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Lo sviluppo demografico e la trasformazione delle botteghe in stud

Capitolo I: Caratteri storici

1.6 Millenni di storia apuana: spunti per l’identità carrarese

1.6.3 Lo sviluppo demografico e la trasformazione delle botteghe in stud

Durante il Seicento e il Settecento nel mondo del lavoro, da un punto di vista tecnico, l’unico settore che conosceva una decisa evoluzione era quello della segagione, che fra l’altro era sempre stato il più sicuro in quanto a rischi277. Il trasporto rimaneva sostanzialmente quello d’epoca romana: lizza o abbrivio dalla cava ai poggi caricatori, carri dai poggi al mare, visto che i blocchi spediti per via terra al di fuori del comune erano pochissimi. A parte i perfezionamenti tecnici del mezzo, il trasporto avveniva quindi come al tempo dei Romani: con buoi e carro: a forza di uomini e di bestie, senza gli ausili e le innovazioni che, proprio nel secolo XVII, conosceva, come già detto la segagione, nel cui ambito veniva introdotto l’utilizzo della forza idraulica, con il nuovo sistema grazie a ruote girate dall’acqua si riusciva a segare lastre di marmo molto larghe.

Per quanto riguarda l’escavazione imperava ormai la varata a suon di mine. L’effetto dirompente di queste varate ebbe, alla lunga, influsso non solamente sulla produzione ma anche sull’ambiente: le mine frantumavano letteralmente vaste

276 GROSSI P., Il dominio e le cose. Percezioni medioevali e moderne dei diritti reali, Milano,

Giuffrè, 1992, p. 698.

277BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, p. 46.

Alla seconda metà del XVIII secolo entrarono in funzione le segherie ad acqua, le prime delle quali furono costruite dal Conte Giulio Lazzoni; dai Conti Del Medico, Monzoni e dai Lodovici; dai Conti Luciani e dai Fabbricotti. Tutto il vantaggio offerto da quel nuovo sistema si riduceva ad un lieve risparmio di mano d’opera, che veniva in parte sostituita da un meccanismo assai semplice con cui, previa una ruota mossa da un salto d’acqua, si faceva andare su e giù sul marmo un’unica lama affidata a un telaio verticale di vecchio modello. Solo in epoca successiva un tecnico carrarese, G. Perugi, inventò un telaio a più lame funzionante nello stesso modo.

111 porzioni di montagna e facilitavano l’apertura di nuove cave: tutto ciò finì col modificare profondamente il paesaggio dei bacini e col renderlo addirittura perennemente variabile.

Tale pratica durerà fino al 1894, quando un regolamento limiterà l’uso delle varate definendola tecnica barbarica (“varare molto” e utilizzare poco”). Un dato statistico risalente al 1883 ci riporta che in una varata imponente, eseguita dalla ditta Fabbricotti, dei 100.000 metri cubi di marmo franati, solo 1.000 vennero davvero utilizzati278.

Nel corso del Seicento, le frazioni a monte più legate al marmo (Torano, Miseglia, Codena, Bedizzano, Colonnata), se perdevano progressivamente parte delle loro specificità di Vicinanze autonome, se vedevano nascere al loro interno sacche di operatori privilegiati e senza scrupoli, conoscevano anche un costante aumento di popolazione, mantenendo inalterata la loro struttura urbanistica medioevale. Nasce, in quel periodo, un fenomeno che non si fermerà più: lo spostamento demografico verso il nucleo storico di Carrara e, più tardi, verso il piano e il litorale. I circa 1700 abitanti che agli inizi del Seicento vivevano nella zona più a monte legata al marmo, erano saliti a oltre 2000 nel volgere di pochi decenni, e ciò malgrado il crescente trasferimento a valle.

Case insufficienti, condizioni igieniche primitive, difficoltà di comunicazione fra paese e paese, ambienti naturali che, per morfologia territoriale, offrivano pochi spazio ad usi ed attività che non fossero di pura sussistenza279.

278Ancora oggi la tecnica della varata è utilizzata, ma solo in casi estremi. Alle 17,28 del 10 ottobre

2.000 si consumava lo spettacolo della più grande varata di tutti i tempi. Tutta la gente di Colonnata, accorsa nella piazza della fontana e dovunque per assistere allo spettacolo, udì l’esplosione subito seguita dal rumore sordo della valanga di marmo che si abbatteva al suolo.

Dalla cava di Corinno Cattani di Poggio Pennola precipitarono a valle un milione di tonnellate di marmo. Furono utilizzati duemilacinquecento chili di polvere nera. Uno spettacolo annunciato per il giorno prima (da Roma erano giunte anche troupe televisive) e che testimoniò in modo inequivocabile l’abilità dell’artificiere e di tutta la squadra comprendente una trentina di uomini.

GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria Grafica Zappa, 1995, p. 77.

BAVASTRO R., Gli Eroi del Marmo, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2004, p. 112.

279 GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria

112 La “cantina” era il luogo, quasi esclusivo, di ritrovo280. Tutti questi elementi erano peculiari della civiltà paesana.

L’incremento demografico si presentava, comunque, come sintomo e frutto di uno sviluppo economico che, mal distribuito, diventava a sua volta fonte di nuovi problemi, oltreché di privilegi ristretti. All’origine di questo attivismo economico e produttivo c’era, naturalmente, una causa prima: l’aumento della richiesta di marmo proveniente in particolare da un mercato sempre più internazionale, malgrado periodiche contingenze sfavorevoli281.

Le nuove tendenze architettoniche europee avevano ampliato l’elenco dei materiali richiesti: oltre al classico statuario, così legato ai costumi e alla temperie medioevale, veniva richiesto anche un prodotto più comune, di vario impiego costruttivo: bardigli, venati, bianchi ordinari, nuvolati, ed altri tipi di marmo prima poco commerciabili. A nuove e più diversificate domande, per quantità e qualità, dovevano corrispondere nuove fonti di offerta, quindi nuove cave. Delle 37 cave registrate nell’Estimo nel 1665 (30 delle quali erano di statuario) si passò alle 441 iscritte nel 1779, così caratterizzate per qualità di prodotto: 69 di statuario, 163 di venato, 47 di bardiglio, 182 di bianco chiaro e altri tipi di marmo282.

Logico che, in un mercato così tendente alle diversificazioni e al dinamismo, ed intervallato da brevi crisi, la figura del mercante assumesse importanza e funzioni crescenti, e conseguente concentrazione di ricchezza in mano ad operatori diversi dal produttore, esclusivo, di cava. Il “cavatore-mercante” di medioevale memoria, che trattava direttamente con prestigiosi clienti, era ormai figura inadeguata alla nuova situazione. Inoltre, a esigenze di materiali trasformati in prodotti sempre più vari e rispondenti alle esigenze delle nuove tendenze architettoniche, dovevano corrispondere nuovi processi di lavoro, il potenziamento di quelli preesistenti, quindi aggiornate capacità professionali. La progressiva trasformazione degli studi di scultura in laboratori si caratterizza allora, per forza di queste esigenze.

280BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, pp. 98-99.

281 DELLA PINA M., Economia e società a Carrara nel Settecento, in Carrara e il marmo nel Settecento: società, economia, cultura, atti del convegno, Pisa, 1984, pp. 5-22.

282 GEMINIANI B., Dalla storia un monumento. Millenni di Lavoro Apuano, Sarzana, Industria

113 E’ importante ribadire che, dopo circa un secolo di crisi, gli inizi del Settecento videro una buona ripresa della lavorazione artistica del marmo: i mutamenti storici e sociali avvenuti nel frattempo avevano però mutato sia le strutture che l’organizzazione del lavoro: scomparse le Botteghe a conduzione individuale o familiare, nascevano tipi di impresa più rispondenti alla varietà ed all’intensità della richiesta: erano gli Studi, fondati da operatori ricchi e, generalmente, di estrazione nobiliare che nel lavoro cercavano ricchezza sì, ma anche prestigio. Così, alcune famiglie carraresi (Monzoni, Tacca, Del Medico) intrattennero rapporti stretti con Stati, con Case Reali e Nobiltà di tutto il mondo: ai clienti essi mandavano non solo i lavorati ma anche maestranze esperte e ricercate283. L’Accademia di Belle Arti nacque, proprio in quegli anni, per assicurare una costante preparazione a queste maestranze e per stimolare il talento artistico. Nel corso dell’Ottocento l’attività ed il numero degli Studi raggiunsero la massima espansione, i nomi erano ben noti: Bardi, Casoni, Tacca, Vincenzo Bonanni, Ferdinando Pelliccia, Carlo Nicoli, Giuseppe Berettari, Enrico Mezzani, Pietro Franchi, Koble Frank, Giuseppe Lazzerini, Demetrio Carusi, Pietro Lazzerini, Alessandro Vaccà, Antonio Caniparoli, Bernabò e Cipollini284.

Agli inizi del Novecento i Laboratori erano molto numerosi: l’aumento era stato favorito dall’incessante e vasta richiesta di sculture ed elementi per grandi costruzioni proveniente dalle Americhe e dall’Inghilterra soprattutto285: più che sculture la domanda riguardava grandi ed elaborate strutture per palazzi, chiese, edifici pubblici. Questo richiese un notevole sforzo di adeguamento per tutta la mano d’opera impiegata, infatti, questa nuova situazione portò a Carrara un grande beneficio economico, di contro, fu causa di un lento declino delle capacità tecnico- artistiche delle locali maestranze del marmo, perché la lavorazione di questi marmi,

283In merito a questo tema si veda PASSEGGIA L., Carrara e il mercato della scultura. Arte, gusto e cultura materiale in Italia, Europa e Stati Uniti tra XVIII e XIX secolo, Milano, Federico Motta, 2005. 284BAVASTRO R., Gli Eroi del Marmo, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2004, pp.253-277.

285 In merito si veda BERRESFORD S., Carrara e il mercato delle scultura II, Bergamo, 24 ORE

114 dato il loro carattere commerciale, non richiedeva quelle speciali attitudini che erano state il vanto dei vecchi artigiani carraresi286.

Laboratori erano dislocati principalmente a valle, a ridosso del centro urbano o dentro di esso287. E anche da ciò nascevano problemi non indifferenti. A maggior possibilità di lavoro concentrato in una certa zona corrispondeva maggior richiamo demografico: ecco una catena di cause ed effetti nei quali il ripopolamento del nucleo storico di Carrara era un anello, con tutte le conseguenze cresciute nel tempo, specialmente quelle riguardanti la qualità della vita delle classi meno agiate.

I nuovi arrivati andavano a concentrarsi quasi esclusivamente nei sobborghi oltre il fiume Carrione (Grazzano, Cafaggio, Caina, Vezzala).

Nasceva, così, la Carrara “proletaria”, cioè di coloro che non possiedono alcun mezzo di produzione e, in cambio del salario, forniscono la propria forza-lavoro, vicina eppure così incompatibile rispetto a quella “nobile e borghese” formata dalle famiglie arricchite288. A persone di diverso patrimonio e diversa condizione, che vivevano gomito a gomito in un piccolo centro urbano, corrispondevano tipologie architettoniche altrettanto vicine e contrastanti: i palazzi nobiliari e gli immutati quartieri medioevali, ora sovraffollati e in crescente situazione d’emergenza. Solo più tardi, a partire dal XVIII secolo, la nobiltà e la borghesia tenderanno ad occupare anche il piano, ad insediarvi le loro ville, e i loro poderi strappati all’impaludamento. Avenza, che nei primi decenni del Seicento contava appena una sessantina di famiglie, salì a ben 836 persone nel 1769, ad oltre 2000 persone nel censimento del 1832 e ad oltre 3000 in quello del 1843289.

286BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, pp. 55-57.

L’opera nella quale si misurò esattamente la capacità di adeguamento ai nuovi gusti architettonici dei Laboratori carraresi si può considerare la celebre Cattedrale di S. Alessandro Newskj a Sofia (1882-

1912), in stile bizantino ed interamente costruita in marmi di svariata natura e finissima lavorazione:

l’opera nacque a Carrara e venne trasferita a Sofia pezzo a pezzo; fu prodotta presso il Laboratorio

Paolo Triscornia, Laboratorio Società Marmifera Ligure, Laboratorio Walton Goody e Crips. 287 PASSEGGIA L., Carrara e il mercato della scultura. Arte, gusto e cultura materiale in Italia, Europa e Stati Uniti tra XVIII e XIX secolo, Milano, Federico Motta, 2005, pp. 55-59.

288BAVASTRO R., Gli Eroi del Marmo, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2004, pp. 253-277.

289In merito alla sviluppo di Avenza si veda BORGIOLI M. – GEMIGNANI B., Carrara e la sua gente. Tradizioni, ambiente, valori, storia, arte, Carrara, Stamperia Editoria Apuana, 1977, pp. 318-

115 La “Rivoluzione Industriale”, secondo una cronologia accettata dagli storici maggiori, si consolidò nel periodo 1760-1830. Durante questi anni una massa di uomini prima addetta all’agricoltura, alla pastorizia, a varie forme di artigianato, lasciò gli spazi aperti o la relativa tranquillità delle botteghe per diventare massa operaia nell’industria.

Nel settore marmifero, sotto certi aspetti, la Rivoluzione Industriale era ormai in corso da secoli, e gli operai addetti, almeno per anni, non ebbero né grandi svantaggi dalla nascita di quella a livello mondiale: almeno per quel che riguarda le condizioni di lavoro.

Il lavoro alle cave rimaneva durissimo: l’ambiente stesso delle cave era terribile, pericolosi rimangono i sentieri che portano in cava, anziché arrivare mezzi speciali e macchine capaci di alleviare un lavoro tanto duro, rimane solo la realtà di un duro lavoro.

Difficile, eppure vero, credere che anche le donne fossero allora addette, in situazioni eccezionali e per certe mansioni, ai lavori di cava; e’ diffusa la conoscenza di donne già impegnate nella lucidatura e nel trasporto di rena.

Dalle statistiche riguardanti le Cave, anno 1890, risultavano 28 “donne adulte” attive nel settore, tutte a Carrara, mentre i “ragazzi entro 13 anni” erano 365, dei quali, nelle sole cave carraresi, ne operavano 251290.

Nasceva, poi qualche anno dopo, anche il fenomeno delle “capannare”291, donne che esercitavano un servizio di sorveglianza e di assistenza delle cave e di solito venivano dall’entroterra lunigianese per stare vicino ai mariti.