di minacce latenti298.

Eppure, nonostante la macchinosa struttura di un simile regime politico, le esigenze e gli stimoli che animavano l’inquieta società carrarese riuscirono ad imporre provvedimenti non privi di efficacia. Il marmo, nell’economia del Ducato, costituiva una fra le principali voci della bilancia commerciale, fruttando un gettito di oltre due milioni di lire per anno: logico, dunque, che tutti i problemi ad esso inerenti preoccupassero il governo e lo inducessero ad un’attenzione energica: nel 1843 venne istituita la Cassa di Risparmio di Carrara299, potenziata poi nel 1845 mediante la creazione della “Società Azionaria di Sussidi e Sconti”300; nel 1846 fu perfezionata la legislazione che regolamenta ancor oggi la concessione degli agri marmiferi carraresi, e mediante la quale iniziò la corsa all’accaparramento privatistico delle cave più redditizie e degli agri liberi da parte di un ristretto gruppo di famiglie301. A vivacizzare la produzione ed il commercio del marmo, oltreché l’intraprendente schiera degli operatori locali, contribuiva un certo numero di imprenditori stranieri, fra i quali emerse per audacia, abilità e lungimiranza, Guglielmo Walton302, che particolarmente durante gli anni di crisi per le guerre risorgimentali richiamò nel mercato locale forti capitali americani ed inglesi i quali, se in sostanza venivano investiti in operazioni speculative (si comprava marmo invenduto in attesa di rivenderlo, a maggior prezzo, in tempi migliori, risolvendo anche nell’imminenza di feste come il natale i problemi economici dell’escavatore e del commerciante in

298BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, p. 135.

299BERRESFORD S., Carrara e il mercato delle scultura II, Bergamo, 24 ORE Motta Cultura, 2007,

p. 18.

300 GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria

Grafica Zappa, 1995, p. 78.

301 CANALI D., Il porto di Carrara tra passato e futuro, Cassa di Risparmio di Carrara, Massa –

Carrara, Società Editrice Apuana, 1997, p. 54.

302BERRESFORD S., Carrara e il mercato delle scultura II, Bergamo, 24 ORE Motta Cultura, 2007,

119 difficoltà) ottennero comunque il benefico effetto di mantenere sempre viva un minimo di richiesta.

Considerati i provvedimenti presi e la situazione in generale, Francesco IV, morendo il 12 gennaio 1846, poteva sentirsi in regola con i carraresi. In realtà, il suo successore ereditava una città inquieta; una città in cui gli ideali di unità e libertà oltreché un’aspirazione erano un ricordo vissuto: ciò li radicava di più nell’animo popolare e li trasformava in un’aspirazione di giustizia totale ed immediata capace di mobilitare vasti strati sociali con un’intensità da esempio emblematico: Garibaldi, Mazzini, Cavour, nel decennio cruciale delle lotte per l’Unità, troveranno proprio in Carrara stimolo ed aiuto per realizzare alcuni fra i loro progetti più arditi303.

Lo scoppio della Prima Guerra di Indipendenza nel 1848 costrinse il Duca Francesco V a lasciare Modena. I mesi della guerra ed il successivo periodo travagliato, segnarono anche per Carrara un punto di svolta nel comportamento sia delle masse popolari che di molta borghesia; e ciò non tanto per quello che si riuscì a realizzare immediatamente, quanto per le prospettive e i valori che il breve periodo di indipendenza rese concreto agli occhi di tutti. Così, proseguendo la guerra e andando, temporaneamente, la fortuna alle armi piemontesi, lo smarrimento iniziale lasciò il passo a precisi propositi: l’annessione di Carrara al Granducato di Toscana, l’elezione di Pellegrino Rossi304 a membro della Camera Toscana, quella del Conte Del Medico Staffetti alla Costituente del 1849, il contributo di uomini alle drammatiche vicende politiche e militari (Domenico Cucchiari era accorso a Milano chiamato da Giuseppe Mazzini, Pellegrino Rossi sacrificava la propria vita ad un’idea originale quanto sfortunata, il Conte Emilio Lazzoni difendeva fino all’ultimo la Repubblica Romana) dimostrando che le aspirazioni locali erano animate da ben altro che da semplice entusiasmo dettato dalle circostanze.

Purtroppo lo sfortunato esito della guerra troncò ogni speranza e fece crollare le provvisorie istituzioni democratiche. Dopo la sconfitta dei piemontesi a Novara (23 marzo 1849), dopo la quale Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio

303BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, p. 136.

304 In merito alla vita di Pellegrino Rossi (1787-1848) si veda AGORA’, Mensile del Comune di Carrara, Carrara, Società Editrice Apuana, Anno II, n.8, ottobre 2006, p. 24.

120 Emanuele II, anche Francesco V tornò sul trono305. La restaurazione non fu eccessivamente repressiva: venne, infatti, concessa un’amnistia dalla quale erano esclusi solamente i più compromessi nella rivolta. Non meno improntati a spirito di apertura e conciliazione furono alcuni provvedimenti di equilibrata politica, quali l’emanazione di un nuovo Codice e l’approvazione di un moderno e funzionale regolamento dei Comuni nei domini estensi306.

Carrara era indubbiamente tra i domini estensi uno dei centri più attivi e dinamici, e lo sviluppo riassumeva in sé i caratteri, i problemi, le tendenze del vero e proprio sviluppo industriale con tutte le implicazioni annesse, comprese quelle riguardanti l’assetto politico-istituzionale. Fra il 1849 e il 1859 Carrara visse un intenso fermento di idee: il pensiero e le tendenze mazziniane galvanizzarono le masse popolari e parte della borghesia; quelle cavouriane attrassero a sé i borghesi e i nobili più moderati. Se è vero che nelle lotte per l’indipendenza i due schieramenti trovarono motivi di lotta comune, è altrettanto innegabile che, camminando verso l’Unità d’Italia, essi definirono quegli opposti schieramenti che saranno fra i principali protagonisti della vita politico-amministrativa postunitaria.

Meditando sulla rapidissima quanto sfortunata guerra d’indipendenza, Mazzini mise a punto, intorno al 1850, una sorta di strategia della cospirazione localizzata, da contrapporre ad una guerra totale contro l’Austria che i tempi, dando ragione a Pellegrino Rossi307, avevano dimostrato prematura. La zona carrarese, per le sue caratteristiche ambientali e sociali, pareva a Mazzini un ideale e possibile campo d’azione per tradurre in pratica i nuovi progetti. Così nel 1853, tramite Giacomo Ricci, vi fu un primo tentativo di insurrezione; tentativo che venne ripetuto, senza nessun risultato, anche nel 1854. La reazione spietata della polizia e dell’esercito estensi non tardò a manifestarsi: a Carrara fu proclamato ripetutamente, e per lunghi periodi, lo stato d’assedio; i tribunali speciali processarono, torturarono, condannarono cospiratori e semplici sospetti ad ergastolo e pene capitali, senza però

305SALVADORI M.L., L’età contemporanea, Torino, Loescher editore, 1995, pp. 119-121.

306BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, pp. 137-138.

307 AGORA’, Mensile del Comune di Carrara, Carrara, Società Editrice Apuana, Anno II, n.8,

121 riuscire a stroncare la rivolta latente308. Incoraggiato da questo effettivo potenziale di rivolta, Mazzini, nel 1856, tentò un’ulteriore insurrezione. Il tentativo ed i programmi di Mazzini, oltre all’autorità estense, preoccupavano anche il Piemonte: rimase il sospetto che proprio Cavour avesse contribuito in modo determinante al fallimento della sollevazione. In effetti, l’azione popolare di Mazzini ostacolava i disegni di Cavour che, proprio in quei mesi, cercava di gettare anche in Lunigiana le basi della Società Nazionale, la cui formula era: Italia e Vittorio Emanuele.

Molta parte della borghesia locale carrarese decise, così, di aderire al progetto di Cavour e venne fondato il Comitato di Massa e Carrara della Società Nazionale309. L’agiata borghesia e la nobiltà, oltreché da sincero amor patrio, erano mosse dal desiderio di conservare e migliorare le posizioni raggiunte e, man mano che nella lotta unitaria si venivano definendo le tendenze sociali più avanzate, esse si allontanavano, almeno in parte, dall'idea mazziniana, giacché nella monarchia vedevano una valida garanzia di difesa.

La drammatica spedizione di Pisacane del 1857, l’attentato di Felice Orsini contro Napoleone III del 1858, ebbero un effetto catastrofico su quanti speravano ancora in una vasta azione rivoluzionaria; il Piemonte e la Monarchia si presentarono, allora più che mai, come unica alternativa possibile all’Austria: perfino Garibaldi voltava le spalle a Mazzini310. A queste cause generali se ne aggiunsero, a Carrara, altre dettate dalle condizioni: Giacomo Ricci, il perno della cospirazione lunigianese, era in esilio; molti fra i protagonisti più capaci erano nelle prigioni o all’estero; gli stati d’assedio, le persecuzioni, avevano creato un ambiente di diffuso terrore in cui dalla rivolta aperta sembrava fatale il ritorno alla cospirazione segreta. Ma, nonostante tutto questo, l’ideale di indipendenza e di Repubblica erano ormai diventati

308 Per un anno imperversò il famigerato generale Casoni, al quale Radetzky in persona volle

affiancare un non meno famigerato auditore della Commissione Militare: Ghol. Vennero eseguiti 156 processi e condannati all’ergastolo, per motivi politici, ben 80 carraresi.

GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria Grafica Zappa, 1995, p. 80.

309Personaggio chiave di quegli anni è il patriota e scrittore siciliano Giuseppe La Farina, presidente

della Società Nazionale italiana, che dal 1857 incontrò sempre più il favore di numerosi personaggi del notabilato massese e della borghesia carrarese.

AGORA’, Mensile del Comune di Carrara, Carrara, Società Editrice Apuana, Anno VI, n.5, marzo/aprile 2011, pp. 16-21.

122 un’aspirazione popolare, e se si potevano imprigionare gli uomini che lo rappresentavano più in modo ufficiale, non lo si poteva sradicare dalle coscienze311. Se in Lunigiana, e a Carrara in particolare, l’azione risorgimentale degli ultimi anni non fu tormentata dal dissidio fra aspirazioni popolari e tendenze dei sostenitori di Cavour, il merito fu soprattutto dalla maturità con cui i mazziniani seppero accogliere l’invito di Mazzini alla concordia per l’indipendenza.

Oltre ai mazziniani di stretta osservanza, questo appello trovò sensibili tutte quelle componenti popolari che nell’idea di unità vedevano un mezzo di riscatto sociale prima che politico. Così, anche dopo il 1856, quando combattere per l’Italia voleva dire favorire, in modo inevitabile, la monarchia, i carraresi furono in prima fila. Se nel 1859, Cavour e Napoleone III, riuniti nello storico convegno di Plombières, poterono trovare proprio in Carrara il pretesto per scatenare la Seconda Guerra di Indipendenza312, ciò fu dovuto, più che ai cavilli diplomatici, alla realtà popolare che si era consolidata nella nostra città: una realtà nella quale la componente mazziniana era preponderante.

Soprattutto a Carrara l’entusiasmo per la guerra fu tale che Giuseppe Garibaldi sentì il dovere di complimentarsi col Generale Ribotti, comandante dei Cacciatori del Magra313, per l’ennesima prova di coraggio data dai giovani della città. Le cave di Carrara rimasero quasi deserte di cavatori.

Durante i giorni di guerra, ed anche dopo la pace di Villafranca, i fatti che si susseguirono a Carrara dimostrarono che le incertezze del 1848 erano ormai superate; la Municipalità estense si dimise e fu sostituita da un organismo provvisorio, che può essere considerato il primo Consiglio Comunale della Carrara moderna.

Il 14 maggio 1859, accogliendo il pressante invito popolare, il Consiglio deliberò l’atto di annessione al Regno Sardo: Carrara sarebbe così passata sotto la competenza del Commissario Straordinario di Genova.

311BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, pp. 140-142.

312CALEO A., Il vero grido di dolore dalle carceri del duca di Modena, Terra Nostra n.3, Carrara,

1959.

313 AGORA’, Mensile del Comune di Carrara, Carrara, Società Editrice Apuana, Anno VI, n.5,

123 Nell’entusiasmo delle vittorie piemontesi, che avevano tra i protagonisti il Generale Domenico Cucchiari e moltissimi suoi concittadini, i carraresi tornarono ad esercitare un loro antichissimo diritto: il 21 luglio 1859 votarono per ratificare l’annessione al Piemonte314.

Ma proprio nel momento in cui l’Unità d’Italia e la ricostruzione di Carrara a libero Comune annesso al Regno diventavano realtà, veniva a scadere quella leale alleanza stabilita tra Mazzini e Cavour, tra Repubblicani e Monarchici, tra popolo e borghesia-nobiltà.

Da lì a poco, Carrara darà il proprio concreto contributo, anche, allo Sbarco dei Mille in Sicilia, attraverso uomini e soldi; al generoso gesto Garibaldi rispose con una lettera pubblica: “Carrara mi è stata sempre nel cuore, prima per i suoi sentimenti

liberali e nazionali, poi per i suoi lunghi patimenti e dolori che le aveva fatto la tirannide estense, per il suo coraggio nel sopportarli e l’eroismo dei suoi figli nell’accorrere volontari alla guerra d’indipendenza. Io ne ebbi molti nelle mie file e fui contento di loro. Ho letto sopra i giornali come hanno ancora corrisposto generosamente alla mia richiesta di fucili: io sono grato alla buona città di Carrara”315.

1.6.5 Dall’Unità d’Italia alla prima guerra mondiale fra tensioni sociali e